Rassegna stampa 25 ottobre

 

Giustizia: Consulta; l'ex-Cirielli si deve applicare in più casi

 

La Repubblica, 25 ottobre 2006

 

Con un solo voto di scarto (otto a sette, secondo i rumours) la Corte Costituzionale dichiara illegittima la norma transitoria della ex Cirielli nella parte in cui prevede che i nuovi termini di prescrizione si applicano ai processi pendenti in primo grado fatta eccezione per quelli per cui sia stato già dichiarato aperto il dibattimento. Risultato: la cosiddetta "prescrizione breve" sarà applicata a un maggior numero di processi rispetto a quanto previsto in origine.

La retroattività dell’ex Cirielli agli imputati incensurati in processi non ancora definiti in primo grado (ma non per quelli pendenti in Corte di Appello e in Cassazione) non avrà alcun effetto sul caso Previti: la condanna a 6 anni del parlamentare di Forza Italia per la vicenda Imi-Sir è già passata in giudicato visto che la Cassazione, contrariamente a quanto stabilito oggi dai giudici della Consulta, non hanno ritenuto che vi fosse alcun profilo di illegittimità nella norma transitoria della ex Cirielli. Tuttavia, la decisione presa a maggioranza dai 15 giudici della Consulta dopo una serie di camere di consiglio finite con fumata nera, avrà un "un rilevante impatto sull’intero funzionamento della giustizia penale".

A farlo notare è Nello Rossi, segretario dell’Associazione nazionale magistrati, secondo cui per numerosi processi pendenti in primo grado bisognerà riconteggiare i termini di prescrizione, con il rischio che molti siano azzerati.

È dallo scorso giugno che la Corte tenta di trovare la quadra sulla contestata legge, varata con i voti della Cdl alla fine della scorsa legislatura, che ha tagliato i termini di prescrizione per gli incensurati e limitato i benefici per i recidivi. I giudici riuscirono a trovare quasi subito un’intesa solo bocciando la norma che escludeva la concessione del permesso premio ai detenuti recidivi che prima dell’entrata in vigore della ex Cirielli avevano già maturato i requisiti per ottenere i benefici penitenziari. Sulla norma transitoria, invece, l’allora presidente della Consulta, Annibale Marini, rinviò la seconda causa a nuovo ruolo. Trascorsa l’estate, i giudici sono tornati a riaffrontare la questione sotto la presidenza di Franco Bile. Secondo alcuni, potrebbe essere stato proprio di Bile il voto decisivo della camera di consiglio di oggi e forse sarà lo stesso presidente a scrivere la sentenza. Il relatore della causa, il vicepresidente della Corte ed ex Guardasigilli, Giovanni Maria Flick, in dissenso con la decisione presa ha chiesto di essere "esonerato dalla stesura della motivazione", come viene riportato dal comunicato della Consulta.

Le motivazioni della decisione saranno rese note nei prossimi giorni. La norma transitoria - secondo quanto si è appreso - sarebbe stata bocciata in riferimento all’art. 3 della Costituzione (irragionevolezza e uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge).

Sullo sfondo della decisione, una delicata questione di natura giuridica ma anche politica. Lo scorso aprile i legali di Previti avevano infatti chiesto alla Cassazione di attendere la Consulta prima di emettere il verdetto, perché, nel caso in cui la norma transitoria della ex Cirielli fosse caduta completamente (anche per i processi pendenti in Corte d’Appello e in Cassazione), allora l’ex ministro della Difesa sarebbe uscito indenne dalla vicenda Imi-Sir per avvenuta prescrizione. Ma la Cassazione decise di andare avanti e confermò la condanna in via definitiva. I giudici di piazza Cavour, infatti, diversamente da quanto stabilito oggi dalla Corte Costituzionale, ritennero legittima la norma transitoria introdotta alla fine della scorsa legislatura, in extremis, con un emendamento dell’Udc, sulla scia delle polemiche sollevate da più parti contro una legge ribattezzata salva Previti. A presentare ricorso alla Consulta è stato il Tribunale di Bari che, durante un procedimento in primo grado a carico di un imputato per millantato credito, ha sollevato la questione di legittimità dell’art. 10, comma 3, della ex Cirielli sostenendo che la norma transitoria contrasta con il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art.3 della Costituzione) ed è "irragionevole" perché limita l’applicabilità della nuova disciplina della prescrizione breve solo ad alcuni dei procedimenti penali in corso, condizionandola al verificarsi di un evento processuale (la dichiarazione di apertura del dibattimento) del tutto accidentale, indipendente dalla volontà dell’imputato. Con questa scelta legislativa, poi - secondo il Tribunale di Bari -" non risultano perseguite ulteriori finalità, quali quelle di riduzione dei tempi processuali o di deflazione dei carichi degli uffici giudiziari" . I giudici della Consulta avrebbero accolto le argomentazioni del Tribunale di Bari, ma la discussione - secondo quanto si è appreso - si sarebbe incentrata sulla retroattività della norma penale favorevole e, tra l’altro, su quale valore debbano avere nel nostro ordinamento le sentenze della Corte di giustizia europea.

