Rassegna stampa 19 settembre

 

Giustizia: Mastella; le critiche all’indulto sono ipocrite

 

Il Denaro, 19 settembre 2006

 

"È a ipocriti sostenere che i crimini accaduti ultimamente a Napoli e in Italia dipendano dall’indulto": durante l’incontro di ieri a Palazzo Santa Lucia sul progetto della Regione Campania di informatizzazione del Tribunale, il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, risponde così alle ultime polemiche sull’apertura delle carceri e sostiene che i reati sono addirittura in calo. È una risposta indiretta anche al presidente del Tribunale Carlo Alemi che nei giorni scorsi aveva definito l’indulto "una resa dello Stato".

Le polemiche sull’indulto si sono riaccese anche dopo la notizia dei quattro provvedimenti di fermo emessi nei confronti dei balordi che lo scorso 4 settembre uccisero, dopo aver tentativo di rapinarlo, l’edicolante Salvatore Buglione. Due dei delinquenti erano tornati liberi solo cinque giorni prima del reato, beneficiando, appunto, della scarcerazione. Tuttavia, lo sconto di pena non deve diventare, per il ministro della Giustizia, il capro espiatorio dei fenomeni delittuosi a Napoli.

Fenomeni che, secondo le ultime statistiche citate dal ministro, sono diminuiti rispetto allo scorso anno. "Reati e violenze sono scesi del 10 per cento rispetto al 2005 - sottolinea Mastella - . E il numero dei crimini commessi da recidivi si è abbassato del 2 per cento". Non bisogna, dunque puntare il dito "contro una legge che è stata votata in parlamento a maggioranza dei voti, ed anche da diversi esponenti dell’opposizione.

E che - prosegue il ministro - lo stesso Pontefice Giovanni Paolo II aveva sostenuto, incontrando, nel corso della XIV legislatura, i due rami del Parlamento e chiedendo un segno di clemenza". Mastella si sofferma quindi sull’importanza della prevenzione, oltre che della repressione e sull’educazione alla legalità: "È significativo che tra i fermati per l’omicidio in via Castellino vi sia un minorenne. Ci fa comprendere l’esistenza di un clima di natura morale irrespirabile. È un problema di coscienza che non si estirpa arrestando tutti".

Alle dichiarazioni di Mastella ribatte Mario Landolfi, coordinatore regionale di An per la Campania: "Mastella fa torto alla sua intelligenza quando si rifugia nella mesta giaculatoria delle statistiche. Da consumato politico sa fin troppo bene che lo zero virgola in più o meno sulla presenza della criminalità a Napoli non sposta di un millimetro il dramma di una città stremata dalla ferocia di una delinquenza imbaldanzita ed ingrossata dall’indulto". Se la questione del sovraffollamento delle carceri oggi è drammatica e la giustizia ha il dovere di procedere con speditezza, per il presidente del Tribunale di Napoli, Carlo Alemi, il beneficio della scarcerazione non è comunque una soluzione.

Presente anch’egli alla Regione Campania per la presentazione del progetto Iresud, Alemi si sofferma sul provvedimento di clemenza: "Con l’indulto - ribatte - lo Stato non risolve i problemi del sistema carcerario. La mancanza di organizzazione e di spazio non può legittimare una legge che mette in libertà i detenuti. Bisogna invece aprire penitenziari inattivi e muoversi per costruire nuove carceri". Alemi parla dell’indulto come una "misura grave e pericolosa ", e "nemmeno risolutiva del problema della valanga dei processi ancora in corso per i beneficiari della misura, e che dovranno comunque andare avanti".

Un incontro delicato, quello di ieri a Palazzo Santa Lucia, che si inserisce in una settimana "calda" sul fronte dell’emergenza criminalità. Dopo il vertice di qualche giorno fa al Viminale, domani ci sarà una riunione della task force: i tre rappresentanti degli enti locali - sindaco, presidente della Provincia e della Regione - saranno nella capitale per il primo incontro operativo con il ministro dell’Interno Giuliano Amato.

