Rassegna stampa 20 novembre

 

Giustizia: Mastella annuncia; cambieremo la "ex Cirielli"

 

Il Mattino, 20 ottobre 2006

 

"Metterò mano alla cosiddetta legge Cirielli". Lo ha annunciato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, in occasione dell’inaugurazione del tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, ad Avellino. "Altro che indulto", ha detto Mastella, "i provvedimenti che hanno ricadute gravi sul piano dell’ordine sociale e della convivenza civile, hanno un altro nome: si chiamano prescrizione". Il Guardasigilli insomma parte all’attacco sulla legge che ha modificato i termini delle prescrizione di molti reati approvata nella passata legislatura dal governo Berlusconi.

Mastella ha inoltre annunciato una ispezione ministeriale per far luce sulla vicenda di 15 mila fascicoli giudiziari del tribunale di Napoli di cui si sono perse le tracce.

Sulla prescrizione il consigliere di Cassazione Nello Rossi, segretario dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), aveva lanciato un grido d’allarme giusto tre giorni fa. Rossi ha ricordato la recente sentenza della Consulta, di cui ancora non si conoscono le motivazioni, che "ha reso applicabili i più brevi termini di prescrizione della legge Cirielli in tutti i processi di primo grado, dichiarando incostituzionale la disciplina transitoria dettata da tale legge che escludeva l’applicazione dei più brevi termini di prescrizione nei processi di primo grado che avessero superato la soglia della dichiarazione di apertura del dibattimento".

"La legge ex Cirielli", ha quindi denunciato Rossi, "rischia di riacquistare un carattere di impropria e soprattutto indiscriminata amnistia, già denunciato nella fase della sua approvazione e scongiurato con la previsione in extremis di una disciplina transitoria destinata a graduare il passaggio dal vecchio al nuovo regime della prescrizione". E l’abrogazione della Cirielli è stata chiesta anche dal ministro alle Infrastrutture, ex pm, Antonio Di Pietro.

Giustizia: una nuova legge "Cirielli" già prima di Natale

 

Il Velino, 20 ottobre 2006

 

Il Guardasigilli Clemente Mastella lo ha detto sabato scorso, all’inaugurazione del tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, ad Avellino, davanti a tante persone che quasi non ci hanno fatto caso: "Vi annuncio che metterò mano alla cosiddetta legge Cirielli".

E a quanto trapela dal ministero di via Arenula, il progetto di modifica della legge ribattezzata "salva Previti" sarebbe già in fase avanzata: "C’è una commissione ministeriale che sta lavorando a ritmi serrati, con tre sedute a settimana, dalla mattina alla sera", dice un alto funzionario del dicastero della Giustizia. E spiega che il progetto è quello di licenziare il provvedimento entro Natale. La nuova normativa si propone di ridurre la possibilità per gli imputati di godere di termini brevi per la prescrizione. Due le strade individuate dal legislatore: ridurre i tempi morti del processo penale e allungare i termini che erano stati in qualche modo ridotti dalla legge ex Cirielli.

"Gli attuali termini di prescrizione sono decisamente brevi per un processo penale come il nostro che è articolati in sei fasi: le indagini preliminari, il 415 bis con la discovery e i termini per chiedere accertamenti, l’udienza preliminare e poi le tre fasi di giudizio, dal primo grado alla Cassazione", dice uno dei componenti della commissione che sta progettando la nuova normativa.

In questo modo, dunque, oltre a scontare i tempi lunghi dei processi, influiscono anche gli intervalli temporali tra una fase e l’altra del giudizio. La nuova normativa prevederà quindi dei tempi "contingentati" per ogni fase del processo, e un limite massimo di intervallo tra una fase e l’altra. I tecnici di via Arenula prevedono di apportare modifiche sia al Codice penale (nella parte in cui sono previsti i termini di prescrizione), sia al Codice di procedura penale (nelle parti in cui sono regolamentate le cause di nullità, il processo contumaciale e i termini per le notifiche). La formula legislativa suggerita dai tecnici del ministero per varare la nuova normativa dovrebbe essere quella della legge delega.

Napoli: Mastella; nel 2006 meno morti, anche con l’indulto

 

Agi, 20 ottobre 2006

 

"Alle commissioni Giustizia di Camera e Senato darò i dati che dimostrano come non è vero che l’indulto ha provocato un aumento della criminalità, a Napoli come nelle altre parti del Paese". Lo ha affermato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, nel corso del suo intervento all’inaugurazione del palazzo di giustizia di Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino).

Secondo Mastella, i morti ammazzati nel capoluogo campano sono fino ad oggi 74, inferiori a quelli dell’anno scorso. "L’indulto non è un elemento degenerativo perché nella città c’è il 28% di lavoratori che operano in nero contro il 14% del resto d’Italia. Abbiamo una dispersione scolastica tripla e una filiera di irregolarità nel lavoro che non ha eguali. Accostare l’indulto alla recrudescenza criminale è ingeneroso e cinico".