Diverse decisioni dei giudici di Strasburgo (tra cui l’ultima, del 2005, sul falso in bilancio), nonché il trattato sull’adozione della Costituzione europea, vanno infatti nel senso della retroattività ("se successivamente alla commissione del reato la legge prevede l’applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest’ultima").

Cremona: detenuto si impiccò in cella, assolto medico del carcere

 

La Provincia di Cremona, 25 ottobre 2006

 

Il 14 luglio 2002, un cremonese di 37 anni con un passato da tossicodipendente, fu arrestato perché scippò un’anziana. Entrò in carcere intorno alle 20, tre ore dopo, in cella si impiccò con il lenzuolo. Ma della tragedia non è responsabile il medico del penitenziario di Cà del Ferro, Alcide Bongiovanni, che ieri è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo "perché il fatto non sussiste".

Così ha deciso il Gup Pierpaolo Beluzzi, al termine del processo che si è celebrato con il rito abbreviato (il pm, Cinzia Piccioni, aveva chiesto per il medico l’assoluzione "perché il fatto non costituisce reato". Il processo arriva da diverse richieste di archiviazione rigettate dal Gip, Marco Cucchetto, che a suo tempo ordinò l’imputazione coatta a carico del medico, dunque accusato di aver indebitamente ritardato la visita medica, che avrebbe potuto evitare il gesto inconsulto".

Già in passato, il detenuto si procurò atti autolesionistici. L’avvocato, Luca Vaccari, ha dimostrato come quella sera, il medico fosse impegnato a distribuire la terapia agli altri detenuti, e benché previsto, non c’erano infermieri. "La giurisprudenza della Cassazione a Sezioni Unite - ha spiegato il legale - stabilisce che ci deve essere una prova certa che il comportamento che il medico ha omesso, sarebbe stato idoneo ad evitare il fatto. In questo caso, il medico stava comunque distribuendo terapie ad altri reclusi e non è stato comunque provato che una sua visita avrebbe potuto evitare il suicidio del detenuto". L’avvocato Vaccari ha infine precisato che "la visita d’ingresso al carcere deve verificare lo stato di salute generale del detenuto".

Sardegna: Manconi; dopo l'indulto solo in 63 tornati in cella

 

Sardegna Oggi, 25 ottobre 2006

 

Il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi ha incontrato la commissione consiliare "Politiche comunitarie e diritti civili" presieduta da Ignazio Paolo Pisu (PRC). Durante l’incontro, richiesto tempo fa dalla commissione, è stato discusso il problema dello stato delle carceri isolane. Alla seduta della commissione ha partecipato anche Francesco Massidda, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria.

In apertura dei lavori il presidente della seconda commissione ha ricordato al sottosegretario che in Sardegna non si rispettano i diritti umani e penitenziari dei detenuti e ha consegnato all’esponente del governo il protocollo d’intesa tra il ministero della giustizia e la Regione del 7 febbraio 2006, la risoluzione sulla situazione delle carceri in Sardegna, approvata all’unanimità dalla commissione il 16 febbraio 2005 e la proposta di legge, primo firmatario Nazareno Pacifico, sull’Istituzione dell’Autorità garante delle persone private della libertà personale. "Con l’indulto - ha detto il presidente Pisu - il sovraffollamento nelle strutture penitenziarie è diminuito (i detenuti sono passati da 2000 a 1058) ma i problemi sono rimasti inalterati, come quello del lavoro in carcere, della sanità, dei diritti umani dei detenuti".

