Rassegna stampa 3 ottobre

 

Giustizia: riforma ordinamento, domani voto finale al Senato

 

Ansa, 3 ottobre 2006

 

Il voto finale dell’Aula del Senato sul ddl che sospende in parte la riforma dell’ordinamento giudiziario ci sarà domani in serata. È quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama che ha approvato il calendario dei lavori all’unanimità. Domani mattina non ci sarà comunque seduta d’Aula per permettere al ministro della Giustizia, Clemente Mastella di presenziare alla festa della polizia penitenziaria

Indulto: Bocchino (An); su Napoli governo irresponsabile

 

Ansa, 3 ottobre 2006

 

"A sentire il governo, a Napoli non esistono nuovi problemi di sicurezza e ordine pubblico dopo l’approvazione dell’indulto". Lo dichiara Italo Bocchino, capogruppo di Alleanza Nazionale in commissione Affari costituzionali. "Oggi, - aggiunge Bocchino - rispondendo ad una mia interrogazione il ministro degli Interni ha avuto la faccia tosta di dire che i reati sono in diminuzione e che gli oltre 4 mila delinquenti abituali tornati in circolazione in regione Campania, non stanno creando problemi".

"Al governo e alla maggioranza non sono bastati gravi e allarmanti reati compiuti da delinquenti incalliti che grazie a loro oggi sono liberi, così come non sono bastate la copertina dell’Espresso e la trasmissione di Santoro per capire che c’è una emergenza da affrontare immediatamente". "L’atteggiamento del governo - conclude l’esponente di AN - è da irresponsabili e rischia di mettere in ginocchio una regione che già vive con mille problemi".

Indulto: Evangelisti (Idv); si tratta di una misura tampone

 

Agi, 3 ottobre 2006

 

Fabio Evangelisti, vice capogruppo di IDV alla Camera, ha partecipato ieri a Firenze, in piazza Michelangelo, alla manifestazione contro l’indulto, organizzata da Italia dei Valori, dai Repubblicani-Europei, l’Associazione Vittime via dei Gerogofili e l’associazione amici di Beppe Grillo, dal titolo "Firenze reagisce, no ai colpi di spugna come quello realizzato".

"È stata una manifestazione sentita e partecipata - ha dichiarato l’on. Evangelisti - a dimostrazione che, sul tema dell’indulto, la stragrande maggioranza di cittadini la pensa come noi, ovvero, che l’indulto è una misura tampone, che il problema della penosa situazione delle carceri italiane non si risolve certo con un provvedimento di clemenza, ma con la costruzione di nuovi istituti penitenziari dignitosi, umani, funzionali e moderni, dove si possa davvero reinserire e rieducare il reo, secondo il principio giusto e sacrosanto contenuto nella nostra Costituzione. Proprio per questo - ha annunciato il vice capogruppo di IDV alla Camera - domani mi recherò in visita al carcere di Sollicciano, per verificare da vicino la situazione nel carcere di Firenze e le eventuali criticità che si presentano".

Indulto: Castelli (Lega); ora il paese più "criminale" di prima

 

Agi, 3 ottobre 2006

 

"I numeri dicono che siamo in un Paese con un tasso di delinquenti in giro in crescita.Siamo un paese più criminale". Lo dichiara il senatore della Lega Nord ed ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, nel corso della puntata "Occidente islamofobico?", della trasmissione "Temporale", il programma di Pierluigi Diaco, su Canale Italia. "È un dato di fatto: se fanno uscire 20mila delinquenti, logico che il Paese sia più in pericolo".

Indulto: Sappe; due mesi di latitanza della classe politica

 

Agi, 3 ottobre 2006

 

"Spiace constatare che ad oggi, a circa 2 mesi dall’approvazione dell’indulto del quale hanno beneficiato circa 30mila persone, non siano stati ancora programmati dal Governo quegli interventi strutturali per il sistema carcere - chiesti anche dal Capo dello Stato Napolitano - necessari per non vanificare in pochi mesi gli effetti di questo atto di clemenza. Parliamo di provvedimenti concreti di potenziamento dell’area penale esterna, che tengano in carcere chi veramente deve starci e potenzino gli organici di Polizia Penitenziaria cui affidare i compiti di controllo sull’esecuzione penale. Di un maggior ricorso alle misure alternative alla detenzione non legato ad automatismi ma a un concetto davvero premiale. Di una revisione della legge sugli extracomunitari che permetta espulsioni più facili piuttosto che la detenzione in Italia. È davvero necessario ripensare il carcere, ma bisogna farlo in fretta."

