Rassegna stampa 21 luglio

 

Indulto: D’Ambrosio; sono contrario, al Senato voterò no

 

La Stampa, 21 luglio 2006

 

"Sull’indulto sono nettamente contrario e perciò voterò contro". Gerardo D’Ambrosio, l’ex magistrato milanese che per anni ha impersonato una delle anime di Mani Pulite, oggi è un senatore diessino. Ha sempre avuto il pregio di parlar chiaro. Un’abitudine che non ha perso neppure adesso che siede sui banchi del Parlamento.

 

Senatore D’Ambrosio, dunque l’indulto non le piace. Anche perché c’entra Cesare Previti, eh?

"Certo, quello è un problema... Ma non mi interessano i problemi personali. Sono e resto contrario all’indulto in linea generale. Ho sempre definito amnistie e indulti come il miglior modo per differire la soluzione dei problemi della giustizia. Se permettete, preferirei affrontare i problemi strutturali".

 

Eppure c’è una larghissima maggioranza a favore. Le celle scoppiano.

"Già. Mi si dice: dobbiamo sfollare le carceri che sono sovraffollate. Giustissimo. Lo capisco anch’io che in un carcere dove si vive in troppi, e dove non si può lavorare, la pena si trasforma. Diventa più afflittiva del previsto. Ma ci sono altri modi, secondo me, per sfoltire la popolazione carceraria. E l’indulto è il peggiore".

 

Altri modi?

"Guardi, ho appena presentato una proposta di legge per abrogare gli articoli della Bossi-Fini che portano in carcere i clandestini che non hanno rispettato l’ordine di espulsione. Gente che di sicuro non è pericolosa. A leggere i dati ufficiali, l’anno scorso sono stati 11.500 gli extracomunitari che sono passati per il carcere. E molti di più diventeranno in futuro perché è tipica materia di reiterazione. Eppure pochi sanno che negli Stati Uniti, dove c’è un enorme problema di immigrazione clandestina, con il loro sano pragmatismo, non hanno mai pensato di mettere i clandestini in carcere. Ovvio: costa molto meno riaccompagnarli a casa che tenerli in cella. A proposito, un altro dato ufficiale: ogni detenuto costa allo Stato 3.500 euro".

 

Con l’indulto, però, un certo numero di detenuti potrebbe lasciare la cella.

"Lo so. Sapete quanti? Secondo i miei calcoli, almeno centomila sentenze verranno cancellate: 35 mila dovrebbero essere i detenuti che sono in cella con condanna definitiva fino a tre anni, altri 70 mila hanno la sentenza sospesa in attesa di decisioni del tribunale di sorveglianza. Più c’è da considerare che molti, cancellati tre anni di pena, scenderanno sotto la soglia che li farà ammettere alle pene alternative: tanti altri che usciranno di carcere. Insomma sarà un bel colpo di spugna sulle sentenze, non c’è che dire. Si vanifica un gran lavoro della magistratura".

 

Tutti fuori dal carcere, d’un botto, con un voto in Parlamento. Su quest’indulto, di cui si parla da anni, c’è però un accordo di ferro tra maggioranza e opposizione, lo sa? Purché siano cancellati anche i reati finanziari, Forza Italia voterà a favore.

"Eh, la politica... Guardi che io mi considero un tecnico in prestito. La politica mi ha chiamato per i miei pareri? E io la penso così: molto meglio sarebbe depenalizzare certi reati, e trovare soluzioni stabili per i problemi della giustizia, che un indulto che non risolve niente. Tra sei mesi siamo daccapo".

 

Più o meno la pensa così anche l’altro ex magistrato Antonio Di Pietro.

"Lo capisco. Anch’io voterò contro. Anche perché forse non ci si rende conto che qui si vanno a cancellare sentenze serie. Consideri che un furto in appartamento, in media, è condannato a otto mesi di carcere. L’indulto cancellerebbe pene per reati molto più gravi, fino a tre anni. Reati seri".

 

Ha provato a parlarne con i suoi colleghi della commissione Giustizia del Senato?

"No, sarebbe prematuro. Attendiamo di vedere che cosa decide la Camera e poi ne parleremo. Ma non si può mettere nel nulla il lavoro dei magistrati".

Giustizia: Di Pietro minaccia le dimissioni se passa l’indulto

 

Gazzetta del Sud, 21 luglio 2006

 

Non c’è solo il caso dei senatori "dissidenti" della sinistra radicale a turbare in questi giorni i sogni di compattezza della maggioranza. Dall’indulto al Dpef, fino alla presidenza delle bicamerali, da giorni l’Italia dei Valori si mette di traverso e sul partito di Di Pietro piovono accuse di "minare la tenuta" dell’Unione. E per arginare gli attacchi scende in campo il "gran capo" dell’Idv, Antonio Di Pietro, che si difende attaccando: "Sull’indulto siamo noi i paladini del programma dell’Unione e poi non c’è alcun caso De Gregorio, che si attiene alla linea dell’Italia dei Valori". Se alla Camera il muro contro muro dell’Idv all’indulto resta nei toni della dialettica politica, con inviti al dialogo e minacce di ostruzionismo, nella "trincea" Senato è ormai considerato da più parti "un problema" l’atteggiamento del presidente della commissione Difesa Sergio De Gregorio, sotto osservazione da quando ha strappato la presidenza con i voti della CdL.