Il sottosegretario Manconi ha ringraziato la commissione per il lavoro "costante e caparbio" svolto e per l’approfondimento fatto sui temi delle carceri in Sardegna. "Con il cambio al vertice del Dipartimento nazionale dell’amministrazione penitenziaria - ha assicurato Manconi - le cose cambieranno e si aprirà una fase nuova. Anche perché l’indulto offre un’occasione unica. Questo provvedimento, approvato dal 95% del Parlamento ha subito un processo di disconoscimento della paternità che ritengo un grave errore. Io sono fiero di questo provvedimento che non è certo risolutivo (riduce solo drasticamente il sovraffollamento delle carceri) ma che, se non ci fosse stato, non si sarebbero neanche potuto affrontare gli altri problemi. Quindi, è una precondizione preliminare per risolvere i problemi di struttura".

In Sardegna hanno beneficiato dell’indulto 1007 detenuti, di cui solo 63 sono stati arrestati nuovamente. Un dato che fa capire come non sia condivisibile l’allarme sollevato su questo provvedimento che, invece, secondo Manconi, è "sacrosanto e provvidenziale". Secondo Manconi con la riduzione dell’affollamento carcerario c’è la possibilità di ridefinire, rendendoli razionali e intelligenti, i circuiti penitenziari. Questo percorso si attuerà facendo una ripartizione tra i detenuti in attesa di giudizio e i condannati; tra i giovani adulti (18 - 24 anni) e gli adulti; tra i detenuti che abbiano dipendenze da alcool, droga o affetti da malattie mentali e coloro che non abbiano questi problemi. Inoltre, per il sottosegretario è necessario prevedere la custodia attenuata per quella parte di detenuti che non costituiscono un pericolo.

Un solo esempio: attualmente nelle carceri italiane sono recluse 30 madri con bambini da 0 a 3 anni. "Noi dobbiamo ridurre al minimo la reclusione - ha detto Manconi - delle persone che non costituiscono un pericolo". Il sottosegretario ha, inoltre, ricordato che, alla Camera, è in discussione la legge che istituirà l’Ufficio nazionale del Garante per le persone private della libertà. L’istituzione di questo ufficio renderà indispensabile l’ufficio regionale del garante che dovrà cooperare con quello nazionale e che sarà il tramite tra l’amministrazione locale e l’amministrazione penitenziaria.

Mariagrazia Caligaris (Sdi-Rnp) ha chiesto al sottosegretario notizie sulle 10 persone arrestate (a Buoncammino ne rimangono solo 6) l’11 luglio scorso nell’ambito dell’operazione "Arcadia" e dei tre arrestati a Nuoro per degli attentati dinamitardi falliti. La consigliera della Rosa nel Pugno ha chiesto al sottosegretario perché queste inchieste stavano durando così tanto tempo e perché alcuni degli arrestati siano stati trasferiti in strutture fuori dall’isola. Il sottosegretario Manconi ha promesso che entro 24 ore avrebbe dato delle risposte.

La commissaria ha, inoltre, chiesto notizie sull’istituzione della Commissione regionale per il lavoro penitenziario e sull’istituzione del Consiglio di aiuto sociale. Alberto Randazzo (Udc) ha chiesto al Ministero che venga fornito un censimento della spendita dei fondi destinati alle carceri isolane e ha chiesto che la destinazione d’uso delle carceri non cambi e che siano utilizzate sempre ai fini carcerari. I problemi sanitari delle carceri sono stati al centro dell’intervento di Pacifico (Ds) che ha sottolineato la necessità di una maggiore presenza di personale qualificato all’interno delle strutture carcerarie. Per l’esponente dei Ds, inoltre, le colonie penali potrebbero produrre di più e potrebbero consentire ai detenuti un effettivo reinserimento lavorativo. Giovanna Cerina (Progetto Sardegna) ha richiamato l’attenzione del sottosegretario sulla trasformazione antropologica delle nostre carceri, sulla necessità di formazione e di scolarizzazione dei detenuti, mentre per Vincenzo Floris (Ds) il protocollo d’intesa può rappresentare la base di partenza per costruire un rapporto reale e proficuo tra l’amministrazione penitenziaria e quella locale. Il consigliere diessino ha chiesto al sottosegretario un atto di clemenza nei confronti di Grazia Marine. La donna, condannata per sequestro di persona, ha quasi 70 anni ed è rinchiusa in carcere.

