Rassegna stampa 25 gennaio

 

Giustizia: la Consulta; la legge Pecorella è incostituzionale

 

Ansa, 25 gennaio 2007

 

La Corte costituzionale ha abbattuto l’architrave della legge Pecorella che, a partire dalla primavera scorsa, aveva eliminato il ricorso in appello della pubblica accusa dopo le sentenze di proscioglimento di primo grado. La Consulta, in camera di consiglio, relatore il vice presidente Giovanni Maria Flick, ha dunque decretato l’incostituzionalità degli articoli 1 e 10 della legge Pecorella: il primo escludeva che il pm potesse proporre appello contro le sentenze di proscioglimento in primo grado, mentre il secondo, la norma transitoria, ha impedito il ricorso proposto dall’accusa anche per le sentenze di proscioglimento pronunciate prima del 9 maggio 2006, la data di entrata in vigore della legge. Da oggi, dunque, si torna al vecchio sistema dei tre gradi di giudizio simmetricamente accessibili per iniziativa della difesa o dell’accusa.

La bocciatura era in qualche modo nell’aria anche perché Carlo Azeglio Ciampi, prima di lasciare il Quirinale, aveva rinviato la legge alle Camere per "palese incostituzionalità " in più punti. Ma la Cdl fece muro e dopo qualche ritocco approvò in finale di legislatura il testo che porta il nome del deputato azzurro che è stato anche l’avvocato di Silvio Berlusconi. La Consulta ha accolto le questioni di incostituzionalità proposte dalle corti di Appello di Venezia, Brescia, Milano, Bologna e Roma: in queste sedi, dopo la pronuncia di ieri, dovrebbero poter riprendere i processi per i quali le procure avevano chiesto invano l’appello. Mentre è ancora incerto se torneranno al secondo grado quei dibattimenti che, per effetto della "Pecorella", erano slittati in Cassazione dopo il proscioglimento in primo grado. La bocciatura da parte della Corte di una delle cosiddette leggi "ad personam" fortissimamente volute dalla Cdl riaccende vecchi rancori parlamentari.

Per questo il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, lancia un appello al centrodestra: "Non esprimo valutazioni immediate perché attendo di leggere le motivazioni tuttavia mi auguro che si possa lavorare in Parlamento insieme alla Cdl". Nel governo, però le valutazioni assumono toni diversi e il capofila dei soddisfatti è certamente l’ex pm Antonio Di Pietro: "La Corte rimette a posto uno dei tanti tasselli di legalità sottratto dal centrodestra perché la legge Pecorella era l’ennesima vergogna che limitava l’iter giudiziario per consentire a qualcuno di farla franca".

Chiosa il ministro delle Infrastrutture: "Ora la politica si assuma la responsabilità di cancellare le altre leggi ad personam varate dalla Cdl". Ma il centrodestra, soprattutto al Senato dove c’è una sostanziale parità, non resterà a guardare. Sandro Bondi attacca la "Corte costituzionale dominata dalla sinistra" mentre Roberto Castelli (Lega) parla di "sconfitta del cittadino".

L’Ulivo, invece, sceglie un tono pacato: "È una bocciatura che non sorprende", commenta il senatore Felice Casson. La magistratura esulta: "Una sentenza che fa giustizia", dice Ignazio Juan Patrone di Md. Il presidente delle Camere penali, Oreste Dominioni, chiede alla "politica di correre ai ripari". Sul fronte degli avvocati, però, c’è anche Giuseppe Frigo che rimprovera ai colleghi una sostanziale latitanza quando si trattava di presentarsi davanti alla Corte per difendere la "Pecorella".

