Rassegna stampa 11 marzo

 

Bompressi scrive a Prodi: disinteresse sui suicidi in carcere

 

Il Tirreno, 11 marzo 2006

 

Una lunga, accorata lettera aperta a Romano Prodi sulle condizioni delle carceri e dei detenuti. La scrive Ovidio Bompressi, ed è pubblicata sul numero di questa settimana di Micromega, la rivista diretta da Paolo Flores D’Arcais. "Sul carcere", semplicemente, si intitola, e in questa testimonianza Bompressi racconta anche la straziante vicenda del venditore di cocco morto suicida pochi giorni fa. Lo fa dopo aver citato gli innumerevoli casi di tentati suicidi (713) e di suicidi (57) che si sono verificati nei penitenziari italiani nel 2005.

Vediamo il passo specifico: "So di far torto alla realtà e, soprattutto, alla sofferenza di moltissime persone - scrive Bompressi rivolgendosi al candidato premier dell’Unione - ma voglio portare un esempio per tutti, un caso fra tanti, l’ultimo della cronaca. Il suicidio per impiccagione, avvenuto nella notte di mercoledì 22 febbraio nel carcere di Massa, di M. R., 45 anni, napoletano, venditore di cocco sulla spiaggia di Marina di Massa, in carcere dall’estate scorsa per un residuo di pena (3 anni). M. R. si è impiccato alle sbarre del bagno usando un lenzuolo; in cella con lui c’erano il fratello, di due anni più giovane e come lui finito in carcere per piccoli reati, e un altro detenuto che dormivano. Pare che M. R. fosse molto depresso. Ho sintetizzato così la notizia ripresa da un breve articolo apparso sulla seconda della cronaca di Massa del quotidiano Il Tirreno il 24 febbraio scorso. Un altro quotidiano locale, La Nazione, lo stesso giorno, riportava in cronaca poche righe sull’accaduto. Nessun quotidiano nazionale ha dato notizia della morte per suicidio di M. R. nel carcere di Massa. Nessuna televisione ha dato notizia della morte per suicidio di M. R. nel carcere di Massa... Anche questo, scusate se è poco, e altro di peggio - aggiunge amaramente - sono le nostre carceri. Ed è veramente penoso sapere che in questo paese non vi è sufficiente forza politica, intellettuale, morale per porre riparo a questa vergogna. Che Dio abbia pietà di noi: ci mandi in soccorso san Leonardo, protettore dei carcerati e, per la par condicio, santa Rita da Cascia, avvocata dei casi più disperati, la santa degli impossibili".

Nella premessa della sua lettera aperta, Bompressi fa anche riferimento al suo caso personale: "Il carcere, fra le varie questioni pendenti, richiede urgentissime misure. E siccome - aggiunge - comincio anche ad avvertire che le mie prospettive si vanno restringendo ben oltre la mia condizione di detenuto domiciliare, vorrei sapere - mi chiedo e vi chiedo - se vi è una strada a questo punto, magari breve, per porre rimedio alla drammatica situazione carceraria in Italia. Che cosa si può fare per superare le porte sprangate che separano il carcere dal cosiddetto mondo civile?". E commenta, amaramente, anche il fatto che neppure l’impegno di papa Woytila sia servito a trovare un rimedio. E ora - sostiene - "Dopo cinque anni di governo berlusconiano siamo tutti un po’ meno liberi di prima. E anche molto più confusi. Grazie a un’opposizione di sinistra molto occupata a fare le pulci a Berlusconi e a denunciarne le manovre legislative pro domo sua; ma blanda e titubante, invece, nell’opporsi all’introduzione di inasprimenti penali a carico dei soggetti più deboli e di leggi restrittive delle libertà individuali. Dove si andrà a finire assecondando questo senso d’insicurezza, di paura espresso da molta parte dell’opinione pubblica nei confronti dei migranti che occupano le aree della marginalità, che è certamente comprensibile ma non può essere alimentato vigliaccamente da quelle compagini politiche che soffiano sul fuoco del razzismo e della xenofobia per puro calcolo elettorale e a poco a poco, ma velocemente, trasformato in incitamento all’odio e alla violenza?", si chiede Bompressi. Un elemento di riflessione ulteriore: "Oltre il 63 per cento della popolazione carceraria italiana è tuttora costretta, all’inizio del XXI secolo, a lavarsi con l’acqua gelida".

Giustizia: l’ex agente segreto Giannettini "assolve" Adriano Sofri

 

Il Giornale, 11 marzo 2006

 

"L’agente Zeta" imputato per strage, il compagno condannato per omicidio, il poliziotto ucciso per ritorsione. A scombussolare le conclusioni giudiziarie che vedono in Adriano Sofri il responsabile dell’assassinio del commissario Luigi Calabresi ci pensa un memoriale che l’ex 007 Guido Giannettini, processato e poi assolto per la bomba di piazza Fontana, ha affidato alla scrittrice Mary Pace prima di morire. Le confidenze raccolte in un casale della campagna ciociara sono riversate in un libro di prossima pubblicazione e trattano, fra l’altro, delle convinzioni dell’ex agente Sid che ad eliminare il vicequestore non furono sicari di Lotta Continua bensì i Servizi tedeschi. Questi sarebbero stati preoccupati delle indagini che proprio Calabresi stava ultimando sui "collegamenti" che l’editore Giangiacomo Feltrinelli avrebbe segretamente coltivato con l’agenzia d’intelligence Bnd interessata ad alimentare uno stato di tensione - servendosi di gruppi extraparlamentari di sinistra - per sponsorizzare l’ascesa al potere dell’ala socialista più radicale. E questo segreto, Calabresi, non ha fatto in tempo a scoprirlo che se l’è portato nella tomba.

Stando alle considerazioni contenute in un vecchio dossier di Giannettini denominato "San Marco" e ai ricordi consegnato alla scrittrice Mary Pace, l’omicidio sarebbe maturato in un complesso scenario internazionale del quale lo stesso Feltrinelli sarebbe rimasto vittima in quanto ritenuto non più affidabile al pari di altri pericolosi testimoni - come alcuni esponenti della Raf/Baader-Meinhof - della "passata collaborazione fra la sinistra extraparlamentare europea e la Spd di Willy Brandt". Una collaborazione interessata a fomentare i movimenti di piazza, soffiare sul fuoco della contestazione nelle università e nelle scuole, rendere incandescente il clima politico italiano per permettere l’ascesa della componente estremistica del Psi così da stringere un’alleanza con i principali partiti socialisti del Vecchio Continente "al fine unico di spingere l’Europa occidentale nella sfera di influenza tedesca". Rispetto a un possibile successo della linea filo atlantica di Fanfani e alle voci di un golpe imminente, Feltrinelli e i suoi - "messi in allarme dai Servizi tedeschi" - si sarebbero convinti a passare all’azione, creando basi per la guerriglia in un periodo in cui ben diciannove attentati scossero l’opinione pubblica. "Fu un’escalation in parallelo al rilancio della sinistra extraparlamentare e all’intensificazione dell’azione socialista estremista". Non un caso, per Giannettini (che cita l’Observer fra chi ipotizzò una regia socialista nell’"autunno caldo").