Difendendo la posizione favorevole sul provvedimento, Mastella ha aggiunto: "Rispetto chi l’ha votato, cioè l’80% del Parlamento, non rispetto chi ha conversioni sulla via di Damasco. Non c’è alcun nesso tra criminalità e indulto. Non esiste e non c’è neppure a Napoli. Stiamo rincorrendo un errore macroscopico: che le mafie sono presenti sul territorio se ci sono morti. In Sicilia la criminalità non c’è perché non ci sono gli omicidi? Il fatto è che l’anno scorso ce la siamo presa con i clandestini, quest’anno con l’indulto e l’anno prossimo con quello che sarà". "Io - ha proseguito - ho votato l’indulto, ma chi parla ora ha garantito le prescrizioni permanenti della legge Cirielli".

Giustizia: Mastella; l’amnistia? un problema del Parlamento

 

Agi, 20 ottobre 2006

 

Approvare una eventuale amnistia dei reati penali resta una prerogativa del Parlamento. Questa la posizione del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che rimanda ogni decisione al centrodestra e al centrosinistra. "Ho ascoltato quello che il Csm ha detto due settimane fa - ha sottolineato il ministro nel corso della cerimonia di inaugurazione del nuovo tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino) - e riferirò in Parlamento quella che è l’indicazione che viene dal Csm. Voglio ricordare che l’indulto è materia parlamentare e non c’è stato atto di governo. l’80% dei componenti delle Camere ha deciso così.

Io prendo solo atto di questa cosa e francamente non mi tiro indietro avendo io concorso come senatore". Per quanto riguarda il varo dell’amnistia, richiesta dal mondo giudiziario per evitare lavoro ai tribunali, Mastella ha rimarcato: Questa è una ipotesi che riguarda il Parlamento". In merito ai dati contrastanti sui carcerati che hanno beneficiato dell’indulto, il ministro ha anticipato che traccerà il quadro esatto della situazione martedì prossimo, in commissione Giustizia della Camera.

Giustizia: Mancino (Csm); su indulto diaspora col senno del poi

 

Agi, 20 ottobre 2006

 

Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino), 18 nov. - "Sono un pompiere per tradizione, ma vedo che su questioni parlamentari legati all’indulto si è aperta una diaspora, ma col senno del poi". Le "lacrime di coccodrillo" non piacciono al vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, che rimarca, da "osservatore" le posizioni di alcuni esponenti politici in tema di indulto.

"Dopo averlo approvato l’80% del parlamento - ha aggiunto il vicepresidente dell’organo di autogoverno dei magistrati - non si può esprimere pentimento". Per Mancino bisognerebbe ora concentrarsi sull’organizzazione del lavoro giudiziario e sulle scadenze che la legge comporta". Per fare questo il vicepresidente ha ricordato il dato storico italiano: "le forze politiche non sono in grado di fare quello che è stato fatto per 17 volte: accompagnare l’indulto con l’amnistia. Si è perduta forse l’occasione per lo snellimento del corso giudiziario, in maniera tale da consentire al parlamento di lavorare sul processo, perché è questo il problema serio che pesa sul Paese".

Giustizia: sciopero avvocati, astensione superiore al 90%

 

Agi, 20 ottobre 2006

 

Una protesta ben riuscita, con un’astensione dalle udienze penali che ha superato la media del 90% di adesioni. Così il segretario dell’Unione delle Camere Penali, Renato Borzone, traccia il bilancio conclusivo della settimana di sciopero indetta da lunedì scorso fino ad oggi.

Elemento di soddisfazione, rileva Borzone parlando con l’Agi, al di là dei numeri, è anche il fatto che "siamo riusciti a dare all’esterno il segno che la protesta non riguarda solo la legge Bersani, ma, prima ancora di essa, il rispetto del giusto processo". L’avvocato, osserva il segretario delle Camere Penali, "è garante delle regole del gioco": in un sistema in cui non esiste separazione delle carriere, "in cui pm e giudice hanno la stessa maglietta, l’avvocato viene di certo indebolito".

I penalisti, dunque, "non sono interessati a questioni fiscali o tariffarie - spiega Borzone - ma vogliono un avvocato forte". La protesta, inoltre, in questi giorni, "ha iniziato a marciare sulla strada delle proposte", afferma il segretario dell’Ucpi: in primo piano, il risultato ottenuto qualche giorno fa con la giornata di studio alla quale hanno partecipato rappresentanti di associazioni forensi e politici, in cui si è registrata, ricorda Borzone, "una convergenza bipartisan sul tema della specializzazione degli avvocati, tema che per noi rappresenta ancora una volta la difesa della nostra figura come garanti delle regole del processo".

