Rassegna stampa 24 gennaio

 

Giustizia: Mastella; sentenze definitive al massimo entro 5 anni

 

Gazzetta del Sud, 24 gennaio 2007

 

Due anni in primo grado, due in appello e uno in Cassazione: la sentenza definitiva di un processo civile di media complessità deve arrivare entro cinque anni, uno sbarramento temporale che riguarda anche il campo penale. È destinato a far discutere l’obiettivo più ambizioso del "piano straordinario per la Giustizia" illustrato ieri alla Camera dal Guardasigilli, Clemente Mastella. Le mosse per incidere sulla "ragionevole durata" dei processi, garantendo i diritti delle parti, costituiscono lo snodo degli interventi messi a punto dal ministro per ridare fiducia ai cittadini ed efficienza al sistema giudiziario italiano. Al di là della bocciatura espressa dall’opposizione, però, ad esprimere perplessità è la stessa Associazione nazionale magistrati che pure approva apertamente il programma di Mastella.

Tempi del processo - Viene istituita "un’udienza di programmazione dei tempi del processo nella quale il giudice stabilirà, nel contraddittorio delle parti, un calendario del procedimento. Saranno imposti termini vincolanti garantiti da apposite preclusioni e non prorogabili se non in caso di giustificati motivi".

Oggi giacenze troppo lunghe - "Una sentenza che arriva tardi, anche se giusta finisce per essere ingiusta" ha spiegato il ministro. I procedimenti civili pendenti sono quasi cinque milioni. A Roma un processo medio iscritto in primo grado ha un tempo di giacenza di 30 mesi, a Messina si arriva a 52. Su scala nazionale la media è di 44 mesi per definire un analogo processo di appello. Per il penale, la giacenza è di 622 giorni per il dibattimento collegiale in tribunale. Nelle corti di appello si va 230-250 giorni delle di Palermo o Potenza ai 1.200 giorni di Ancona e Venezia.

Tribunali chiusi per ferie solo un mese - I termini di sospensione del processo nel periodo feriale saranno ridotti di un terzo e andranno dal primo al 31 agosto anziché dal primo agosto al 15 settembre, come avviene oggi.

Parlamento concorra percorso ddl - Mastella auspica che sui ddl del Governo per la Giustizia ci sia "il positivo concorso di tutto il Parlamento". Sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, la maggioranza deve impegnarsi per far approvare il ddl entro il 31 luglio. Mastella ha detto a chiare note che "stella polare" della sua azione è il cittadino, e non le associazioni o i gruppi professionali e ha ribadito che la sua riforma "punta ad un magistrato più preparato perché reclutato nel migliore dei modi, scelto negli incarichi successivi perché migliore per le funzioni da attribuire".

Rivedere leggi ad personam, prescrizione e inappellabilità - Tra i punti rilevanti del piano la correzione delle norme ad personam, "prima tra tutti quella sul falso in bilancio", e la "profonda riforma" della disciplina della prescrizione introdotta dalla cosiddetta ex Cirielli per riequilibrare il sistema della inappellabilità della sentenza di assoluzione dal parte del pubblico (Legge Pecorella).

La relazione del Guardasigilli ha suscitato giudizi contrastanti tra i gruppi parlamentari. Per Luigi Vitali (Forza Italia) quelli di Mastella sono "sogni". Giuseppe Consolo, capogruppo di An, definisce "decisamente fallimentare" il bilancio dell’attività del Governo. Carolina Lussana (Lega Nord) accusa il ministro di "far sprofondare nel Medioevo il sistema Giustizia" e critica la decisione di aver relegato un confronto su un tema così delicato in un giorno in cui l’aula era semideserta. Delusa Erminia Mazzoni (Udc) che giudica "insufficiente" l’intervento di Mastella: "Invece di azzerare la nostra riforma, poteva partire da quella".