È l’auspicio della Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, l’Organizzazione più rappresentativa del Personale con 12mila iscritti, per voce del segretario generale Donato Capece, nell’imminenza della celebrazione della Festa nazionale della Polizia Penitenziaria che si terrà a Roma domani mercoledì 4 ottobre alle ore 11 alla presenza del Capo dello Stato Napolitano e delle più Alte cariche costituzionali e istituzionali .

"Dispiace che sia quasi passato inascoltato quanto detto dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che più volte ha detto che bisogna adottare con urgenza rimedi di fondo al sistema penitenziario."

"Ad oggi" conclude Capece "non ci risulta che classe politica e governativa abbiano fatto seguire all’indulto i necessari interventi strutturali sull’esecuzione della pena, che garantiscano la giusta sanzione a chi commette reati soprattutto a tutela delle vittime della criminalità e che rendano la pena uno strumento efficace per ripagare la società del reato commesso.

Ed è proprio nell’imminenza della Festa nazionale della Polizia Penitenziaria che auspichiamo che Governo e Parlamento assumano i provvedimenti di competenza, a cominciare dalla riassunzione in servizio dei circa 530 agenti di polizia penitenziaria ausiliari licenziati a fine 2005 e dall’individuazione di provvedimenti legislativi che potenzino maggiormente l’area penale esterna".

Padova: casa circondariale "Due Palazzi", galera disumana

 

Il Gazzettino, 3 ottobre 2006

 

La Casa circondariale Due Palazzi, progettata per cento reclusi, oggi ha quasi il doppio degli ospiti. Ma nel recente passato ha conosciuto anche punte di 300 detenuti: l’indulto ha appena attenuato il sovraffollamento. Il carcere ieri è stato visitato dall’onorevole Sergio D’Elia, segretario dell’associazione "Nessuno tocchi Caino".

Ad accompagnarlo c’erano Rita Bernardini, tesoriere dei Radicali italiani, Carlo Covi, consigliere regionale dello Sdi, e Monica Balbinot, assessore comunale alla cultura. "I detenuti - racconta il deputato - sopravvivono in condizioni incredibili: nelle celle singole sono ristrette tre persone, su letti a castello, dove l’ultimo tocca quasi il soffitto. E nei cameroni, progettati per tre persone, dormono in nove, su tra strutture a castello.

Nella stessa stanza ci sono i letti, il gabinetto, il lavandino e il fornello". Situazione inaccettabile, conclude D’Elia: "al di sotto dei livelli di umanità". Ma l’Italia è abituata a tutto questo. Più volte in passato è stata condannata per il pessimo regime di detenzione che viola i diritti umani. Lo Stato non può trascurare la popolazione carceraria". Secondo Covi da questo inferno dantesco bisogna uscire: "I detenuti vanno a urinare e defecare accanto al fornello dove fanno da mangiare e al lavandino dove si lavano. È stata costruita una nuova casa circondariale, cosa si aspetta a farla funzionare?". È vero, la struttura è adiacente a quella vetusta e fatiscente.

Ma manca il personale di custodia e la palazzina - che può ospitare fino a centosessanta reclusi - non ha ancora passato il collaudo. È concepita bene: le celle sono separate dai servizi e hanno pure la doccia annessa. "Dicono che i tempi variano dai due mesi a un anno. Faremo interrogazioni affinché possa entrare in funzione nel più breve tempo possibile".

L’ottantacinque per cento dei detenuti è di origine extracomunitaria e di questi un settanta per cento abbondante è in carcere per droga. La sorveglianza è affidata a cento agenti di custodia, quaranta in meno rispetto alle unità previste dalla pianta organica. E neppure per loro la vita è facile. Solo due gli educatori. Quanto all’indulto non va visto come un provvedimento di clemenza, precisa l’onorevole D’Elia, piuttosto come un atto di buon governo per ripristinare la legalità nelle carceri.