Oltre al documento sugli elenchi di specialità, sottoscritto da esponenti politici quali Guido Calvi (Ds), Nicolò Ghedini (Fi), Giuliano Pisapia (Prc), Antonino Caruso e Giuseppe Valentino (An), l’Unione delle Camere penali sta lavorando sulla proposta di legge costituzionale sulle carriere, la cui versione definitiva sarà presentata a Milano il 16 dicembre prossimo. In cantiere, infine, anche un osservatorio sulle carceri, da mettere a punto con l’aiuto della Camere Penali territoriali.

Giustizia: Pisapia; carcere spesso non serve, più pene alternative

 

Repubblica, 20 ottobre 2006

 

Meno carcere, più pene alternative. E la legge Cirielli sulla "prescrizione breve" sostituita da regole che non servano a chi le sfrutta per evitare il processo. Giuliano Pisapia presiede la commissione per la riforma del codice penale e anticipa le soluzioni per garantire la certezza della pena chieste da Amato.

 

Di Pietro dice sì a "un’amnistia selettiva". È d’accordo?

"Lui lo dice solo adesso, io lo sostengo da anni. Un condono di due anni e un’amnistia per i reati bagatellari erano stati approvati dalla commissione Giustizia della Camera a gennaio. Purtroppo Ds e Margherita hanno fatto marcia indietro sull’ amnistia e quindi Forza Italia e Udc hanno detto no all’ indulto creando la situazione che poi ha portato a luglio al voto sul solo indulto".

 

Amato insiste: ci vuole più "certezza della pena". La sua ricetta?

"È indubbio che la certezza della pena elimina il senso di impunità che è il presupposto di nuovi reati. Ma bisogna uscire dalla logica per cui l’unica pena è quella carceraria, e prevedere per i reati non gravi sanzioni diverse. Sono più efficaci, verrebbero effettivamente scontate, porterebbero a una calo dei tempi del processo perché eviterebbero impugnazioni finalizzate solo alla prescrizione".

 

In concreto?

"Per molti reati è più utile prevedere sanzioni come i lavori socialmente utili, o quelli finalizzati al risarcimento del danno, o ancora misure interdittive come la sospensione della patente di guida piuttosto che della licenza commerciale o dai pubblici uffici. Ciò evita l’ingresso in carcere, ma viene eseguito effettivamente ed è un deterrente efficace rispetto a nuovi reati. In più le vittime verrebbero almeno in parte subito risarcite".

 

Ma non contrasta con la "voglia di carcere" di molti cittadini?

"La richiesta di carcere è comprensibile ma si è dimostrata effimera e inefficace. Quando si sconta l’intera pena in carcere, il detenuto finisce col ritornare a delinquere. Questo non è buonismo ma una saggia politica contro il crimine che ovunque ha dato esiti positivi. In Italia il 70% delle persone che hanno scontato la pena in carcere hanno commesso nuovi reati, mentre chi ha usufruito di misure alternative ha un tasso di recidiva del 3 per cento".

 

Il segretario dell’Anm Rossi sostiene che Cirielli e prescrizione sono un’amnistia strisciante. Mastella annuncia cambiamenti. Ci state lavorando?

"Trattiamo il sistema delle sanzioni e di conseguenza interverremo sulla prescrizione eliminando i danni che già ha creato e ancor più creerà la Cirielli, ma senza tornare al passato del codice Rocco che prevedeva un meccanismo tale per cui ogni anno si prescrivevano oltre 200mila reati".

 

Cosa prevedete di fare?

"Le circostanze attenuanti non possono incidere sui tempi di prescrizione dimezzandone i tempi. Ci vuole un tetto massimo proporzionato all’entità della pena prevista per il singolo reato allungando i tempi fino alla metà in caso di atti interruttivi. La prescrizione dovrebbe essere sospesa per ogni rinvio non motivato da esigenze processuali. Ma la cosa più importante è accelerare i tempi del processo: serve un nuovo codice penale che preveda come reato solo le condotte che offendano concretamente un bene giuridico in modo da far diminuire le impugnazioni dilatorie ed evitare la prescrizione perché a quel punto la sentenza definitiva arriverà in tempi ragionevoli".

Giustizia: no madri e figli in carcere, ma servono le "case famiglia"

 

Il Messaggero, 20 ottobre 2006

 

Sono ancora circa trenta i bambini fino a tre anni di età in cella con le proprie madri. Un’infanzia dietro le sbarre, senza la consapevolezza del significato delle parole reato o pena. Eppure con l’indulto è sceso del 45% il numero dei piccoli negli istituti penitenziari (negli ultimi cinque anni la media è oscillata attorno ai 60 bambini). Ma non basta, denuncia l’associazione "Antigone" che, in occasione della giornata dell’Infanzia torna a chiedere un’accelerazione della proposta di legge Buemi, ora alla Camera: "Puntiamo a fare in modo che tutte le mamme con figli possano lasciare il carcere per la detenzione domiciliare o per una casa-famiglia", afferma Patrizio Gonnella.