Giustizia: Mastella parla alla Camera, presenti solo 28 Deputati

 

Apcom, 24 gennaio 2007

 

I processi di "media complessità", sia in campo civile che penale, potranno durare al massimo 5 anni: 2 per il primo grado, 2 per il secondo e 1 per la Cassazione. Tempi garantiti, in ogni caso, dall’istituzione di "un’udienza di programmazione dei tempi del processo, nel corso della quale il giudice stabilirà, nel contraddittorio delle parti, un vero e proprio calendario del procedimento". Verranno quindi "imposti tempi vincolanti" e sarà il giudice ad essere "responsabile del processo". È questa l’unica vera novità contenuta nella relazione sullo stato della giustizia in Italia tenuta oggi dal Guardasigilli alla Camera, primo atto dell’avvio dell’anno giudiziario 2007. Un timing per la durata dei processi che però l’Anm giudica "difficilmente" praticabile.

Per il sindacato delle toghe, infatti, sebbene il programma di interventi illustrato dal Guardasigilli sia "convincente sul piano della ispirazione complessiva", resta "difficile" definire a priori la durata dei processi; quindi, ha commentato il segretario dell’Anm Nello Rossi, più che una "astratta programmazione", servono interventi per snellire le procedure e dotare gli uffici di mezzi e personale. "Per garantire una ragionevole celerità dei processi saranno perciò importanti, più che un’astratta programmazione preventiva, lo snellimento e la semplificazione delle procedure e congrue dotazioni di personale e di mezzi degli uffici giudiziari".

Il resto del discorso di Clemente Mastella è stata la riproposizione in forma organica delle anticipazioni di questi mesi. Dalle linee di riforma dell’ordinamento giudiziario voluto dalla Cdl alla promessa di rivedere le leggi più contestate della passata legislatura, dalla ex-Cirielli che ha ridotto i tempi di prescrizione dei reati alla Pecorella sull’inappellabilità. E l’appeal esercitato sull’Aula è stato piuttosto basso: erano in 25, 28 nel momento di picco, i deputati che ieri stamattina alla Camera hanno seguito la relazione del ministro.

Caustica, su questo, la capogruppo della Lega nord in commissione Giustizia, Carolina Lussana: "la presidenza della Camera e il governo - ha fatto notare - hanno relegato la relazione di Mastella in un giorno e in un orario in cui i parlamentari non sono ancora arrivati a Roma. Una presa in giro che svilisce il senso profondo della riforma dell’ordinamento giudiziario".

Deputati presenti o no, il messaggio politico del ministro è passato. Mastella, infatti, ha chiesto dialogo e riforme condivise, perché intende, ha detto, "il cittadino come stella polare dell’azione riformista in materia di Giustizia", senza dimenticare i costi dell’intero sistema, che devono diminuire, e i tempi, che devono essere più celeri, per recuperare quella fiducia nel sistema giudiziario che oggi è troppo bassa, anche a causa di un confronto politico di scarsa qualità; in poche parole, per Mastella serve "un piano straordinario per la Giustizia" e un "cambiamento di rotta", già in atto e che ha segnato l’azione dell’attuale governo rispetto a quello procedente.

"Ritengo auspicabile - ha proseguito il Guardasigilli - che il percorso del disegno di legge che il governo si accinge a presentare possa registrare non solo il positivo concorso di tutto il Parlamento nella ricerca di forme largamente condivise, ma anche l’apertura al contributo di idee e proposte da parte delle istituzioni e di tutti gli attori del sistema giustizia". Ecco perché, in fase di votazione, il ministro ha dato parere favorevole al dispositivo della risoluzione presentata da Forza Italia, che di fatto impegna il governo proprio sul fronte del dialogo. Bocciate invece le risoluzioni presentate da Lega Nord e An.

Tornando ai temi di Giustizia, Mastella ha sottolineato l’eccessiva spesa per le intercettazioni (oltre 1,3 miliardi di euro nel quadriennio 2003-2006) e la necessità di ridurre i punti di ascolto (da 166 a 26, oltre alla revisione dei contributi da versare alle aziende di telefonia che devono fornire il servizio. Mastella poi, ha rilanciato l’idea di "ridurre al solo mese di agosto" la chiusura estiva dei tribunali, che oggi arriva invece al 15 settembre. Difesa di rito dell’indulto, che ha sostanzialmente migliorato la situazione carceraria e, infine, rilancio della riforma dell’ordinamento giudiziario, ma sempre seguendo "la via del confronto".

Un confronto che appare intenso anche fra le forze politiche e non solo fra gli attori del sistema giudiziario. A quanto si è appreso oggi alla Camera, infatti, i testi delle riforme dell’ordinamento giudiziario e del sistema processuale civile e penale sarebbero già pronti, ma si attenderebbe a portarli in Cdm perché, dice una fonte, "all’interno della coalizione di centrosinistra c’è ancora qualche mal di pancia".