"Dei 60 mila detenuti ne sono usciti 24 mila, mandando a pareggio le strutture carcerarie. L’indulto è anche una misura ragionevole, perché se è vero che il settantacinque per cento degli indultati torna in carcere, il restante venticinque per cento non delinque più e rientra nella società. Dobbiamo sfruttare al meglio la legge Gozzini e mettere mano alla Bossi-Fini perché è una legge che produce il crimine: è l’illegalità e la clandestinità a spingere al reato, sono pochissimi i casi di immigrati regolari arrestati".

Ascoli: agente condannato per pestaggio di Giuliano Costantini

 

Il Messaggero, 3 ottobre 2006

 

Un anno di reclusione (pena sospesa). Questa la condanna emessa dal giudice del Tribunale di Ascoli Paola Mariani a carico di Salvatore Pezzella, un agente di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Marino del Tronto, accusato di aver picchiato Giuliano Costantini, un ragazzo fermano detenuto nella casa circondariale di Ascoli.

Il nome di Costantini balzò alla cronaca quando nel settembre 2000 l’uomo morì per una grave setticemia addominale. Un decesso che, secondo la Procura della Repubblica di Ascoli, si sarebbe potuto evitare se il fermano fosse stato tempestivamente trasferito dal carcere ascolano di marino del Tronto all’ospedale provinciale "Mazzoni". Tanto che per questo fatto tre medici all’epoca in servizio nella struttura carceraria sono attualmente sotto processo per omicidio colposo davanti al giudice Emilio Pocci.

Le botte subìte da Costantini da parte del brigadiere Pezzella, oggetto del processo che si è concluso in questi giorni, non hanno nulla a che fare con la morte del detenuto, tanto che l’agente doveva rispondere di lesioni aggravate dalla funzione dell’imputato nella qualità di agente di custodia e dai futili motivi.

Il caso venne a galla proprio durante l’inchiesta (suscitò al tempo molto clamore) per la morte di Costantini. A riferire che l’uomo fermano, già malato, era stato picchiato dall’agente di custodia erano stati alcuni compagni di cella dove era anche stato trovato un foglietto di carta in cui Costantini manifestava la volontà di denunciare Pezzella.

Secondo il pubblico ministero Umberto Monti, nel settembre del 2000, ritenendo Costantini responsabile di aver rotto il tubo di un lavandino, il brigadiere Pezzella avrebbe costretto il detenuto ad uscire dalla sua cella, l’avrebbe accompagnato in una stanza appartata e qui l’avrebbe colpito in varie parti del corpo con calci, pugni e schiaffi per poi ricondurlo in cella dove Costantini riferì ai compagni del pestaggio subìto. Fatti negati decisamente dall’imputato, i cui difensori, gli avvocati Nazario Agostini e Alessandro Pettine, hanno concluso chiedendone l’assoluzione "perché il fatto non sussiste" o, in subordine, "per non aver commesso il fatto". I due legali hanno già annunciato appello contro la condanna della guardia carceraria.

Pezzella era finito sotto processo anche per l’accusa di aver picchiato nel 1995, sempre nel carcere di Ascoli, insieme ad altri due colleghi un detenuto marocchino. Accusa per la quale tutti e tre sono stati assolti dal giudice Rita De Angelis.

Indulto: concesso lo sconto di pena a Luigi Chiatti

 

Ansa, 3 ottobre 2006

 

Indulto concesso a Luigi Chiatti, il geometra folignate condannato a 30 anni per gli omicidi di Simone Allegretti e Lorenzo Paolucci. La decisione è stata presa dalla Corte d’assise d’appello di Perugia e depositata oggi. Chiatti, recluso nel carcere di Prato, non sarà comunque per il momento scarcerato, nonostante lo sconto di pena di tre anni. Nessun commento alla decisione da parte dei difensori del geometra folignate, gli avvocati Guido Basino e Claudio Franceschini.

Sociale: legge finanziaria sopprime 5 X mille per il non-profit

 

Redattore Sociale, 3 ottobre 2006

 

La sperimentazione del 5 per mille finisce qui, nella Finanziaria 2007. Introdotto per il 2006 dal precedente documento di programmazione finanziaria e voluto dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il provvedimento aveva suscitato da subito forti perplessità nel mondo dell’associazionismo per la farraginosità delle procedure, per il timore di una "concorrenza" con l’8 per mille e forse, soprattutto, perché vissuto come l’ennesimo provvedimento parziale in mancanza di un disegno coerente di riordino delle agevolazioni fiscali in materia.