L’editore rosso - ha raccontato sempre l’agente del Sid - aveva contatti diretti e indiretti col il principale servizio federale tedesco, Bnd, "guidato dal generale Gehlen fino al marzo 1968 e dal generale Wessel poi, che operava in funzione antisovietica anche con le formazioni extraparlamentari di sinistra". Par di capire che Feltrinelli, per un certo periodo, secondo Giannettini abbia fatto anche il doppio gioco con qualche capostazione Cia che attraverso canali tortuosi permise all’editore "di organizzare il trasferimento in Occidente del manoscritto del dottor Zhivago di Boris Pasternak organizzato con i buoni uffici dell’organizzazione russa anticomunista Nts (Narodnik Trudoy Solidaristov) sostenuta dal Bnd tedesco".

Tornando a Feltrinelli ed ai motivi della sua strana morte (dilaniato da un ordigno sotto un traliccio a Segrate) il funzionario dei vecchi Servizi italiani ha confidato: "Era diventato irrecuperabile per gli 007 della Bnd - scriveva nel dossier San Marco - poiché in contatto con organizzazioni arabe ed era considerato pericoloso e manipolabile poiché aveva lasciato indizi che avrebbero potuto collegarlo agli attentati del 1969", e quindi al filone tedesco. Calabresi avrebbe annusato la pista che - conclude Giannettini - sembrava ricollegare Feltrinelli addirittura a piazza Fontana quando in realtà era destinata a portare molto più lontano. Coincidenze: Feltrinelli era entrato in clandestinità tre giorni prima della strage di piazza Fontana; la deposizione di un certo Fabi ai carabinieri parlava di una riunione di fedelissimi dell’editore in Liguria "per portare alcune borse cariche di esplosivo in alcune banche.

 

Contro il leader di Lotta Continua un’inchiesta lunga 10 anni

 

Adriano Sofri, ideologo di Lotta Continua, finisce sotto processo per l’omicidio del commissario Calabresi. La vicenda prende origine dalla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, fermato il giorno della strage, perito misteriosamente alla questura di Milano. L’inchiesta esclude l’omicidio ma l’organizzazione Lotta Continua denuncia una messa in scena e accusa Calabresi. Cinque mesi più tardi (17 maggio 1972) il commissario viene freddato sotto casa.

Con le tardive confessioni del pentito Leonardo Marino (1988) le indagini e i processi si concentrano su Sofri e sui dirigenti dell’organizzazione estremistica, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi, poi condannati con sentenza definitiva a 22 anni ciascuno dopo un interminabile iter giudiziario iniziato il 2 maggio 1990. Il 18 marzo 1998 la corte d’Appello di Milano respinge la richiesta di revisione del processo dopo che la Cassazione aveva respinto a sua volta i ricorsi in seguito alla sentenza della terza corte d’assise d’appello che confermava la condanna per Sofri, Bompressi e Pietrostefani a 22 anni.

Livorno: la madre di Marcello Lonzi chiede aiuto a Celentano

 

Il Tirreno, 11 marzo 2006

 

"Mi appello a Adriano Celentano perché guardi le foto di mio figlio morto e mi dica se, per lui, ciò che si vede è compatibile con una morte per malore". Inizia così l’appello a Adriano Celentano di Maria Ciuffi, la madre di Marcello Lonzi, il detenuto morto nel carcere delle Sughere l’11 luglio 2003. La donna spiega di rivolgersi all’ex molleggiato "non come cantante ma come uomo che ha sempre avuto il pregio di dire ciò che pensava e che, per questo motivo, ha anche pagato in prima persona", aggiunge. L’appello arriva dopo la decisione del gip del Tribunale di Genova di archiviare il caso, riaperto dopo una contro perizia del medico legale della Usl di Genova.

Massa: un "carcere modello"… perché è lasciato mezzo vuoto?

 

Il Tirreno, 11 marzo 2006

 

Alla base c’è un patto stipulato fra detenuti e autorità carceraria. L’obiettivo è di rendere più rapido il recupero e il reinserimento nella società. Un obiettivo che la piccola Casa Circondariale di Massa Marittima - fedele al principio che il carcere non deve essere soltanto pena, ma anche e soprattutto recupero - sta portando avanti con successo. Laureandosi come il più innovativo progetto penitenziario presente in Toscana. "La casa circondariale di Massa è una struttura aperta all’esterno - spiega l’assessore Luciano Fedeli -.

Per i detenuti sono organizzati corsi di formazione e laboratori artistici, ma anche vere esperienze di lavoro, graduali, al di fuori della struttura carceraria. E questo grazie al coinvolgimento di associazioni di volontariato e cooperative presenti sul territorio. Si è insomma costituita una sorta di "comunità penitenziaria aperta"". Pur stando in carcere il detenuto ha la possibilità di diventare un falegname, un restauratore, un fabbro o un bravo artigiano.

C’è chi, come il consorzio grossetano Con-Arte, insegna ai detenuti mestieri che stanno oramai scomparendo. Ma c’è spazio anche per l’agricoltura, per il cinema, per il teatro e per la musica: il carcere non soltanto fruirà dei servizi presenti sul territorio, ma li potrà anche erogare. E a seguire i detenuti non mancano psicologi ed esperti di risorse umane. "Oltre a Con-Arte - aggiunge Fedeli - sono coinvolte le cooperative sociali "Arcobaleno" e "Il nodo", l’Arci e il gruppo di solidarietà Heos, il Comune, la Conferenza dei sindaci di zona e il Centro territoriale permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta di Follonica". Ai carcerati, ed è questa l’ altra faccia del patto, è chiesto di rispettare in tutti i suoi aspetti il programma di recupero. "Gli ospiti di Massa Marittima - continua Fedeli - sono selezionati: non tutti possono accedere alla casa circondariale. Hanno la precedenza i carcerati condannati a pene leggere o che devono scontare gli anni di fine pena". E se il maggior problema delle carceri italiane è il sovraffollamento, la struttura massetana vive il problema opposto. "La Casa circondariale - aggiunge Fedeli - è studiata per ospitare una quarantina di detenuti. Al momento ve ne sono, sì e no, una ventina. Non vogliamo un carcere pieno, però se altre realtà anche in Toscana "scoppiano", si potrebbe ipotizzare una migliore ripartizione dei detenuti". Ma qual è la realtà delle carceri in Toscana? La Toscana accoglie tutte le tipologie di istituti: 12 case circondariali (Arezzo, Empoli, Firenze Sollicciano, Firenze "Mario Gozzini", Grosseto, Livorno, Lucca, Massa Marittima, Pisa, Pistoia, Prato, Siena), tre delle quali (la "Gozzini" a Firenze, Empoli e dal 2004 Massa Marittima) sono a custodia attenuata; e 5 case di reclusione: Gorgona, Massa, Porto Azzurro, San Gimignano e Volterra. In Toscana tre carcerati su dieci studiano. Nel 2004 su 3.886 detenuti presenti nei vari istituti 1.128 erano impegnati in attività di studio: il 29 per cento, di cui oltre un terzo (436) stranieri. La percentuale delle donne sale leggermente: il 32 per cento.