Mafia: confermato il regime di "41 bis" per Totò Riina

 

Ansa, 25 ottobre 2006

 

Per Salvatore Riina sarà mantenuto il regime previsto dall’ articolo 41 bis e che vieta incontri con i familiari, ore d’ aria e altri benefici concessi ai detenuti. In questo senso si è espresso il Tribunale di Sorveglianza di Milano che nei giorni scorsi nel carcere di Opera (Milano) aveva sentito il boss mafioso, dopo aver esaminato l’istanza presentata dagli avvocati Luca Cianferoni e Riccardo Donzelli. Il collegio giudicante, presieduto da Mariagrazia Moi, ha accolto il parere del sostituto procuratore generale Gustavo Cioppa ed ha prorogato le restrizioni di un altro anno. "Viste le motivazioni del provvedimento - ha dichiarato l’avvocato Cianferoni - riproporremo la richiesta perché c’è la necessità di approfondire le spiegazioni soprattutto in ordine alle condizioni di salute del nostro assistito".

Roma: il Prefetto Serra; sono stranieri il 50-60% dei detenuti

 

Asca, 25 ottobre 2006

 

"Nelle carceri di Roma tra il 50 ed il 60% è malavita straniera. Di questi, l’80% sono clandestini. Questi sono i dati che si possono fornire, poi delinquono gli italiani, come è noto, e delinquono gli stranieri". Questi i dati sull’incidenza della criminalità straniera nella capitale, che, secondo il prefetto di Roma, Achille Serra, si possono evincere dalle percentuali della presenza nelle carceri. Lo ha dichiarato a margine della conferenza stampa in cui è stato presentato il vademecum contro la violenza sessuale sulle donne, che sarà distribuito nei prossimi giorni ai cittadini e soprattutto agli operatori di Roma.

"È vero che ci sono alcune zone in cui l’incidenza straniera è più alta, il Trullo ne è un esempio - ha risposto Serra alla domanda se si può dire che in alcune zone di Roma, periferiche, ad esempio il Trullo, essa sia più alta - , ma ho detto più volte di fare attenzione ad affrontare il problema in termini di risposte violente. È invece necessario prendere atto che questa è la situazione - ha sottolineato -, che a gennaio la Romania entrerà in Europa. Ci sono due strade, o reagire violentemente, e questa mi sembra la via più stupida, la più illogica, quella da condannare, oppure cercare il dialogo, il che significa cercare di inserire nella nostra società chi viene da fuori. Non è facile, anzi è difficilissimo, ma credo sia l’unica strada".

Cremona: a processo per lancio di stampella contro il medico

 

La Provincia di Cremona, 25 ottobre 2006

 

Aggredì un agente della polizia penitenziaria, tentò di aggredire la guardia medica, Kosro Camali, e lanciò una stampella, rompendola, contro il medico del carcere Angiolina Baraglia tutti in servizio nel carcere di Cà del Ferro il 16 novembre 1999. Fu, questa, la reazione esplosiva di Dario Ambrosi, milanese di 45 anni, che sette anni fa scatenò un parapiglia nel penitenziario di Cà del Ferro. Ora l’uomo deve rispondere di resistenza a pubblico ufficiale (l’agente di polizia penitenziaria, Francesco Spinelli) di lesioni, ma anche di danneggiamento della stampella. Danneggiamento aggravato, perché "la stampella è di proprietà del carcere e ha una funzione pubblica", come è spiegato nel capo d’imputazione. Il processo, aperto ieri dal giudice Massimo Vacchiano (pm onorario Silvia Manfredi), è stato aggiornato all’udienza del 28 novembre prossimo, quando sarà emessa la sentenza.

