Rassegna stampa 14 agosto

 

Giustizia: nelle carceri italiane sette morti dall’inizio di agosto

 

Liberazione, 14 agosto 2007

 

L’età media è di 35 anni. Dossier di Ristretti Orizzonti.

Era in isolamento e "sorvegliato speciale", 32 anni, egiziano: si è ucciso impiccandosi il 7 agosto nel carcere di Verziano, in provincia di Brescia. Era stato arrestato la settimana scorsa, accusato di aver venduto una dose di cocaina, rivelatasi letale, alla giovane marocchina morta per overdose a Desenzano. Dopo l’arresto era stato prezioso per le indagini, aveva deciso di collaborare consentendo di arrestare altri due trafficanti, acquirenti di parte della cocaina tagliata con tropocaina in circolazione nel Bresciano.

Il giovane nordafricano si è impiccato alla porta della cella, nel quarto d’ora intercorso tra la visita del medico, a cui aveva chiesto un ansiolitico per poter dormire, e il giro di controllo degli agenti di polizia penitenziaria.

È una delle storie raccolte dal dossier "Morire di carcere" di Ristretti Orizzonti , che nella prima settimana d’agosto registra già 7 morti, nelle carceri di Velletri, Regina Coeli, Bolzano, Pavia, Vigevano, Locri e Brescia: 2 i suicidi, una morte è stata causata da un "cocktail" di farmaci e droghe, 4 da "cause naturali" non meglio precisate. L’età media dei detenuti che hanno peso la vita è di 35 anni. Il secondo suicidio è avvenuto l’8 agosto nel carcere di Vigevano: si è impiccato un detenuto italiano di 40 anni che stava scontando una pena residua di un anno.

"Forse anche per la complicità delle ferie, in corso o incombenti, finora quasi nessuno ha speso una parola su questa vera e propria strage di persone relativamente giovani e relativamente sane che improvvisamente vengono ritrovate cadavere nelle rispettive celle. - sottolinea il dossier - Eppure questa "epidemia da carcere" ha proporzioni davvero allarmanti: se si manifestasse con la stessa virulenza tra la popolazione libera - fatte le debite proporzioni - ogni anno in Italia "perderemmo" 300mila trentenni, deceduti quasi tutti per "cause naturali". Una catastrofe, una piaga biblica". Ma se questo succede in carcere, "rischia di essere tutto nella norma. Stiamo parlando di persone drogate, alcoliste, malandate nel corpo e nella mente, con aids, tubercolosi, epatiti e quanto altro. - prosegue il dossier - Infine - ma non per ultimo - sono "delinquenti", perciò se nel corso della "meritata espiazione" qualcuno non regge, la sua morte non fa neppure notizia".

Secondo i dati aggiornati al 30 giugno 2007, diffusi dal ministero della Giustizia, sono 43.957 i detenuti nelle carceri italiane, il 95,6% uomini; 14.509 sono in attesa di primo giudizio, mentre 17.042 stanno scontando una pena definitiva. La maggior parte è concentrata nella fascia di età 30-34 (17,4%) e 35-39 (16,17%); il 34,6% ha un titolo di studio di media inferiore, il 18,2% quello di scuola elementare e l’1,7% è analfabeta. L’1% è laureato. Oltre 15mila detenuti hanno figli, 2.972 ne hanno 3, 1224 ne hanno 4 e 6 poco più di 2006. Prevalgono i reati connessi a prostituzione (29,1%), droga (15,1%), armi (16%) e quelli contro la persona (16,5%). Le donne detenute sono 1.922; 650 scontano una condanna definitiva, 25 un ergastolo, 29 una pena di oltre 20 anni; la maggior parte ha una condanna che prevede dai 3 ai 5 anni di detenzione. Nel primo semestre 2007 gli ingressi dalla libertà sono stati 45.810, il 48% di soggetti stranieri (21.888).

Giustizia: Rusconi (Dl); su tema sicurezza Ulivo preoccupato

 

La Provincia di Como, 14 agosto 2007

 

Antonio Rusconi, cattolico, per anni insegnante di lettere, è deputato della Margherita al secondo mandato in Parlamento. E per cominciare, tiene a fare piazza pulita dalle nebbie ideologiche: "Quello della sicurezza - premette - non è un problema né di destra né di sinistra, visto che è una questione che riguarda tutti noi, indistintamente.