Porto Azzurro: i detenuti creano i libri per gli ipovedenti

 

Il Tirreno, 11 marzo 2006

 

Un laboratorio informatico molto particolare quello realizzato all’interno del carcere di Porto Azzurro. È finalizzato ad aiutare le persone che accusano una sostanziale diminuzione della vista e non riescono a leggere come gli altri. Funziona da alcuni anni e vi lavorano sei reclusi. Ma ieri è salito alla ribalta, per merito di un bambino, Antonio, di appena nove anni. Dalla nascita è ipovedente, cioè soffre di un sostanziale calo della vista; non è cieco, ma la sua capacita di vedere è fortemente ridotta. Frequenta le scuole di Grassina (Firenze) e ieri è salito a Forte San Giacomo, per visitare questo piccolo, ma importante laboratorio.

Antonio, da tempo, aveva un desiderio: conoscere chi gli ha fatto scoprire il piacere della lettura. Il laboratorio del carcere è infatti specializzato nella confezione di libri; non comuni volumi, però, ma scritti con il metodo Braille, il sistema di scrittura che permette anche ai non vedenti di poter usufruire del piacere della lettura. Il sistema si basa sulla combinazione di punti in rilievo percepibili al tatto, corrispondenti alle lettere dell’alfabeto. Ma non si tratta solo di questo. Il libro in oggetto deve corrispondere alle esigenze della persona cui è indirizzato; e i detenuti della cooperativa hanno elaborato il testo secondo le necessità di Antonio. È dal 2002 che all’interno della cittadella carceraria funziona questo laboratorio, uno dei segmenti in cui si articola uno specifico progetto della Regione.

"In questo caso - dice l’educatore della casa di reclusione di Porto Azzurro, Domenico Zottola - si tratta di un lavoro che punta a progetti individuali, o meglio ristretti a casi particolari, che la cooperativa San Giacomo offre". Piccole cose, insomma, ma per Antonio non è stato così. Il libro lo ha fatto sentire un bambino come tutti gli altri. Si è trovato così bene con il testo elaborato dai detenuti da esprimere il desiderio di voler parlare con questi sconosciuti "maghi" della scrittura che vivono in un mondo segregato; informarsi su come lavorano, congratularsi con loro che gli hanno regalato la gioia di leggere. Da qui la richiesta inoltrata alla Direzione delle carceri della Toscana ed ieri la visita all’interno dei bastioni spagnoli, per ascoltare i sei detenuti (insieme con un tecnico della cooperativa) che nella loro officina - oltre alle traduzioni in Braille - trascrivono, stampano e ricompongono libri scolastici anche per ipovedenti. Li riproducono al computer, poi ne ingrandiscono i caratteri per consentire una completa leggibilità.

"Antonio - dice ancora l’educatore - ha voluto stringere le mani a coloro che gli hanno permesso e permettono a lui come ad altri suoi compagni di compiere regolarmente il ciclo di studi". Era entusiasta per il laboratorio e si è augurato di potersi avvalere dello stesso servizio anche per il prossimo anno scolastico. Alla visita era presente il direttore della Casa di reclusione di Porto Azzurro, Carlo Mazzerbo che ha posto l’accento sulla particolare importanza ricoperta da un’attività di elevati contenuti sociali, le cui competenze sono spendibili sia durante la carcerazione sia in stato di libertà. La visita di Antonio all’interno dell’istituto è stata guidata dagli ispettori della polizia penitenziaria Franco Pireddu, Paolo D’Ascenzo e dal responsabile tecnico del laboratorio, Paolo Piga. Dice Mazzerbo: "Un’attività fra le tante all’interno del Forte San Giacomo resa possibile dal patrocinio della Regione Toscana, in particolare dall’assessore Gianni Salvatori e dalla sensibilità di Sergio Bonanni e della responsabile della stamperia Braille della Regione stessa". A conclusione della giornata è stato offerto un piccolo rinfresco dagli stessi carcerati che, come rimarca Zottola, "si rendono protagonisti di un lavoro per disagiati fruito da altri disagiati".

Massa: detenuto in permesso sequestra e rapina 4 persone

 

Il Tirreno, 11 marzo 2006

 

Doveva essere solo un premio a un detenuto che fino a quel momento si era comportato in modo esemplare: sei ore di libertà per girare per i negozi del centro di Massa. Così credeva il giudice di sorveglianza, che aveva firmato il permesso di uscita, e così credeva Mario Viaggi, professore di ginnastica in pensione col pallino del volontariato che si era offerto di accompagnarlo in questa sua passeggiata in sostituzione di una suora che si era sentita male. Non la pensava allo stesso modo il detenuto, però: Paolo Mendolicchio, 37 anni, milanese col vizio della rapina, aveva architettato la sua fuga nei minimi dettagli. Non aveva alcuna voglia di aspettare la fine della pena - febbraio 2013 - e così aveva messo in piedi un piano per poter scappare.