Giustizia: via libera al ddl Mastella contro i reati razziali

 

Ansa, 25 gennaio 2007

 

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al ddl Mastella sulla Shoah. Lo hanno reso noto fonti ministeriali. Il provvedimento si riferisce più genericamente ai delitti di apologia e di istigazione a commettere crimini contro l’umanità, senza preciso riferimento al reato di negazionismo della Shoah, e prevede pene fino a 3 annui per chi diffonda idee sulla superiorità razziale e da sei mesi a 4 anni per chi commetta o inciti a commettere atti discriminatori.

Giustizia: Veltroni; contro reati razziali educare, non punire

 

Vita, 25 gennaio 2007

 

"Comprendo il senso e le motivazioni dell’iniziativa di Mastella, ma sinceramente non lo strumento". Così il sindaco Veltroni - parlando a margine della presentazione del Master in "Didattica della Shoah" all’università Roma Tre - commenta il disegno di legge annunciato dal ministro della Giustizia Clemente Mastella per punire legalmente chi non riconosce la Shoah. "Penso che non sia tanto un problema di pene per chi sostiene quelle tesi- spiega Veltroni - ma di clima culturale, insegnamento nelle scuole e educazione alla memoria". Secondo Veltroni "questa è la strada principale. Comprendo quindi - conclude - la buona intenzione, ma lo strumento non è quello giusto"

Giustizia: Sappe; da Mastella chiacchiere su condono per agenti

 

Comunicato stampa, 25 gennaio 2007

 

"Si è rivelata una colossale presa in giro di tutti i poliziotti penitenziari il roboante annuncio alla stampa del Ministro della Giustizia Clemente Mastella, che il 31 luglio scorso affermò in pompa magna di avere firmato un decreto con il quale si condonavano gli illeciti disciplinari commessi dagli appartenenti al Corpo fino a tutto il 2 maggio 2006. A tutt’oggi, a quasi sei mesi da quell’annuncio, nessun decreto ministeriale di quel genere è entrato in vigore",. La denuncia è del Sappe (sindacato autonomo Polizia penitenziaria) che fa appello al presidente del Consiglio Romano Prodi, perché "sensibilizzi il Ministro della Giustizia Mastella a lasciare da parte le chiacchiere ed a prestare maggiore attenzione alle esigenze delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria".

"Come è già avvenuto per l’indulto a favore dei detenuti per il quale erano state sbandierate riforme strutturali del sistema penitenziario di cui non v’è traccia alcuna, sembra proprio che l’attuale linea politica del Ministro Guardasigilli è il ricorrere a dichiarazioni cui non seguono poi fatti reali" lamenta il segretario Donato Capece, che si chiede polemicamente "se il Ministero ha cambiato denominazione in "Ministero della Magistratura" piuttosto che in quello della Giustizia, visto che Mastella sembra sensibile solamente a quella categoria di operatori della giustizia".

Anno giudiziario: protestano i Giudici di Pace e gli avvocati

 

La Repubblica, 25 gennaio 2007

 

Sarà un’inaugurazione dell’anno giudiziario con il mondo della giustizia in fermento quella che si terrà venerdì alla sede della corte di Cassazione. I giudici di Pace hanno convocato una "contro inaugurazione" per domani davanti a Montecitorio dove i giudici dell’Unione nazionale si presenteranno con cartelli e manifesti per mostrare tutto il loro scontento di "lavoratori in nero".

Mentre gli avvocati andranno all’inaugurazione ufficiale e regaleranno polemicamente un libro di Piero Calamandrei intitolato "Troppi avvocati". "Saremo in piazza - spiega Gabriele Longo, presidente del sindacato dei giudici - perché siamo esclusi dall’inaugurazione ufficiale dove, ogni anno per bocca del procuratore generale della Cassazione si loda il nostro operato e dall’altro ci si lascia senza mezzi, senza status, senza previdenza, senza dignità.

Sostanzialmente in una condizione più deteriore dei lavoratori in nero privato ad ogni livello dei diritti costituzionalmente garantiti". "Chiediamo - continua il sindacato dei giudici di pace - per l’ennesima volta alle forze politiche, al potere legislativo, sotto la sede del quale abbiamo deciso di far sentire le nostre ragioni, di mettere mano immediatamente ad una riforma della magistratura di pace nell’interesse del Paese e dell’amministrazione della giustizia.

