Rassegna stampa 13 marzo

 

Nuoro: i detenuti sospendono lo sciopero della fame

 

La Nuova Sardegna, 13 marzo 2006

 

I detenuti che alcune settimane fa avevano avviato uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di vita dentro il carcere di Badu ‘e Carros hanno deciso di sospendere la protesta. Sono i diretti interessati a spiegarne le ragioni in una lettera. La sospensione è stata decisa "per gratitudine", nei confronti del magistrato di sorveglianza, la dott.ssa Carta, che con sensibilità e umanità ha accolto il nostro grido di aiuto. "L’attenzione del magistrato - proseguono i detenuti della sezione E.I.V. dl carcere di Nuoro - ha aperto una crepa nel silenzio della non vita di questo istituto , gestita da una controparte sorda a ogni nostra richiesta seppur minima."

La sospensione dello sciopero della fame , sottolineano i detenuti , non significa che siano venute meno le ragioni della clamorosa forma di protesta . "Ci trattano - si legge nella lettera diffusa tramite i legali - come cani ciechi e scemi in un canile. Invece se fossimo custoditi con più attenzione e meglio trattati potremmo essere personale. L’ostilità della direzione a richieste legittime ci mortifica e ci umilia, e di certe restrizioni non si capisce il senso visto che non sono motivabili con ragioni di sicurezza ma con una logica punitiva fine a se stessa." I detenuti sospendono l’agitazione ma sottolineano che sono pronti a ricominciare: "useremo il nostro corpo come ultima arma per chiedere che sia rispettata la nostra dignità umana." La protesta di Badu ‘e Carros ha trovato la solidarietà dell’associazione dei detenuti non violenti presieduta da Evelino Loi.

Milano: Verdi; per il Garante detenuti stanno aspettando Formigoni

 

Merate on-line, 13 marzo 2006

 

Dodici mesi sono già trascorsi invano per i detenuti lombardi. Tanti ne sono passati dall’approvazione della Legge Regionale 8/2005 che istituiva la figura del "Garante dei detenuti". "La figura del Garante - sostengono i consiglieri regionali Verdi Marcello Saponaro e Carlo Monguzzi, che hanno presentato un’interpellanza – è un cardine della Legge Regionale 8/2005 ed è tanto più importante oggi a causa della situazione di sovraffollamento e malessere delle nostre carceri". Nell’interpellanza, Saponaro e Monguzzi chiedono di procedere subito all’adozione del regolamento che determina i compiti del "Garante dei Detenuti". "Con Formigoni candidato Senatore – rilevano Saponaro e Monguzzi – rischiamo che anche il 2006 trascorra invano tra campagne elettorali, litigi e riunioni di Giunta sconvocate per ripicca. E se a Formigoni non interessano i cittadini lombardi, figuriamoci quelli in carcere…".

Giustizia: Chiatti libero? Paolucci: sarei disposto ad incontrarlo...

 

Il Messaggero, 13 marzo 2006

 

"Sarei disposto a incontrare Luigi Chiatti, ad aiutarlo perché finalmente capisca il significato vero della vita. Sì, forse ormai sono pronto a farlo...": Luciano Paolucci, il padre di Lorenzo che il 7 agosto del 1993 venne ucciso dal geometra, parla senza che la voce tradisca incertezze. Commenta così la notizia che Chiatti si è rivolto alla Cassazione contro la decisione del tribunale di sorveglianza di negargli i permessi premio. Un’istanza che probabilmente ha presentato lui stesso senza assistenza dei legali e sulla quale i giudici di piazza Cavour decideranno l’11 aprile prossimo. Chiatti sta scontando in un carcere della Toscana una condanna definitiva a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Lorenzo Paolucci, 13 anni, e di Simone Allegretti, 4 anni. Luciano Paolucci non è contrario in maniera assoluta ai permessi. È però convinto che Chiatti abbia "dei problemi seri". "Non credo che sia ancora idoneo -aggiunge- a poter tornare nella società. Va aiutato e curato seriamente perché altrimenti si corre il rischio, come abbiamo visto in altri casi, che possa commettere nuovi reati. Non gli si dia un permesso così tanto per farlo, perché si farebbe del male a lui e agli altri". Secondo Paolucci chi dovesse decidere di farlo uscire "si deve assumere la responsabilità di ciò che fa". "Verso Chiatti - aggiunge - o verso chi dovesse eventualmente subire le sue azioni. Vorrei che si facessero le cose sul serio".