Il Paese deve garantire anzitutto un senso di serenità e sicurezza, il cittadino che vede il criminale libero non è rassicurato. Inoltre vi devono processi in tempi brevi e le condanne devono essere certe. Non si può negare che tra i criminale vi siano molti extracomunitari, il problema non è quello dell’immigrazione ma che vi deve essere la certezza della pena.

Nell’Ulivo c’è preoccupazione, il futuro è multietnico, non si può tornare indietro; la Bossi-Fini non ha funzionato, non ha realizzato i propri obiettivi: bisogna agire nel concreto, mi auguro che in Parlamento si arrivi ad una legge condivisa con la minoranza, collaborando con i paesi del Maghreb per evitare le ondate di disperati tra cui inevitabilmente si intrufolano balordi, oltretutto il disperato senza lavoro rischia di essere il più disponibile a delinquere".

Prosegue l’ex sindaco di Valmadrera: "Gli immigrati hanno diritti ma pure dei doveri: pur venendo da un paese e da una società di cultura diversa dalla nostra devono rispettare le nostre tradizioni, laiche o religiose che siano". Il suo evocare la certezza della pena non è in contraddizione con l’indulto? Pentito di averlo approvato? "Assolutamente no, era un provvedimento doveroso, indispensabile per ridurre il problema del sovraffollamento delle carceri."

Giustizia: Lupi (Fi); arginare la criminalità, su diversi fronti

 

La Provincia di Como, 14 agosto 2007

 

Maurizio Lupi, già parlamentare nel collegio di Merate, è uno degli uomini emergenti di Forza Italia. E non ha dubbi sulla ricetta da adottare. "Si dovrebbe intervenire in diversi modi: innanzitutto incrementando la presenza sul territorio di Carabinieri, Polizia e Vigili.

Poi è importante la riqualificazione del territorio stesso con interventi di tipo sociale in quanto è ovvio che il giovane che cresce in un ambiente degradato può finire nelle mani delle organizzazioni criminali. Questa è una realtà che ho constatato di persona visto che sono cresciuto e tuttora vivo nella periferia milanese: non appena il Parco delle Cave è stato riqualificato sono spariti gli spacciatori. Il terzo elemento è che ci deve essere la certezza della pena in quanto il rischio di finire in prigione funga da deterrente?"

Evocare la certezza della pena sembra assolutamente in contraddizione con l’indulto, approvato anche da Forza Italia: per salvare Previti malignano a sinistra: pentito?

"No, assolutamente no, non confondiamolo con il lassismo ed il buonismo: l’indulto è stata una decisione necessaria in quanto è giusto che la società conceda a chi sbaglia la possibilità di esser recuperato: la pena se è certa, deve essere anche rieducativa, non solo punitiva. Per quanto riguarda Previti, puntualmente la sinistra sbaglia e Cesare lo ha dimostrato poche settimane fa chiedendo a Forza Italia di votare a favore delle sue dimissioni. La sinistra ha il concetto ideologicamente errato che sicurezza ed accoglienza non possano coesistere, per cui alla fine in nome di un fantomatico rispetto dei diritti umani fanno un gran calderone di tutto".

Ed ancora sull’immigrazione: "È giusto accogliere chi viene da noi in cerca di lavoro ma è anche altrettanto giusto che queste persone rispettino le nostre leggi, oltre che la nostra cultura. Soprattutto è importante che abbiano un lavoro sicuro, condizione essenziale per evitare che non finiscano nelle mani delle organizzazioni criminali, questo infatti era l’intento della Bossi-Fini".

Sanremo: Luca Delfino minacciato di morte dagli altri detenuti

 

Secolo XIX, 14 agosto 2007

 

Dal tardo pomeriggio di venerdì scorso, giorno del delitto, Luca Delfino è rinchiuso in una cella a due posti del settore di massima sorveglianza dell’Armea. Con lui un detenuto italiano, più anziano, una persona che in carcere viene definita "tranquilla e ragionevole", anche se il reato per il quale è accusato risulterebbe abbastanza grave. Inoltre, sempre per motivi di sicurezza, Delfino trascorre l’ora d’aria da solo, guardato a vista dalla polizia penitenziaria.