Le lamentele diffuse sulla irragionevole lunghezza del processo, in particolare nella giustizia civile, che partono dal Capo dello Stato e dalle più alte cariche della magistratura, sino ai singoli cittadini che ne subiscono in via diretta gli effetti pregiudizievoli, già trovano un’efficace risposta nel quotidiano impegno dei giudici di pace i quali chiedono di essere messi in grado di operare al servizio della società civile nel rispetto della Costituzione".

Quanto agli avvocati anche loro annunciano proteste. "La giustizia è gravemente malata e con essa la democrazia - spiega Michelina Grillo, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura - e grande è anche il nostro disagio e troppe sono le mistificazioni sul nostro lavoro: ci confrontiamo tutti i giorni con una condizione professionale invivibile, come dimostra anche la recente sentenza del giudice di Pace partenopeo, Renato Marzano, che ha condannato il dicastero della Giustizia a risarcire con 100 euro, più spese legali, gli 80 avvocati che avevano fatto causa per lo stress determinato dai disagi nello svolgimento dell’attività forense presso gli uffici giudiziari napoletani". Per questa ragione, dunque, Grillo sottolinea la "sconcertante attualità" di "Troppi avvocati", testo che Calamandrei scrisse nel 1921, del quale l’Oua riporta un brano come "monito a coloro che si apprestano con tante certezze e scarsa disponibilità al dialogo, a porre mano agli assetti della professione".

Unabomber: da parlamentari veneti stop trasversale al pool

 

Adnkronos, 25 gennaio 2007

 

Mauro Fabris: "È ora di prendere atto dell’incapacità del team". Felice Casson: "Messi a disposizione della magistratura mezzi, finanze e personale senza ottenere alcun esito".

Numerosi parlamentari veneti hanno chiesto a gran voce di rivedere completamente l’attività del pool interforze che opera contro Unabomber, alla luce dei fatti "abnormi" avvenuti nell’ambito dell’incidente probatorio che avrebbe dovuto inchiodare alle sue responsabilità Elvo Zornitta, sospettato di essere il bombarolo del Nord Est.

"È ora di prendere atto dell’incapacità del team di arrivare alla soluzione del caso e di cambiarne i componenti", ha sottolineato Mauro Fabris, dell’Udeur, così come riportato dalla stampa locale. Secondo il senatore Felice Casson, ex magistrato ed ora parlamentare Ds, "le forze di polizia, a livello centrale, hanno messo a disposizione della Magistratura mezzi, finanze e personale senza ottenere alcun esito". Il diessino ha anche annunciato una interrogazione parlamentare sulla questione.

Secondo Maurizio Fistarol, della Margherita, "va ammesso il fallimento e ripensata la struttura investigativa; anche perché le vere vittime del mancato successo del pool sono le persone mutilate da un farabutto, che non hanno ancora trovato giustizia". Sul fronte opposto il leghista Piergiorgio Stiffoni "gli incompetenti vanno rimossi e non è nemmeno il caso di andare avanti con due procure inquirenti che hanno già fatto abbastanza confusione. Non servono neppure gli ispettori mandati da Mastella: possibile che il Viminale con capisca da solo la necessità di sciogliere il pool".

Pisa: il Comune istituisce il Garante dei diritti dei detenuti

 

Redattore Sociale, 25 gennaio 2007

 

Arriva anche presso il Comune di Pisa il garante dei diritti dei detenuti: sulla base delle delibere del Consiglio comunale, con cui è stata istituita la figura del Garante e definito il regolamento delle sue funzioni, la Giunta comunale ha dato il via libera all’emissione del bando pubblico per la nomina della nuova figura. Le candidature potranno essere presentate alla segreteria del Sindaco di Pisa, Paolo Fontanelli, fino al prossimo 7 Febbraio, entro le ore 12. L’istituzione della figura del Garante è stata assunta dal Parlamento italiano sulla scia delle esperienze di altri paesi europei, colmando una situazione per troppo tempo deficitaria nella politica carceraria e nelle condizioni della detenzione, la cui verifica era affidata a controlli come il potere di visita dei parlamentari e di altri soggetti istituzionali.