Droghe: Fassino (DS); la legge non può rimanere così…

 

Adnkronos, 13 marzo 2006

 

"La legge non può rimanere cosi"‘. Così Piero Fassino, segretario dei Ds, ha risposto ai microfoni di Radio Popolare alla domanda se il centro sinistra cambierà la legge sulla droga in caso di vittoria alle elezioni. "Da un lato non distingue tra droghe pesanti, che sono pericolose, da quelle definite leggere che tutta la moderna farmacologia spiega non possano essere assimilate a quelle pesanti". Per Fassino bisogna distinguere tra spacciatori e consumatori e l’uso del carcere "con cui reprimere lo spaccio di droga, per chi consuma c’è bisogno di strategie sociali, mediche e culturali".

Giustizia: Corte di Cassazione; dire "negro di m..." non è un reato…

 

Il Giornale, 13 marzo 2006

 

Per la terza volta, negli ultimi tre mesi, la Cassazione torna ad occuparsi di una causa nata per motivi di discriminazione razziale. La Suprema Corte ha confermato il proscioglimento di Susanna R. che aveva detto "negro di m…" a un collega di lavoro extracomunitario arrivato tardi al turno. La donna si era lamentata della scarsa puntualità di Mohammed S. - che aveva preannunciato il ritardo - e lui le aveva detto "sei cattiva, ce l’hai con me" augurandole anche "del male per la sua famiglia". A questo punto Susanna l’aveva chiamato "negro di m...". La questione finì in tribunale. Il gip del Tribunale di Firenze prosciolse la signora dal "reato di ingiuria aggravato dalla presenza di più persone e dalla finalità di discriminazione razziale" ritenendo che Susanna non fosse punibile "essendovi stata reciprocità di offese ed avendo ella agito in stato d’ira", contro "l’anatema".

Roma: tunisino molesta una ragazza, rischia il linciaggio

 

Il Messaggero, 13 marzo 2006

 

È accaduto a Roma, alle 21 di sabato sera. Il carabiniere di quartiere ferma un tunisino ubriaco che molesta una ragazza di 14 anni sul tram. Il militare salva la giovane dal tunisino, e il tunisino dal linciaccio dei passeggeri. A Sassuolo ieri la gente ha sfilato per gridare la propria solidarietà ai carabinieri trasferiti a Bologna, dopo il video choc che li fa vedere mentre pestano un marocchino.

Il tram numero 8 sta attraversando Trastevere, quando il tunisino nota la ragazza che è poco lontana da lui. La giovane è in compagnia della zia, e non si accorge dello straniero che la fissa. Zia e nipote chiacchierano tra loro, il tram è arrivato in piazza Ippolito Nievo, e prosegue verso largo Argentina. I passeggeri stanno stretti come sardine in scatola, perché a quest’ora l’8 è sempre affollato. Il tunisino si fa largo a spintoni e arriva alle spalle della ragazza, approfitta della ressa e le si butta addosso. Lei lo scansa e si sposta, lui la segue, le dice frasi imbarazzanti.

La giovane è spaventata, cerca di farsi largo tra la gente per allontanarsi, ma lo straniero non molla, insiste con le frasi oscene e allunga una mano. La giovane gli dà uno spintone e lui non ci vede più dalla rabbia. L’uomo colpisce la ragazza con uno schiaffo, urla qualcosa di incomprensibile e le afferra i capelli. Lei grida, lui non lascia la presa, e se ne infischia dei passeggeri che gli dicono di smetterla, che è un delinquente, e di tornarsene al suo paese.

L’autista del tram frena la corsa, col telefonino ha avvisato i carabinieri della stazione di Trastevere. Il militare sale sul tram proprio quando la gente sta per aggredire il tunisino. Giusto in tempo per evitare il linciaggio. L’uomo finisce in carcere per violenza sessuale e lesioni personali. La giovane che ha qualche contusione viene medicata all’ospedale Regina Margherita.

