Rassegna stampa 15 marzo

 

Giustizia: Mastella (Udeur) domani in visita a Regina Coeli

 

Agi, 15 marzo 2006

 

Il segretario dei Popolari-Udeur Clemente Mastella visiterà domani mattina, alle 11.30, il carcere romano di Regina Coeli. "Un modo anomalo rispetto alle tradizionali aperture della campagna elettorale - afferma - per non dimenticare chi soffre e vive in situazioni di estremo disagio. La mia visita vuole anche essere un segno di attenzione per quanti lavorano nelle carceri, a partire dalla Polizia penitenziaria che merita un maggiore riconoscimento per ciò che riguarda le risorse economiche, l’aumento dell’organico e il ruolo centrale che ogni giorno svolge per la sicurezza e il bene della nostra società". "Intendo inoltre rassicurare i detenuti - aggiunge Mastella - che appoggeremo con convinzione e determinazione, da subito, in Parlamento e nel Governo, quei provvedimenti di clemenza più volte invocati e arenatisi nella fase terminale dell’attuale Legislatura. Questo mio impegno vuole essere un atto di speranza e di profonda solidarietà verso chi ha sbagliato ma che per questo non deve veder distrutta la sua esistenza nel pieno rispetto del valore della persona umana".

Rovigo: dall’Ulss 18 nessun aiuto ai detenuti con dipendenze

 

Il Gazzettino, 15 marzo 2006

 

La situazione sanitaria in carcere è drammatica. L’allarme è lanciato da Giampietro Pegoraro, coordinatore regionale della Fp-Cgil penitenziari. "Dopo cinque anni dal suo varo definitivo - dice Pegoraro - non viene tutt’ora applicata la legge di riforma della sanità penitenziaria che prevede il trasferimento delle funzioni dal ministero della Giustizia al servizio sanitario nazionale. Impropriamente ed illegittimamente il ministero continua a esercitare funzioni sul tema della salute in carcere sottraendo al Ssn la possibilità di garantire livelli essenziali di assistenza anche per i 60.000 cittadini privati della libertà personale.

Inoltre il ministero ha una responsabilità ancor più grave: quella di aver tagliato di anno in anno i bilanci di settore assicurando che nel contempo i livelli di assistenza sarebbero stati garantiti razionalizzando le spese. Dei 130 euro che però si spendono quotidianamente per custodire un detenuto solo 19 riguardano i servizi diretti alla persona. Di questi 19, 4 vengono spesi per garantire il presidio medico e infermieristiche solo 50 centesimi per la diagnosi e la cura delle malattie" .

I casi più frequenti di intervento medico riguardano i detenuti che presentano dipendenze da sostanze stupefacenti o da alcol. Con un decreto del 22 dicembre 2004 la Regione Veneto ha stanziato alle Asl 747.250 euro per la realizzazione di progetti che prevedono attività di cura e assistenza ai tossicodipendenti detenuti nelle carceri venete (28.387 euro la cifra prevista per l’Ulss 18), progetti che sono già stati attivati nelle altre province.

"La casa circondariale di Rovigo non ha visto nessun progetto dell’Ulss 18 in tal senso - conclude - e l’unica attività all’interno del carcere viene promossa e finanziata da gruppi di volontariato che stanno supplendo ad attività che dovrebbero essere istituzionali. Diversamente da quanto previsto dal dpr 309/96 e dal dlgs 230/99 nell’ultimo periodo abbiamo assistito anche a una diminuzione della presenza degli operatori del Sert. A questo proposito mi chiedo che destinazione abbiano preso i soldi stanziati dalla Regione e per quale motivo l’organico che per legge deve essere presente in carcere abbia diminuito la propria attività" .

Genova: a Marassi detenuto magrebino picchia un agente

 

Secolo XIX, 15 marzo 2006

 

Prima un battibecco, banale, molto acceso. Poi le urla, infine gli spintoni e il pestaggio a danno di una guardia penitenziaria. È successo sabato sera nell’infermeria di Marassi e a farne le spese è stato un agente di quarant’anni. Sull’episodio è stata aperta un’indagine, anche se non è stato difficile ricostruirne la dinamica. In base alle informazioni filtrate ieri dal carcere, è avvenuto tutto all’interno dell’infermeria. Erano da poco passate le 18 quando un giovane magrebino è stati preso in consegna da un poliziotto, un "capoposto", cercando di dimenarsi. La situazione si è fatta subito incandescente, tanto che lo straniero è stato trattenuto; a quel punto ha colpito con due pugni l’agente, procurandogli vistose ferite al volto, in aiuto del quale sono intervenuti altri colleghi.