Con il Garante viene introdotta nella legislazione e nella prassi una figura che può esercitare attività concrete, tra cui agire per accorciare i tempi per un ricovero ospedaliero, dare informazioni per l’accesso al patrocinio gratuito, migliorare le condizioni igienico sanitarie delle strutture, far rispettare i diritti previdenziali dei detenuti e gli standard minimi di trattamento.

In questo quadro diventa importante la figura del garante istituito dai comuni, perché il radicamento nella società locale potrà favorire il dialogo e la collaborazione tra i vari soggetti istituzionali, per salvaguardare la dignità umana e contribuire ad attuare pienamente la visione della pena come recupero e reinserimento delle persone.

Negli anni scorsi il Sindaco di Pisa si era fatto promotore della proposta, ponendo l’accento sulla necessità di una maggiore attenzione alle problematiche carcerarie ed, in particolare, alla tutela dei diritti fondamentali delle persone detenute. Presso il comune di Firenze è garante dei diritti dei detenuti Franco Corleone, istituito con ordinanza del Sindaco nel 2004.

Viterbo: interrogazione a Mastella su tagli a personale sanitario

 

Tuscia Web, 25 gennaio 2007

 

On. Antonello Iannarilli - Interrogazione al ministro della Giustizia.

Per sapere; premesso che:

dai media si apprende che presso il Carcere di Viterbo è; stato drasticamente ridotto il numero dei medici penitenziari (nell’ordine del 30%) sulla base di un provvedimento del provveditorato dell’amministrazione penitenziaria del Lazio che ha ritenuto di poter, in questo modo, razionalizzare la spesa sanitaria in forza della riduzione della popolazione detenuta, riduzione conseguente al recente provvedimento d’indulto;

i sanitari del carcere di Viterbo fanno notare come tale disposizione sia estremamente lesiva per la salute dei detenuti, messa a rischio dall’impossibilità, da parte del servizio sanitario penitenziario, di far fronte, dopo l’applicazione delle riduzioni di personale, a tutte le istanze della popolazione detenuta;

il provvedimento di riduzione del personale è stato concentrato sul solo taglio dei servizi sanitari penitenziari dell’istituto di Viterbo e non, invece, spalmato su tutte le figure professionali amministrative, dirigenziali e di polizia penitenziaria;

non si sa quale sia l’ammontare complessivo del risparmio derivante dal provvedimento del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e se questo apparente risparmio non venga vanificato dal ricorso più frequente all’ospedalizzazione dei detenuti più bisognosi di cure che, per mancanza di organico medico, non potranno più essere adeguatamente seguiti in carcere;

non si capisce perché; proprio a seguito dell’indulto, provvedimento d’emergenza che è; stato adottato per far fronte all’insostenibile situazione di sovraffollamento e quindi d’affaticamento dei servizi penitenziari (anche quelli sanitari), il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria abbia inteso adottare misure di contrazione di un servizio che prima dell’indulto lavorava in perenne affanno e che solo oggi iniziava ad essere adeguato ai carichi di lavoro;

auspicando una reale volontà; politica di risolvere i problemi dell’assistenza sanitaria in carcere anche attraverso l’adozione di criteri che vedano i livelli essenziali d’assistenza all’interno dei penitenziari paragonabili, se non sovrapponibili, a quelli per la popolazione libera, e scongiurando che si vogliano adottare linee d’intervento tese a risparmiare ad ogni costo e su tutto, sottintendendo che il provvedimento d’indulto tragga la propria origine dalla necessità; di risparmio e non già dall’umanizzazione della detenzione negli istituti penitenziari italiani -:

se non si ritenga, in via provvisoria e al solo fine di garantire, in primis, la salute dei detenuti, di voler provvedere affinché la disposizione inerente alla riduzione del numero dei medici penitenziari presso il carcere di Viterbo venga annullata e che la materia venga riesaminata alla luce d’una razionalizzazione dei servizi diversamente motivata.