Nell’incontro di ieri Mastella si sofferma anche sull’ipotesi di sopprimere gli uffici giudiziari minori. Il Guardasigilli suggerisce di ativare un tavolo con Regioni, Province e Anci, l’associazione dei comuni, per decidere la sorte di alcuni uffici giudiziari periferici in odore di soppressione con l’invito alle amministrazioni interessate a mantenerli in vita a farsi carico dei relativi costi.

"Ci sono tribunali di piccole realtà - spiega il ministro - che se noi dicessimo di voler chiudere, tutti si opporrebbero, maggioranza e minoranza. Così, invece, coinvolgiamo le amministrazioni locali e diciamo loro che possono continuare a fruire di determinati circoscrizioni giudiziarie, che altrimenti verrebbero eliminate, se si fanno carico degli oneri". L’invito di Mastella a promuovere il tavolo viene subito raccolto dal governatore campano Bassolino che si impegna a portare l’argomento in sede di Conferenza delle Regioni.

Giustizia: l’indulto e l’anomalia della situazione di Napoli

 

Il Mattino, 19 settembre 2006

 

L’indulto, a Napoli, sta determinando un effetto particolare. Perché l’impatto della scarcerazione di tanti detenuti in una situazione sociale per nulla mutata rispetto al momento nel quale le ragioni del crimine individuale erano prodotte, ha fatto sì che subito molti degli scarcerati compissero altri delitti. Non c’è da sorprendersi: i provvedimenti di clemenza hanno sempre questo possibile esito. Dunque è sbagliato sostenere prima la necessità di dare una risposta alla situazione delle carceri e poi stupirsi dell’inevitabile.

Il problema, a questo punto, è solo di governo possibile della situazione da parte delle istituzioni. Senza l’illusione di fare miracoli. I giudici sono in una situazione addirittura paranoica. Perché - come sappiamo - l’indulto none è stato accompagnato da una amnistia, cioè da un provvedimento che oltre ad eliminare le pene estinguesse anche i reati.

Perciò nei prossimi cinque anni si celebreranno processi sostanzialmente inutili, dal momento che in gran parte, se pure conclusi con la affermazione di una responsabilità penale, vedranno comunque applicare l’indulto. Dunque processi di condanna cui non seguirà l’irrogazione della pena. Lavoro inutile, che aggraverà quello di ogni giorno, e forse aumenterà la frustrazione del sistema.

Allora, cosa fare oggi, di fronte al timore che il detenuto uscito possa compiere altri reati, é davvero difficile da determinare. Tuttavia è certo che una risposta in termini processuali per tutte le situazioni nelle quali si troveranno coinvolti soggetti beneficiati dall’indulto può essere utile. Non stiamo invocando condanne più severe, ma solo esprimendo l’auspicio di processi più rapidi.

Ovvio che i magistrati non possono fare legge e dunque non possono rendere più spedito ciò che è lento. C’è da augurarsi però che l’intelligenza dei dirigenti trovi nella legge qualche corsia più rapida per questo genere di situazioni. La risposta del giudice all’allarme sociale non può essere nel merito della decisione. Ma può essere, con prudenza, nel tempo del processo.

Se, insomma, qualche processo deve rischiare la prescrizione, bisognerebbe fare in modo che non sia uno di quelli che vede imputato un soggetto liberato dall’indulto. La magistratura, per quanto ciò sia ingiusto, è di fatto chiamata a rispondere delle insufficienze del sistema punitivo. Essa può tentare una risposta autonoma in termini organizzativi.

Sappiamo bene quanto sia difficile la situazione napoletana, nella quale, sociologismi a parte, il delitto è una svolta abbastanza automatica nella vita di tanti. E nella quale la domanda di ordine diventa spesso prevalente su ogni considerazione di giustizia. Sappiamo anche che il processo non deve in nessun caso diventare uno strumento di ordine pubblico.