Per realizzare quel suo sogno di libertà Mendolicchio ha sequestrato l’ex professore per dodici ore, minacciandolo con un taglierino e costringendolo a guidare fino a Milano. Nel capoluogo lombardo è riuscito a entrare in casa della moglie, le ha fatto prelevare 250 euro al bancomat ed è ripartito portandosi dietro il povero volontario. L’incubo del pensionato è finito a Quarto Oggiaro, quartiere malfamato alla periferia milanese: lì l’evaso lo ha mollato in mezzo alla campagna rubandogli la vettura (una Hyundai Accent), il portafoglio e il telefonino. Da solo poi ha proseguito la fuga verso la riviera ligure, ma la sua voglia di libertà si è infranta in un posto di blocco della polizia a Sanremo. Forse voleva raggiungere la Francia, ma è caduto nella fitta rete di controlli disposti in occasione del festival della canzone. Non era la prima volta che quel carcerato usciva dal penitenziario di Massa. Già in altre due occasioni il giudice gli aveva concesso un permesso premio: sempre di sei ore e sempre accompagnato da Mario Viaggi. Negli altri due incontri, però, c’erano pure i genitori del rapinatore. Stavolta era diverso, il volontario era solo. Ma non era un problema, visto che aveva accompagnato diversi detenuti: li portava nei negozi, prendevano un caffè e mangiavano un gelato, nulla di più. Una passeggiata anche per lui, insomma. Appena fuori Mendolicchio ha pregato il professore in pensione (insegnava al liceo scientifico Marconi di Carrara) di accompagnarlo in un centro commerciale. Una volta arrivati nel parcheggio, però, invece di scendere dall’auto ha finto di sentirsi male. Viaggi si è avvicinato per prestargli soccorso, ma si è trovato un taglierino puntato alla gola. Poi un ordine perentorio: "Adesso metti in moto ed entri in autostrada". A poche centinaia di metri dal centro commerciale c’è l’ingresso della A12: da quel punto per il pensionato è iniziato un viaggio allucinante. Il rapinatore indicava da che parte andare all’ultimo momento. "Vai a destra, gira a sinistra". Col passare dei chilometri e delle ore la destinazione è diventata più chiara: Milano. Città dove Mendolicchio abitava quando era un uomo libero. Altre indicazioni e la Hyundai arriva a Quarto Oggiaro. Lì Viaggi viene costretto a suonare alla porta della moglie del malvivente. "Signora sono un assistente sociale, mi apra che le devo parlare", ha detto sotto la minaccia del taglierino. Una volta dentro il carcerato ha aggredito la consorte, la suocera e il figlio. Poi, visto che i tre non avevano soldi, ha mandato la moglie a fare un prelievo con il bancomat. Un’attesa snervante per chi è rimasto in casa. Il volontario pensava che la sua disavventura finisse lì, ma Mendolicchio lo ha ripreso con la forza e lo ha costretto a guidare per un altro po' di chilometri. Poi, in mezzo alla campagna, lo ha abbandonato dopo averlo alleggerito del portafoglio e del cellulare. E ha preso lui il volante in mano. L’ex professore è rimasto da solo senza sapere dove si trovava. Un attimo di sconforto, poi si è fatto forza e ha raggiunto la caserma dei carabinieri più vicina. Mentre lui raccontava il suo incubo, il carcerato veniva fermato a Sanremo a un posto di blocco della polizia. Viaggi, con i venti euro che gli erano rimasti in una tasca dei pantaloni, si è pagato il biglietto di ritorno in treno. Ripensando alla suora che doveva essere al posto suo.

Massa: l’Arci; se chi esce è abbandonato, ci ricasca subito

 

Il Tirreno, 11 marzo 2006

 

Uscire dal carcere e trovare il vuoto. "C’è sempre stato poco, ma oggi c’è il nulla. Il dettato costituzionale parla di reinserimento, ma quando uno si lascia alle spalle la detenzione - racconta Marco Solimano, presidente dell’Arci di Livorno - non trova alcun cuscinetto, alcun ponte con la vita esterna, anche per potersi riorientare". Chi esce, magari dopo anni, rischia di non trovare più i legami di una volta, è fragile, solo, senza opportunità. Le famiglie nel frattempo hanno vissuto il dramma della carcerazione, una situazione che può aver portato a forti lacerazioni. Alla fine il rischio è che chi esce torni di nuovo a delinquere.

"Ci vorrebbero strutture intermedie - spiega Solimano - strutture-ponte, dove trovare alloggio, dove ricominciare a misurarsi con il resto del mondo". Un’idea che l’Arci livornese discute da tempo: "I progetti ci sono - aggiunge il presidente - ma sono le risorse che mancano". Un’attività dopo il carcere. "Per chi esce l’unica possibilità è quella di misurarsi con il mercato del lavoro", indica Solimano. E qui il nulla, il vuoto, tornano a farsi sentire in maniera forte. C’è diffidenza e anche timore ad assumere chi è stato in galera, dove peraltro - con l’articolo 21 - è possibile lavorare all’esterno. Ci sono realtà carcerarie come quella di Massa Marittima dove gran parte dei detenuti (una trentina) lavora fuori presso privati o cooperative. "In quelle realtà dove è possibile sviluppare capacità lavorative - prosegue il presidente Arci - succede spesso che quando uno ha scontato la condanna, resti a lavorare, perché il datore lo ha conosciuto, si è instaurato un rapporto di fiducia". È in carcere, comunque, che cominciano quei percorsi di vita che hanno come scopo finale quello di recuperare la persona che è finita dietro le sbarre.

Ci sono gli educatori, ci sono gli agenti della polizia penitenziaria che hanno contatto quotidiano con i detenuti e ci sono i volontari. Nella casa circondariale delle Sughere di Livorno, ad esempio, "entrano" l’Arci, la Caritas e il Cesdi, i cui operatori sono mediatori culturali per le diverse etnie. Oltre il 40% della popolazione carceraria è costituita da extracomunitari. Volontari (che aiutano nella conoscenza del detenuto) e associazioni di volontari che si relazionano con il mondo del carcere. Progetti (finanziati da Comune e Regione) che vengono proposti a direzione e educatori penitenziari, con i quali tracciare un percorso da seguire, come ad esempio il laboratorio teatrale presente alle Sughere da quasi dieci anni e oggi, spiegano all’Arci, diventato permanente. "Una attività strutturata", indica Solimano. E in questo momento si sta lavorando a un testo che sarà presentato in estate a Effetto Venezia e c’è interesse da parte della Fondazione Teatro Goldoni. La risposta dei detenuti, sia ai volontari che ai percorsi proposti, è positiva - commentano all’Arci - in quanto è importante interloquire con l’esterno anche se a volte gli stessi operatori possono trovarsi in difficoltà non avendo gli strumenti necessari per poter rispondere a tutte le domande e attese del detenuto, che guarda oltre le sbarre, al mondo libero, al lavoro, alla casa, al dopo.

Savona: Verdi in visita al carcere; situazione drammatica

 

Savona Notizie, 11 marzo 2006

 

A seguito della presentazione della proposta di legge regionale volta ad istituire la figura del garante dei detenuti ieri il consigliere regionale verde Carlo Vasconi ha visitato il carcere Sant’Agostino parlando con detenuti e agenti penitenziari. "Il carcere - afferma Vasconi -, un ex convento convertito in casa circondariale, risulta ad oggi una struttura fatiscente assolutamente contraria al dettato costituzionale che sancisce che il carcere deve avere una finalità rieducativi. Tuttavia bisogna sottolineare la massima disponibilità e buona volontà della direttrice e degli agenti nel tentativo arduo di migliorare la qualità di detenzione dei cittadini del Sant’Agostino. Il rapporto personale detenuti è di 40 a 60 quindi buono per un carcere così piccolo. Infine i punti di forza dell’istituto sono il rapporto con le Asl e il Sert. Dei detenuti il 40% è extracomunitario e tossicodipendente. La maggior parte dei detenuti è vittima tra le altre cose delle storture della legge "ex Cirielli" che elimina alcuni benefici per i detenuti recidivi."

