Rassegna stampa 18 settembre

 

Indulto: Mastella; con legge criminalità non è aumentata

 

Il Mattino, 18 settembre 2006

 

Napoli: due dei rapinatori che hanno partecipato all’assassinio di Salvatore Buglione avevano beneficiato dell’indulto per uscire dal carcere. La notizia ha scatenato una nuova bufera politica che vede al centro della polemica il ministro della Giustizia Clemente Mastella.

 

Ministro, nel commando omicida di Buglione c’erano due criminali che hanno usufruito dell’indulto: cinque giorni dopo essersi lasciati il carcere alle spalle hanno ammazzato un uomo inerme.

"Precedentemente all’indulto a Napoli sono avvenuti altri delitti peggiori di questo. Sono cose che possono succedere, drammaticamente è capitato, ma non è che la responsabilità di due furfanti possa ricadere sul provvedimento". Potesse tornare indietro di tre mesi - ma con la consapevolezza di quello che sta accadendo in queste ore - sarebbe ancora convinto della necessità del provvedimento? "Sì, a valutarlo secondo quanto accadeva nelle carceri sì, ci sarebbe stata l’esplosione dei penitenziari".

 

Il centrodestra la pensa diversamente: contro di lei si è scatenato un coro di critiche.

"La Cdl deve ricordare che questa legge l’hanno votata alcuni di An, Forza Italia e l’Udc, ora ipocritamente fanno finta di dimenticare. Ma se la mettono così allora va detto che questa è una la legge del Parlamento".

 

A Napoli permane la sensazione che l’indulto abbia inciso sulla recrudescenza criminale di questi giorni.

"Il giovane scrittore Roberto Saviano ha fatto un ritratto di Napoli precedente all’indulto molto chiaro. Napoli andrebbe sventrata, i quartieri andrebbero sventrati come è accaduto a Barcellona, c’è un disagio sociale accentuato, è un dramma".

 

Cosa c’entra questo con l’indulto?

"Da quello che so io l’autore materiale dell’assassinio di Buglione è un minorenne che è stato poi picchiato dagli altri due che hanno beneficiato dell’indulto per il crimine di cui si è macchiato".

 

Quindi?

"Bisogna chiedersi come mai un ragazzo di 17 anni fa quello che ha fatto. La verità è che mancano i valori. Io mi sento responsabile - insieme con altri - di non avere saputo trasferire alle generazioni più giovani una scala di valori efficace".

 

C’è quindi una questione morale che affligge la città?

"Bisogna partire dall’educazione alla legalità e la prima cosa da inoculare nelle coscienze dei napoletani è il rispetto dell’uomo, dell’essere umano: quando ci sono persone che difendono i criminali contro le forze dell’ordine vuol dire che c’è un clima di natura morale irrespirabile che va cambiato. Il cardinale Sepe sta facendo bene a scuotere le coscienze".

 

Napoli si interroga su di un punto: l’indulto non avrà indotto i criminali a pensare di rimanere impuniti?

"Nessuna categoria che ha beneficiato dell’indulto era formata da chi aveva commesso crimini clamorosi, la maggior parte è uscita dal carcere quando aveva scontato quasi tutta la pena o addirittura non era in carcere. Di quelli che sono usciti fuori fino a questo momento solo il due per cento è tornato a delinquere. Un dato che crescerà, ne sono consapevole, ma non nella misura allarmistica che si pensa".

 

Proprio per questo dell’indulto forse non se ne sentiva il bisogno.

"A Napoli il problema è sgominare la criminalità e a questo punto sarebbe il caso di spostare altrove alcuni centri decisionali che intralciano il lavoro della polizia, si potrebbero presidiare meglio le strade".

Indulto: Balducci (Verdi); polemica strumentale della Cdl

 

Apcom, 18 settembre 2006

 

"Una polemica del tutto strumentale". Così in una nota la deputata Verde Paola Balducci, della commissione Giustizia, commenta gli attacchi del centrodestra all’indulto, tirato in ballo dopo la morte di Salvatore Buglione, ucciso a Napoli in un tentativo di rapina, del quale sono accusati malviventi usciti recentemente dal carcere grazie all’indulto.