Tuttavia lo sgomento del cittadino di fronte allo scarcerato che delinque nuovamente è un fatto che la politica non può trascurare e che non deve produrre risposte irrazionali, tutte dentro una prospettiva provvisoria o eccezionale. I giudici ed i magistrati del pubblico ministero si trovano nella assurda condizione di fronteggiare manchevolezze che riguardano competenze che nulla hanno a che fare con la giustizia. Ma tant’é.

A Napoli hanno un compito più difficile. Ma qualcuno deve cominciare. Provino, nelle loro assemblee degli uffici a suggerire, e quindi a sperimentare, forme di organizzazione che affrontino l’emergenza indulto. Provino a discutere, aiutando i capi, il miglior modo di gestire le risorse che hanno. Facciano sentire con la quotidianità ai cittadini, che essi ci sono, che non si limitano ad attendere il buon legislatore. In democrazia i messaggi sono azione politica.

Giustizia: con indulto in Campania cinquemila detenuti in libertà

 

Il Mattino, 19 settembre 2006

 

Il dato supera ogni ragionevole aspettativa e va al di là di ogni pur fosca previsione. Sono 4920 le persone finora scarcerate o tornate in libertà dai regimi cautelari alternativi in Campania. Un numero impressionante, soprattutto se paragonato a quello che costituiva la stima iniziale dei presunti beneficiari della misura di clemenza varata questa estate dal Parlamento. È il dato che meglio fotografa la situazione nella nostra regione e, soprattutto, nella città di Napoli, che ovviamente fa la parte del leone nel calcolo finale. Come si arriva a queste cifre da capogiro? Sommando le scarcerazioni che giorno per giorno, dal 31 luglio scorso al 15 settembre si sono susseguite da quando l’indulto è è entrato in vigore.

Sul campo, oltre alle macerie di una situazione che è sotto gli occhi di tutti nella città costretta a subire una nuova, devastante offensiva della criminalità (piccola o grande che sia) resta un esercito di ex detenuti che hanno lasciato gli istituti di pena. Procediamo con ordine. Dei 22.846 scarcerati in tutta Italia per effetto della legge 241/2006 sull’indulto (14.253 italiani e 8.593 stranieri).

Di questi 22.846 - parliamo dei detenuti in carcere destinatari dei benefici di legge per indulto - 2572 provengono dalle carceri campane. È articolata la situazione nella nostra regione. Eccola in dettaglio. Il numero più consistente di scarcerati riguarda ovviamente Napoli; dalla casa circondariale di Secondigliano risultano scarcerati 562 detenuti (529 i detenuti "definitivi" usciti per scarcerazione e 33 quelli imputati usciti per revoca della misura cautelare conseguente all’indulto); da Poggioreale sono invece 488 (340 "definitivi" e 148 per revoca misura cautelare). Risultano liberi anche dodici detenuti che erano reclusi nell’ospedale psichiatrico giudiziario. Mentre dal carcere femminile di Pozzuoli sono uscite 74 detenute.

Al secondo posto tra le province campane si attesta quella casertana. Dalla casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere fino a mercoledì hanno riconquistato la libertà 361 persone. 267 gli scarcerati a Salerno, 220 quelli a Benevento, 184 ad Avellino. Seguono - come evidenziato nel grafico che pubblichiamo - gli altri istituti di pena, maschili e femminili, della Campania. Una situazione ben nota ai magistrati. Era stato lo stesso procuratore Giovandomenico Lepore a lanciare l’allarme. In tempi non sospetti.