In altre parole, non può avere alcun contatto fisico con altri detenuti, se non con il suo compagno di cella. Eppure - ha sostenuto ieri il suo difensore, Mariangela De Pascalis - in questi giorni "il mio assistito è stato minacciato, sia pure in modo generico, con frasi del tipo "sei un infame, devi morire". Dalla mia esperienza trentennale posso dire che fatti di questo tipo accadono piuttosto regolarmente contro chi ha commesso omicidi perpetrati con una certa violenza. Di conseguenza, ho suggerito al mio assistito di segnalare qualsiasi minaccia al personale di polizia". Sempre ieri, in margine all’interrogatorio di garanzia cui ha fatto seguito l’udienza di convalida dell’arresto, l’avvocato genovese ha riferito che Delfino dopo 48 ore "di stato totalmente confusionale, oggi (ieri per chi legge, ndr) ha realizzato quanto realmente accaduto ed ha pianto".

Strategia difensiva, la stessa che in prospettiva punterà sulla presunta incapacità di intendere e di volere del trentenne genovese? Può darsi. Come, del resto, non è da escludere che le presunte minacce che Delfino ha riferito all’avvocato De Pascalis corrispondano al vero. Il primo a fare professione di realismo è lo stesso direttore del carcere Francesco Frontirrè. "Diciamo che certi codici non scritti hanno ancora una qualche applicazione tra i detenuti, soprattutto, come ha detto l’avvocato De Pascalis, quando il soggetto si è macchiato di reati particolarmente efferati e, per di più, contro donne e minori.

Quindi, rientrando questo caso nella fattispecie, non posso escludere che qualcuno dalla propria cella possa aver urlato frasi del genere anche se, va detto, difficilmente sarebbero sfuggite agli addetti alla sorveglianza. Tuttavia - continua Frontirrè - mi preme ricordare e sottolineare che il detenuto in questione, pur non essendo in isolamento, è comunque sottoposto a misure particolarmente attente che gli impediscono di venire a contatto con gli altri soggetti reclusi. In "cortile" è sempre da solo e sotto sorveglianza. In cella ha tutti i servizi necessari, pranzo e cena gli sono serviti sempre in cella. Può vedere la televisione e leggere i giornali. In conclusione, il detenuto non corre alcun pericolo e il personale vigila attentamente e fa prevenzione anche in ordine a eventuali condotte autolesioniste".

Nessun problema neanche ieri pomeriggio, quando Luca Delfino è stato sottoposto a una serie di accertamenti medici e tecnici da parte del professor Francesco Ventura, il medico legale incaricato non solo dell’autopsia sul corpo della vittima, ma anche dell’esame delle ferite da arma da taglio sulla mano sinistra del trentenne genovese.

Intanto, sempre nel pomeriggio di ieri, il pubblico ministero che coordina l’inchiesta, Vittore Ferraro, ha dato il nulla osta per i funerali di Maria Antonia Multari. La funzione si svolgerà oggi alle 16 nella parrocchia di San Rocco, a Vallecrosia. La salma sarà poi tumulata nel cimitero di Vallecrosia. Negozi chiusi per un’ora in segno di lutto.

Paliano: dal Garante Marroni libri per biblioteca dei detenuti

 

Comunicato stampa, 14 agosto 2007

 

Il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni consegna decine di libri alla biblioteca del carcere di Paliano. La donazione frutto dell’accordo tra lo stesso Garante e il settimanale "Il Venerdì di Repubblica".

I libri consegnati stamattina dal Garante dei detenuti Angiolo Marroni. "Uno dei diritti più trascurati in carcere è quello di poter curare la propria formazione culturale - ha detto Marroni - È importante che la società conosca anche questo aspetto della vita dei detenuti".

Decine di volumi di ogni genere letterario, alcuni dei quali veri e propri best seller, appena arrivati in libreria. È quanto ha donato, alla biblioteca del carcere di Paliano, il Garante Regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni.