La "casa-famiglia" è un progetto molto caldeggiato dal sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, che per il prossimo 30 novembre ha organizzato a Roma un convegno dal titolo inequivocabile: "Bambini fuori".

"In carcere", spiega Manconi, "la maggior parte delle mamme con figli sono straniere o Rom con problemi di domicilio. Per loro è ipotizzabile una struttura a custodia attenuata dove possano scontare sanzioni in condizioni che non siano carcerarie. Certo, bisognerà garantire un livello minimo di vigilanza che ne impedisca l’allontanamento".

Cosa intenda in concreto Manconi lo spiega Francesca Corso, assessore provinciale a Milano, che da un anno sta lavorando alla realizzazione di una casa-famiglia in città, in pieno centro: "Sono 420 metri quadri, senza sbarre alle finestre e con porte aperte, spazi comuni per socializzare e un giardino. A vigilare sulle dieci donne con altrettanti bambini saranno poliziotte penitenziarie (anche di notte) ed educatori messi a disposizione dagli enti locali".

La struttura milanese, in viale Piceno 60, sarà inaugurata tra il 15 e il 20 dicembre prossimo, ed è il risultato di un progetto della Provincia assieme al provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, al carcere di San Vittore, alla Regione e al Comune. L’obiettivo - aggiunge l’assessore Corso - è fare in modo che nella casa-famiglia vengano ospitati anche madri con bambini al di sopra dei tre anni.

Giustizia: Gesuiti; la detenzione dei minori è misura inumana

 

Redattore Sociale, 20 ottobre 2006

 

"La detenzione è intrinsecamente sbagliata, ma quella dei minori, intesa come alternativa al conflitto, alla persecuzione e alla povertà estrema, è inumana. Negli ultimi 20 anni, abbiamo sperimentato attraverso il nostro lavoro come la detenzione di queste categorie di minori aggravi il danno psicologico causato dall’esilio". Questo è quanto affermato da padre Lluís Magriñà SJ, Direttore del Servizio Gesuita per i Rifugiati (Jrs).

Il Servizio ricorda come il 20 novembre 1989, la comunità internazionale ha redatto la bozza della Convenzione sui diritti del fanciullo (CRC) mirata a riconoscere la vulnerabilità dei minori, stabilendo come principio guida il miglior interesse dell’infanzia. Sedici anni dopo, lo stesso JRS ha fatto appello ai diversi stati perché siano rispettati, senza alcuna riserva, tutti i diritti stabiliti nella Convenzione.

"Sebbene sia riconosciuto agli stati il diritto di gestire il flusso migratorio attraverso i propri confini, tale diritto non è assoluto - si afferma -. La libertà dalla detenzione arbitraria è un diritto umano fondamentale. Gli stati non sono autorizzati a servirsi della detenzione quale misura deterrente, come spesso è il caso, soprattutto se ad essere detenuti sono i minori esposti, come sempre sono, a un maggiore rischio di trauma a lungo termine. Agli stati grava infatti il preciso dovere di avere cura dei minori all’interno della propria giurisdizione, e sono tenuti a cercare alternative alla detenzione - che si tratti di appositi centri di accoglienza o di famiglie affidatarie - prima che sia recato ulteriore danno alle giovani vite".

Michael Gallagher SJ, Regional Advocacy Officer del Jrs Africa Meridionale, ha riferito che "nonostante sia stato firmato il CRC, senza tuttavia il sostegno dei paesi sviluppati, gli stati dell’Africa meridionale difettano delle risorse necessarie a fornire alternative alla detenzione dei giovani rifugiati, che rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile L’anno scorso, intercettato un gruppo di minori congolesi vittime dei trafficanti, le autorità dello Zambia non hanno avuto altri mezzi di tutela se non quello di porli in stato di detenzione insieme gli adulti".

David Holdcroft SJ, Direttore del JRS Australia, fa presente che "per 13 anni, migliaia di minori sono stati trattenuti nei centri australiani di raccolta migranti per periodi in media di 15 mesi. Esposti di continuo a episodi di violenza, hanno dato segno di crescente disagio mentale, al punto che si sono verificati casi di autolesionismo. Nel giugno 2005, il governo ha posto fine a questa politica, e allo stato attuale consente a 55 minori, che altrimenti sarebbero stati detenuti, di vivere in libertà con le proprie famiglie. Dove esiste la volontà, i governi possono trovare alternative umane alla detenzione".

"Nell’ottobre scorso, il Tribunale Europeo per i Diritti Umani ha condannato la detenzione, avvenuta nel 2002 e durata due mesi, di una bambina congolese di cinque anni, sola. Il Tribunale ha stabilito che un minore straniero non accompagnato non debba essere posto in stato di detenzione, tanto meno insieme ad adulti. È, questo, un grande passo avanti, e speriamo che metta in tutta Europa la parola fine alla detenzione di famiglie con minori" auspica Marc-André Peltzer, Country Director del JRS Belgio.