Imperia: i lavori di ristrutturazione del carcere sono conclusi

 

La Stampa, 11 marzo 2006

 

Sette detenuti, quasi tutti nordafricani, sono arrivati l’altra sera dal carcere di Genova. Altri quaranta sono attesi nei prossimi giorni, ma saranno trasferiti a gruppi, in più riprese. Il penitenziario di Imperia ha ripreso la piena funzionalità. Da qualche giorno sono finiti i lavori che riguardavano l’ala più malmessa al primo piano. Era quella che aveva maggiore necessità di ristrutturazione. Ha operato per circa due anni, il cantiere, un periodo nel quale la casa circondariale di via don Abbo, nella porzione rimasta aperta ha ospitato una quarantina di carcerati.

Ora si tornerà a livelli di affollamento precedenti agli interventi di ristrutturazione. C’era stato un periodo in cui la struttura sembrava non poter più reggere la pressione: troppi detenuti racchiusi in poco spazio. Si era arrivati a ospitare fino a 120 carcerati. Casi di autolesionismo da parte di reclusi che volevano attirare l’attenzione sul sovraffollamento rappresentavano la norma. Anche i sindacati che tutelano gli agenti della polizia penitenziaria avevano denunciato le difficoltà e i disagi, segnalando la sempre più problematica convivenza tra detenuti. Nelle carceri coabitano persone di etnia e religioni diverse. Il che fa diminuire la soglia di tolleranza delle tensioni. Bastava un minimo attrito per scatenare la reazione delle teste più calde. Dal punto di vista delle condizioni ambientali, a Imperia si registra un netto miglioramento. Le celle interessate dai lavori sono state rimesse a nuovo. Più grandi, le hanno adeguate a standard migliori.

Avezzano: lavori nel carcere, un accordo Ministero-Comune

 

Il Tempo, 11 marzo 2006

 

Un accordo tra Ministero e Comune per evitare la chiusura del carcere San Nicola di Avezzano durante i lavori di ristrutturazione. È quanto emerso da un incontro promosso dall’onorevole Rodolfo De Laurentiis con la direzione generale penitenziaria del Ministero di Grazia e giustizia. "I vertici della direzione amministrativa dei carceri italiani - ha dichiarato il parlamentare marsicano - si sono detti disponibili a trovare una soluzione tramite un accordo con il Comune di Avezzano". Con un protocollo d’intesa, secondo la direzione penitenziaria, si possono studiare modalità tecniche per la ristrutturazione, evitando la chiusura in attesa della realizzazione del nuovo carcere. Presupposto necessario per portare a termine l’operazione è la disponibilità del Comune di Avezzano.

"Nei prossimi giorni - ha aggiunto De Laurentiis - incontrerò il sindaco di Avezzano, Antonello Floris, per parlare, tra le altre cose, anche di questo problema". Il decreto del Ministero non è finalizzato alla chiusura del carcere, ma alla ristrutturazione dell’edificio. De Laurentiis, dopo le voci della possibile chiusura della casa circondariale, nei giorni scorsi ha anche visitato il carcere per rendersi conto della reale situazione strutturale e per ascoltare i dipendenti. Intanto interviene anche il capogruppo dell’Udeur in Consiglio regionale, Angelo Di Paolo: "Sulla vicenda della ristrutturazione del carcere di Avezzano occorre essere realisti e bandire inutili strumentalizzazioni. Occorre costruire il massimo della solidarietà politica e istituzionale perché l’istituto di pena marsicano torni al più presto, una volta completati i lavori, alla piena funzionalità e soprattutto con una organizzazione moderna e vivibile. Non bisogna dimenticare che in questo carcere lavorano ben 45 agenti e 21 tra operatori socio-sanitari".

Sulmona: appello dei detenuti per la liberazione di Tommaso

 

Il Tempo, 11 marzo 2006

 

La triste e drammatica storia del piccolo Tommaso Onofri, il bimbo affetto anche da una grave patologia, rapito e sottratto all’amore della sua famiglia, ha toccato i sentimenti più forti anche dei 97 detenuti del carcere di Sulmona che con un appello forte, carico di speranze, chiedono ai rapitori di liberare il piccolo Tommaso. "È un bambino piccolo - si legge nell’appello dei detenuti - e già con tante sofferenze per la grave malattia di cui è innocente vittima ed ha bisogno, così come tutti i bambini del mondo, della sua mamma e del suo papà. Ci rivolgiamo alle vostre coscienze e al vostro senso di umanità affinché questo piccolo miracolo si avveri". Nel sottolineare che proprio loro, in quanto detenuti, sentono in maniera forte, graffiante di non poter avere i propri figli vicino e quale sia il prezzo che quei figli pagano per questa lontananza, concludono:"Confidiamo in voi affinché questo nostro messaggio accenda quella piccola scintilla che tiene vivo l’amore nei vostri cuori e che vi porti a fare la cosa più giusta: liberare il piccolo Tommaso".

Taranto: 7 detenuti lavoreranno al manutenzione stadio cittadino

 

Giustizia.it, 11 marzo 2006

 

Sette detenuti della casa circondariale Carmelo Magli sconteranno parte della pena occupandosi del mantenimento del manto dello stadio cittadino Iacovone e del rifacimento delle pareti della sala stampa con creazioni artistiche. L’iniziativa a seguito di un’intesa tra carcere e Taranto calcio presentata in Comune dal direttore dell’istituto penitenziario Luciano Mellone. Tra le altre iniziative dei detenuti, che hanno partecipato ai corsi di formazione dell’ente Enaip di giardinaggio e del liceo artistico Lisippo, la realizzazione di un crest di bronzo per la squadra di calcio che verrà donato alle autorità e alle squadre ospiti.

Siracusa: spettacolo in carcere con la compagnia "Le Nereidi"

 

Giustizia.it, 11 marzo 2006

 

Lunedì 13 marzo, alle ore 16:30, il laboratorio teatrale del centro antiviolenza Le Nereidi mette in scena, nella casa circondariale di Cavadonna, uno spettacolo auto prodotto dal titolo "Luna sorniona". Un atto unico, comico-brillante, ambientato nell’anno 3001 in un pianeta abitato da sole donne le cui antenate erano state costrette ad allontanare gli uomini per salvare l’umanità dalla loro violenza e quindi dal rischio di estinzione.

Droghe: niente più metadone a domicilio, la Fict protesta

 

Redattore Sociale, 11 marzo 2006

 

"Il primo effetto dello stralcio Giovanardi, fortemente voluto dal Governo come strumento di aiuto ai tossicodipendenti, è quello di colpire i tossicodipendenti che prendono il metadone a domicilio. E si tratta o dei più deboli tra loro come i malati di Aids, o di chi, in Comunità, ha avviato un percorso di recupero e prende il metadone a scalare". Ad affermarlo è la Fict (Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche), che denuncia con forza "la gravità di questo provvedimento che, ancora una volta, mette la Legge al centro calpestando la persona".