"Il centrodestra - dichiara Balducci - sa bene che l’indulto, approvato con una maggioranza qualificata, è stata una misura straordinaria a cui si è stati obbligati a causa dello stato degenerativo del nostro sistema carcerario dovuto ad anni di incuria da parte del governo della Cdl che non ha fatto altro che fare leggi ad personam senza affrontare una seria riforma del codice penale né del sistema carcerario". "Noi Verdi - continua Balducci - da tempo lamentiamo la necessità di una riforma organica della Giustizia; celerità dei processi, tutela delle vittime del reato e riforma delle misure alternative al carcere. Non è questo governo a doversi pentire di aver votato l’indulto, è piuttosto la Cdl a dover fare mea culpa per averci lasciato una giustizia in uno stato comatoso".

Indulto: Bocchino (AN); chi lo ha votato adesso si penta

 

Apcom, 18 settembre 2006

 

"Tutti coloro che hanno votato a favore dell’indulto dovrebbero farsi un esame di coscienza e pentirsi della decisione che hanno preso. Anche loro sono responsabili di quanto sta avvenendo nel nostro Paese". Lo afferma Italo Bocchino, deputato di Alleanza Nazionale. "L’omicidio dell’edicolante a Napoli per mano di quattro balordi, due dei quali erano fuori per effetto dell’indulto - scrive il parlamentare di An in una nota - dimostra ancora una volta, l’errore macroscopico di votare a favore di un istituto che ha rimesso ingiustamente in libertà migliaia di delinquenti. L’aumento del numero dei reati - conclude Bocchino - dimostra che Alleanza Nazionale, aveva ragione nell’avvertire che l’indulto avrebbe provocato solo gravi problemi per la sicurezza dei cittadini".

Indulto: Mantovano (An); Mastella ci fornisca i dati veri

 

Apcom, 18 settembre 2006

 

"Il ministro della Giustizia parla di statistiche a proposito dell’indulto. Se delle statistiche esistono, e se sono vere, venga in Parlamento e dica con precisione: quanti sono complessivamente fino a questo momento i detenuti scarcerati per l’indulto; quanti saranno una volta che il bonus dei tre anni sarà utilizzato da tutti (anche da coloro che hanno processi in corso); quanti tra gli scarcerati erano stati condannati per rapina, estorsione e omicidio; quali misure egli ha adottato, d’intesa con il ministro dell’Interno, per evitare il ripetersi di delitti come quello che ha fatto perdere la vita all’edicolante Buglione". Lo chiede in una nota il senatore di An Alfredo mantovano. "Tutto questo per riferire alle Camere dati diversi rispetto a quelli, falsi, forniti al momento della discussione dell’indulto. Non certo - conclude - per consolare i familiari di Buglione i quali possono essere solo irritati dal richiamo che Mastella fa alle statistiche".

Indulto: Genova; a Marassi chiudono intere sezioni

 

La Repubblica, 18 settembre 2006

 

La direzione chiude intere sezioni, presto nuovo esodo di detenuti Incredibile, ma vero. C´è carenza di "inquilini" nelle Case Rosse. Il provvedimento di clemenza varato dal Parlamento alla fine dello scorso luglio ha risolto - almeno temporaneamente - il grave problema del cronico sovraffollamento. La direzione di Marassi ne ha approfittato per chiudere alcune sezioni. Numerosi detenuti sono stati sistemati in camere (non più celle, come erano definite prima della riforma dell’ordinamento penitenziario) rimaste semivuote. La sorveglianza, sempre a corto di organici, potrà essere meglio gestita. Da Marassi, che aveva una "popolazione" di oltre 800 ospiti, grazie all’indulto, sono usciti 356 carcerati, in gran parte extracomunitari.

Situazione analoga anche a Pontedecimo, dove ora sono rimasti (erano 141) 44 donne e 7 uomini.

Non é la sola sorpresa. Il numero dei detenuti, in entrambe le case circondariali, è destinato infatti ad assottigliarsi ulteriormente. Grazie al cosiddetto "indultino", in vigore dal 2003, cioè di un altro sconto di pena - due anni - che è possibile cumulare con i tre dell’indulto. Il beneficio può essere concesso ai condannati per reati di lieve entità. di non grave allarme sociale: piccolo spaccio di stupefacenti, scippi, rapine semplici (senza uso di armi o travisamenti), resistenza a pubblici ufficiali, furtarelli, ecc. Ne hanno già usufruito quanti erano agli arresti domiciliari o in affidamento ai servizi sociali, persone che scontata buona parte della condanna erano assoggettati all’obbligo di terminare la pena lavorando presso terzi.

Clamoroso, in Italia, il caso Poggiolini, il grande manager del ministero della Sanità che aveva nascosto in casa, a Napoli, nelle poltrone del salotto, ingenti quantità di preziosi, il corrispettivo delle mazzette ricevute per dare l’ok alla commercializzazione di farmaci.