E cioè nel giorno stesso in cui la Prefettura convocava i vertici delle forze dell’ordine per esaminare le fasi operative che sarebbero scaturite dall’applicazione dell’indulto votato dal Parlamento. "È vero - conferma Lepore - avevo previsto questi grandi numeri, che oggi considero ancora approssimati ma per difetto. Altri ancora conquisteranno la libertà. Non sono in grado di quantificare i numeri, ma è chiaro a tutti che le cifre sono destinate a salire ancora". Intanto non si placa la polemica sull’indulto.

all’opposizione giungono parole di fuoco. E in particolare da Alleanza nazionale si registra una levata di scudi contro le recenti parole del ministro Mastella, che ha ribadito la necessità della misura clemenziale. Un provvedimento che il presidente nazionale di An Gianfranco Fini definisce "vergognoso". "Ogni giorno - commenta Fini - si legge sui giornali che torna in galera qualche delinquente che ha anche commesso crimini, come quello di Napoli con l’uccisione di un edicolante. Ecco, guarda caso si scopre che anche quel delinquente era uscito grazie all’indulto". L’ex sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, senatore di An, invita Mastella a discutere di "statistiche presentandosi in Parlamento"; il parlamentare di An Italo Bocchino ritiene che "coloro che hanno votato a favore dell’indulto dovrebbero farsi un esame di coscienza e pentirsi della decisione che hanno preso". Accuse dure dal predecessore di Mastella, il leghista Roberto Castelli: "Per un enorme cinismo ideologico tutto è stato buttato alle ortiche dalla classe politica al potere".

Lettere: detenuti ed ex scrivono a "Radio Carcere"

 

www.radiocarcere.com, 19 settembre 2006

 

Un gruppo di persone ex detenute nel carcere di Reggio Emilia

"Caro Riccardo Arena, siamo un gruppo di ex detenuti del carcere di Reggio Emilia, che hanno beneficiato dell’indulto, in tutto più di cento.

Noi speravamo che dopo l’indulto le cose andassero meglio nel carcere di Reggio Emilia, purtroppo leggendo le lettere dei nostri compagni rimasti lì ci siamo accorti che non è così.

Il primo problema che rimane è il lavoro in carcere. Ci sono infatti detenuti, pochi, che lavorano e chi invece per lavorare deve aspettare nove mesi se non di più. Il lavoro in carcere poi, oltre ad essere sottopagato, dura al massimo tre ore al giorno.

Per non parlare dei prezzi del sopravitto, ovvero dei generi alimentari che i detenuti possono acquistare a loro spese. Secondo la legge i prezzi del sopravitto dovrebbero seguire la media dei supermercati vicino al carcere. Sta di fatto che i detenuti del carcere di Reggio Emilia pagano prezzi più cari del 50% e anche di più. Per non parlare dello scempio che avviene nella cucina della mensa per gli agenti! Meriterebbe un’ispezione.

Questo è quanto, noi ormai siamo liberi ma che Radio Carcere continui con la sua voce, oltre all’indulto tanto lavoro deve ancora fare!"

 

Marco il pugile dal carcere di Viterbo

"Caro Riccardo ti scrivo sempre dalla mia cella liscia. Quella della sezione di isolamento del carcere di Viterbo. Senza Tv, senza fornellino per cucinare. L’unica cosa che mi è concessa è un tavolino, uno sgabello e per fortuna una radiolina. Solo in cella in queste condizioni. Senza mai vedere nessuno. Io vivo così da quasi 6 mesi. L’unica mia compagnia è stata radio carcere. Per fortuna il 13 settembre uscirò dall’isolamento e potrò rivedere i miei compagni. Io, caro Riccardo, ho 26 anni e sono in carcere da quando ne avevo 16. Ti posso dire che ne ho viste di cotte e di crude. Per questa ragione, anche se ero in isolamento, ho partecipato allo sciopero della fame promosso da Pannella per l’indulto e vi posso dire che siete stati grandi. Ora il mio fine pena è nel 2010, perché mi hanno accusato di una rapina e condannato in primo grado. Peccato che il giorno della rapina io ero già detenuto. Ora aspetto l’appello e vedremo. Ti lascio ringraziandoti di avere intervistato, martedì scorso, il grande Vincenzo Cantatore, anche io spero presto di tornare sul ring.