La donazione - che rientra fra le iniziative del Garante volte a tutelare il diritto alla cultura in carcere - è resa possibile da un accordo unico nel suo genere fra lo stesso Garante e i giornalisti del Venerdì di Repubblica (storico settimanale del quotidiano romano), grazie al quale le biblioteche delle 14 carceri del Lazio saranno rifornite e completate con decine di libri donati periodicamente dal settimanale. Da maggio ad oggi i volumi sono già arrivati alla biblioteca dell’istituto penale minorile di Casal del Marmo (Roma), a Frosinone e a Latina, a Rebibbia e a Viterbo.

"È, questa, un’azione coerente con i principi per i quali è nato il nostro ufficio - ha detto il Garante Angiolo Marroni - vale a dire, garantire i diritti dei detenuti fra i quali un ruolo importante riveste quello alla cultura, fondamentale nella prospettiva del reinserimento sociale di queste persone. Per questo ringrazio la direzione e la redazione de il "Venerdì di Repubblica", insieme al Prap ed alla direzione del carcere di Paliano".

Il carcere di Paliano si trova sulla sommità del centro abitato, dando la sensazione del dominio ambientale cosa cui, forse, pensava l’ideatore della struttura, l’Architetto rinascimentale Sallustio Peruzzi.

Nomadi: Unione Europea; l’Italia non rispetta diritti dei Rom

 

Affari Italiani, 14 agosto 2007

 

La tragedia del campo rom di Livorno, con la morte dei bambini bruciati nella loro roulotte, ha aperto una crisi tra Roma e Bruxelles. Tirata in ballo dal premier Romano Prodi che l’ha accusata di non aver ancora affrontato il problema dell’integrazione di rom e sinti, l’Unione europea ieri ha risposto stizzita avvertendo l’Italia non solo dell’esistenza di normative adeguate in materia, ma anche di aver già avviato una procedura d’infrazione per il loro mancato recepimento che potrebbe portare a pesanti sanzioni.

In serata la replica del Viminale, che ha confermato di aver attuato, attraverso un decreto legislativo, la direttiva in questione, anche se per quanto riguarda rom e sinti è "vero che l’Italia non ha riconosciuto loro i diritti delle minoranze, che la nostra legge riconosce alle sole minoranze linguistico - territoriali", ma la questione sarà oggetto di un’apposita conferenza in programma per ottobre.

Ad accendere la miccia sono state le parole pronunciate domenica dal premier. Colpito da quanto accaduto a Livorno, Romano Prodi aveva definito quella dei rom come un problema politico, per poi prendersela con l’Unione europea accusandola di non aver ancora trovato affrontato la questione. "L’Europa ha risolto molti problemi interetnici, ma non quello dei rom"; ha detto il premier.

La risposta non si è fatta attendere. Lette evidentemente le dichiarazioni di Prodi come un atto d’accusa, Bruxelles ha replicato con decisione.

"Dal 2000 abbiamo una legislazione europea in vigore che proibisce la discriminazione", ha subito precisato Katharina Schnurbein, la portavoce del commissario Ue per il lavoro e gli Affari sociali Vladimir Spidla. Il problema semmai, ha aggiunto la portavoce, è che molti Stati membri ancora non hanno adottato la direttiva. "Lo scorso 27 giungo - ha infatti proseguito - la commissione europea ha inviato delle lettere di messa in mora a 14 Stati membri per non aver trasposto la direttiva".

Il provvedimento in questione è la direttiva 43 del 2000 "Razza ed origine etnica" e sotto accusa, oltre all’Italia, anche Spagna, Svezia, Gran Bretagna, Repubblica Ceca. Estonia, Francia, Irlanda, Grecia, Lituania, Polonia, Portogallo, Slovenia e Slovacchia. Tutti paesi che non avrebbero garantito a sufficienza - per minoranze come rom e sinti - l’integrazione al mercato del lavoro, la formazione professionale, un’adeguata protezione sociale, l’istruzione e il mancato accesso ai beni pubblici, come l’alloggio. Per quanto riguarda Roma, in particolare, i punti contestati sono tre: la mancanza di condivisione dell’onere della prova, una limitata protezione contro gli abusi e le ritorsioni, una definizione sbagliata nella legge di molestie razziali.