Il detenuto è stato riaccompagnato in cella, mentre la "vittima" del pestaggio è finita al pronto soccorso dove i medici lo hanno definito guaribile in una decina di giorni. L’aggressione di quattro giorni fa rilancia con forza il problema della sicurezza nel principale penitenziario della Liguria.

"È assurdo - spiega Roberto Martinelli, segretario generale del Sappe (il maggior sindacato di categoria) - che si ripetano episodi del genere quando da anni denunciamo la mancanza di personale. In quell’istituto occorrerebbero almeno cento uomini in più, senza dimenticare la beffa cui molti agenti rischiano d’essere esposti nei prossimi mesi. C’è infatti il rischio che, pur essendo costretti a dormire in caserma per mancanza di alloggi esterni, debbano pagare un affitto salato" . La dura presa di posizione è rivolta alla decisione del Provveditore regionale della Liguria Giovanni Salamone di istituire una commissione per quantificare proprio l’importo dei canoni che dovrebbero pagare gli agenti per l’alloggio in caserma. E a questo proposito ieri il Sappe ha inviato una lettera ai ministri dell’Interno e della Giustizia Beppe Pisanu e Roberto Castelli, al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra e allo studio legale del sindacato, " per valutare se ricorrano i presupposti per adire le vie legali per il reato di abuso di ufficio nei confronti del provveditore".

Genova: Sappe su aggressione agente nel carcere di Marassi

 

Ansa, 15 marzo 2006

 

Un agente della Polizia Penitenziaria è stato aggredito al volto sabato sera, nell’infermeria del carcere di Marassi, da un detenuto extracomunitario. "Non ne possiamo più di questa anarchia nel carcere genovese - esordisce Roberto Martinelli del Sappe - è ora di ripristinare ordine e sicurezza e sospendere ogni forma di trattamento! L’ennesimo episodio di violenza contro un Basco Azzurro ripropone drammaticamente all’ordine del giorno la questione della sicurezza individuale dei poliziotti in servizio nelle prigioni del Paese". Le proposte sono concrete e partono da un aumento del personale di Polizia Penitenziaria, da una riorganizzazione interna del penitenziario per quanto riguarda l’ordine e la sicurezza per arrivare all’ affidamento della gestione del penitenziario a persone capaci e competenti. Infine viene la riproposta l’utilizzo di spray urticanti contro le aggressioni. Per questo motivo la segreteria generale del Sappe, il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria, chiede l’attenzione del ministro della Giustizia e dei vertici del Dipartimento, sulla situazione delle carceri genovesi e liguri, con circa 1.500 reclusi distribuiti in 7 strutture penitenziarie, con agenti in quantità insufficiente.

Genova: Sappe; denunciare il provveditore regionale Salamone

 

Ansa, 15 marzo 2006

 

Dura presa di posizione del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Categoria, rispetto all’ipotesi del Provveditore Regionale della Liguria Giovanni Salamone di istituire una Commissione per quantificare l’importo degli affitti per l’uso delle Caserme che dovrebbero pagare gli Agenti in servizio nelle carceri liguri.

In una lettera inviata questo pomeriggio ai Ministri Pisanu e Castelli ed al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Tinebra, il Sappe scrive: Il Provveditore Regionale della Liguria, con proprio decreto in data 8 marzo 2006, ha istituito uno specifico Gruppo di lavoro, a cui è stato affidato il "….compito di addivenire alla determinazione di un canone giornaliero per l’alloggiamento facoltativo in caserma ...".

Corre l’obbligo, in via preliminare, di evidenziare che il provvedimento non trova la propria ragion d’essere in nessuna disposizione normativa o ministeriale; anzi, nelle premesse dell’atto, sono espressamente richiamati l’articolo 18 della Legge 395/1990 e l’articolo 15 dell’A.Q.N. del 24 marzo 2004, che non solo nulla stabiliscono in materia ma che, invero, stigmatizzano concetti del tutto contrari alle determinazioni assunte.

Deve aggiungersi, altresì, che presso nessuna altra Forza di polizia si registrano iniziative del genere che esulano proprio da qualsiasi concetto di professionalità, dal momento che l’alloggio in caserma deve considerarsi più un diritto che non un "lusso", in questo modo sembra identificarsi la finalità perseguita dal citato Provveditore.