L´abbuono dei due anni è stato applicato - oppure lo sarà, su istanza degli interessati - anche per i residui di pena. Esemplifichiamo. Tizio, condannato a otto anni di carcere, ne ha già scontati tre. Con la sottrazione dei tre anni dell’indulto, gli rimangono altri due anni, cioè quanti sono sufficienti per fare scattare l´indultino e farlo ritornare completamente libero.

Non è difficile prevedere che saranno in molti, nelle "camere", ex celle, a fare calcoli e a dare mandato ai loro legali di presentare le necessarie istanze al tribunale di Sorveglianza. Un altro svuotamento in vista, dunque. Che non riguarderà soltanto Genova, ma tutta la regione.

Fino a quando? Per quanto tempo, ancora? Occorre infatti tenere conto del numero dei detenuti che rientreranno più o meno a breve scadenza in carcere per motivi vari. Sono già in parecchi coloro che hanno varcato di nuovo i cancelli delle Case Rosse e quelli di Pontedecimo. Fortunatamente per reati di poco conto, commessi anche se non si era in urgente stato di necessità. Perché quanti hanno beneficiato dell’indulto erano più o meno in condizioni di "sopravvivenza" accettabili, anche se ancora senza una occupazione. Non potevano avere dato fondo in breve tempo al kit di assistenza ricevuto.

C´è inoltre un aspetto molto importante da non sottovalutare. La quasi totalità dei detenuti che hanno lasciato le prigioni è composta - come accennato - da extracomunitari, persone che hanno quasi sempre condotto una vita di stenti, gente senza appoggi concreti, soprattutto priva di lavoro e di prospettive di trovarne. Facile perciò scivolare di nuovo nell’illecito e incorrere nei rigori del codice. Non avendo più denaro per mangiare, una casa dove dormire, un amico su cui contare, si può finire per delinquere facilmente. Per non dire - paradossalmente - che alcuni potranno pensare che, a parte la libertà perduta, "stavo molto meglio in prigione, con i pasti assicurati, Ex detenuti di nuovo allo sbando, dunque. Anche se tutti hanno ricevuto un piccolo finanziamento per superare l´impatto con una realtà nuova.

Cerchiamo di spiegarne le ragioni. Il ministero della Giustizia, nel quadro del Progetto finanziamento Cassa delle ammende finalizzato al reinserimento socio-lavorativo dei soggetti beneficiari del provvedimento di clemenza, ha stanziato tre milioni di euro, da suddividere fra gli istituti penitenziari delle regioni.

Alla Liguria sono stati assegnati 150 mila euro. La somma è stata ripartita tenendo conto del numero dei dimessi dalle varie prigioni. A Marassi sono spettati 68 mila euro, per Pontedecimo il fabbisogno è stato calcolato in circa 18 mila euro. Per Chiavari: ottomila; La Spezia: 16 mila; Savona: 4500; Imperia: 11500; Sanremo: 23 mila. Da qui i "finanziamenti" cui abbiamo fatto cenno. Una fettina di torta per ciascuno, ma pur sempre qualcosa.

Cosenza: le carceri calabresi diventano più umane

 

L’Avanti, 18 settembre 2006

 

Nel corso di un convegno svoltosi di recente nella sala conferenze del carcere di Cosenza, su temi attinenti alla pena e all’indulto, mentre il moderatore presentava agli ospiti il direttore dell’Amministrazione penitenziaria calabrese, qualcuno ha gridato dalla sala: "Sarebbe un bel presidente della Regione". Erano i giorni in cui la crisi regionale, oggi non ancora risolta, aveva raggiunto la vetta più alta e molti pensavano che il problema si potesse sbrigativamente risolvere con un cambio di leadership.

Paolo Quattrone - e naturalmente i suoi collaboratori - veniva per così dire promosso sul campo per essersi fatto, nel suo difficile e delicato settore, la fama di efficace realizzatore, avendo utilizzato in pieno e con finalità intelligenti le risorse disponibili e immaginato di poterne impiegare di nuove nel quadro di una situazione che richiede il possesso di sempre nuove dosi di umanità e di sentimenti fraterni per lenire pene e tormenti che nascono dalla privazione della libertà individuale. A distanza di alcuni anni, ho visitato nell’ultimo mese due istituti di pena calabresi. Debbo confessare, senza esagerazioni, che mi sono trovato di fronte ad autentici miracoli.