Il problema era stato sollevato parzialmente oggi anche da Repubblica, che nella rubrica "Lettere" ha pubblicato la denuncia di una madre di un giovane tossicodipendente. La lettera faceva riferimento proprio all’ipotesi di un giovane in trattamento metadonico a cui il Sert di Bologna ha fatto sapere che, con la nuova norma, sarà costretto a sospendere il servizio di terapia domiciliare e qualsiasi forma di affidamento del farmaco a terzi. Tornando alla Fict, va detto che la federazione chiede al Governo "di ritirare immediatamente questo provvedimento che allontana i tossicodipendenti dai Servizi, complica enormemente il già faticoso lavoro delle Comunità e dei SerT senza portare, per contro, vantaggio alcuno ai cittadini".

Droghe: Margara; ecco cosa non va nella Fini - Giovanardi

 

Il Tirreno, 11 marzo 2006

 

"Chiari aspetti di incostituzionalità" e "seri dubbi sulla copertura finanziaria". Sandro Margara, ex direttore generale dell’ amministrazione carceraria, oggi in pensione, ha partecipato in qualità di giurista all’ assemblea del Forum Droghe, che si è tenuto oggi a Firenze, e non ha risparmiato critiche al testo di legge Fini-Giovanardi, approvato in via definitiva l’8 febbraio scorso alla Camera, con il voto di fiducia che era stato posto anche al Senato e nell’ ambito del più ampio decreto sulle Olimpiadi invernali.

Margara vede una "violazione spaccata" dell’ articolo 25 della Costituzione che recita che "nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso"". "Nel caso del testo Fini-Giovanardi le pene non sono definite - spiega Margara, intervenendo al Forum Droghe - e si rimanda ad un regolamento che dovrà stilare la commissione nominata dal ministro Storace, quindi ad un atto amministrativo e non ad una legge".

L’ altro punto critico evidenziato da Margara riguarda il fatto che la legge in questione "non pone l’ attenzione sulla persona, ma solo ed unicamente sulla sostanza". "In fatto di dipendenze - spiega - mettere al centro dell’ attenzione la persona, la sua volontà o capacità di recupero, è fondamentale, altrimenti non si riesce a fare quello che gli ispiratori del testo di legge dicono di voler fare e cioè strappare alla droga le persone. Oltretutto - aggiunge - se si mette al centro la sostanza si colpiscono anche i consumatori occasionali". Inoltre, secondo Margara, "la sanzione amministrativa, come il ritiro della patente per un periodo che varia da un mese ad un anno, che viene applicata dal prefetto in caso di consumo sotto la soglia minima, si accompagna ad un programma terapeutico solo se il prefetto lo deciderà e non capisco in base a quali competenze".

"Ultima, ma non di secondo piano" c’è la questione della copertura finanziaria che a Margara, appare "strano sia sfuggita al presidente della Repubblica, visto che - conclude - il testo di Fini era rimasto in un cassetto per quattro anni proprio perché non c’ erano i soldi".

Droghe: il Governo; niente carcere per chi fuma lo spinello

 

Il Messaggero, 11 marzo 2006

 

È questione di giorni e poi saranno resi noti i quantitativi di sostanze stupefacenti che potranno essere detenuti legalmente e oltre i quali si rischia di finire in carcere. Ad annunciarlo è stato ieri il sottosegretario alla Salute Cesare Cursi. "Tra qualche giorno saranno pubblicate le tabelle sulle sostanze stupefacenti previste dalla nuova legge antidroga". È quasi finito il lavoro della commissione istituita presso il ministero della Salute a cui è stato affidato il compito di fissare le soglie massime delle varie sostanze psicotrope, oltre le quali si configurerebbe il reato di spaccio.

"Bisogna evitare - ha poi aggiunto Cursi - che qualcuno possa dire che fumando uno spinello si finisca in prigione, cosa alquanto assurda e strumentalizzata". Resta il problema di capire la quantità esatta che ogni consumatore potrà detenere senza essere considerato uno spacciatore.

Qualche indizio in più lo ha fornito il ministro Carlo Giovanardi: "Le tabelle saranno stabilite sulla base di un principio di buonsenso", ha detto. Poi ha fatto un esempio: "Fino a 20 spinelli si potrebbe parlare di consumo personale - ha detto -, mentre dai 21 in su si ha a presunzione che ci si trovi di fronte a uno spacciatore. Se così non è la persona trovata con un numero di spinelli superiore a 20 dovrà dimostrare il contrario". Ma a parte le quantità, la nuova legge anti-droga continua a raccogliere critiche, e non solo dalle opposizioni.

A bocciare le nuove norme è stato addirittura Andrea Muccioli, figlio del fondatore di san Patrignano che ha parlato di "una enorme schifezza elettorale". Ma Muccioli avrebbe voluto maggior rigore. E invece? "Hanno spacciato per rigorosa e severa una legge che depenalizza di fatto il consumo, garantendo una sorta di impunibilità a moltissimi casi di spaccio". Intanto da una ricerca dell’Eurisko, effettuata telefonicamente dal 15 al 20 febbraio scorsi su un campione di mille persone over 15, emerge che il 45% degli italiani, quasi la metà, ritiene che le droghe siano tutte uguali, anche se poi hashish e marijuana tendono a essere considerate meno pericolose (77%) di eroina e cocaina (95%).

Droghe: don Smacchia scrive separatamente a Prodi e Berlusconi

 

Redattore Sociale, 11 marzo 2006

 

Don Egidio Smacchia, presidente della della Fict (Federazione Italiana Comunità Terapeutiche) ha scritto due distinte lettere rispettivamente a Romano Prodi, leader del centro-sinistra, e a Silvio Berlusconi, candidato per il centro-destra, con l’obiettivo di comprendere i programmi sulle dipendenze che l’Unione e la Casa delle Libertà che intendono attuare.

Scrive don Smacchia a Prodi: Il Programma elettorale dell’Unione, sotto il titolo "Educare, prevenire, curare". Non incarcerare, sintetizza in poche righe le linee della politica sulle dipendenze che intende attuare. Queste righe sono il succo, immagino, del più ampio dibattito avvenuto nella Fabbrica del Programma. Purtroppo brevità e chiarezza non sempre vanno a braccetto per cui mi permetto di porLe quattro domande per comprendere correttamente le linee politiche che l’Unione intende attuare.

"Nel programma - interroga don Smacchia - si parla di decriminalizzazione delle condotte legate al consumo. Poiché finora si è usato il termine depenalizzazione chiedo: quale differenza c’è tra decriminalizzazione e depenalizzazione? Nel Programma si esprime la volontà di rilanciare il ruolo dei Sert e dei servizi territoriali. Poiché i Sert sono servizi territoriali mi sembra una ripetizione superflua, a meno che nel termine servizi territoriali si intenda includere anche le Comunità terapeutiche. Se questa seconda ipotesi è corretta, non era più chiaro scrivere rilanciare il ruolo dei Sert e delle Comunità terapeutiche? Se, al contrario, si intende rilanciare solo i Sert, quale sarà il ruolo delle Comunità terapeutiche?"