Per di più, non è stata assolutamente impartita alcuna direttiva in tal senso da parte degli Organi superiori per cui, al di là di una discrezionalità davvero intollerabile, non ci si rende conto di una situazione logistica ovunque precaria, che condiziona in maniera drastica la mobilità del personale, sia in occasione di missioni sia quando lo stesso si trova in una posizione stanziale.

Non ci si chiede, invece di pretendere incredibili "gabelle" per servizi fatiscenti, se l’Amministrazione ha destinato il 10% delle risorse assegnate annualmente sul relativo capitolo di bilancio per i lavori di ristrutturazione e di ammodernamento proprio delle caserme (art. 15, comma 5, dell’A.Q.N.); a fronte di un’emergenza alloggiativa, dove regnano sovrane fatiscenze, umidità, intonaci che cadono, servizi igienici mancanti e dove la salute è termine arcaico o fuori uso, si inventa una ricerca per identificare il canone da corrispondere per una utenza non rispondente alle minime esigenze quotidiane e ai bisogni umani più naturali ed elementari.

Si leggano attentamente, in proposito, quegli articoli che il Provveditore Regionale della Liguria si è premurato di citare, come richiamati in precedenza; si scoprirà che il provvedimento, concepito al di fuori di ogni schema logico e istituzionale, va immediatamente annullato, perché contrario e incompatibile con l’intero ordinamento giuridico inerente alle Forze di Polizia; significativa… e aberrante (!) sarebbe una sistemazione, quand’anche facoltativa, in caserma e la pretesa di… un tributo! La lettera del Sappe è stata inviata anche allo Studio legale del Sindacato per valutare se ricorrano i presupposti per adire le vie legali per il reato di abuso di ufficio nei confronti del Provveditore penitenziario ligure Salamone.

Verona: torna lo sport in carcere con gli studenti superiori

 

L’Arena di Verona, 15 marzo 2006

 

Comincia oggi, e proseguirà fino agli inizi di giugno, la 17° edizione di " Carcere e Scuola 2006" organizzata dal Progetto Carcere 663 Acta non Verba in collaborazione con la Casa Circondariale di Verona - Montorio e il CSI (Centro Sportivo Italiano). Il progetto vedrà coinvolti 57 istituti superiori di Verona e provincia, quasi 1.500 tra studenti e docenti, che disputeranno 50 incontri di calcio e 46 di pallavolo con i detenuti e le detenute del carcere.

Si tratta, nelle parole di Maurizio Ruzzenenti, presidente del Progetto Carcere, di un’operazione culturale che, come si è già potuto vedere nelle edizioni precedenti, è stata fondamentale per far capire ai giovani come funzioni la vita in carcere, e ha fatto conoscere a molte generazioni di studenti una realtà apparentemente molto distante. Gli organizzatori hanno fatto precedere il momento dell’incontro sportivo da un importante e costante lavoro di formazione nelle scuole, attraverso assemblee e corsi di educazione alla legalità.

Inoltre il progetto è pensato per i detenuti, sperando che essi non solo possano passare delle ore di svago all’interno della loro spesso lunga giornata, ma che possano anche riflettere e pensare al loro futuro proprio a partire dal confronto ludico con i giovani.

Senza dimora: il Progetto "Avvocato di strada" anche a Rovigo

 

Redattore Sociale, 15 marzo 2006

 

A Rovigo arrivano gli "Avvocati di strada": si fa promotore dell’iniziativa il Coordinamento dei volontari del carcere della città. Lo sportello è già presente in molte città italiane; in particolare a Rovigo sarà offerta consulenza ed assistenza giuridica gratuita alle persone senza fissa dimora, con particolare attenzione verso coloro che sono stati dimessi o che stanno per essere dimessi dal carcere e intendono avviare un percorso di inserimento sociale nel territorio. "L’iniziativa - spiegano i promotori - nasce dall’attuale situazione sociale del nostro territorio che presenta un considerevole aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali, con il relativo insorgere di nuovi modelli di marginalità sociale ed economica. Per quanto riguarda le povertà estreme sta aumentando la presenza di un consistente numero di persone senza casa, elemento che costituisce il primo passo di un percorso di marginalità sociale, per approdare nel tragico crogiuolo delle persone senza fissa dimora".

Senza fissa dimora, immigrati, nomadi, malati di mente, tossicodipendenti, disabili, malati di aids e malati terminali, anziani non autosufficienti, ex degenti in ospedali psichiatrici,detenuti ed ex carcerati: la povertà ha molte facce. A Rovigo sono in aumento le persone senza fissa dimora, alcune alloggiate nel dormitorio e in centri di accoglienza, mentre alcune restano a vivere per strada, o in ricoveri di fortuna, oltre al fatto che dal carcere cittadino ogni anno vengono dimessi diversi soggetti che vanno ad ingrossare le fila dei senza fissa dimora.