Non più ambienti mefitici e degradati la cui sola visione raddoppiava la pena e produceva la disperazione. Ma, in alcuni casi, angoli (e neppure gli ultimi) delle abitazioni di ciascuno di noi, immersi in giardini realizzati dagli stessi detenuti. Senza libertà, anche le cose passabili diventano orribili, perché il carcere rimane sempre tale. Se vogliamo però essere giusti con noi stessi prima che con gli altri, noi abbiamo un dovere: parlare certo del negativo, dove c’è, ma non dimenticare che nella vita di ogni giorno talvolta nasce un fiore e sarebbe ingiusto non tenerne conto per equilibrare, con i nostri sentimenti, anche i nostri giudizi.

Invece si continua a descrivere certe Regioni, come la Calabria, ad esempio, quasi fosse il regno incontrastato del male, sormontato da nubi perennemente nere, dove non è neppure immaginabile che possa ogni tanto farvi capolino il bene. Nell’universo penitenziario calabrese, le cosiddette "capienze tollerabili" negli ultimi tre anni sono aumentate per i 2.361 detenuti presenti al 31 luglio scorso, alcuni dei quali hanno trovato dimora nel nuovo istituto sperimentale di Laureana di Borrello, nell’istituto di Lamezia Terme, riaperto, e in quello di Cosenza, riattato.

I dati più confortanti non sono però questi. Da un lato è invece quello che riguarda il numero di detenuti che lavora in carcere e che ha raggiunto la cifra di 538 unità, impiegate in laboratori artigianali, industriali, in attività agricole esistenti all’interno delle case di pena. Dall’altro è quello dei detenuti iscritti a corsi scolastici. Quest’anno sono ben 651 distribuiti in corsi di istituti tecnici industriali e commerciali, in corsi per geometri e ragionieri e addirittura universitari. Si svolgono poi, sempre all’interno delle carceri, corsi di formazione professionale d’intesa con la Regione.

Sono migliorate le celle, le mense, le strutture, i servizi di cucina, quelli igienici e sanitari, i luoghi di ricreazione e per la professione della fede religiosa, i luoghi destinati ai familiari e ai colloqui. Il carcere rimane certamente un luogo non consigliabile ma, onestamente, non è più quello di appena qualche anno fa, dove in una indescrivibile promiscuità tutto era possibile, anche la perdita di qualità umane.

Ora lo è certamente meno grazie ad ubicazioni diverse dei soggetti per tipologie di reato, alle caratteristiche strutturali delle camere, alla possibilità che si offre di non pensare tutto il giorno di essere chiusi in carcere. In Calabria, dove anche in questo settore si viene da molto lontano, il miracolo non si sarebbe potuto compiere se uomini perseveranti, forniti di spirito di umanità, animati da una ferma volontà e da notevoli capacità costruttive, non si fossero prodigati per rendere vivibili luoghi di afflizione. A loro, uomini coraggiosi, deve andare la riconoscenza di tutti coloro che custodiscono nella loro coscienza sentimenti di solidarietà nei confronti di chiunque soffra e comprenda che la privazione della libertà e della dignità è una ferita inferta all’essenza degli uomini.

Arezzo: la commissione consiliare in visita al carcere

 

Arezzo Notizie, 18 settembre 2006

 

Questa mattina la Commissione Scuola e Politiche Sociali del Comune di Arezzo ha visitato la Casa Circondariale di Arezzo. Hanno partecipato all’incontro anche la consigliere regionale Bruna Giovannini, il Presidente del Consiglio comunale Giuseppe Caroti e gli assessori Aurora Rossi e Camillo Brezzi

"La visita - sottolinea il Presidente della Commissione, Cristiano Rossi - ci ha permesso di conoscere le condizioni del carcere e soprattutto è stata l’occasione per individuare alcune azioni che potrebbero offrire un migliore cammino rieducativo per i detenuti e un più opportuno ambiente lavorativo per gli operatori di polizia penitenziaria".

Quella della Commissione è stata una visita "a tutto campo", poiché, grazie alla disponibilità del Direttore Paolo Basco, è stato possibile approfondire numerose questioni con il personale di polizia penitenziaria, il personale medico ed educativo e con Don Dino Liberatori, cappellano del carcere.