"In uno studio delle Nazioni Unite pubblicato nell’agosto di quest’anno . continua il Jrs - si è sollecitata l’elaborazione, assolutamente prioritaria, di alternative di impostazione comunitaria alla detenzione dei minori, salvo nei casi in cui il minore costituisca un reale pericolo per gli altri. I centri di detenzione non possono offrire ai minori un ambiente che favorisca un sano sviluppo. Il permanere dei minori in condizioni spesso degradanti o di pericolo - insieme ad adulti, separati dai propri genitori, senza accesso all’istruzione o a luoghi di svago - non è mai nel loro migliore interesse".

Da ricordare che il Jrs lavora in più di 50 paesi, in cinque continenti nel mondo. Si avvale di uno staff di più di 1000 persone: laiche e laici, gesuiti e altre/i religiose/i, con il fine di rispondere ai bisogni educativi, sanitari e sociali di oltre 500.000 rifugiati e sfollati interni (IDP). Fornisce inoltre assistenza legale ed altri servizi ai rifugiati che si trovano in stato di detenzione, poiché immigrati, in Africa, Asia, Europa e nelle Americhe. Fornisce la propria assistenza indipendentemente da considerazioni razziali, etniche o religiose.

Il Jrs, inoltre, é un membro della Coalizione Internazionale per la Detenzione dei Rifugiati, Richiedenti Asilo e Immigrati. La coalizione riunisce oltre un centinaio di membri (organizzazioni non governative organizzazioni di ispirazione religiosa, accademici e singoli individui) di 36 paesi in Europa, Medio Oriente, Africa, Asia, Oceania, Caraibi, nord, centro e sud America. "In tutti questi paesi delle persone vengono detenute solamente sulla base del loro status di immigrato", conclude.

Giustizia: legge su intercettazioni, pene fino a 5 anni di carcere

 

Corriere della Sera, 20 ottobre 2006

 

Malgrado i dubbi, i ripensamenti, le astensioni sia tra le fila della maggioranza che dell’opposizione, e le critiche della magistratura, il decreto legge sulle intercettazioni e la raccolta di dossier illegali è stato convertito in legge ieri a Montecitorio. Con 413 sì, 1 no e 142 astenuti (l’intero gruppo di Forza Italia che al Senato aveva votato a favore). Prevede tra l’altro il carcere fino a cinque anni per chi detiene consapevolmente materiale illecito.

"Volevamo delle modifiche - ha spiegato Luigi Vitali - ma alla fine ha preso il sopravvento la necessità di arrivare comunque alla conversione di un testo che non ci convince del tutto". L’ampio consenso politico che aveva salutato il varo del decreto legge ha retto fino al via libera definitivo. Anche perché la Camera ha approvato un ordine del giorno in cui si aprono le porte a modifiche durante l’esame della nuova normativa sulle intercettazioni legali, in corso in commissione Giustizia. Un testo che approderà in Aula a dicembre.

Il ministro della Giustizia Clemente Mastella è soddisfatto: "Oggi i cittadini possono essere più sereni. A nessuno sarà possibile interferire in vicende personali che nulla hanno a che vedere con gli elementi investigativi". Il Guardasigilli ringrazia il Parlamento e sottolinea: "Quello di oggi è un primo, importante segnale dell’avvio di un percorso che vuole conciliare il sacrosanto interesse a ottenere risultati di giustizia con l’altrettanto fondamentale necessità di evitare la possibilità che chiunque si intrometta nella vita dei cittadini con mezzi illegali violandone i diritti fondamentali".

L’astensione nell’Unione è stata motivata con la contrarietà a ricorrere, "solo e sempre ad un inasprimento delle sanzioni contro gli editori e contro quei non molti cronisti che ancora osano indagare sui troppi misteri d’Italia. La mala pianta delle intercettazioni illegali e del loro commercio clandestino va estirpata ma la "cultura dell’emergenza" non può essere ritenuta la causa principale per tali provvedimenti".

Per l’opposizione, Giuseppe Consolo, capogruppo di An in commissione giustizia: "È stato colmato un vuoto normativo. La legge si poteva migliorare, ma il cittadino ha diritto ad essere tutelato subito. Mi auguro che il prossimo passo sia quello di vietare ugualmente la pubblicazione delle cosiddette intercettazioni inutili, quelle cioè che, pur lecite, riguardano accadimenti del tutto estranei al merito dell’indagine". Anche la leghista Carolina Lussana, pur critica sul provvedimento ("è scritto male e la Procura di Milano lo ha definito inutile, tant’è che l’ha disatteso. In aula ci siamo astenuti per senso di responsabilità"), punta l’attenzione sul riordino delle intercettazioni legali, "il tema deve essere affrontato con estrema urgenza. Non facciamo credere che il problema sia risolto quando così non è". Al segretario della Fnsi Serventi Longhi che paventa il timore che la legge possa "interferire con il diritto di cronaca", replica il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Li Gotti che rassicura: "La libertà di stampa non è in discussione".