La maggior parte dei casi che vengono prospettati sono di natura sociale: senza casa, senza lavoro, con necessità di richiedere la residenza, il tesserino sanitario, oltre ad informazioni sulla procedura di regolamentazione, modalità di assistenza per rifugiati politici, multe non pagate, affido di minori. "Lo sportello desidera avere anche una articolazione interna al carcere, - spiegano - per offrire consulenze ai detenuti e affrontare i problemi di natura legale e pratica, prima che le persone escano dal carcere (e rischino, magari, di diventare ben presto anche loro senza fissa dimora e con tutti i disagi collegati a questa conduzione)". Il Coordinamento lancia un appello a tutti gli avvocati del Foro di Rovigo interessati ad aderire all’iniziativa; sarà sufficiente inviare una mail a sportellogiustizia@tiscali.it, per essere contattati.

Droghe: Giovanardi; sarà spacciatore chi ha più di 23 spinelli

 

Il Messaggero, 15 marzo 2006

 

"Ventitré spinelli. Per hascisc e marijuana, in Italia, sarà questa la linea di confine tra consumo e spaccio. Ma prima che nel nostro Paese scattino le sanzioni penali occorre che l’intero corredo indiziario confermi il reato di spaccio". Lo ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, a margine del suo intervento fatto a Vienna, alla Conferenza mondiale sulla droga. Giovanardi ha presentato davanti ai Paesi Onu la nuova legge. Se per le altre sostanze le "soglie" non sono state definite, per la cannabis la Commissione istituita dal ministero della Salute ha dato un orientamento.

"I ventitré spinelli - ha spiegato il ministro - sono indicativi, nessun ragazzo finirà in galera per mezzo spinello in più. E poi, per qualunque droga, non ci sarà solo un’indicazione di quantità tollerata. Verrà considerato il corredo indiziario, ossia tutti quegli elementi che potranno dimostrare l’eventuale consumo e non lo spaccio" . " Tuttavia - prosegue il ministro Giovanardi - il superamento delle soglie da solo non costituirà una presunzione assoluta di colpevolezza, bensì uno degli elementi di prova che l’autorità giudiziaria valuterà congiuntamente ad altri fattori indiziari, per esempio la presenza in una casa di attrezzature per il confezionamento delle dosi. Solo in presenza di tali fattori scatteranno le sanzioni penali. Il condannato alla reclusione fino a sei anni, non oltre, potrà chiedere di scontare la pena presso un servizio pubblico o una comunità terapeutica". Il decreto è stato approvato un mese fa, ma per dare attuazione alla nuova legge mancano le tabelle. "Sono in dirittura di arrivo, forse dalla prossima settimana", sostiene Giovanardi.

Intanto, l’Onu avverte che in tutto il mondo crescono i consumi di droghe sintetiche, cocaina e cannabis. La cocaina e l’ecstasy sono il primo nemico da combattere. Il 5% della popolazione mondiale fa abuso di sostanze. "All’oppio e all’eroina si sono sostituite cocaina e droghe sintetiche e i consumi - avverte Antonio Maria Costa, dell’Ufficio antidroga dell’Onu - sono saliti alle stelle. Per arginare il fenomeno l’unica arma è invogliare i produttori a fare altro. Un contadino afghano guadagna dieci volte di più con l’oppio che se coltivasse qualunque altro prodotto". "Combattere la povertà dei Paesi produttori, creando uno sviluppo alternativo", è la sfida lanciata all’assise di Vienna dai Paesi dell’Onu. Per la prima volta è possibile mostrare qualche risultato: in Colombia, in alcune zone sugli altipiani, al posto delle foglie di cocaina sono spuntate colture di pomodoro, banane, fagioli e perfino alveari per la produzione di miele. Anche nel Laos e in Thailandia qualche spiraglio si è aperto: i fondi internazionali, di cui l’Italia è il secondo paese donatore, hanno creato un minimo di alternativa alle economie basate sul narcotraffico.