Giustizia: relazione di Mastella, divisi i consiglieri del Csm

 

Apcom, 24 gennaio 2007

 

Divide i consiglieri del Csm la relazione fatta ieri da Clemente Mastella alla Camera sulla giustizia: c’è chi apprezza gli obiettivi e le misure indicate dal Guardasigilli per raggiungerli e chi invece è scettico e critico. "Mi sembra cervellotico programmare una durata media dei processi di cinque anni: il processo ha molte variabili che non possono essere preventivamente previste - attacca il togato di Unicost Fabio Roia - . In ogni caso si tratta di un obiettivo non raggiungibile se non vi sono interventi organici sul processo civile e penale". Interventi che Roia specifica: "nel penale bisogna fare un primo grado collegiale e abolire il giudizio di appello, oltre a introdurre la possibilità per il pm di chiedere l’archiviazione per irrilevanza penale del fatto; nel civile occorre prevedere forti strumenti contro liti e resistenze temerarie e favorire la conciliazione". Tra gli scettici anche il laico di Forza Italia Michele Saponara. "L’obiettivo dei cinque anni mi pare velleitario. Di certo un processo di mafia con tanti imputati non si può fare in un tempo così breve. Quanto a ridurre la sospensione feriale, mi pare un’idea positiva, a cui gli avvocati non si opporranno". Sull’altro fronte si schiera invece Mario Fresa del Movimento per la giustizia: "è da apprezzare l’obiettivo di rendere ragionevole la durata dei processi, che è primario per tutti gli operatori del diritto".

Giustizia: penalisti; gli obiettivi di Mastella sono condivisibili

 

Apcom, 24 gennaio 2007

 

La relazione del Guardasigilli Clemente Mastella alle Camere incassa il giudizio positivo del Presidente dell’Unione Camere Penali, Oreste Dominioni. "Le comunicazioni di Mastella sulla riforma dell’ordinamento giudiziario indicano obiettivi nell’insieme condivisibili", afferma Dominioni. "Da sottolineare - prosegue il Presidente dei penalisti - è che al centro della riforma della giustizia viene posto il cittadino nelle sue esigenze, nei suoi diritti.

Le soluzioni che dovranno essere individuate non potranno che misurarsi su questo obiettivo e vanno rifiutate, dunque, tentazioni di pseudo riforma che pensino di praticare la mortificazione delle persone e quindi della giustizia". A giudizio di Dominioni, "ad essere ammalati sono gli apparati di amministrazione della giustizia sui quali è necessario intervenire con coraggiose iniziative chirurgiche e ricostruttive. E su questo terreno tutti i soggetti che operano nel campo della giustizia dovranno collaborare in modo fattivo".

Giustizia: 20mila bambini hanno un genitore in carcere

 

L’Unità, 24 gennaio 2007

 

Quando varca la soglia del carcere e poi quella della sala colloqui per incontrare il papà, Marco diventa scuro in viso. Ha nove anni e la tristezza gliela si legge negli occhi. Davanti ai cancelli che si aprono e chiudono e ai chiavistelli si irrigidisce. Ha paura. Ai ritmi del carcere, i controlli all’ingresso, i registri e la trafila per incontrare il padre che manca da casa sua quattro anni, non si è ancora abituato. E non si vuole abituare. In carcere non ci vorrebbe più andare ma per vedere il papà a casa dovrà aspettare ancora una decina d’anni.

Marco è uno dei 20mila "innocenti del carcere". Tanti sono i bambini, in tutta Italia, che ogni giorno devono fare i conti con la prigione perché hanno un genitore che sconta una condanna. Perché "a scontare la pena non c’è solamente chi sta dentro ma anche quelli che aspettano a casa".

Lillo Di Mauro, rappresentante della Consulta penitenziaria del comune di Roma e volontario proprio a Rebibbia non usa giri di parole. "C’è poco da dire, per ogni detenuto dietro le sbarre c’è almeno un bambino a casa che soffre, che piange e si dispera, e nessuno fa nulla per aiutarlo, per evitare che, una volta adulto si rovini". È drammatica l’altra faccia delle prigioni d’Italia e riguarda ventimila bambini. "Prima dell’indulto c’erano nelle carceri quasi 60mila detenuti e quarantamila bimbi a casa - spiega - adesso, invece ci sono 40mila persone dietro le sbarre e 20mila bimbi".