Minori: Mastella; contro bullismo più prevenzione e pene severe

 

Corriere della Sera, 20 ottobre 2006

 

Lo chiamano "bullismo", ma il termine, da solo, non basta a raccontare la gravità del fenomeno. Perché in tre sillabe è difficile descrivere tutti insieme i teppisti delle scuole di periferia, i minorenni stupratori di minorenni, i picchiatori di ragazzi che non possono difendersi. Se ne sono accorti alcuni ministri, il Guardasigilli Mastella e Rosi Bindi, titolare delle Politiche della Famiglia su tutti. E ne hanno fatto un impegno per tutto il governo.

Il ministro della Giustizia ha proposto un tavolo comune con le forze di opposizione, per studiare deterrenti e sistemi di prevenzione. E il ministro Bindi chiede un vero e proprio "piano d’azione per l’infanzia", che unisca istituzioni, Regioni e Comuni, associazioni di volontariato, centri di ricerca e istituzioni. Perché, spiega la responsabile delle Politiche per la famiglia, "sarebbe riduttivo pensare di risolvere questa perdita di senso solo nelle aule di Giustizia o colpevolizzando solo i genitori. La responsabilità educativa è una responsabilità di tutti: famiglia, scuola, mass media, mondo della cultura, istituzioni laiche e religiose".

 

Ministro Mastella, nel concreto cosa potete fare?

"Io ho proposto questo tavolo di concertazione per dare una risposta al fenomeno, che arrivi dal governo ma anche dall’opposizione, perché ritengo che si sia innalzato il livello della violenza che c’è sui giovani e tra i giovani. C’è uno scadimento preoccupante dei valori che non bisogna sottovalutare, e su temi come questo è impensabile che ci possano essere divisioni della politica".

 

Ha una ricetta?

"La parola d’ordine deve essere "prevenzione". E per poterla pronunciare occorre lavorare in due direzioni: cercare deterrenti dal punto di vista delle pene e lavorare su tutti quegli ambienti che possono avere una influenza positiva sui giovani".

 

Sta pensando anche all’abbassamento dell’età per la punibilità degli ultraminorenni?

"Devo dire che sull’abbassamento dell’età per consentire la punibilità dei minori sono sempre stato un po’ incerto. Ma allo stesso tempo è necessario introdurre un deterrente dal punto di vista delle sanzioni penali, e per questo ho già dato mandato alla Commissione ministeriale per la riforma del Codice Penale di affrontare questo problema e di valutare la possibilità di rendere più pesanti le sanzioni per chi commette questo tipo di reati".

 

Pensa di punire le famiglie che vigilano poco?

"Non penso di punire le famiglie. Ma non c’è dubbio che le famiglie e la scuola devono fare di più. E anche le comunità religiose e tutte le istituzioni che in qualche modo hanno una responsabilità nell’educazione dei ragazzi".

 

Le piace la proposta di quel magistrato milanese che vorrebbe sequestrare le case ai genitori dei ragazzi che commettono atti di bullismo?

"È una proposta provocatoria, è vero. Ma richiama un aspetto di responsabilità dei genitori che esiste davvero. Ci sono tante famiglie che trascurano l’educazione dei figli, li lasciano abbandonati a se stessi, esposti alle influenze negative e violente che possono avere le amicizie, i videogiochi, la televisione. In questo modo si determina un imbarbarimento delle coscienze giovanili che porta poi ad episodi terribili come quelli di questi giorni".

Laureana di Borrello (Cs): il "miglior" carcere d’Italia (dopo Bollate)

 

Quotidiano di Calabria, 20 ottobre 2006

 

La casa di reclusione Luigi Daga di Laureana di Borrello tra le migliori carceri italiane. Un recente studio della fondazione Antigone, che si occupa da oltre venti anni dello studio del mondo penitenziario, ha pubblicato le oltre cento pagine che raccontano le carceri italiane.

Nella classifica stilata dall’associazione - riportata dalla "la Repubblica" del 13 novembre - tra le migliori carceri primeggia la Casa di reclusione di Laureana (seconda solo al carcere Milano Bollate). In un contesto nazionale al quanto preoccupante, dove le carceri sono un dramma, la piccola realtà laureanese rappresenta una eccezione, nella quale la "rieducazione" dei detenuti non rimane soltanto un astratto fine a cui deve mirare la pena, ma si concretizza in una attenta attività di recupero e di integrazione socio-culturale. La Casa di reclusione Luigi Daga nasce nel 2004, per l’impegno delle autorità comunali, regionale e ministeriali, come Istituto sperimentale di custodia attenuata, riservato a soggetti giovani. Viene introdotto nel sistema penitenziario italiano un modo alternativo di concepire l’espiazione della pena.