Droghe: l’Unione si impegni a cancellare la "legge Fini"

di Giuliano Pisapia

 

Liberazione, 15 marzo 2006

 

Venticinque giorni al voto! L’Unione non può più permettersi, come spesso è avvenuto in queste settimane, di farsi dettare l’agenda elettorale dalle invettive e dalla propaganda del Presidente del Consiglio. Si vince, parlando e confrontandosi sui problemi quotidiani, che assillano la maggioranza degli italiani (disoccupazione, precariato, carovita, situazione economica, diritti civili ecc.). E, tra questi - come dimostra la grande manifestazione di sabato scorso a Roma (purtroppo quasi oscurata dal pomeriggio "nero" di Milano) - la ricerca degli strumenti utili e efficaci per affrontare la questione "droga", soprattutto dopo l’approvazione del nefasto dl Fini.

Un insieme di norme criminogene che - se non azzerate immediatamente - riempiranno le aule di giustizia di migliaia di imputati colpevoli di condotte che riguardano la sfera individuale e che non dovrebbero avere alcuna rilevanza penale e che, invece, rischieranno da 6 a 20 anni di carcere. Bene, quindi, ha fatto Liberazione a ricordare l’impegno, preso in Parlamento dall’intera opposizione, di considerare tra le priorità, in caso di auspicata vittoria dell’Unione, la cancellazione di quelle norme approvate con una vera e propria truffa legislativa. Ma, non potremo, e non dovremo, limitarci ad un ritorno al passato: sarà indispensabile, prima che sia troppo tardi, una totale inversione di rotta, legislativa e culturale, che, prendendo atto del fallimento delle politiche repressive sulla droga, inizi anche a mettere in pratica quella politica di "riduzione del danno", su cui vi era stato ampio consenso quando il centrosinistra era maggioranza. Non, o non solo, per scelta ideologica ma anche, e soprattutto, in quanto, là dove è stata praticata, ha dato risultati estremamente positivi (oltre il 70% dei tossicomani non ha più fatto uso di droghe e circa il 90% ha ripreso una regolare vita familiare e lavorativa; le morti per overdose e la trasmissione di malattie si sono praticamente azzerate; drastica è stata la diminuzione dei reati connessi alla tossicodipendenza, di cui sono vittime soprattutto donne e anziani). Ed è significativo che, allorché, sono iniziate simili sperimentazioni, forte era stata la contrarietà della maggioranza dei cittadini; che pero si è trasformata in maggioranza favorevole verificata anche, come in Svizzera, con referendum popolari - non appena sono stati resi pubblici i risultati ottenuti.

Già prima dell’approvazione della legge Fini-Giovanardi, del resto, il programma dell’ Unione non solo escludeva ogni sanzione penale per i consumatori ed il carcere per i tossicodipendenti, ma prevedeva espressamente anche l’eliminazione di sanzioni di carattere amministrativo. Così come prevedeva la costruzione di strutture alternative al carcere per favorire la disintossicazione dei tossicodipendenti e, più in generale, una seria politica tesa alla "riduzione del danno", quale presupposto per avvicinali ai Sert e alle comunità terapeutiche. Come sarebbe possibile, allora, accettare, una legge che pone sullo stesso piano il consumatore e lo spacciatore, le droghe pesanti e le cd. sostanze leggere, in aperto contrasto col principio di eguaglianza, che non permette di trattare in modo eguale situazioni diverse (e in modo diverso, situazioni eguali) e che, contemporaneamente, troppi nel centrodestra, fingono di ignorarlo, ha diminuito le pene per i trafficanti di morte.

Ma cancellare le nuove norme contro consumatori e tossicodipendenti non è, e non può essere, sufficiente. Altra priorità assoluta deve essere quella di porre fine alla cd. detenzione sociale (solo il 12% è in carcere per fatti di sangue o di criminalità organizzata; la gran parte dei detenuti è composta, oltre che da tossicomani, da immigrati ed emarginati). Ecco perché è parimente urgente un drastico intervento su altre norme, quali, la Cirielli, la illegittima difesa, il fermo di polizia ecc.: ogni giorno di ritardo, renderà sempre più difficile la possibilità di dare al nostro Paese una giustizia degna di questo nome.

Una proposta concreta: se l’Unione avrà il compito di governare il Paese dovrà, nelle prime settimane, approvare un disegno legge che preveda, non solo l’eliminazione di ogni pena detentiva per consumatori e tossicodipendenti, nonché interventi di "riduzione del danno", ma anche una depenalizzazione dei reati minori; sanzioni penali diverse dal carcere per tutti i reati di minore gravità e per i cd. reati sociali; un incisivo ampliamento dei reati perseguibili a querela; l’eliminazione delle norme sulla recidiva previste dalla Cirielli e un intervento equilibrato sulla prescrizione e sulle cause di non punibilità (legittima difesa, stato di necessità, consenso dell’avente diritto ecc), che sappia contemperare le esigenze della giustizia e le doverose garanzie per imputati e vittime dei reati.