Ciao Riccardo a presto, io non mollo!"

 

Francesco dal carcere di Monza

"Caro Riccardo, anche dopo l’approvazione dell’indulto nel carcere di Monza di vivono momenti difficili. Il nostro capo degli agenti è molto severo e le ingiustizie che dobbiamo subire sono innumerevoli. L’unica cosa positiva è che ora non c’è nessuno che dorme per terra in cella. La nostra preoccupazione, ovvero di chi è rimasto in carcere dopo l’indulto, è che senza riforme legislative e senza ristrutturazioni degli istituti presto la situazione delle carceri tornerà ad essere come prima. Cosa aspetta questo parlamento ad approfittare dell’indulto per fare riforme?

Grazie a Radio Carcere"

 

Claudio dal carcere di Prato

"Cara Radio Carcere sono in carcere per aver ferito mia suocera.

Il mio fine pena doveva essere nel 2009. Ma con l’indulto, che ha condonato 3 anni di pena, sarei dovuto già essere liberato. Eppure mi trovo ancora in carcere. Io ho paura che i magistrati si siano dimenticati di me. Vedo miei compagni uscire mentre io resto in carcere. Confesso che non so più che pensare. Vi chiedo di pubblicare queste mie poche righe, come fosse un messaggio dentro una bottiglia lasciato da un naufrago"

 

Ikenna dal centro di accoglienza dell’isola di Capo Rizzuto

"Caro Arena, sono un cittadino nigeriano. Nel 2003 sono stato arrestato per detenzione di stupefacenti e condannato a 4 anni di carcere. Il mio è stato uno dei tanti viaggi della speranza, finito male. Con l’indulto sono stato scarcerato ma, a differenza dei detenuti comunitari, io sono stato portato dal carcere al centro di prima accoglienza dell’Isola di Capo Rizzuto. Come dire da un carcere ad un altro carcere. Questa è terra di nessuno e non so quanto dovrò restare qui, in attesa di essere rimpatriato. Mentre ero in carcere ho avuto modo di capire l’errore che ho fatto. Ho imparato l’italiano e tanto vorrei avere una seconda possibilità. Purtroppo temo che non la potrò avere. A voi dico che Radio Carcere, sia alla Radio che sul Foglio, è luce per tanti che vivono nel buio.

Verbania: detenuti in permesso per dipingere murales

 

Ansa, 19 settembre 2006

 

Quattro detenuti usciranno martedì prossimo dal carcere di Verbania per realizzare la nuova edizione di "Legro, Muri d’autore". A promuovere l’insolita iniziativa, unica del suo genere in Italia, è una associazione no profit, l’Accademia delle Arti e del Muro dipinto che ha sede a Omegna (Verbania) ed è presieduta dall’ex sindaco di Orta, Fabrizio Morea.

D’intesa con la Casa circondariale di Verbania, e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, dalla prossima settimana i detenuti lasceranno sotto scorta il lago Maggiore per trasferirsi per tre giorni sul lago d’Orta nell’unico paese dipinto italiano dedicato al cinema prodotto in Piemonte tra il 1917 e il 2004.

Le nuove opere, che saranno realizzate sotto la vigilanza della polizia penitenziaria, si aggiungeranno alle 40 che già ornano i muri di altrettante case della piccola frazione piemontese. I nuovi murales saranno, per ora, solo due, ma sembra che il Ministero della Giustizia abbia gradito questa insolita iniziativa tanto che il presidente dell’Accademia delle Arti ne proporrà l’"esportazione" in altre regioni d’Italia. L’iniziativa sarà presentata alla stampa lunedì nel corso di un incontro indetto dal prefetto di Verbania

Salerno: indulto, vertice in Prefettura per la sicurezza

 

Salerno Notizie, 19 settembre 2006

 

Vertice sul reinserimento dei detenuti che hanno beneficiato dell’indulto, oggi in prefettura a Salerno. Lo ha presieduto il prefetto Claudio Meoli, che s’è seduto attorno allo stesso tavolo con l’assessore comunale alla politiche sociali, Ermanno Guerra, con i responsabili provinciali delle Forze dell’Ordine, i rappresentati dell’amministrazione penitenziaria, delle case circondariali, delle Asl e della Caritas.