Ed ancora: "Nel Programma si afferma che "le comunità terapeutiche dovranno essere messe in rete con il servizio pubblico". Il termine messe in rete non specifica la natura dei rapporti tra i soggetti in rete. I rapporti saranno quelli descritti nel Documento Alta Integrazione sottoscritto da Federsert-Fict-Cnca con l’istituzione dei Dipartimenti delle Dipendenze, oppure rimarranno quelli attuali che vedono le Comunità terapeutiche in un ruolo subalterno rispetto ai Sert? Gradirei conoscere a quale modello fa riferimento il Programma dell’Unione. Infine, si dice che il decreto legge del governo sulle tossicodipendenze deve essere abrogato. Il primo passo è chiaro, un po’ meno quelli successivi. Infatti non ci si limiterà al primo passo, cioè all’abrogazione del decreto legge, ma si proseguirà con passi successivi mirando al superamento della normativa in vigore dal 1990. Purtroppo nulla è detto circa le linee guida che orienteranno il cambiamento. Il Programma non può, ovviamente, scendere in questi particolari, però è pensabile che qualche linea politica sia stata definita. È possibile sapere qualcosa in più su questo tema cruciale?"

Da Prodi a Berlusconi. Al Presidente del Consiglio uscente, don Smacchia si rivolge così: "Il programma elettorale della Casa delle Libertà, non fa esplicita menzione delle linee politiche che intende perseguire per quanto riguarda il contrasto delle dipendenze da sostanze stupefacenti. L’unico accenno al tema lo trovo nell’elenco delle 36 grandi riforme del Governo Berlusconi dove, al punto 12 a proposito di sicurezza, si parla della legge sulla droga".

"Sul finire della legislatura – ricorda don Smacchia - la Casa delle Libertà ha apportato alcune modifiche, note come stralcio Giovanardi, alla Legge 309/90 sulle quali la Fict, nella Conferenza di Palermo, ha espresso alcune riserve - in particolare sui minori e sull’integrazione dei Servizi Pubblici e Privati - proponendo soluzioni alternative che purtroppo non sono state accolte nel citato stralcio. Le chiedo: con l’approvazione dello stralcio Giovanardi la Casa delle Libertà considera completata la revisione della Legge 309/90? Oppure pensa di riprendere la legge 309/90 e riscriverla in modo più completo ed organico? Nella seconda ipotesi, intende riprendere il Ddl del 2003, noto come legge Fini? Oppure sta pensando ad altre ipotesi?".

Droghe: nuova legge; i dubbi del Movimento Nazionale Farmacisti

 

Help Consumatori, 11 marzo 2006

 

Numerosi i dubbi e le perplessità - secondo il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti - sono generati in questi giorni dalla nuova legge sugli stupefacenti (L. 49/2006). La legge entrata in vigore il 28 febbraio scorso e comunicata agli operatori sanitari il 1 marzo 2006 dal Ministero della Salute sta creando alcune difficoltà interpretative nel mondo della sanità.

Molti medici non sono a conoscenza della nuova legge che è stata approvata con troppo fretta all’interno di un provvedimento finalizzato a garantire la sicurezza ed i finanziamenti alle Olimpiadi invernali di Torino. In particolare quello che preoccupa il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti non sono gli adempimenti burocratici che in alcuni passaggi, quando la legge andrà a pieno regime ,dovrebbero essere semplificati, ma le norme di dispensazione dei farmaci elencati nell’ultima sezione (Tab. II sez. E) delle tabelle degli stupefacenti presenti nella legge. In questa tabella sono iscritti anche i farmaci a base di benzodiazepine, farmaci questi che hanno un notevole potenziale di abuso e che quando sono usati a fini terapeutici vengono utilizzati soprattutto per curare ansia e insonnia.

Nella precedente legislazione questi farmaci potevano essere acquistati in farmacia attraverso la presentazione di una ricetta ripetibile valida per cinque confezioni all’interno di un periodo di tre mesi. Con la nuova legge sugli stupefacenti gli stessi farmaci potranno essere acquistati sempre cinque volte ma entro un mese dalla prescrizione del medico. L’accorciamento del periodo di validità delle ricetta invece di porre sotto un più stretto controllo l’uso di questi farmaci paradossalmente ne aumenta le possibilità d’abuso, potendo il paziente acquistare un numero maggiore di confezioni a parità di tempo. È facile prevedere che con la nuova legge i pazienti cercheranno di avere tutte le confezioni dispensabili entro il mese di validità, mentre con la vecchia legge lo stesso numero era ripartito in tre mesi. Meglio sarebbe stato legare la validità della ricetta rispetto alla posologia indicata dal medico, limitando, in questo modo, la validità della stessa ad un mese di terapia effettivo, permettendo, al contempo, un più efficace controllo della terapia.

Il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti auspica un ripensamento delle Istituzioni su una norma che incide sull’uso di farmaci spesso oggetto di abuso soprattutto negli anziani.

Immigrazione: dal 14 marzo domande per i permessi alle Poste

 

Ministero Interni, 11 marzo 2006

 

Il decreto riguardante i flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari per l’anno 2006 (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 febbraio 2006, che ha stabilito la quota massima di 170.000 lavoratori stranieri non comunitari residenti all’estero da ammettere nel territorio dello Stato per l’anno 2006) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie generale, n° 55 del 7 marzo 2006. Nella stessa data è stata emanata la circolare illustrativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che stabilisce anche la distribuzione delle quote sul territorio nazionale. In calce al suddetto decreto è stata riportata l’avvertenza che le domande possono essere presentate agli uffici postali abilitati a partire dalle ore 14.30 di martedì 14 marzo 2006. Si precisa al riguardo, d’intesa con Poste Italiane, che ogni persona in fila allo sportello potrà consegnare fino a un massimo di cinque domande alla volta".

Immigrazione: Cpt di Bologna al freddo, ma migliora l'assistenza

 

Redattore Sociale, 11 marzo 2006

 

Cpt Bologna: gli ospiti sono al freddo, ma è migliorata l’assistenza sociale e legale. Katia Zanotti, parlamentare Ds, continuando nella sua azione di monitoraggio sul funzionamento della struttura, si è recata ieri in visita in via Mattei. "Contro i muri – ha dichiarato – ho visto il nero di numerosi fuochi accesi dai migranti utilizzando piatti di carta o indumenti, poiché all'interno delle camerate rimane un freddo tale che non riescono a riscaldarsi nemmeno con diversi strati di coperte".