Quattro giorni fa, in un quartiere di periferia, i passanti hanno aggredito un rapinatore romano che aveva minacciato una russa con il cric dell’auto per farsi dare la borsetta. Qualche giorno prima i carabinieri avevano salvato dalla furia dei romani un piromane che aveva dato fuoco a macchine e motorini.

Minori: Fp-Cgil; Castelli lascia debiti per 18 milioni di euro

 

Ansa, 13 marzo 2006

 

È "insostenibile" l’aumento dei debiti nel settore della giustizia minorile sotto la gestione del Guardasigilli Roberto Castelli: "sono passati da quasi 6 milioni di euro nel 2003 a oltre 18 milioni nel 2005". L’accusa è della Fp-Cgil che nel corso del convegno nazionale organizzato presso il tribunale per i minorenni di Roma ha tracciato un bilancio "disastroso" degli ultimi cinque anni di gestione della giustizia minorile, all’insegna di una riduzione progressiva di risorse: dal 2001 al 2006 - dice Gianfranco Macigno, coordinatore nazionale del sindacato per il settore giustizia minorile - i finanziamenti sono passati da oltre 17 milioni di euro a meno di 15 milioni; le spese per beni e servizi da oltre 12 milioni a poco più di 8 milioni, mentre gli investimenti sono scesi da oltre 16 milioni nel 2001 a quasi 1,5 milioni nel 2006. Con il risultato che spesso negli istituti "mancano coperte, vestiti e generi di prima necessità di cui si fanno carico la Caritas e le associazioni di volontariato". In sala, ad ascoltare il cahaier de doleance della Cgil, c’è Rosario Priore, capo del Dipartimento della giustizia minorile. "I fondi sono stati tagliati in tutti i settori della pubblica amministrazione: la produzione ha subito delle cadute quindi la coperta è diventata corta e tutti siamo stati chiamati a fare sacrifici. Ma tutto ciò - afferma Priore a margine del convegno - non si riverbera nel modo grave prospettato dalla Cgil". Secondo il capo del Dipartimento della giustizia minorile, infatti, "i tribunali per i minori funzionano meglio di quelli ordinari, e gli istituti penali italiani vengono presi a modello da molti paesi europei e non: negli ultimi giorni - fa notare - abbiamo ricevuto la visita di una delegazione russa, e siamo in attesa di un’altra statunitense. Il nostro sistema, nonostante le critiche, è tra i più evoluti". Un problema, però, esiste, anche per Priore: "molti giudici non applicano le misure alternative al carcere per i minori stranieri. Il risultato è che circa il 50% dei minori in istituto sono extracomunitari". Per la Cgil le carenze sono invece ben più numerose: "C’è stata una riduzione progressiva del capitolo di bilancio destinato al pagamento delle comunità che accolgono i minori. L’impatto - dice Fabrizio Rossetti, responsabile nazionale della Fp Cgil - è devastante anche dal punto di vista occupazionale. Molte cooperative sociali hanno già avviato procedure di licenziamento per la mancanza di copertura finanziaria". In particolare, i debiti dell’ultimo esercizio finanziario per il collocamento dei minori in comunità superano i 7 milioni di euro mentre lo stanziamento per il 2006 è di 6 milioni di euro, cioè - sostiene il sindacato - insufficiente a pagare i debiti pregressi, Nel recupero dei minori bisogna crederci e investirci - ammonisce Giuseppe Fanfani, responsabile Giustizia della Margherita - mentre tutto quello che è stato fatto è insufficiente e assolutamente sbagliato. Il problema è di enorme rilevanza sociale. Anche la diessina Marcella Lucidi sottolinea l’esigenza di "pensare al minore nella sua integrità personale"; ecco perché - conclude - "è necessario varare un codice riservato ai minori", che riguardi il diritto penale e penitenziario e processuale.