Droghe: Gasparri (An); nessuno spazio per la legalizzazione

 

Ansa, 25 gennaio 2007

 

Maurizio Gasparri, di An, sostiene che "non ci può essere spazio per alcuna iniziativa tesa a legalizzare l’uso delle sostanze stupefacenti", aggiungendo che "il centro sinistra periodicamente rinnova i suoi tentativi di legalizzare le droghe leggere con proposte assurde o con un uso improprio di argomenti para-scientifici".

Per Gasparri, il ministro della sanità, Livia Turco, "dovrebbe sapere che sull’uso terapeutico della cannabis ci sono decine e decine di studi che dimostrano l’infondatezza della tesi, perché si possano usare tanti altri farmaci che ottengono effetti migliori".

Gasparri definisce poi "la difesa della legge Fini-Giovanardi uno dei capisaldi dell’azione del centro destra" sottolineando che "nei giorni scorsi si è visto ad esempio che per la prima volta si sono applicate sanzioni alternative al carcere per coloro che sono stati condannati per spaccio".

Gasparri conclude sostenendo che "vogliamo vedere quale sarà la posizione dei cattolici del centro sinistra che non potranno certamente unirsi alle proposte demagogiche e irresponsabili del centro sinistra".

Immigrazione: Csm; via libera a disegno di legge anti-scafisti

 

Apcom, 25 gennaio 2007

 

Via libera dal Csm al ddl anti-scafisti, approvato qualche mese fa in Consiglio dei ministri. Il plenum di Palazzo dei Marescialli ha approvato infatti un parere positivo sulle nuove norme, sollecitato dal ministro della Giustizia Clemente Mastella.

L’organo di autogoverno della magistratura giudica "condivisibile" la scelta di eliminare il giudizio direttissimo, previsto dalla Bossi-Fini, salvo nel caso siano necessarie indagini speciali: si riconosce al pm, evidenzia, "un pieno margine di apprezzamento sulle modalità di esercizio dell’azione penale". Giudizio positivo anche per la decisione di elevare fino a due anni la durata delle indagini preliminari per chi è fortemente indiziato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: "Si tratta di una scelta senz’altro condivisibile, in considerazione della complessità delle indagini relative ai reati in questione, una complessità che si ricollega innanzi tutto al carattere transnazionale ad essi connaturato".

I consiglieri di Palazzo dei Marescialli sospendono invece il giudizio, per ora, sull’inasprimento delle pene per gli scafisti. Innanzitutto, osservano, perché "il governo ha annunciato di voler avanzare una complessiva proposta di riforma sulla politica dell’immigrazione"; e poi perché il "carattere circoscritto" delle norme contenute nel ddl "(in attesa di un intervento di sistema) osta, allo stato, a una compiuta valutazione del Consiglio". Lo stesso vale per la norma che obbliga alla custodia cautelare in carcere per gli scafisti se ci sono gravi indizi di colpevolezza: una "scelta di estremo rigore", si limita a segnalare il Csm.

Giappone: pena di morte, favorevole il 75% dell’elettorato

 

La Repubblica, 25 gennaio 2007

 

Il movimento contro la pena di morte ha compiuto molti progressi in Giappone, ma stenta ancora a far presa sul grosso pubblico. "Molti aspetti della pena capitale ormai urtano la sensibilità di gran parte della popolazione dell’Arcipelago, che però tende ancora a evitare di interessarsi attivamente a un problema per più versi ancora relegato fra i tabù", spiega il professor Junji Tsuchiya, docente di sociologia all’Universita Waseda di Tokyo.