I piccoli fuori dalle sbarre che almeno una volta alla settimana si devono confrontare con l’ingresso in carcere, seguire la trafila dei controlli prima di entrare nelle sale colloqui e ancora i ritmi imposti da spazi piccoli e ristretti. "La maggior parte dei bambini che entrano in carcere per incontrare i parenti detenuti hanno problemi di natura psicologica - aggiunge - il contatto con le strutture detentive per loro è traumatico".

Senza dimenticare poi quelli che hanno invece reazioni violente. "Molto spesso capita che i bimbi cerchino di emulare le gesta del genitore detenuto - aggiunge - e anche in questo caso ci si trova a situazioni disperate cui non si riesce a far fronte". Risultato? "Devianza giovanile, dispersione scolastica sono solamente alcune delle conseguenze - chiarisce - e naturalmente violenza che può esplodere tra le mura domestiche o con i coetanei".

Il popolo degli innocenti riguarda poi anche i figli esclusi. Quelli che in carcere non ci vanno perché non vuole il genitore rimasto a casa. "Il fatto vero però è che sino a oggi poco si è fatto per queste categorie - aggiunge - per questo motivo assieme alle associazioni di volontariato carcerario stiamo portando avanti una serie di iniziative che abbiano uno sviluppo legislativo e possano aiutare i figli dei detenuti". E rendere meno drammatica l’altra faccia del carcere.

Milano: Cure ai detenuti? Meglio in un ospedale normale

 

Redattore Sociale, 24 gennaio 2007

 

Si trova al San Paolo di Milano il primo reparto riservato ai detenuti: in funzione dal 2001, conta 20 posti letto e circa 700 ricoveri all’anno. Un modello che consente di risparmiare e di curare meglio.

In Italia è stato il primo reparto d’ospedale riservato ai detenuti. Nei 20 posti letto disponibili al San Paolo di Milano ogni anno passano circa 700 persone: il loro è un ricovero forzato. Entrata in funzione come progetto sperimentale nel 2001, questa struttura sanitaria ha aperto la strada alla nascita di altri due reparti dello stesso genere: all’ospedale Sandro Pertini di Roma (nato nel 2005) e al Belcolle di Viterbo (2006).

Sono stati creati per risparmiare sui costi di sorveglianza e per dare ai detenuti cure migliori. "Con un organico di soli 25 agenti di polizia penitenziaria garantiamo la sorveglianza di 20 detenuti - spiega Rodolfo Casati, primario del reparto al San Paolo -. In un reparto normale ne occorrerebbero una decina in servizio per un solo detenuto ricoverato. In passato era così e qualcuno riusciva persino a fuggire".

Il reparto di medicina penitenziaria è un piccolo carcere all’interno dell’ospedale. Eppure qualche vantaggio c’è, almeno per i detenuti. "Riusciamo a dare un’assistenza medica di alto livello con tempi più brevi, che prima era difficile garantire ", spiega il primario. E aggiunge: "Chi viene accompagnato qui, ci arriva per curare una determinata patologia, ma il ricovero nella maggior parte dei casi si trasforma in un check-up generale". Nel reparto del San Paolo lavorano 8 medici, 9 infermieri e 7 assistenti socio sanitari. In base al tipo di malattia del paziente intervengono poi gli specialisti degli altri reparti. Quando il paziente è straniero intervengono anche i mediatori culturali. Milano, Bollate, ma anche Monza, Busto Arsizio, Brescia: al San Paolo arrivano detenuti da tutte le carceri lombarde. Ma qualcuno anche da più lontano. "Si tratta soprattutto di quei casi in cui è necessaria un’assistenza continuativa che solo un reparto come questo può dare".