Abruzzo: avviare subito ristrutturazione del carcere di Avezzano

 

Adnkronos, 13 marzo 2006

 

"Sulla vicenda della ristrutturazione del carcere di Avezzano (AQ) occorre essere realisti e bandire inutili strumentalizzazioni". Lo ha detto oggi il Capogruppo dell’Udeur in Consiglio regionale Angelo Di Paolo commentando la notizia dell’imminente chiusura del carcere San Nicola per lavori di ristrutturazione. "Anche per questo obiettivo - ha proseguito Di Paolo - occorre costruire il massimo della solidarietà politica e istituzionale perché l’Istituto di pena marsicano torni al più presto, una volta completati i lavori, alla piena funzionalità e soprattutto con una organizzazione moderna e vivibile. Non bisogna dimenticare che in questo carcere lavorano ben 45 agenti e 21 tra operatori socio-sanitari". "Insomma una realtà che, pur riconducibile fra quelle di piccole e medie dimensioni - ha proseguito Di Paolo- rappresenta per questo territorio della Marsica e per la funzione che è chiamato a svolgere un riferimento istituzionale da salvaguardare e possibilmente potenziare. Ed allora il mio auspicio va in direzione di una forte e incisiva azione di vigilanza - ha concluso il Capogruppo dell’Udeur - perché i lavori di ristrutturazione abbiano a completarsi al più presto ma anche perché la Marsica non abbia a soffrire nuove azioni di spoliazioni e soprattutto per restituire a tanti lavoratori impegnati nell’Istituto quella necessaria serenità nell’ambiente di lavoro riducendo al minimo i disagi organizzativi nella certezza di trovare lo stesso Presidente Del Turco, convinto sostenitore delle ragioni del nostro territorio, pronto a sviluppare nelle sedi politiche e istituzionali tutte le iniziative necessarie da parte della Regione".

Psichiatria: la salute mentale nell’agenda delle priorità

 

Redattore Sociale, 13 marzo 2006

 

Le associazioni criticano il documento conclusivo sull’assistenza psichiatrica e chiedono alle istituzioni di "schierarsi nella pratica": Csm aperti h 24, programmi di sostegno per le famiglie, no alla contenzione e all’elettroshock.

Sono arrivati da tutta Italia l"11 marzo scorso a Roma i rappresentanti delle associazioni dei familiari dei pazienti con disagio psichico e degli operatori del settore (Acli, Arci, Caritas, Cgil, Cittadinanzattiva, Fondazione Franco Basaglia, Forum Nazionale Salute Mentale, Fondazione Internazionale Don Luigi di Liegro, Simpia, Società Italiana di Psichiatria, Società Italiana di Psichiatria Democratica, Unasam) per esprimere il loro deciso dissenso nei confronti del documento conclusivo sull’assistenza psichiatrica, approvato, dopo lo scioglimento delle Camere, in Commissione XII Igiene e Sanità del Senato, lo scorso 14 febbraio. "Rileviamo innanzitutto che l’indagine conoscitiva sia stata unicamente un pretesto per confezionare il documento conclusivo, in quanto poche delle associazioni audite erano veramente rappresentative, e nulla di ciò che abbiamo riferito ha trovato riscontro nel documento", ha affermato Gisella Trincas dell’Unasam, aprendo l’incontro che si è tenuto presso la sede della Cgil in Via Leopoldo Serra. "Oltretutto nessuna indagine è stata svolta sul territorio né le Regioni sono state sentite al riguardo. Nel documento, quindi non c’è nessuna comprensione delle difficoltà reali che hanno impedito la piena attuazione della riforma psichiatrica (legge 180/78) in Italia. Non vogliamo tornare indietro di trent’anni", ha sottolineato Trincas, "perché crediamo nel lavoro che è stato fatto e riteniamo che il servizio pubblico vada difeso con risorse umane e finanziarie adeguate. Ciò che veramente serve", ha auspicato Trincas, "è un forte impegno per la salute mentale da parte del Governo che si è, invece, arenato alla Conferenza Nazionale sulla Salute Mentale del gennaio 2001".