Insomma una bacchettata sulla dita che brucia a Roma, tanto da sollecitare il Viminale a intervenire confermando di aver già recepito la direttiva in questione, fin dal 2003, mentre per quanto riguarda i tre punti specifici contestati all’Italia, il ministero degli Interni conferma che si tratta di aspetti che "che vanno corretti e che, tuttavia, non riguardano la specifica questione dei rom".

La questione comunque tiene banco anche a livello nazionale, tanto da registrare un ulteriore intervento del ministro Paolo Ferrero. Domenica il titolare della Solidarietà aveva polemizzato con gli enti locali accusandoli di fatto di voltare la testa dall’altra parte rispetto alle condizioni di vita dei rom, e provocando tra le altre anche la dura reazione del sindaco di Venezia Massimo Cacciari. Ieri Ferrero è tornato alla carica, questa volta però per chiedere maggiori finanziamenti per le politiche sociali.

"Aldilà delle polemiche strumentali - ha detto il ministro - è evidente che per affrontare efficacemente la vicenda rom servono maggiori risorse economiche, anche nazionali, da destinare alle politiche sociali e di integrazione. Se c’è una cosa che chiedo da quando sono ministro - ha concluso Ferrero - è proprio quella di aumentare la spesa sociale e sono contento che adesso anche Cacciari sia d’accordo".

Droghe: guidava drogato, fa incidente in cui muore bambina

 

La Repubblica, 14 agosto 2007

 

Roy Jacobsen andava verso Roma e prima di mettersi al volante aveva assunto un’infernale miscela di sostanze stupefacenti: cocaina, metadone e anfetamine. La famiglia Filippone, composta da madre, padre, tre figlie piccole e una nipote, tornava tranquillamente a casa dopo una giornata trascorsa al mare. I loro destini si sono incrociati tragicamente 200 metri dopo il chilometro 28 della strada statale Domiziana, quando la Nissan Micra guidata da questo cittadino liberiano di 31 anni, la mente e i riflessi sconvolti dal miscuglio di droghe appena consumato, è sbandata, ha urtato il guard rail, infine si è schiantata dal lato opposto della carreggiata travolgendo la Fiat Punto dell’incolpevole nucleo familiare napoletano.

È morta così, ad appena tre mesi di vita, la piccola Annalisa, ultimogenita di Ciro Filippone e Grazia Maiellaro.

Le sorelline, di cinque e tre anni, sono ricoverate in ospedale ma non sono ritenute in pericolo di vita. Guarirà in cinque giorni la cugina di 16 anni. Sotto osservazione in ospedale anche i genitori. Se la caveranno, ma sono altre le ferite più profonde inferte dal terribile impatto di domenica sera, avvenuto lungo un tratto della Statale dove il limite di velocità dovrebbe essere di 80 chilometri orari mentre l’auto dell’investitore andava almeno a 120.

"Ho visto due fari luminosi sbucare dal nulla, subito dopo c’è stato lo scontro", è tutto quel che Ciro ricorda. Il gravissimo episodio rilancia in maniera drammatica l’emergenza degli automobilisti che, in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, provocano incidenti spesso mortali.

Secondo le statistiche del ministro della Salute Livia Turco, più del 40 per cento dei casi di giovani vite stroncate sulla strada è riconducibile all’abuso di alcolici. Nell’ultimo fine settimana sono state 32 le vittime in 29 incidenti stradali mortali. Sette in meno del precedente week end, ma più di un anno fa.

Il liberiano è stato arrestato dagli agenti della Polizia Stradale di Mondragone, coordinati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. È in Italia almeno dal 2003, quando risulta essere stato identificato dalla Questura di Crotone. Come spesso accade agli immigrati che dichiarano di provenire dalla Liberia, gli è venne concesso un permesso di soggiorno provvisorio come rifugiato politico. Jacobsen si è trasferito poi sul litorale domizio, dove da anni si è radicata una forte presenza di immigrati provenienti dai paesi africani e dove, sempre nel 2003, i carabinieri di Mondragone lo avevano arrestato dopo averlo sorpreso insieme a un cittadino nigeriano in possesso di dosi di eroina. Il processo per questo episodio non si è ancora concluso.