Nel corso dell’incontro sono stati individuati gli interventi già realizzati e quelli da ultimare, per favorire il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti beneficiari dell’indulto. Il tavolo istituzionale ha affrontato anche le strategie di prevenzione del rischio per la sicurezza pubblica, secondo le direttrici tracciate dal ministero dell’Interno. La Prefettura coordinerà il piano di prevenzione adottato, che comprende misure di controllo del territorio ed iniziative di carattere sociale ed assistenziale verso persone senza fissa dimora. Si pensa anche a strutture ricettive e di accoglienza, reti informative ed assistenza sanitaria speciale.

Cremona: lettera al prefetto; i miei abiti detenuti in carcere…

 

La Provincia di Cremona, 19 settembre 2006

 

Lui, Cesare Dallera da Codevilla, in provincia di Pavia, 56 anni, 23 dei quali passati in carcere per droga ed estorsione "ma nessun omicidio", il 2 agosto scorso ha beneficiato dell’indulto ed è tornato in libertà. I suoi vestiti, invece, sono rimasti in prigione, a Cà del Ferro.

E pur di riavere i suo due sacchi neri pieni di biancheria, che un obbligo di firma giornaliera e uno di dimora gli impediscono di venirseli a prendere a Cremona, adesso Cesare da Codevilla ha messo di mezzo il prefetto di Pavia "perché spero possa trovare lei una soluzione visto che io ho già inviato un’istanza da qualche tempo al direttore del carcere, ma tutto tace".

Le due istanze, quella datata 8 agosto e indirizzata al carcere di Cremona, e quella datata 16 settembre, mandata all’Ufficio Prefettura di Pavia, Cesare da Codevilla le ha spedite ieri al giornale con un fax delle 14.14. Ed erano le 14.14 del 2 agosto scorso, mercoledì, quando il cancello di Cà del Ferro si era spalancato per l’uomo uscito in jeans, maglietta e con un borsone tra le mani. Cercava un taxi che lo portasse in stazione e da qui a Codevilla, Cesare.

Sei giorni dopo, l’ex detenuto aveva scritto al direttore del carcere, Ornella Bellezza, per farle presente "che durante la mia scarcerazione, parte della mia biancheria personale è stata depositata in attesa che lo scrivente, dopo essere stato scarcerato, nei giorni successivi sarebbe ritornato a prendere i sacchi con la mia biancheria.

Ho preso accordo con il Comandante assicurandogli che sarei passato a riprendere ciò che avevo lasciato in deposito, ma ora mi trovo impossibilitato a mantenere ciò che avevo promesso, in quanto mi è stato dato obbligo di firma giornaliera e obbligo di dimora e non posso lasciare il luogo di residenza". Alla direttrice Bellezza, Cesare aveva chiesto "un suo gentile interessamento" con la garanzia che "per le spese dell’invio, lasciate il pagamento in contrassegno al mio ritiro.

Il giorno dopo, Cesare ha preso carta e penna e ha scritto al prefetto di Pavia. È un’istanza di 12 righe, nelle prime otto ha asciugato il suo caso e poi ha concluso: "In televisione parlano di reinserimento, si figuri che bisogna faticare dopo essere stati scarcerati ad avere i propri indumenti. Penso e spero che possa trovare lei una soluzione".