Secondo Giovanna Del Giudice, portavoce del Forum Nazionale Salute Mentale, "lavorare nel rispetto della 180 significa considerare la libertà prerequisito del lavoro di cura. Lavorare con chi fa più fatica ad accedere ai diritti, inoltre è garanzia di diritto per tutti". Del Giudice si è poi richiamata alla Lettera ai Governatori regionali inviata dall’ultimo Forum di Milano, in cui viene chiesto di "schierarsi nella pratica", attivare cioè Csm aperti h 24, Spdc con porte aperte, programmi di sostegno per le famiglie, fermo no alla contenzione e all’elettroshock."Al nuovo Governo", ha aggiunto Del Giudice, "chiederemo di mettere la salute mentale, così come i programmi di welfare, nell’agenda delle priorità". "Strenua difesa della 180", anche per Massimo Di Giannantonio della Società Italiana di Psichiatria (Sip), che rappresenta oltre 7.500 psichiatri in Italia e che intende per questa causa "creare un rapporto ancora più stretto con le istituzioni". "Fare un fronte comune per ostacolare questo ritorno all’arretratezza culturale e a una soluzione ospedalocentrica dei problemi di salute mentale" è l’obiettivo di Cittadinazattiva, espresso da M. Teresa Milani. "Pieno di promesse fumose per gabbare familiari e pericolosissimo perché ignorante della situazione del territorio" è, infine, il documento conclusivo, secondo Girolamo Digilio, presidente dell’Aresam. All’incontro hanno partecipato anche Luigi Attenasio, presidente di Psichiatria Democratica Lazio, Giusy Gabriele, direttore generale della Asl Rm/D, Luigina Di Liegro e il Dott. Pecoraro in rappresentanza della Crafsm, ente che riunisce 16 associazioni attive su tutto il territorio della Sicilia.

Droghe: dalla Regione Lazio tre milioni di euro per la prevenzione

 

Redattore Sociale, 13 marzo 2006

 

"La Regione Lazio, in accordo con le parti sociali, ha deciso di stanziare nel Bilancio 2006 tre milioni di euro a favore di interventi diretti alla prevenzione e alla riduzione del danno causato dall’uso delle droghe". Lo ha annunciato l"assessore regionale al Bilancio, Luigi Nieri, che ha continuato: "Noi vogliamo con questo finanziamento sostenere politiche sociali e sanitarie nel settore delle tossicodipendenze. Vogliamo il rilancio delle unità di strada e del ruolo strategico del servizio pubblico. Il nostro esplicito riferimento a risorse per politiche di riduzione del danno dimostra la nostra vicinanza a quelle associazioni, quelle comunità, quei movimenti, quei cartelli che si sono duramente opposti alla legge tutta law and order della Casa delle libertà."

"Va decriminalizzato il consumo occasionale o abituale di sostanze stupefacenti - conclude Nieri - la legge Fini-Giovanardi è una legge contro i giovani e contro le famiglie. Noi invece vogliamo evitare che un ragazzo si rovini la vita per pochi grammi di erba o hashish. Bisogna al contrario investire sulle strategie di prevenzione".

Serbia: Slobodan Milosevic trovato morto nel carcere dell'Aja

 

Corriere della Sera, 13 marzo 2006

 

Si è spento nella prigione del Tribunale Penale internazionale all’Aja l’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic alla sbarra per crimini di guerra e genocidio. La notizia diramata per prima dalla radio serba B92 è stata confermata poco dopo dal partito socialista serbo. Milosevic è stato trovato senza vita nella sua cella.

Il Tpi ha annunciato di avere disposto un’indagine sul decesso. Sono state ordinate l’autopsia e l’esame tossicologico. Secondo quanto comunicato dal ministro degli Esteri francese Philippe Douste-Blazy, l’ex uomo forte di Belgrado è morto per cause naturali. Il processo che doveva fare giustizia sulle più atroci violazioni dei diritti umani compiute in Europa dal 1945 si era aperto davanti alla Corte internazionale dell’Aja nel febbraio 2002 ma, interrotto a più riprese a causa delle sue condizioni di salute, stava finendo in una farsa. Milosevic da tempo soffriva di cuore e aveva gravi problemi di ipertensione che avevano portato più volte alla sospensione del dibattimento.

Il leader serbo, 64 anni, era sotto processo per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio per il suo ruolo nelle guerre in Croazia e in Bosnia (1991-1995) e in Kosovo (1998-1999). L’ex presidente jugoslavo doveva rispondere ai capi di accusa sui massacri e le torture in Croazia, il tentato genocidio in Bosnia, i pogrom del Kosovo. Aveva chiesto che venissero sentiti 1.630 testimoni.