Buono il bilancio di questi 5 anni di lavoro, ma i problemi non mancano, soprattutto nei rapporti con i detenuti. "Alcuni rifiutano le cure, forse per una forma di protesta verso il sistema carcerario -racconta Rodolfo Casati-. Ma le difficoltà maggiori sono con i pazienti stranieri che spesso hanno una concezione diversa della medicina e della cura del corpo. In questi casi conta molto la preparazione del personale del reparto, la loro capacità di ascolto e il modo di relazionarsi con il paziente". Un reparto al maschile, per il braccio femminile non è stata finora creata una struttura ad hoc. "Sono molto meno rispetto agli uomini e quindi il loro ricovero in reparti normali è meno problematico", precisa Rodolfo Casati.

L’esperienza del reparto di medicina carceraria del San Paolo sarà al centro di un convegno, "La medicina nelle carceri", organizzato dalla sezione milanese dell’Amci (Associazione medici cattolici Italiani) domani sera, alle ore 18, presso la Sala Conferenze dell’Istituto Suore di Maria Bambina (via Santa Sofia, 17). Interverrà anche don Virgilio Balducchi, cappellano del Carcere di Bergamo e delegato regionale dei cappellani delle carceri lombarde. "Vogliamo attirare l’attenzione su un problema poco conosciuto anche dai medici - afferma Gianni Lambertenghi, presidente Amci di Milano -. Penso che la cura sanitaria di chi sta in carcere sia non solo doverosa, ma che rientri in quel processo di reinserimento nella società che è poi il fine di ogni detenzione".

Monza: sarà istituita la figura del Garante dei diritti dei detenuti

 

Redattore Sociale, 24 gennaio 2007

 

Anche la futura Provincia di Monza e Brianza istituirà la figura del Garante dei diritti dei detenuti. Fino ad allora, sarà Giorgio Bertazzini, Garante della Provincia di Milano, ad occuparsi anche dei casi dei 53 Comuni brianzoli. La novità è il frutto del protocollo siglato oggi tra l’Assessore provinciale con delega all’integrazione sociale per le persone in carcere o ristrette nella libertà, Francesca Corso, e il sindaco di Monza Michele Faglia.

"Abbiamo siglato un Protocollo d’intesa tra la Provincia di Milano e il Comune di Monza, di cui fanno parte tutta una serie di 53 Comuni della nuova Provincia di Monza e Brianza rappresentati nell’Asl 3 -spiega Corso-. Questi enti hanno realizzato la produzione sulla base della legge 328/00 (che regola il Piano Regionale Socio Sanitario; ndr) all’interno della quale sono previste azioni a favore dei detenuti e delle persone ristrette nella libertà. Con la delibera del mese di ottobre il Consiglio provinciale ha istituito la figura del Garante, che questo protocollo ha esteso come interesse al Comune di Monza, a beneficio delle azioni dei singoli comuni e a favore della popolazione detenuta, ristretta o sottoposta a misure alternative.

"Monza ha voluto anticipare l’avvio della Provincia di Monza e Brianza con una soluzione autonoma, creando i presupposti l’eventuale futuro arrivo di un altro Garante o per il proseguimento del rapporto con Bertazzini -prosegue Corso, che spiega-: Il Garante dei detenuti è tenuto a rappresentare tre tipi di interessi: quello culturale, per realizzare l’umanizzazione della pena; quello di costruire un rapporto sinergico tra istituzioni per la progettualità a favore dei detenuti e quello di intervenire in casi di lesione dei diritti soggettivi delle persone".

Firenze: "Sollicciano" diventerà un marchio della moda

 

Asca, 24 gennaio 2007

 

Un marchio tutto fiorentino di abbigliamento e accessori per lo sport e il tempo libero nascerà nel carcere di Sollicciano. Qui le detenute disegneranno e realizzeranno i capi. Il marchio, con nome e logo già realizzato ma ancora top secret perché in attesa della registrazione presso la Camera di Commercio, identificherà un’intera linea di moda progettata, disegnata e realizzata tra le mura del carcere fiorentino grazie all’inserimento lavorativo dei detenuti e delle detenute di Sollicciano. Per tutto il 2007 la linea sarà progettata grazie all’apporto di una stilista fiorentina. Probabilmente la linea sarà pronta per essere lanciata sul mercato già nel gennaio 2008, durante la kermesse di Pitti Immagine Uomo a Firenze.