I detenuti che vogliono accedere all’istituto devono presentare una domanda di adesione con la quale si impegnano ad intraprendere un percorso educativo e formativo. Una forma di detenzione attenuata in via di sperimentazione che costituisce un progetto sociale di interesse nazionale seguito direttamente dagli organi centrali dello Stato. Significativa è stata la partecipazione del ex ministro della Giustizia Roberto Castelli, all’inaugurazione ufficiale, durante la quale disse "abbiamo realizzato una sorta di utopia" per poi aggiungere: "Non so a cosa pensasse chi scrisse l’articolo 27 della Costituzione, ma posso dire che sicuramente è vicino a questa struttura che lo realizza compiutamente".

Con queste parole l’ex guardasigilli ha evidenziato l’importanza dell’istituto sperimentale che, gia nel settembre del 2005 con decreto ministeriale viene trasformato in Casa di reclusione Luigi Daga. Un percorso di crescita che non ha conosciuto limiti, grazie anche alla magistrale direzione delle autorità competenti che, hanno contribuito affinché il carcere di Laureana possa rappresentare un modello da seguire per gli altri istituti carcerari.

Cosenza: proposte Caritas per reinserimento degli ex detenuti

 

Quotidiano di Calabria, 20 ottobre 2006

 

I detenuti che sono stati posti in libertà con i benefici dell’indulto potranno godere di alcune azioni di accompagnamento per essere aiutati nel loro difficile percorso di reinserimento sociale. Lo stabilisce un decreto legge emesso il 2 ottobre scorso dal ministro della Solidarietà sociale, il rifondino Paolo Ferrero, e pubblicato solo alcuni giorni addietro. Un’occasione unica per migliaia di ex detenuti schiavi della droga o dell’alcool che, se abbandonati al loro destino e senza un aiuto mirato e concreto, potrebbero ritrovarsi nuovamente in un luogo di detenzione.

Un’occasione che la Caritas diocesana cassanese ritiene irripetibile dal punto di vista delle opportunità che offre ai tanti soggetti che tra mille difficoltà si muovono nel "mondo dei liberi" senza riuscire a trovare quegli spazi e quelle motivazioni atte a ricondurli alle regole e ai valori del vivere civile.

Mosso da questo spirito e da questa consapevolezza, il direttore della Caritas cassanese, Erasmo Peschiulli, ha rivolto, offrendo la piena collaborazione della Caritas diocesana con tutte la sua articolazione associativa di volontariato, un invito sia ai vertici della Regione e sia a quelli dell’amministrazione provinciale di Cosenza, "affinché, attraverso i loro uffici e d’intesa con gli enti pubblici territoriali, con la Chiesa, con le organizzazioni di volontariato e del terzo settore, colgano l’occasione offerta dal bando di recente emanazione per promuovere progetti finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti tossicodipendenti, alcoldipendenti o portatori di malattie correlate alle tossicodipendenze, posti in libertà per la concessione dell’indulto.

Questo perché il Decreto del 2 ottobre 2006, emanato dal ministero della Solidarietà sociale e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 13 novembre scorso, prevede, attraverso un bando, che gli unici soggetti abilitati alla presentazione di progetti a favore dei detenuti tossicodipendenti, alcoldipendenti o portatori di malattie correlate alle tossicodipendenze, posti in libertà per la concessione dell’indulto, siano i Comuni con una popolazione superiore ai 500 mila abitanti, le Province e le Regioni.In particolare, il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, con questo Decreto, la cui scadenza è fissata per il prossimo 3 dicembre, tende a promuovere progetti volti a garantire adeguate condizioni di alloggio, mezzi di sussistenza e sostegno personale agli ex detenuti che hanno beneficiato della misura dell’indulto.

"Con riferimento a questa iniziativa, la Caritas Diocesana di Cassano allo Ionio, nel richiamare i disagi ed i problemi derivati da un provvedimento legislativo, l’indulto, non corredato della previsione di adeguati strumenti di reinserimento sociale, ricorda come in tutta la Calabria e nelle aree ad elevata incidenza criminale, quale ad esempio Cassano allo Ionio, lo sconto di pena concesso dal Parlamento in relazione ad una determinata serie di reati abbia improvvisamente schiuso le porte del carcere a decine di persone, le quali, una volta tornate in libertà, si sono trovate ad affrontare, drammaticamente e con serie ripercussioni sull’intero tessuto sociale, il disorientamento dovuto all’assenza di chiari percorsi di reinserimento", è quanto scrive il direttore della Caritas diocesana di Cassano, Erasmo Peschiulli che valuta positivamente l’iniziativa assunta dal Ministero della Solidarietà sociale, anche se la stessa, a suo dire, "è connotata dall’esiguità dei fondi a disposizione, soltanto tre milioni di euro per tutto il territorio nazionale".