Gli ospiti "lamentano i continui cambiamenti nell’organizzazione della struttura – ha aggiunto la Zanotti – senza che l’ente gestore (la Misericordia di Modena, ndr) faccia alcunché per informarli o coinvolgerli. La mensa, ad esempio, non è al momento più utilizzabile ed è stato quindi tolto l’unico ampio spazio di socializzazione di una struttura che ormai è intermente suddivisa in tante piccole gabbie dentro le quali i migranti trascorrono le loro lunghe vuote giornate". È dal primo aprile scorso che la gestione del cpt di Bologna è passata dalla Croce Rossa alla Misericordia di Modena; quest’ultima è diventata così l’unica organizzazione dei due centri di permanenza temporanea in Emilia-Romagna. La parlamentare rileva tuttavia come il cambio di gestione abbia affidato ad alcuni operatori sociali un progetto che, "grazie alla forte motivazione e all’impegno soggettivo di ognuno di loro, ha dato vita ad alcuni fatti significativi per quanto riguarda le attività di sostegno di tipo psicologico e assistenziale alle persone dentro il cpt". Si tratta di interventi di "riduzione del danno", per consentire agli ospiti percorsi comuni con il supporto di mediatori culturali e di assistenti sociali, per la condivisione di informazioni, esperienze e condizioni esistenziali dei singoli migranti. "Il progetto si sta sostanziando in gruppi di auto-aiuto e di avvio del percorso di protezione sociale per le donne oggetto di sfruttamento sessuale, e già 9 donne ne hanno beneficiato – spiega la Zanotti – . In collaborazione con l’ufficio stranieri della Cgil si è poi attivato un intervento di recupero crediti che coinvolge quei migranti che arrivano al cpt direttamente dal posto di lavoro e che altrimenti rischierebbero di perdere sia il salario che altri eventuali benefici economici". Infine è in previsione l’apertura di uno sportello di informazione legale "per garantire un costante e continuativo intervento di supporto dentro le gabbie del cpt".

Immigrazione: l’Arci contro l'apertura dei Cpt di Bari e Gradisca

 

Redattore Sociale, 11 marzo 2006

 

L’Arci esprime la propria ferma opposizione all’apertura dei due Cpt di Bari e Gradisca, "ultimo atto di un governo che ha fin dall’inizio cercato la demonizzazione dei migranti, creando dei luoghi di non-diritto all’interno del nostro paese". Secondo Filippo Miraglia responsabile per l’immigrazione, "la presenza dei pochi immigrati in entrambi i centri (4 a Bari e 6 a Gradisca) mostra come la scelta di attivare i due Cpt alla vigilia delle elezioni sia solo l’ultima trovata propagandistica di questa destra illiberale che strumentalizza un tema delicato come l’immigrazione a fini elettorali. "Continueremo a opporci alla creazione e al mantenimento di questi centri illegali, come abbiamo fatto anche in queste ultime ore a Bari e a Gradisca. - prosegue l’Arci - A Bari in particolare questa mattina la massiccia presenza delle forze dell’ordine non ha fermato gli attivisti dell’Arci, della rete No-Cpt, di Rifondazione Comunista che hanno bloccato, in maniera non violenta, l’ingresso degli operatori all’interno del centro al cambio-turno, fin quando non c’è stato lo sgombero coatto da parte della polizia. A Gradisca invece continuano i presidi davanti al Cpt e forze e politiche e movimenti si stanno attivando per la realizzazione di una manifestazione il 18 marzo, in concomitanza con la manifestazione nazionale a Roma contro la guerra in Iraq". Secondo l’Arci "la politica proibizionista del governo è l’unica responsabile della clandestinità e irregolarità di centinaia di migliaia di persone". L’organizzazione fa sapere che parteciperà alle iniziative previste il 18 marzo a Roma, in occasione del terzo anniversario dell’inizio della guerra in Iraq, per ribadire il proprio rifiuto della logica di guerra permanente e preventiva, che ha riflessi pesanti anche sul piano interno, in particolare per quel che riguarda il trattamento riservato ai migranti che giungono nel nostro paese.

Brasile: scavano un tunnel sotto il carcere, evadono in 44

 

Agr, 11 marzo 2006

 

Evasione di massa dal carcere brasiliano dello stato di Rendonia, a circa 2.500 chilometri a nord-ovest di San Paolo. Quarantaquattro detenuti sono riusciti a fuggire attraverso un tunnel scavato sotto la prigione. La polizia ha riferito che sette dei fuggitivi sono stati arrestati. Tra gli evasi anche pericolosi criminali condannati per omicidi, stupri e rapine a mano armata.

Guantanamo, Pentagono; alimentazione forzata per i detenuti

 

Ansa, 11 marzo 2006

 

Il Pentagono continuerà ad alimentare di forza i detenuti del carcere cubano di Guantanamo Bay che rischiano la vita a causa di uno sciopero della fame. Lo ha indicato un portavoce del Dipartimento della Difesa, Bryan Whitman, oggi a Washington, spiegando che "la politica del Dipartimento rimane la stessa, e cioè appoggiamo la difesa della vita attraverso tecniche mediche appropriate, in maniera umana". Un gruppo di 263 medici di sette paesi hanno oggi chiesto a Washington di rinunciare alla pratica dell’alimentazione forzata -spesso legando i detenuti su speciali sedie e alimentandoli attraverso tubi nasali inseriti fin nello stomaco- giudicando che si tratta di atti contrari alla professione medica. L’appello è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista medica britannica The Lancet. I detenuti di Guantanamo - la maggior parte dei quali ex taleban afghani mai incriminati formalmente nonostante siano lì da oltre tre anni- sono quasi 500. Attualmente, secondo il Pentagono, sei persone sono in sciopero della fame, tre delle quali vengono alimentate di forza.

Iraq: Abu Ghraib mai più carcere, diventerà un deposito

 

La Repubblica, 11 marzo 2006

 

Abu Ghraib non sarà più un carcere. Una volta che le forze americane avranno trasferito della tristemente famosa prigione alla periferia di Baghdad tutti e 4.500 i detenuti, il governo iracheno ne farà un deposito del ministero della Giustizia. "Non ci saranno più detenuti ad Abu Ghraib", ha assicurato oggi il ministro della Giustizia iracheno Abd al Hussein Shandel. L’annuncio è arrivato all’indomani della decisione degli Stati Uniti di spostare entro pochi mesi i prigionieri a Campo Cropper, nella grande base allestita nell’aeroporto di Baghdad. Il controllo della struttura passerà al governo iracheno che intende chiudere definitivamente con il passato. Negli anni Abu Ghraib si è guadagnato una ben triste fama, prima come centro di torture degli oppositori al regime di Saddam Hussein, poi per gli scioccanti abusi compiuti da guardie militari statunitensi sui prigionieri iracheni. Fra qualche mese però non vi saranno più detenuti nella struttura. Abu Ghraib "sarà usato soltanto come magazzino del ministero della Giustizia", ha assicurato Shandel, una decisione presa "per motivi di sicurezza".

 

 

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