Tuttavia, malgrado le ore di code, i tempi ristrettisi per l’inoltro delle domande di accredito, mille polemiche, in migliaia tra associazioni di volontariato e promozione sociale, onlus e fondazioni, istituti di ricerca scientifica, sanitaria e universitaria, servizi sociali dei Comuni hanno inviato la documentazione all’Agenzia delle entrate per poter essere inseriti nell’elenco - sterminato - di chi può usufruire della quota 5 per mille Irpef.

"Mi sembra sbagliato, pur con tutti difetti del provvedimento, eliminarlo senza attenderne i risultati specifici", commenta Alessandro Beda, vicepresidente di Sodalitas - Associazione per lo Sviluppo dell’Imprenditoria nel Sociale. L’Ufficio delle entrate, infatti, non ha ancora a disposizione tutte le denunce dei redditi dei cittadini (l’obbligo di consegna per i commercialisti scade il 31 ottobre) e dunque la sperimentazione si chiude senza conoscere quanti italiani hanno risposto all’invito di destinare una parte delle proprie tasse al non profit o alla ricerca e quali siano gli importi a disposizione delle organizzazioni. La scelta introdotta dalla nuova finanziaria poi appare ancora più inopportuna al vicepresidente di Sodalitas visto che lascia un vuoto. "Si poteva almeno sostituirlo con un altro provvedimento a favore del non profit. - commenta Beda - Quando un provvedimento non funziona o lo si modifica o lo si sostituisce".

 

Abolito il 5 per mille. Forum : "Terzo settore penalizzato"

 

Un provvedimento da rivedere e regolamentare ma non da abolire: Vilma Mazzocco e Maria Guidotti, portavoce del Forum del Terzo Settoren commentano così la scelta di non riproporre in Finanziaria la misura fiscale a favore del nonprofit. "La strada intrapresa per il risanamento del Sistema Paese e la difesa dei ceti più deboli pare essere quella giusta, anche se rischia di essere piena di insidie. – sottolineano - In particolare per quanto riguarda il Terzo Settore non possiamo non evidenziare che esso non è stato affatto considerato quale soggetto di sviluppo del Paese ma è stato anzi penalizzato in più forme. In maniera diretta con l’abolizione del 5 per mille, provvedimento che avrebbe dovuto essere rivisto e regolamentato ma non abolito peraltro senza attendere l"esito della sperimentazione e neppure interpellare le parti coinvolte".

"Riteniamo che occorrerà focalizzare l’attenzione ed effettuare correzioni in maniera incisiva su altri punti specifici: alcuni Fondi per interventi sociali - in particolare quello per la non autosufficienza - per i quali sono state allocate cifre poco più che simboliche; la cooperazione internazionale che ancora una volta vede disattese non solo le nostre aspettative ma anche gli impegni assunti dal Governo in sede Onu e UE; la definizione dell’aliquota Iva da applicare alle prestazioni rese da cooperative sociali nell’attività socio-assistenziale che rimane insoluta". "I tagli ai trasferimenti agli Enti locali che rischiano di incidere sia sulla possibilità di un corretto sviluppo del terzo settore che fortemente sulla qualità e anche sulla quantità dei servizi erogati ai cittadini". "L’auspicio – concludono - è che nel corso dell’iter legislativo venga attivato un proficuo dialogo e si giunga a variazioni, anche sostanziali, affinché la Finanziaria 2007 possa valorizzare appieno il Terzo Settore".

Comunicazione: il "sociale" schiacciato dalla pubblicità

 

Redattore Sociale, 3 ottobre 2006

 

"Il sociale, nei nostri giornali e telegiornali, ha uno spazio relativamente ridotto. Questa situazione è dovuta anche al fatto che i media dipendono sempre di più dalla pubblicità". Con voce pacata, Ferruccio de Bortoli, direttore del Sole 24 Ore ha preso parte al primo seminario milanese di Redattore sociale, "La città crudele. Fare i giornalisti in tempi di convivenza difficile".