Cesena: incontro con fra Beppe Prioli e i "lupi" in carcere

 

Comunicato stampa, 24 gennaio 2007

 

Venerdì 26 gennaio 2007 ore 20.30

Convento dei Cappuccini, Via Garampa 341 - Cesena

 

Nell’ambito del percorso Anelli destinato ai volontari della giustizia, s’intende fare luce sulle esperienze più significative nel rapporto carcere e società. Qui si inserisce la testimonianza di frate Beppe Prioli, promossa dall’Ordine Francescano Secolare, venerdì 26 gennaio presso il Convento dei Cappuccini a Cesena. Beppe Prioli è un frate minore francescano che da quarantadue anni si dedica alla "cura" e al recupero di ergastolani, incontrandoli a tu per tu nelle carceri italiane.

Questo divenire "frate degli ergastolani" è stata una scelta, una sorta di "chiamata", che dal 1963 lo ha portato a imparare dai detenuti, come lui stesso dichiara "… ho imparato il valore dell’ascolto, dell’accoglienza, del confronto... da persone che la pubblica opinione considera mostri". Il segreto di questa apertura e comprensione è nello sguardo che Fra Prioli ha imparato a spostare dal delitto alla persona. Solo in questo modo, riprogettando il punto di vista, è possibile accorgersi che il lavoro di recupero all’umanità è realizzabile, anche nei casi più disperati, con coscienza e pazienza.

Rarissime sono state le sue esperienze di impossibilità al recupero, e questo ha portato fra Prioli a fondare l’associazione "La Fraternità" per il sostegno ai detenuti e alle loro famiglie, ma anche a progettare l’apertura di un Centro di Ascolto per i famigliari dei detenuti, per aiutarli e guidarli nel difficile cammino di recupero del rapporto con i propri cari.

Fra Prioli è stato inoltre tra i primi firmatari del provvedimento di "clemenza subito", forte della sua convinzione che la pena debba prima di tutto rieducare: si devono aiutare "i lupi (così definisce gli ergastolani in uno dei suoi libri) … a riconoscere il male che hanno fatto, ma la società deve dare loro una possibilità di riscatto morale e sociale". Per informazioni rivolgersi a Thomas Melis 338.9974074 o Paola Bacciali 333.5792319

Minori: Mastella; abbassare età punibile non serve a prevenire

 

Il Mattino, 24 gennaio 2007

 

Non è una "ricetta efficace per combattere la delinquenza minorile" l’abbassamento della soglia di età della responsabilità penale, pure presente come ipotesi nel dibattito politico non solo italiano. È quanto sottolinea il ministro della Giustizia Clemente Mastella nel capitolo sulla giustizia minorile della relazione che ha presentato alle Camere sullo stato della giustizia in generale. Il Guardasigilli ha sottolineato che nei paesi dove questa soluzione è stata adottata "le evidenze statistiche non ne hanno dimostrato la pertinenza. Altri strumenti di carattere socio-educativo mi paiono più congrui rispetto ai bisogni di prevenzione speciale e culturalmente più vicini alla nostra tradizione giuridica e alle migliori prassi dei nostri uffici giudiziari". Il Guardasigilli ha annunciato che verrà istituito un centro per la ricerca, la formazione e l’innovazione del Dipartimento giustizia minorile; il centro garantirà la razionalizzazione delle risorse umane ed economiche e si occuperà di sviluppare la ricerca finalizzata ad azioni innovative e interventi di qualità. Parallelamente il Guardasigilli ritiene che vada diffusa la strategia della mediazione penale, fortemente sostenuta dalle istanze europee.

Droghe: Boato (Verdi), depenalizzazione in Programma Unione

 

Asca, 24 gennaio 2007

 

Integrale depenalizzazione del consumo di droghe, incentivazione dell’accesso alle pene alternative al carcere e "rivitalizzazione" delle politiche di riduzione del danno. È quanto si propone di realizzare la proposta di legge Boato "per l’abrogazione della legge Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze e per una politica alternativa sulle droga" siglata da altri quaranta parlamentari dei diversi schieramenti di maggioranza.