"Da antiproibizionista - commenta il deputato radicale Daniele Capezzone - dico che bisogna infliggere pene severissime a chi guida sotto l’effetto di droghe o alcol".

Droghe: ministro Bianchi; carcere sicuro per chi uccide così

 

Il Messaggero, 14 agosto 2007

 

"Pene esemplari per chi reitera il reato di guida in stato d’ebbrezza o s’imbottisce di stupefacenti prima di mettersi alla guida di un’auto o monta in sella ad una moto, e poi uccide qualcuno? Occorre mettere mano al Codice di Procedura Penale. Occorre un raccordo tra il mio dicastero, quello degli Interni e la magistratura. Una nuova norma che faccia scattare automaticamente il carcere ed il sequestro definitivo della patente". Il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, si è concesso una breve vacanza in Norvegia e lì è stato raggiunto dalla notizia dell’ennesima tragedia consumata sulla via Domiziano

 

Quindi l’inasprimento delle sanzioni previste dal decreto approvato lo scorso 3 agosto non basta?

"Con il decreto abbiamo inasprito le sanzioni già previste dal Codice della strada. Abbiamo introdotto qualche regola in più: la limitazione alla guida dei neopatentati, la guida sotto effetto dell’alcol e di stupefacenti, l’eccessiva velocità. Introdurre qualche deterrente in più è difficile".

 

Eppure dal 4 agosto ad oggi incidenti mortali legati ai casi e lei ha citato non sono diminuiti, anzi.

"Sono passati appena dieci giorni, è troppo presto per fare bilanci. È certo, però, anche se in situazioni limitate rispetto al totale degli incidenti, che assistiamo ad un’anomalia, vale a dire a comportamenti criminosi a tutto tondo: persone che fanno uso di sostanze stupefacenti, ci bevono sopra e poi si scatenano lungo le strade. Ma è inutile scatenarsi contro i magistrati: in base alle norme penali in vigore se il reato viene identificato come omicidio colposo non è prevista la carcerazione preventiva, scattano gli arresti domiciliari in attesa del processo. Ripeto: nei casi più eclatanti bisogna ragionare sulla modifica del Codice di Procedura Penale".

 

Anche i controlli latitano. Sulle strade è difficile incontrare pattuglie delle forze dell’ordine, come in città i vigili urbani.

"Il tema dei controlli è decisivo. È la lacuna più grave dell’ordinamento italiano rispetto a quelli degli altri Paesi europei. Da noi i controlli su strada sono ogni anno un sesto di quelli effettuati in Francia o in Inghilterra. È chiaro che l’effetto deterrente è molto basso. Ma non siamo stati con le mani in mano. A partire dallo scorso gennaio, dopo l’accordo con il ministro degli Interni Giuliano Amato sono aumentate le pattuglie sulle strade. Risultato: nei primi sei mesi sono stati effettuati tanti controlli quanti quelli di tutto il 2006".

 

Vista l’emergenza non sembra un gran risultato.

"È solo l’inizio di un lungo e faticoso percorso. Nella prossima finanziaria ci sarà un provvedimento speciale che prevede l’aumento consistente delle pattuglie in strada. Più auto, più uomini e più strumenti a disposizione per chi deve controllare. Il ministero dei Trasporti, per la prima volta nella storia, ha acquistato e distribuito mille etilometri e nuovi autovelox. Oggi se una pattuglia della Polstrada ferma una persona chiaramente ubriaca, se non ha un etilometro non può fare nulla. Nel 2006 i controlli sono stati 200 mila, ora puntiamo a superare il milione".

 

Perché il decreto non ha previsto il sequestro dell’auto per chi infrange il Codice della Strada e mette a repentaglio la vita degli altri?

"Ne abbiamo discusso. Ma ci sono degli intoppi: per esempio quando l’auto non è di proprietà di chi guida. Assieme a questa nuova norma, nel disegno di legge che presenterò in Parlamento, ci sarà sicuramente un aumento dei tempi di sospensione della patente, fino alla revoca definitiva".