La questione e tornata ultimamente alla ribalta con la fine di una moratoria informale nelle esecuzioni, in vigore dal settembre 2005 per gli scrupoli di coscienza del ministro della Giustizia Seiken Sugiura, un fervente buddista cui e pero succeduto dalla fine dello scorso anno il falco Jinen Nagase. In Giappone è il guardasigilli a dare l’ultimo assenso all’ordine di esecuzione proveniente dai giudici della Corte Suprema e attualmente sono una novantina i detenuti che hanno salito tutti e tre i gradini di giudizio prima del patibolo: e una cifra primato cui è prevedibile si aggiungano presto altri 25 condannati in secondo grado dall’inizio dello scorso anno.

Dall’inizio degli anni ottanta vi sono state complessivamente 63 impiccagioni, sulla base di sentenze riguardanti omicidi plurimi ed efferati (con particolari aggravanti come la violenza sessuale, incendi o danneggiamenti di luoghi pubblici): questo ha contribuito a diffondere la convinzione, confermata da diversi sondaggi, che la pena capitale sia un irrinunciabile deterrente contro le manifestazioni di violenza più estrema.

Solo ultimamente alcune certezze in proposito hanno cominciato a vacillare, specie dopo la pubblicazione di una serie di poesie in cui un detenuto nel braccio della morte ha rivelato una gamma di sentimenti insospettata ai più. Si chiama Kaoru Okashita, ha 60 anni ed è reo confesso dell’uccisione di due persone nel 1989: condannato all’ergastolo in primo grado, si e visto infliggere in appello la pena capitale, poi confermata dai vertici della magistratura.

In un antica forma poetica chiamata tanka, Okashita ha ripetutamente espresso rimorso per un atto di follia passionale rievocato in versi come i seguenti: "ho tirato il grilletto con questo dito / che sfiorò con gentilezza il tuo seno / né so se qualche mio compaesano / vorrà mai riparlarmi se riuscissi mai a finire di pagare per il mio crimine: / su Tokyo nevica e vorrei nevicasse di più/ per espiare più in fretta". Ma se la porta della clemenza continua a restare chiusa anche per casi del genere, non si tratta solo di insensibilità del pubblico.

Il vero problema, spiega Tsuchiya, e quello dell'ergastolo: "il codice nipponico non prevede una condanna di reclusione che sia effettivamente a vita e per l ergastolo vige la prassi di una scarcerazione dopo 20 o talora 10 anni: fra la gente esiste quindi la percezione che una condanna del genere finisca per essere troppo lieve nei casi di delitti più gravi".

Al contempo però è anche vero che vari aspetti della pena capitale sfiorano la tortura: il condannato ignora la data dell’impiccagione fino alla mattina fatale e anche i famigliari vengono avvertiti solo a esecuzione avvenuta. E uno degli aspetti contro cui più si battono una cinquantina di associazioni di attivisti per i diritti umani. Tra i risultati da loro ottenuti e una formulazione più imparziale degli interrogativi formulati nei periodici sondaggi dell’opinione dell’elettorato sulla pena di morte.

A favore restano pero ancora più di tre quarti degli interrogati in tali sondaggi e pertanto non c’è da meravigliarsi che nessun esponente politico appaia propenso a sostenere le esigenze di riforma. A coloro che sono in attesa di esecuzione, d’altro canto, si è aggiunto di recente il santone Shoko Asahara, capo della setta che nel 1995 lanciò un micidiale attacco terroristico con gas nervino nella metropolitana di Tokyo: la repulsione dell’opinione pubblica nei suoi confronti e stata tale che prima di una sua impiccagione il fronte degli abolizionisti può difficilmente sperare in qualche inversione di tendenza.

 

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