Torino: ministero della giustizia non paga, il creditore si uccide

 

La Repubblica, 25 ottobre 2006

 

Un colpo solo alla tempia. Si è tolto la vita così Agostino Rocco, 57 anni, abitante a Givoletto (Torino), titolare di due servizi di autosoccorso a Nichelino, dove venivano tenute in deposito giudiziario le auto sequestrate dalle forze dell’ordine. L’uomo si è sparato con una pistola calibro 38, questa mattina, di fronte al Palazzo di giustizia di Torino, seduto al volante della sua auto, una Alfa 166 ricevuta in comodato d’uso da una ditta novarese.

Nell’auto sarebbe stato trovato anche un biglietto che risulterebbe quasi illeggibile perché macchiato di sangue. Ma, secondo le prime informazioni, vi sarebbero riferimenti ai crediti economici che vantava nei confronti della giustizia italiana. Nei pressi del cadavere è stato trovato anche un telefono cellulare ma non è chiaro se, prima di spararsi, la vittima lo abbia usato.

Lo Stato doveva all’uomo milioni di euro per le auto depositate nell’Autosoccorso 2000 s.r.l. di Nichelino, di cui era titolare. Potrebbe essere questo il motivo del suicidio di Rocco, che, a causa del ritardo, pare si trovasse in difficoltà economiche.

Nel 2000 aveva addirittura intentato un procedimento civile nei confronti dell’amministrazione giudiziaria, ma era stato condannato e aveva anche pagato le spese processuali. Una dipendente del suicida ha affermato che Rocco si recava spesso al Palazzo di giustizia di Torino per sollecitare i pagamenti. L’azienda ha una decina di dipendenti.

"Sono sconvolto per quanto è successo - ha commentato l’avvocato del suicida, Vincenzo Saia - lo avevo visto nei giorni scorsi, ma nulla faceva presagire un gesto di questo tipo". Secondo le persone che gli erano più vicine, dipendenti e amici, l’uomo era molto preoccupato per il decreto Bersani che aveva bloccato i pagamenti.

Infatti, a giugno, poco prima dell’entrata in vigore del decreto, Rocco stava per recuperare qualche credito, ma all’ultimo momento non gli era stato più assegnato. Oltre ai due servizi di autosoccorso, l’uomo era titolare di una agenzia di viaggi, sempre a Nichelino, e di un villaggio turistico a Cuba, che avrebbe però subito gravi danni a causa di un uragano.

Avellino: un corso di inglese per reinserirsi nella società

 

Ottopagine, 25 ottobre 2006

 

Tra le polemiche sull’indulto c’è chi pensa a prevenire. È partito il progetto "L’inglese per reinserirsi nella Società", tenuto dai professori dell’Istituto "L. Vanvitelli" di Lioni nella Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi. Sono ventiquattro i detenuti che aderiranno al corso: tre moduli per sessanta ore di attività didattica. Dopo la felice riuscita dell’anno scorso è la seconda volta che il "Vanvitelli" penetra tra le mura della struttura carceraria. Presenti, durante la presentazione del progetto, il direttore, Liberato Guerriero e il dirigente scolastico, Dora Garofalo. Guerriero ha così trovato, per la seconda volta, dei validi interlocutori nell’ambito delle attività trattamentali destinate ai ristretti.

Il "Vanvitelli" è l’unica Istituzione laica che si è occupata della Casa di Reclusione e coglie l’appello che la struttura, proprio su queste pagine, inviò ad enti ed associazioni del territorio. Il corso d’inglese prevede il rilascio di un attestato che indicherà conoscenza acquisite e competenze maturate. Un’opportunità importante da sfruttare fuori dalle celle. Per quanto riguarda il modulo didattico il corso è articolato secondo gli standard europei: presenza obbligatoria per il settanta per cento delle lezioni più alcune ore rivolte all’accoglienza. Destinatari del progetto i detenuti in possesso del diploma di scuola secondaria di primo e secondo grado. I professori saranno assistiti dagli psicologi - educatori del carcere.

Immigrazione: Caritas; in Italia 3 milioni di regolari a fine 2005

 

Apcom, 25 ottobre 2006

 

Sono 3.035.000 gli immigrati regolari presenti in Italia alla fine del 2005: lo rileva la Caritas, che ha presentato oggi a Roma e in altre città il dossier statistico 2006. Tra gli altri dati significativi, lo studio prospetta che Roma verrà scalzata da Milano come principale meta di immigrazione, ma anche che gli immigrati - che al 91% hanno il cellulare e per lo più considerano la propria situazione migliorata da quando sono entrati nel nostro paese - sono spesso oggetto di pregiudizi e discriminazioni.