In altri termini una serie di norme, non certo secondarie, che anticipino quel nuovo codice, che avrà necessariamente tempi più lunghi, nell’ottica di un diritto penale minimo e mite, ma, nel contempo, efficace e garantista. Piccole e grandi riforme, già presenti in alcune proposte di legge che hanno trovato ampia condivisione tra gli operatori del diritto e la cultura giuridica. Solo così sarà possibile non solo limitare il più possibile gli effetti deleteri delle leggi del centrodestra ma avere anche, in tempi ragionevoli, significativi effetti positivi: una diminuzione della recidiva e del numero dei reati e, quindi, maggiore sicurezza per tutti; carceri meno affollate e condizioni di vita meno disumane per detenuti e per chi lavora negli istituti penitenziari; inutilità delle impugnazioni meramente dilatorie, con conseguenze positive rispetto ai tempi della giustizia.

Tutto ciò comporterà un risparmio di circa due miliardi di Euro: sarà finalmente possibile assumere educatori, assistenti sociali, psicologi e costruire apposite strutture per il recupero dei tossicodipendenti e per quelle detenute madri i cui figli (più di 60 che hanno meno di tre anni) sono costretti a passare in carcere i primi anni della loro vita. Cambiare rotta, dunque: ma non per tornare a un passato che non abbiamo motivo di rimpiangere. Anche prima delle devastanti leggi del centrodestra, i tempi della giustizia, civile e penale, erano vergognosamente lunghi; le garanzie processuale, e i diritti penitenziari, erano spesso più formali che sostanziali: il nostro Paese, non possiamo dimenticarlo, aveva il record assoluto della condanne della Corte Europea dei diritti dell’Uomo. Certo, non sarà facile dare al Paese una giustizia degna di questo nome ma, nel programma dell’Unione, vi sono i presupposti, organizzativi e normativi, per raggiungere, in tempi accettabili, l’obiettivo che ci siamo proposti. Proprio per questo e per evitare che, in caso di vittoria, quelle che consideriamo priorità finiscano per essere progressivamente poste in secondo piano - è fondamentale che, il 10 aprile, insieme a un ampio consenso per l’intera Unione, vi sia anche un significativo rafforzamento di Rifondazione. Solo così non correremo il rischio che lo spirito riformatore, che pur continuerà ad aleggiare nei convegni e nei dibattiti, rimarrà tale, senza trasformare la giustizia, e la società, come ci siamo impegnati a fare in questi anni. Siamo, e lo diciamo con forza e con fermezza, pronti al confronto e al dialogo con tutti gli operatori della giustizia, così come siamo consapevoli della necessità di mediazioni, ma, con altrettanta fermezza, diciamo che non vi possono essere cedimenti rispetto a priorità quale, ad esempio, quella di cancellare immediatamente "la legge fascista sugli spinelli".

 

Giuliano Pisapia

Algeria: un progetto per abolire la pena di morte

 

Il Denaro, 15 marzo 2006

 

L’Algeria, dove nessuna sentenza capitale è stata eseguita dal 1993, intende abolire la pena di morte. Lo dice alla radio algerina Farouk Ksentini, presidente della Commissione nazionale consultiva per la promozione e la protezione dei diritti umani, governativa, indicando che un progetto di legge in tal senso è esaminato da alcuni mesi al ministero della giustizia.

Il ritardo, aggiunge, è dovuto alle resistenze di "alcune parti". L’abolizione della pena di morte, secondo Farouk Ksentini, "si impone con urgenza ed è un passo essenziale per la costituzione di uno Stato di diritto e la realizzazione del processo di riforma della giustizia". Per lui, la pena capitale è "totalmente assurda" e non ha alcun aspetto dissuasivo sul fenomeno della criminalità, "non ha mai ridotto i crimini". Ksentini spera che l’Algeria, che ha ratificato numerose convenzioni internazionali, sia il primo paese arabo ad abolire la pena di morte. Il presidente della Commissione nazionale consultiva per la promozione e la protezione dei diritti umani ricorda poi che dal 1993 nessuna condanna é stata eseguita e che il presidente Abdelaziz Bouteflika ha graziato durante i suoi due mandati oltre 200 detenuti , smentendo inoltre che "nelle prigioni algerine si pratichi la tortura".

 

 

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