Droghe: morti sulle strade, Stato e Parlamento responsabili

di Vincenzo Donvito (Associazione Utenti e Consumatori)

 

Notiziario Aduc, 14 agosto 2007

 

Incidente stradale in provincia di Caserta con una bimba di tre mesi morta e 5 feriti: il colpevole guidava la propria auto dopo essersi fatto un mix di cocaina e anfetamine. Molto probabilmente questo autista passerà i guai, ma certamente non potrà essere resuscitata la bimba che è morta e, soprattutto, non esisterà un indennizzo possibile per i genitori e le sorelline ferite che erano in macchina con lei.

Da questo dato di fatto occorrerebbe partire per capire la "filosofia" a cui si dovrebbero ispirare i provvedimenti del legislatore, per rimediare alle emergenze che lui stesso ha determinato con leggi che non funzionano e con addetti incapaci e/o assenti. Invece non è così e le stragi continuano! La "filosofia" dominate è quella del "muso duro", della galera infinita, di patenti ritirate, cioè una repressione che dovrebbe indurre i futuri delinquenti ad avere timore a mettersi in condizione di delinquere e fare male a se stessi e agli altri.

"Filosofia" che non ha mai pagato e continua a non pagare e non si capisce perché dovrebbe esserlo in futuro. E proprio alcuni giorni dopo l’approvazione delle nuove norme del codice della strada, che manca solo prevedano il taglio delle mani per chi guida per aver bevuto troppo alcool o essersi fatto di qualche droga, accade la tragedia di Caserta.

A cosa sono servite queste nuove norme? A nulla per il cittadino! Sono servite invece al legislatore incapace per farsi bello, duro e forte di fronte ai propri adulatori (tra gli esseri umani "normali" queste sirene dei legislatori non hanno più effetto da tempo), e tutto a spese del contribuente e della vita, questa volta di una bimba.

C’è solo un metodo per farsi meno male: la prevenzione. Invece di spendere i soldi dei contribuenti per fare leggi inutili e procrastinatrici del pericolo, sarebbe bastato aumentare i fondi a disposizione delle autorità di controllo e moltiplicare il numero delle stesse, dotandole di apparecchiature idonee al controllo e facendo sì che siano sulla strada 24 ore su 24 in tutti i posti possibile e immaginabili. Il miglior deterrente è la presenza fisica degli accertatori, con gli idonei strumenti. Ricordiamo solo un dato: mezzo milioni di controlli in Italia a fronte di 5 milioni in Gran Bretagna.

Droghe: Radicali; solo il cardinal Tonini contesta don Gelmini?

 

Notiziario Aduc, 14 agosto 2007

 

Su settimanale "Panorama", il cardinale Ersilio Tonini così risponde a chi gli chiede che cosa ne pensa del metodo antidroga di don Gelmini, da lui chiamato "Cristoterapia": "Cristo non è un farmaco. Questo sbaglio terminologico può far pensare che Cristo automaticamente ti liberi dai tuoi problemi. Che sia una cosa meccanica: abbi fede e non avrai più problemi. La Chiesa, in questo modo, si ridurrebbe a un’agenzia che somministra una cura. La Chiesa è popolo…". Giulio Manfredi (Direzione Nazionale Radicali Italiani), così commenta:

Un segno dell’enorme potere acquisito da Don Gelmini, nel nome della lotta alla droga, è il fatto che nessun esponente della Chiesa Cattolica aveva, prima del cardinale Tonini, osato contestargli l’uso strumentale del nome e della figura di Gesù Cristo - tecnicamente una vera e propria bestemmia - per sponsorizzare la sua comunità terapeutica. E dopo le chiare e nette parole di Tonini, nessun altro religioso si è fatto avanti…

Il cardinale Tonini consiglia a Don Gelmini umiltà; mi permetto, da umile non credente, di associarmi al consiglio; alla messa di Ferragosto, ennesimo evento mediatico, don Gelmini dovrebbe arrivare non più paludato con vesti che si addicono di più ad un vescovo o a un cardinale ma con l’abito più dimesso possibile; lettura evangelica consigliata: la parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18, 9-14), "chi si umilia sarà esaltato, chi si esalta sarà umiliato".

 

 

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