L’aumento degli immigrati in Italia nel 2005, spiega la Caritas, è dovuto sia ai nuovi arrivi (187.000) che alle nascite di figli di cittadini stranieri (52.000). "Nel prossimo futuro - scrive la Caritas Migrantes - deve essere messo in conto un aumento ancor più rilevante". Gli immigrati regolari rappresentano il 5,2% della popolazione complessiva (presenti al 59,5% al Nord, al 27% al Centro e al 13,5% al Sud). "Roma e Milano - si legge nel dossier - detengono, rispettivamente, l’11,4% e il 10,9% della popolazione straniera e tutto lascia intendere che a breve verrà scalzato il primato che Roma ha detenuto fin dall’inizio dell’immigrazione". Quanto alla provenienza, ogni 10 stranieri, 5 sono europei, 2 africani, 2 asiatici e 1 americano.

In riferimento implicito alla proposta Amato di regolarizzare gli immigrati che hanno già maturato 5 anni di soggiorno, il dossier Caritas rileva che il loro numero ammonta attualmente a un milione e duecento mila. Quanto alle religioni, vi sono 1 milione di musulmani regolari, 1 milione e mezzo i cristiani provenienti da altri paesi, (con cattolici e ortodossi che quasi si equivalgono, circa 660.000 unità ciascuno), tra i 50 e i 100 mila induisti e buddisti e oltre a 350.000 o non credenti o classificabili nelle altre religioni.

Il dossier statistico passa poi in rassegna la situazione del mercato del lavoro. Uno ogni 10 occupati è nato in un paese non appartenente all’Unione Europea. Nel 2005 sono stati assunti per la prima volta nel mercato occupazionale italiano 173.000 nuovi lavoratori immigrati (le assunzioni sono avvenute per l’9,2% in agricoltura, per il 27,4% nell’industria e per la restante quota nei servizi). Il numero degli immigrati-imprenditori è di 130.969. Secondo la Caritas, poi, i regolari hanno un "soddisfacente livello di istruzione", ma "guadagnano di meno" ("le loro retribuzioni sono mediamente pari alla metà di quelle degli italiani, anche a causa del loro impiego discontinuo").

Senza dimora: troppi poveri restano fuori dalle statistiche

 

Fio.psd, 25 ottobre 2006

 

Ci sono poveri e poveri. L’Istat registra infatti la povertà relativa secondo parametri statistici e utilizzando campioni come si usa fare normalmente nelle rilevazioni scientifiche.

Ma di questi campioni fanno parte individui "visibili", ovvero con un reddito leggibile, un’abitazione individuabile e con livelli di consumo misurabili. Escono invece da queste rilevazioni tutte quelle persone che non hanno un’abitazione fissa, non hanno un reddito accertabile.

Fuori dalle statistiche dell’Istat, insomma ci sono centinaia di persone che sono catalogabili come senza fissa dimora, o immigrati irregolari o barboni. Per questo sarebbe necessario rendere più sofisticati i sistemi di rilevazione statistica. Ci vorrebbe dunque un altro sistema per studiare la povertà e quindi decidere le relative politiche sociali di contrasto. Ne sono coscienti gli stessi ricercatori dell’Istat che hanno già avviato confronti informali con gli enti locali e le associazioni che si occupano più direttamente del disagio sociale.

Per quanto ci riguarda, noi abbiamo raccolto l’opinione in merito di Paolo Pezzana, presidente del Fio.psd, l’organizzazione che si occupa delle persone senza fissa dimora. Ma sarebbe anche interessante sentire poi il parere degli altri operatori e di tutti coloro che sono impegnati direttamente nella lotta contro la povertà.

 

Allora Pezzana, non sono completi, secondo voi, i dati diffusi dall’Istat?