"Se l’incontro con gli operatori è stato proficuo e ricco di spunti - afferma Cristiano Rossi - ancora più coinvolgente è stato l’incontro con un gruppo di detenuti, che hanno presentato risvolti di umanità e di vita che hanno così offerto un volto alle idee e ai propositi dei consiglieri. Da parte dei detenuti è venuto forte il desiderio di potersi sentire di nuovo accolti, all’esterno, una volta pagato il loro debito con la società: il dolore del pregiudizio diventa per loro una pena aggiuntiva e spesso chi vuole ricominciare una vita normale trova muri e ostilità nella ricerca del lavoro e della casa. È necessario quindi che tutta la città si senta responsabile di chi vive dentro il carcere: per questo, è fondamentale ricreare un collegamento tra gli enti e le associazioni di volontariato che, insieme alla direzione del carcere, possono dare vita a progetti, piccoli e grandi".

In questo senso la Commissione intende rilanciare con forza il ruolo del Coordinamento degli enti e delle associazioni che svolgono attività presso la Casa Circondariale di Arezzo, e che dovrebbe vedere nel Comune un forte elemento di supporto. Un modo, come ha ricordato il consigliere Marco Tulli, per aprire ancora di più il carcere alla città e viceversa.

Gli argomenti in discussione sono stati molteplici. Dai piccoli interventi (un kit di ingresso e di uscita, per offrire un minimo di dignità anche a chi non ha possibilità economiche), fino all’opportunità di creare spazi per le attività trasferendo nell’attigua Caserma Piave gli ambienti della polizia penitenziaria (in questo senso il consigliere Carlo Salvicchi si è impegnato ad attivarsi anche attraverso la Commissione Patrimonio, da lui presieduta).

Attenzione, come sottolineato anche dal vicepresidente Luigi Triggiano, anche alle famiglie che si recano a far visita ai detenuti, spesso impossibilitate per motivi economici a pagarsi un alloggio o addirittura un pasto. "A breve - conclude il presidente Cristiano Rossi - la Commissione si riunirà per elaborare un progetto complessivo di interventi a rapido, medio e lungo termine, in modo da rendere operativo l’impegno manifestato questa mattina. La sensibilità del sindaco e degli assessori fanno ben sperare in una nuova fase di condivisione tra la città e il carcere San Benedetto".

Piacenza: salute e cultura, per migliorare condizioni di vita

 

Redattore Sociale, 18 settembre 2006

 

Migliorare le condizioni di vita delle donne detenute attraverso attività culturali e interventi a tutela della salute. Sono questi gli obiettivi del protocollo d’intesa tra casa circondariale di Piacenza e assessorati provinciali e comunali alle Pari Opportunità. Un accordo siglato, tutto al femminile, dalla direttrice del carcere Caterina Zurlo e dai due assessori piacentini Manuela Bruschini, in rappresentanza del Comune, e Paola Gazzolo, in rappresentanza della Provincia.

"Si tratta di strutturare e consolidare quello che finora è stato solo un timido contatto tra l"amministrazione locale e le detenute. Un rapporto che risale a quattro anni fa, quando iniziarono i concerti annuali all’interno della sezione femminile del carcere di Piacenza, e che non ha visto molto altro a parte qualche donazione di libri e cd - spiega Manuela Bruschini -. La condizione delle donne all’interno della casa circondariale è caratterizzata da meno opportunità di accesso alle attività di svago, perché la popolazione carceraria femminile è nettamente minoritaria in relazione alla compagine maschile. Siamo nell’ottica di 30 donne contro 300 uomini. Ed è da questa esigenza che è nata la volontà di contribuire al miglioramento del benessere psicologico e sociale delle detenute, attraverso la realizzazione di attività artistiche e di occasioni di incontro aperte anche ai cittadini".

Il protocollo infatti, si legge nel documento, mira a creare un programma culturale stabile per le detenute, con cadenza trimestrale, fatto di musica, arte, teatro e di una serata l’anno animata direttamente dalle carcerate (aperta la pubblico e alle istituzioni) e, al contempo, si impegna a promuovere la tutela della salute attraverso screening mammografico e pap test. Inoltre, l’intesa vuole far conoscere i prodotti manuali realizzati dalle detenute, come ad esempio lavori di ricamo, découpage e oggettistica in carta, nell’ambito delle manifestazioni cittadine dedicate alle donne e ai temi sociali al fine di valorizzare il loro impegno creativo e sensibilizzare l’opinione pubblica. L’accordo, infine, si prefigge lo scopo di valorizzare le collaborazioni già esistenti con le realtà del volontariato, con il mondo della scuola e con gli operatori del pubblico e del privato sociale e di attivare un tavolo permanente di confronto sulle pari opportunità che coinvolga amministratori locali, da una parte, e casa circondariale di Piacenza, dall’altra.

 

 

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