"Oggi ho depositato in tribunale una richiesta ufficiale per fare eseguire l’autopsia a Mosca, considerato il fatto che ieri Milosevic mi aveva detto di temere di essere avvelenato in carcere", ha riferito ai giornalisti l’avvocato Zdenko Tomanovic. Il legale ha detto che su indicazione del suo assistito aveva chiesto protezione all’ambasciata russa in Olanda e al ministero degli Esteri russo a Mosca. "La richiesta di protezione per Slobodan Milosevic si basava sul fatto che lui temeva di essere avvelenato. Non ho ancora ricevuto risposte e questo è quanto ho da dire al momento", ha concluso il legale. Pronta la replica della Corte dell’Aja. Un portavoce ha fatto sapere che "non abbiamo alcuna ragione di considerare questa morte come sospetta, non abbiamo tracce di violenza, messe in scena o suicidio". Il portavoce ha precisato che Milosevic non era considerato un detenuto "a rischio suicidio", e quindi non era sorvegliato dai circuiti interni Tv del carcere di Scheveningen.

I crimini dei quali Slobodan Milosevic era accusato "incluso il genocidio, non possono rimanere impuniti" ha detto il procuratore capo del Tribunale penale internazionale sull’ex Jugoslavia Carla Del Ponte. "Ci sono altri importanti leader accusati di questi crimini, sei dei quali sono ancora latitanti. La comunità internazionale e la Corte sono responsabili nei confronti delle vittime per assicurare che gli imputati vengano condotti alla giustizia e processati all’Aja, in particolare Radovan Karadzic e Ratko Mladic", ha proseguito la Del Ponte. La morte di Milosevic "impedirà di completare il processo" contro l’ex presidente jugoslavo, ha aggiunto il procuratore capo, ricordando che il decesso si è verificato "poche settimane prima" della fine di tale procedimento giudiziario.

Serbia: Milosevic stroncato da un infarto, l’autopsia conferma

 

Corriere della Sera, 13 marzo 2006

 

Nessun suicidio e nessun avvelenamento per Milosevich. L’ex dittatore jugoslavo, trovato senza vita sabato nella sua cella è stato stroncato da un infarto. Lo ha riferito sulla base dei primi risultati dell’autopsia una fonte del Tribunale Penale Internazionale che ha chiesto di restare anonima perchè non autorizzata a rilasciare dichiarazioni. La stessa fonte ha detto che l’autopsia è durata 8 ore. Il corpo di Slobo "sarà consegnato domani alla sua famiglia", rende noto in un comunicato la Corte dell’Aja.

Proprio in giornata era stata resa nota una lettera inviata all’ambasciata russa all’Aja nella quale l’ex presidente jugoslavo denunciava che la Corte di giustizia gli stava somministrando medicine molto forti contro la lebbra e la tubercolosi. "Vi scrivo per chiedervi aiuto" inizia la missiva fatta recapitare venerdì scorso da Milosevic all’ambasciata russa dell’Aja. Lo ha riferito Zdenko Tomanovic, uno dei consiglieri giuridici dell’ex presidente jugoslavo, precisando che Milosevic non ha mai ingerito tali pillole. Tomanovic ha illustrato alla stampa la lettera di quattro pagine firmata dall’ex presidente. Nei due passaggi centrali della missiva, Milosevic parla di "eccezionali droghe, molto forti, utilizzate solo per il trattamento della lebbra e della tubercolosi", oltre a rivelare di "non aver mai usato antibiotici di questo tipo perché non ho mai avuto né lebbra né tbc".

Nella lettera, Milosevic sostiene che tracce di tali sostanze sono state trovate nel sangue che gli era stato prelevato il 12 gennaio, esaminato da un laboratorio medico, e i cui risultati erano arrivati lo scorso 7 marzo. Nel colloquio con i cronisti, Tomanovic non ha fornito né il nome della clinica responsabile delle analisi né il nome dei prodotti di cui parla Milosevic nella missiva. Il consigliere giuridico ha inoltre sottolineato che nella lettera l’ex presidente jugoslavo segnalava "le attività criminali che vengono svolte da questa istituzione dell’Onu", ricordando che Milosevic si dichiarava "seriamente preoccupato". La prima pagina della lettera consegnata all’ambasciata russa è scritta in inglese, le altre in serbo.