Io voglio premettere una cosa. Credo che i ricercatori dell’Istat esprimano un altissimo livello di professionalità. Differentemente da tanti altri, io credo che l’Istat lavori molto bene. Il problema non è quello di criticare le insufficienze dell’Istat. Si tratta piuttosto di capire quali sono i meccanismi che vengono normalmente utilizzati per arrivare alle percentuali che descrivono i fenomemi sociale e capire che tipo di rilevazioni e di studi alternativi si possano mettere in atto. Le indagini sulla povertà non tengono per esempio conto della povertà grave. Si prende a riferimento la soglia di povertà, ovvero la soglia di accesso ai consumi che sta nella media. Ma tutto il resto della popolazione povera è fuori. I senza fissa dimora non sono neppure considerati, proprio perché non hanno una casa e non hanno un livello di consumi misurabile. Nel 2000 erano state stimate circa 20 mila persone in questo stato. E si è calcolato che solo a Roma ci sono almeno 6000 persone senza fissa dimora. Allora il discorso che noi facciamo riguarda proprio l’attendibilità delle statistiche. Se queste persone fossero davvero poche, allora l’incidenza statistica sarebbe irrilevante. Ma se invece queste persone sono numerose o cominciano ad essere più numerose di qualche anno fa, allora ci si deve porre il problema generale dell’attendibilità delle rilevazioni statistiche realizzate con il metodo tradizionale.

 

Questo vuol dire che si tratterebbe di rendere più efficace la rilevazione statistica della povertà anche perché i "buchi" attuali rischiano di falsare i risultati?

Si tratta di allargare il punto di vista e di rendere più articolate e quindi scientificamente più attendibili le rilevazioni. Ripeto: io non sto facendo una critica all’Istat e ai suoi ricercatori. Anzi la mia è una proposta di ulteriore ricerca e collaborazione. Abbiamo già avuto contatti con alcuni ricercatori che si occupano di questi fenomemi. E abbiamo riscontrato una grande capacità di ascolto e una volontà di approfondire il problema. Si tratta infatti di sapere quante sono le persone povere che attualmente sfuggono ai censimenti e alle rilevazioni e di sapere soprattutto quali sono i loro profili. È ovvio che queste informazioni sono determinanti nella fase di impostazione delle politiche contro la povertà.

 

FIOPSD - Federazione Italiana degli Organismi per le persone senza dimora. Responsabile: Paolo Pezzana Indirizzo: Vico S. Luca, 4 int. 14 scala destra - 16124 - Genova (GE). Telefono: 010/2461096 - 035/319800 (presidenza). Fax: 010/2461096. Indirizzo web: http://www.fiopsd.org. E-mail: fiopsd@fiopsd.org

Si è costituita legalmente nel 1990. È membro del Consiglio di amministrazione della Federazione europea che riunisce le federazioni nazionali dei paesi dell’UE (Feantsa), della quale attualmente è vice presidente del Comitato esecutivo. Essa raggruppa e rappresenta organismi che a livello locale erogano servizi alle persone senza dimora. Tra le finalità: promuovere il coordinamento tra le realtà pubbliche e private che operano in favore delle persone senza dimora; attivare momenti di studio e di formazione sulla comprensione del fenomeno e sulle metodologie di intervento.

Russia: oltre 100mila detenuti subiscono violenze e torture

 

Vita, 25 ottobre 2006

 

Oltre 100.000 detenuti russi subiscono degli atti di violenza e almeno un carcere su quindici in Russia pratica la tortura. È l’accusa lanciata dai creatori della Fondazione russa "Per i diritti dei detenuti". "Abbiamo registrato almeno 40 colonie penitenziarie sulle circa 600 esistenti in Russia le cui autorità ricorrono regolarmente ad atti di violenza contro i detenuti", ha dichiarato Lev Ponomarev, che è anche direttore esecutivo dell’Ong russa "Per i diritti dell’uomo", nel corso di una conferenza stampa a Mosca. Percosse, stupri o minacce di stupro, umiliazioni, torture con filo elettrico o buste di plastiche messe per ore sulla testa per costringere il detenuto a fare false confessioni sono pratiche ricorrenti in particolare in una colonia della regione di Saratov, secondo le testimonianze raccolte dalla Fondazione. "Nel nostro paese, ognuno rischia di trovarsi un giorno in carcere", ha affermato la direttrice amministrativa della Fondazione, Ludmila Alexeeva, che è anche presidente del Gruppo Helsinki di Mosca.