Mercoledì il senatore Idv è tornato a votare con l’opposizione il parere contrario al Dpef e ieri è scattato l’allarme rosso. De Gregorio è stato anche oggetto di approfondimento in una riunione dei capigruppo del Senato che ha deciso di aprire un dialogo con la CdL proprio nella commissione Difesa anche per disinnescare il valore del voto del senatore Idv.

"De Gregorio è un problema serio e quindi bisogna affrontare come far passare i provvedimenti del governo in commissione Difesa", sbotta senza mezzi termini il capogruppo di Rifondazione a Palazzo Madama Giovanni Russo Spena.

Pone un "problema di verifica della maggioranza al Senato" il capogruppo dell’Udeur a Montecitorio Mauro Fabris che accomuna il senatore Idv al ribelle di Rifondazione Salvatore Cannavò che ha votato no al ddl sulle missioni. E l’Udeur non perde occasione di attaccare sulle nomine Anas: "Non ci resta che prendere atto che, nel mentre il ministro Antonio Di Pietro minaccia di uscire dal governo sull’indulto, intanto, procede in proprio nelle nomine senza consultare gli alleati".

Ma Di Pietro non ci sta a passare per il traditore dell’alleanza e attacca duro. Difende De Gregorio e rivendica all’Idv la linea tenuta dal senatore in commissione: "O si dotano i nostri soldati degli strumenti necessari per garantire la sicurezza, o il parere al Dpef è negativo". Non è De Gregorio a sbagliare ma è l’Unione che "per dare il contentino ad alcuni esponenti integralisti riduce i fondi".

Stessa linea in difesa dell’indulto: "L’Unione sta svendendo il rigore annunciato ai cittadini in materia di legalità, non siamo noi a non rispettare il programma, sono altri che per avere il voto della Cdl regala i reati di corruzione".

A surriscaldare gli animi c’è anche una questione di poltrone: la presidenza delle commissioni bicamerali. L’Idv aspira a mettere alla presidenza dell’Antimafia Leoluca Orlando, ma gli alleati fanno presente che se De Gregorio resta in quota Idv, il partito, che fa capo a Di Pietro, dovrà in qualche modo "risarcire" e rinunciare alla bicamerale dopo aver strappato la commissione Esteri al Prc. Ma il ministro non ci sta: "Nell’accordo di coalizione c’è anche la questioni bicamerali e l’accordo va rispettato". La capigruppo si aggiorna e rinvia. In attesa di venti più unitari.

Sull’indulto anche la Lega avverte che sarà battaglia. E intanto in carceri come Rebibbia comincia la protesta pacifica dei detenuti. Ma quello che non va giù al partito che fa capo al ministro delle Infrastrutture è che possono beneficiare dell’indulto anche chi commette reati finanziari e contro la Pubblica Amministrazione. E a nulla vale il tentativo di mediazione, invocato dal capogruppo del Prc Gennaro Migliore, e portato avanti informalmente dal deputato dell’Ulivo Pierluigi Mantini in una riunione tra i componenti di maggioranza della commissione Giustizia della Camera.

L’Idv rifiuta anche la proposta di escludere dal provvedimento di clemenza tutti i reati dei "colletti bianchi" ad eccezione della corruzione in atti giudiziari.

Archiviato il tentativo di mediazione, subito sconfessato dall’Ulivo, il braccio di ferro con i "dipietristi" prosegue. E così al termine di un’assemblea dei gruppi di Camera e Senato il capogruppo dei Ds-Dl in commissione Giustizia, Alessandro Maran, è categorico: "Il testo Buemi non si cambia. È il migliore degli accordi possibile".

In Aula l’Ulivo non presenterà nessun emendamento che comporti significativi mutamenti anche se, come spiega l’ulivista Paolo Gambescia, "sugli emendamenti molto dipenderà dalla sensibilità personale dei singoli deputati". Della serie non si escludono "iniziative personali".

Sul testo Buemi, intanto, Udc e Forza Italia potrebbero convergere, anche se gli "azzurri" continuano a contestare la proposta di modifica "anti-Previti": quella che esclude dall’indulto le pene accessorie perpetue come l’interdizione dai pubblici uffici, proprio quella che è stata comminata al deputato di FI per corruzione in atti giudiziari nella vicenda Imi-Sir. An, invece, annuncia il suo "no". La conferenza dei capigruppo fissa a lunedì la discussione generale del provvedimento e a martedì e mercoledì l’esame degli emendamenti e il voto finale.