Carla Del Ponte, procuratore capo del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, ha liquidato come "voci" l’insinuazione che Milosevic possa essere stato avvelenato in carcere. "Non intendo commentare queste voci - ha detto nel corso di una conferenza stampa -. Dobbiamo aspettare i risultati dell’autopsia". Gli esami sono in corso all’Istituto nazionale di medicina legale all’Aja, vi prendono parte due patologi arrivati da Belgrado e il ministro serbo per i Diritti umani. Tempi più lunghi per i risultati degli esami tossicologici. La Dal Ponte ha ricordato che Milosevic è stato il secondo detenuto morto in una settimana nel centro di detenzione dell’Onu, dopo il suicidio dell’ex leader serbo croato Milan Babic. "Mi aspetto, ora più che mai, che la Serbia alla fine arresti e trasferisca all’Aja Ratko Mladic e Radovan Karadzic - ha aggiunto riferendosi al generale serbo bosniaco e all’ex leader serbo bosniaco ancora latitanti -. Con la morte di Slobodan Milosevic è ancora più urgente che rispondano alla giustizia". Il magistrato ha detto di non potere escludere che l’ex presidente jugoslavo si sia suicidato. "Potrebbe essere possibile" ha detto.

Altre indiscrezioni sono riportate dalle agenzie di stampa. A gennaio, nel corso di una perquisizione improvvisa fatta nella cella di Milosevic furono trovate anche medicine diverse da quelle prescritte dai medici che curavano il principale imputato del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia. L’indiscrezione viene da fonti dell’Aja. Slobo era curato per problemi cardiovascolari e di ipertensione, oltre che per spossatezza. Carla Del Ponte ha tenuto a chiarire che gli agenti di custodia erano al corrente delle medicine prescritte al detenuto, ne verificavano il consumo, ma non avevano alcun obbligo di controllare, come del resto avviene per qualsiasi detenuto, che le assumesse correttamente. Milosevic, è stato precisato, poteva incontrare i familiari e i consiglieri giuridici e legali. I primi erano regolarmente sottoposti a controlli, gli altri no. Su tutti questi particolari i responsabili del Tpi rifiutano qualsiasi conferma o commento, ricordando che sono in corso un’inchiesta della magistratura olandese e una dello stesso Tpi. L’esame tossicologico richiesto ai periti servirebbe anche a chiarire se Slobo ha preso medicine diverse da quelle che gli erano state prescritte e in quali dosi.

Nei locali dell’istituto forense olandese è in corso l’autopsia del corpo di Slobodan Milosevic per accertare le cause della morte dell’ex presidente jugoslavo. Sono presenti i medici olandesi incaricati di fare gli accertamenti, che includono un’analisi tossicologica e, quali testimoni, sanitari serbi in rappresentanza della famiglia e del governo di Belgrado. "È improbabile che i risultati siano resi noti oggi" ha detto il portavoce del Tribunale penale internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia, Christian Chartier, contraddicendo in qualche modo le previsioni del procuratore capo Carla Del Ponte, che poco prima aveva ipotizzato tempi rapidi per gli esami e la possibilità che il responso sia noto tra oggi e domani.

Svizzera: nel carcere di Ginevra record di sovraffollamento

 

Swiss Info, 13 marzo 2006

 

Il carcere preventivo di Champ-Dollon di Ginevra ha registrato ieri un nuovo primato di sovraffollamento: ospitava 485 detenuti con una capacità d’accoglienza di 270 posti. Nel 2005, la prigione ginevrina ha conservato il primo posto nella classifica dei carceri più affollati in Svizzera. Per rimediare alla situazione, il servizio penitenziario ginevrino ha chiesto ieri al Consiglio di Stato di poter erigere rapidamente due prefabbricati della capacità di 32 posti ognuno, in attesa della realizzazione di uno dei due progetti di ingrandimento di Champ-Dollon, attualmente allo studio.

 

 

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