Indonesia: indulto ai terroristi che uccisero 200 persone

 

Ansa, 25 ottobre 2006

 

"Uno schiaffo in faccia", titola il Courier Mail. È ancora il commento più misurato leggibile su un quotidiano australiano alla decisione del governo indonesiano di rilasciare due militanti islamici in carcere per l’attentato di Bali del 12 ottobre 2002, nonché di ridurre la pena ad altri nove, implicati nella vicenda per aver depredato cadaveri e feriti dopo le esplosioni, o per aver finanziato l’attacco. Perché fu l’Australia a pagare il prezzo più alto dell’ondata di bombe che devastò Kuta beach, luogo-simbolo della vita notturna dell’isola indonesiana: erano suoi cittadini 88 delle 202 vittime. Surfisti, ragazzi, famiglie, un’intera squadra di rugby, ospiti fissi del paradiso tropicale a buon mercato e a poche ore d’aereo da casa. Un ceffone, quindi, e non il primo.

Il 17 agosto 2005 era stato liberato, dopo appena due anni di carcere, Abu Bakar Bashir, secondo le indagini uno degli organizzatori dell’attacco. Altri 17 condannati avevano avuto riduzioni di pena significative. Un’erosione destinata a vanificare le condanne da uno a 16 anni inflitte ai complici nella vicenda. Trentatré in tutto, in gran parte attivisti della Jemaah Islamiyah, emanazione regionale di Al Qaeda. L’indulto, infatti, non è stato il primo e non sarà l’ultimo di cui i terroristi potranno beneficiare: è tradizione dell’Indonesia onorare le ricorrenze nazionali aprendo le galere. Per legge i prigionieri possono beneficiare di uno sconto di pena fino a sei mesi almeno due volte l’anno. Iniziativa lodevole, non fosse che le feste nel Paese sono tante, le carceri affollate e il provvedimento non fa alcuna distinzione fra tipi di reato, ponendo come unico requisito la buona condotta.

Così, dopo il 17 agosto, festa nazionale dell’indipendenza indonesiana, è arrivata la fine del Ramadan. La grande baldoria dell’Aid al-Fitr ha portato in regalo sconti di pena a 50 mila carcerati e la libertà immediata ad altri 2.402. Tra loro Mujarod bin Salim e Sirojul Munir, condannati a cinque anni per aver nascosto due delle menti degli attacchi kamikaze. Di sconto in sconto, la loro pena è stata ridotta della metà. "Sono felice di poter tornare a passare del tempo con la mia famiglia", ha commentato Munir, suscitando la comprensibile rabbia di quelli la cui famiglia non è mai tornata dalle vacanze a Bali. A conti fatti pagheranno solo Imam Samudra, Amrozi bin Nurhasyim e Ali Ghufron, alias Mukhlas, condannati a morte, e altri tre a cui è stato inflitto l’ergastolo, unica pena detentiva che non ha diritto a sconti. Ma non è ancora detto.

L’esecuzione fissata per luglio è slittata di mese in mese, in attesa dell’esito del ricorso alla Corte suprema chiesto dagli avvocati difensori. La sensazione è che al di là delle tradizioni da onorare, il fragile governo indonesiano si trovi in seria difficoltà con la gestione della vicenda sul duplice fronte dell’opinione pubblica interna e di quella internazionale. Secondo un recente sondaggio nel più grande Paese musulmano al mondo, il 9% della popolazione trova leciti attentati come quello messo a segno a Bali, purché servano a "difendere l’Islam" e un ben più consistente 20% approva le idee della Jemaah Islamiyah, anche se non sempre ne condivide i metodi.

Sommersa dalla disapprovazione occidentale, Giacarta ha promesso più attenzione in futuro: il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono avrebbe promesso una nuova legislazione che proibisce l’abbuono delle pena per terroristi e trafficanti di droga che non abbiano scontato almeno due terzi della pena. Nell’attesa, gli amanti della notizia curiosa possono dilettarsi sapendo che, insieme ai terroristi di Bali, è tornato libero cittadino un antropofago, tal Sumanto, condannato nel 2003 a cinque anni di reclusione per aver mangiato il cadavere di una donna anziana. Poco prima che venisse inumato, si precisa. Ha invece ottenuto un ulteriore sconto Tommy Suharto, figlio dell’ex dittatore, in carcere per aver ordinato l’omicidio di un giudice.

 

 

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