Un provvedimento, già presentato nell’aprile del 2006, e di cui oggi è stata chiesta la calendarizzazione. "La nostra proposta - ha infatti spiegato il primo firmatario, il Verde Marco Boato nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio - è una traduzione concreta di quanto enunciato nello stesso programma dell’Unione quando si afferma che la legge Fini-Giovanardi "deve essere abrogata". La proposta è, dunque, una necessaria risposta al vero e proprio colpo di mano con il quale, alla fine della scorsa legislatura, la destra approvò la normativa attualmente in vigore". I primi quindici articoli della Proposta di legge sono finalizzati alla abrogazione della Tabella unica in cui sono inserite tutte le diverse sostanze stupefacenti, tornando così al testo precedente del 1990. In sostanza si afferma la non sanzionabilità dell’uso e della detenzione a uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope restringendo la punibilità penale solo per quanti detengono sostanze al fine di cederle a terzi o di ricavarne profitto. Altro punto significativo della normativa è dedicata alle misure alternative alla detenzione per i tossicodipendenti.

Tratta: ministro Amato; nasce l'Osservatorio sulla prostituzione

 

Redattore Sociale, 24 gennaio 2007

 

Istituito presso il Dipartimento di pubblica sicurezza, ha l’obiettivo di migliorare l’efficacia e potenziare le misure di assistenza, protezione e tutela delle vittime. Sarà presieduto dalla Sottosegretaria Marcella Lucidi.

"Il traffico di donne, e in particolare di minori a fini di prostituzione è uno dei reati più ignobili che si consumano in Italia": lo ha ribadito oggi il ministro dell’Interno Giuliano Amato commentando l’operazione della Polizia di Stato che ha portato all’arresto di 784 persone. Il contrasto al fenomeno della tratta degli esseri umani è dunque una priorità per il dicastero, che per questo si dotato di un nuovo strumento operativo: l’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi. L’atto costitutivo è stato siglato il 20 gennaio scorso e, come ha commentato lo stesso Amato, si tratta di "un ulteriore tassello per intensificare il sistema di prevenzione e contrasto dei fenomeni della tratta di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione".

È stato istituito presso il Dipartimento di pubblica sicurezza e sarà presieduto dal sottosegretario Marcella Lucidi. Avrà compiti di studio, ricerca ed approfondimento sul sistema di prevenzione e contrasto del fenomeno, finalizzati a migliorarne l’efficacia e potenziare le misure di assistenza, protezione e tutela delle vittime. Dopo la costituzione formale, ora si tratta di avviare la fase operativa a partire dalla scelta dei membri. Dell’Osservatorio infatti, sottolinea il ministero, faranno parte investigatori delle Forze dell’ordine e personale del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, ma anche esponenti degli enti e delle associazioni che si occupano della protezione e del reinserimento delle vittime. Ai lavori dell’Osservatorio inoltre, spiega il ministero, potranno essere invitati, per i contributi di competenza su singole tematiche, rappresentanti dei dicasteri della Giustizia e della Solidarietà Sociale e del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità.

Yemen: 500 minorenni detenuti e 9 nel braccio della morte

 

Agenzia Radicale, 24 gennaio 2007

 

Nel braccio della morte dello Yemen ci sono nove detenuti che hanno meno di 18 anni, secondo un rapporto discusso di recente dal Consiglio della Shura yemenita; in base al rapporto, pubblicato dalla Commissione per i Diritti, le Libertà e le Organizzazioni della Società Civile, sono circa 500 i minorenni detenuti per vari crimini nelle prigioni del paese. Dei 109 in carcere per gravi reati - compreso omicidio premeditato, omicidio colposo e tentato omicidio - sono 43 quelli di età compresa tra 12 e 15 anni, mentre i restanti 66 hanno età compresa tra 16 e 18 anni. Sempre secondo il rapporto, la maggior parte dei minorenni trascorre la detenzione insieme a prigionieri adulti. Il nuovo Codice Penale yemenita ha elevato a 18 anni l’età minima per la condanna a morte. Lo Yemen è stato tra i pochi paesi negli anni 90 a effettuare esecuzioni nei confronti dei minori, tra cui quella di un ragazzo di 13 anni nel 1993.

Nel 2001 sono state compiute nel paese almeno 80 esecuzioni. Nel 2002, le esecuzioni note sono state almeno 10. Nel 2003, sono state effettuate almeno 7 esecuzioni e quelle effettuate nel 2004 sono state almeno 6. Nel 2005, sono state messe a morte almeno 7 persone, ma secondo Amnesty International sono state effettuate "dozzine di esecuzioni".

 

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