Fossombrone: Rifondazione; diamo solidarietà ai detenuti

 

Corriere Adriatico, 19 settembre 2006

 

Il gruppo consiliare di Rifondazione Comunista della Regione, presa visione della nota a firma dei detenuti presso il carcere di Fossombrone inviata al Ministero della Giustizia, al Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria della Regione, al magistrato di sorveglianza, al senatore Giovanni Russo Spena, alle associazioni Antigone e Pantagruel, agli organi di stampa nazionale e locale, nella quale viene comunicata la decisione di avviare una manifestazione pacifica di protesta per denunciare abusi che si stanno perpetrando dal mese di luglio nei loro confronti, manifesta solidarietà ai detenuti e sostegno alle iniziative di lotta.

Le descrizioni riportate nella nota evidenziano una situazione difficile e che va verificata dagli organi competenti di vigilanza affinché venga ripristinata una situazione di normalità. Sarà impegno di questo gruppo, inoltre, verificare l’attività della nuova direzione che impedisce anche lo svolgimento delle numerose iniziative di apertura al territorio avviate, con grande impegno e qualità, in questi anni dai detenuti.

Droghe: Barra (Cri); nessun tossicomane è irrecuperabile

 

Redattore Sociale, 19 settembre 2006

 

"In questi 30 anni abbiamo imparato che nessun tossicomane è irrecuperabile". È questa la lezione che il Presidente della Croce Rossa Italiana Massimo Barra, ha imparato lavorando alla Fondazione per il recupero dei tossicodipendenti "Villa Maraini", che oggi ha festeggiato i suoi primi 30 anni di vita nella sede di via Ramazzini. Proprio Barra, nel 1976, insieme ad un gruppo di volontari della Cri, medici e psicologi ha fondato Villa Maraini, il primo centro di accoglienza a bassa soglia, divenuto poi nel 1986 Fondazione.

"Questo luogo - ha continuato il presidente Barra - è riuscito a riciclare tanti tossicodipendenti, trasformandoli in artefici di solidarietà e punti di riferimento per chi sta peggio". Il Centro oggi può contare su unità di strada per accogliere i tossicodipendenti (tra cui un camper sosta di fronte alla stazione Termini mentre uno analogo si trova a Tor Bella Monaca dal lunedì al sabato), una unità di emergenza per intervenire in caso di crisi o overdose, un centro di crisi notturno per accogliere i tossicodipendenti senza fissa dimora o allontanati da casa.

Nella sede di via Ramazzini si trova anche un centro di pronta accoglienza diurno, un centro di orientamento, una comunità terapeutica semiresidenziale. "In questi anni - ha continuato Barra - abbiamo imparato anche che la stigmatizzazione e la discriminazione uccidono più della droga. Per questo Villa Maraini non ha mai giudicato o condannato ma ha accolto ed ascoltato".

In 30 anni di attività Villa Maraini ha aiutato 1.669 persone, registrato 162.000 presenze (21.360 interventi ambulatoriali nel solo 2005); sono 230 le persone che quotidianamente prendono il metadone nella struttura e 7.238 le persone assistite in ambulatorio; 1.233 gli stranieri aiutati e 733 le persone accolte con misure alternative alla detenzione.

Dalla nascita della struttura, 338.988 sono state le siringhe ritirate, 643.095 quelle distribuite e 205.802 i profilattici consegnati. Per l’assessore regionale alla sanità Augusto Battaglia in 30 anni Villa Maraini " non solo si è continuamente rinnovata ma ha dimostrato di avere radici forti". "Chi lavora o ha lavorato qui - ha continuato l’assessore - non si è mai sottratto alla sfida, anzi ha cercato il confronto andando in carcere, nelle stazioni o per la strada".

Ai festeggiamenti ha partecipato anche il presidente di Anlaids Ferdinando Aiuti e l’assessore capitolino alle politiche sociali Raffaela Milano. "Roma - ha detto l’assessore - sarebbe stata diversa senza Villa Maraini. Ci sono realtà preziose che danno il segno a una comunità. Credo che la testimonianza per Roma di Villa Maraini sia di tanto coraggio, perché va nelle pieghe dolorose della città".

 

 

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