Senza lasciare spazio alla retorica, De Bortoli ha esaminato uno dei problemi più "caldi" che sono emersi dal seminario: perché il sociale trova così poco spazio tra le notizie dei media? Il potere della pubblicità e il sistema della gratuità della stampa, sono alcuni dei fattori, ha spiegato De Bortoli. Ma non sono i soli. Spesso, infatti, nelle redazioni si sceglie lo spazio da dedicare al sociale seguendo la logica della beneficenza. "Non accetto che per lavarsi la coscienza si dedichi un pezzetto al sociale e poi, per il resto del tempo, ci si renda disponibili a fare tutto quello che viene chiesto, anche l’indicibile - ha detto De Bortoli -. Mi viene in mente come spesso la beneficenza sia un tentativo di lavarsi la coscienza per aver passato una vita a pestare i diritti degli altri. Qualche volta mi interrogherei sulla qualità di alcune generosità a realtà private e pubbliche. Così come credo che questa nostra professione debba anche porsi il problema non solo del fatto che il successo è misurato anche da quello che si fa e non tanto da quello che si vende, ma anche del fatto di indurre questa società ad essere un po’ più generosa, un po’ meno egoista".

Immersi come siamo in una società che incita alla competitività, nella quale contano solo i risultati, in cui "spesse volte gli ultimi sono un intralcio, nella quale bisogna forse dare voce più alle paure che alle speranze e nella quale la costruzione di una società multi etnica e forse anche in parte multi culturale viene vista come una grande paura", ha detto l’ex direttore del Corriere della Sera, ci si dimentica della "funzione sociale della nostra professione".

Paradossalmente, la quantità di mezzi di informazione che abbiamo a disposizione, invece che darci la possibilità di avere una visione più complessiva del reale, ci ha portato ad una "parcellizzazione del reale, ci troviamo davanti a dei muri invisibili che sono stati eretti proprio perché l’utente, il lettore, il navigatore ha frazionato sempre di più la propria attenzione." Probabilmente abbiamo dei cittadini più informati, ma meno legati tra loro, ha spiegato De Bortoli, più attenti a selezionare ciò che li interessa direttamente e meno aperti ad esplorare campi che non sono di loro interesse.

Il direttore ha sottolineato anche che i giornalisti non devono mai smettere di porsi il "problema che riguarda il modo in cui facciamo questo mestiere, il nostro rapporto con il potere che certamente non gradisce che si mettano in luce in continuazione i problemi." Per questo è necessario che ci siano giornalisti, professionisti, che sono interessati a descrivere il sociale "non tanto per avere la bandierina di uno scoop o il merito del giornalismo controcorrente".

Grazie al lavoro di chi diffonde la cultura del sociale all’interno delle redazioni, si aumenta la consapevolezza nei confronti di quei temi che non devono essere relegati nelle "pagine-ghetto". Perché è dai giornali e telegiornali che spesso si cominciano le battaglie e le campagne che coinvolgono settori più ampi della società.

Il direttore del Sole 24 Ore ha anche ringraziato chi occupandosi di sociale, gli ha fatto "scoprire alcuni pezzi di realtà che non conoscevo, che sospettavo non esistessero." Grazie a queste persone, e in particolare Don Vinicio Albanesi, De Bortoli ha detto di aver "conosciuto parti del sociale che frettolosamente avevo dimenticato. Sono entrato in contatto con persone straordinarie che mi danno la speranza che la realtà possa essere affrontata con mezzi diversi e che si possa fare un’informazione più consapevole. Che non è un’informazione noiosa e disfattista, non è l’informazione degli ultimi e delle periferie, ma è un’informazione consapevole del proprio ruolo sociale."

Argentina: in sciopero della fame oltre 8mila detenuti

 

Peace Reporter, 3 ottobre 2006

 

Lo sciopero della fame iniziato dai detenuti dell’Unità Penale n. 9 della città La Plata, provincia di Buenos Aires, conta già sull’adesione di più di 8mila prigionieri, dopo che ieri altre 13 carceri del Servizio Penitenziario dello stato hanno aderito all’iniziativa.

Con questa protesta, giunta al dodicesimo giorno, i prigionieri esigono migliori condizioni di detenzione, processi più agili e servizi medico-sanitari in carcere. Le 39 prigioni della provincia di Buenos Aires alloggiano la metà del totale dei reclusi dell’Argentina, ovvero 25.500 persone, delle quali il 70 per cento è ancora in attesa della sentenza definitiva. A essere coinvolto è un distretto grande quanto l’Italia, dove si registrano 200 prigionieri ogni centomila abitanti, una percentuale fra le più alte dell’America Latina.

 

 

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