Verbania: premio arte murale assegnato a quattro detenuti

 

Ansa, 20 ottobre 2006

 

È andato a 4 detenuti del penitenziario di Verbania, per una serie di opere realizzate sul Lago d’Orta, il premio Cinema messo al muro. I murales ispirati a 42 film che hanno ricoperto il paesino di Legro hanno valso loro il riconoscimento, promosso dall’ Accademia delle Arti d’intesa con le autorità carcerarie, che sarà consegnato il 25 novembre. Joussef El Ati, Vasile Rosianu, Andrea Rampoglia e Michele Sechi,usciranno per qualche ora dal carcere, e un pranzo sarà offerto in loro onore.

Catania; artista insegnerà creazione dei tappeti ai detenuti

 

La Sicilia, 20 ottobre 2006

 

Nei prossimi tre mesi, nel carcere di piazza Lanza, si darà vita all’iniziativa creativo-ricreativa denominata "Tappeto volante", proposta da Iberia Medici, artista impegnata nel campo dell’ideazione e del lavoro manuale di creazione di tappeti. La conoscenza della cultura del tappeto, con particolare attenzione al "Pezzetto siciliano" e al "Tappeto annodato", e la sperimentazione in chiave ludica della tessitura di tappeti e arazzi da parte del detenuto, è apparsa congeniale, non solo ai fini trattamentali, ma anche ai fini della conoscenza di prodotti e tradizioni vicini ai detenuti di piazza Lanza.

L’attività vuole innescare processi di riflessione e di riformulazione personale in ognuno dei soggetti coinvolti, con l’idea di rendere significativa e produttiva la parentesi detentiva.

Nella pratica si darà luogo a un’attività di gruppo per 10 detenuti in cui, dopo aver fatto pratica con le materie prime (filati di lana e cotone) e preso dimestichezza con i telai e le attrezzature, si arriverà al confezionamento di tappeti manufatti. Preliminarmente, s’è dato vita a una preventiva raccolta, fra i volontari dell’istituto, di maglioni smessi, filati di lana e cotone d’ogni tipo e colore, panno lenci, e stoffe da usare come inserto per gli arazzi, ossia di tutto quel materiale povero da utilizzare creativamente nell’ambito del lavoro.

Cina: vice ministro; organi detenuti espiantati previo consenso

 

Associated Press, 20 ottobre 2006

 

Fonti sanitarie hanno ammesso che in Cina si espiantano normalmente organi umani dai corpi di detenuti dopo l’esecuzione della pena capitale, affinché siano trapiantati e tutto ciò avviene con il consenso preventivo dei detenuti o delle loro famiglie. "La maggior parte degli organi provenienti da cadaveri sono stati prelevati da corpi di condannati alla pena capitale", ha detto il vice ministro cinese della salute, Huang Jiefu, citato dal giornale China Daily. Secondo Huang, "le autorità competenti richiedono necessariamente il consenso dei condannati a morte o delle loro famiglie per la donazione degli organi". Gruppi di difensori dei diritti umani avevano denunciato in passato che molti organi, inclusi quelli trapiantati nei corpi di ricchi stranieri, provenivano dai cadaveri di persone sottoposte alla pena capitale, che probabilmente non avevano dato il loro consenso all’espianto.

Messico: 10 avvocati sequestrati dai detenuti, almeno 3 uccisi

 

Associated Press, 20 ottobre 2006

 

Almeno tre dei dieci avvocati tenuti in ostaggio dai detenuti di un carcere sono stati uccisi ieri, dopo che la polizia ha compiuto un’incursione nella prigione - situata nel centro del Messico - per liberarli. Lo hanno riferito fonti di stampa. Non si sa se gli avvocati siano stati uccisi dai detenuti o dalla polizia, durante l’incursione, conclusasi con una sparatoria. Secondo il giornale "El Universal" e l’agenzia di stampa "Notimex", oltre ai tre avvocati, è rimasto ucciso anche un detenuto. Non è ancora certo se la polizia ha ripreso il controllo del carcere Mil Cumbres a Morella, nello stato di Michoacan, dove quattro detenuti avevano preso in ostaggio gli avvocati venerdì scorso, dopo essere stati condannati.

Russia: nasce un canale televisivo "ad hoc" per i detenuti

 

Ansa, 20 ottobre 2006

 

Dai prossimi giorni i detenuti delle carceri russe avranno un nuovo canale tv concepito per la loro rieducazione. A breve potrebbe anche essere l’unico visibile in cella, cancellando così la libertà di fare zapping tra 15 canali tv. Il canale ad hoc, con sede a San Pietroburgo, si chiamerà "Rete delle notizie pie". L’80% della programmazione sarà dedicato a cultura, istruzione e sport, il 20% tratterà di tematiche cristiane e sarà rivolto a protestanti e ortodossi.

 

 

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