Giustizia: forum salute in carcere, riforma irrinunciabile

 

Ansa, 21 luglio 2006

 

"È ormai irrinunciabile l’applicazione immediata della riforma della sanità penitenziaria". A chiederlo è il Forum per il diritto alla salute in carcere, che ha convocato per domani un incontro a Montecitorio con parlamentari e giornalisti "per illustrare la situazione reale delle intollerabili condizioni di salute e ambientali che vivono i detenuti e le detenute, e come riprendere immediatamente il cammino della riforma della medicina penitenziaria".

Il processo di trasferimento delle funzioni sanitarie del Ministero della Giustizia alle Regioni, si legge in una nota del Forum, "non può più essere rinviato": "sette anni di mancata applicazione del decreto legislativo 230/99 hanno prodotto una situazione di grave compromissione del diritto alla salute dietro le sbarre". Il sistema penitenziario, spiega il Forum, contiene ad oggi circa 62 mila cittadini momentaneamente privati della libertà personale (di cui 3 mila donne e più di 20 mila i cittadini extracomunitari).

Di questi circa 22 mila sono in attesa di giudizio, 40 mila quelli in esecuzione di condanna definitiva. Negli ultimi sette anni la popolazione detenuta è cresciuta di più di 10 mila unità, circa il doppio gli stranieri incarcerati. Rimane invece stabile la percentuale di tossicodipendenti, che passano da poco più di 15 mila del 1999 ai circa 17 mila del 2005. E "Al mancato trasferimento delle funzioni sanitarie alle Regioni - prosegue la nota - ed all’inarrestabile aumento dei flussi detentivi verificatisi nell’ultimo quinquennio ha corrisposto anche una sostanziosa diminuzione delle risorse economiche da destinare alle attività di cura e prevenzione negli istituti penitenziari: si è passati dai circa 110 milioni di euro del 2000 stanziati per l’organizzazione ed il funzionamento del servizio sanitario e farmaceutico ai poco più di 90 spesi nel 2005.

Questi numeri dichiarano l’assoluta insostenibilità di questa situazione". In pratica la spesa pro-capite per l’assistenza sanitaria in carcere si è via via ridotta, fino ad arrivare a poco più di quattro euro lordi al giorno per detenuto. "Un quadro, insomma, gravissimo - si legge - che fotografa una situazione indegna di un paese civile. Il diritto alla salute per i cittadini reclusi oggi non è reso esigibile, non è universale".

Campania: 500mila euro per i detenuti tossicodipendenti

 

Redattore Sociale, 21 luglio 2006

 

Cinquecentomila euro per realizzare interventi a favore dei detenuti tossicodipendenti. È quanto hanno stanziato gli assessorati alle Politiche Sociali e alla Sanità della Regione Campania, per il cosiddetto "Fondo carceri", attingendo al Fondo vincolato Lotta alla Droga dell’Assessorato alla Sanità e dal Fondo Nazionale Politiche Sociali. Le risorse congiunte serviranno a "migliorare la salute delle persone in condizione di restrizione della libertà e di coniugare la risposta penale con quella sociale". In particolare le misure di sostegno puntano a contrastare il disagio quotidiano derivante dalla detenzione. Il 20% della popolazione carceraria, attualmente detenuta, è costituita da tossicodipendenti e circa il 70% di essi presenta, nel corso della propria storia di dipendenza, almeno un episodio di carcerazione. Dei 7.000 detenuti presenti nei diciassette istituti di pena della Campania, oltre 1.400 sono, infatti, tossicodipendenti. I due assessorati hanno anche costituito un Gruppo di Lavoro intersettoriale tra il Settore Fasce Deboli e il Settore Assistenza Sociale per la verifica dei progetti e il monitoraggio delle fasi intermedie e finali.

L’idea di fondo è quella di creare delle opportunità attraverso la realizzazione di una pluralità di iniziative, micro-progetti, fortemente personalizzati ed inseriti nei programmi terapeutici e di risocializzazione. A presentare i progetti saranno direttamente gli Istituti di Pena, che riceveranno le risorse secondo un criterio di riparto basato sul rapporto tra popolazione detenuta complessiva e numero di tossicodipendenti presenti, e i tre Istituti Penali Minorili di Nisida, Airola e Lauro. Le iniziative, aperte alla partecipazione di altre realtà istituzionali e associative (enti ecclesiastici, volontariato, cooperazione sociale, enti ausiliari) delle comunità locali, prevedono l’attivazione di borse lavoro per il reinserimento socio lavorativo, la realizzazione di progetti finalizzati per minori, donne detenute e con figli, la costituzione di una "banca dell’aiuto" (raccolta di opportunità e risorse da mettere a disposizione, con particolare attenzione ai detenuti immigrati), attività sportive, di laboratorio e di animazione.

"Con questo provvedimento - afferma l’assessore alle Politiche Sociali della Regione Campania, Rosa D’Amelio - incentiviamo ulteriormente azioni già promosse e tracciamo una prospettiva per una politica di prevenzione nelle carceri ancora più adeguata. Gli interventi saranno personalizzati per meglio incidere sulle problematiche che interessano i singoli detenuti. Il nostro obiettivo sarà rivolto anche ad attivare strumenti che possano agevolare il reinserimento sociale. Le cifre delle carceri sono molto preoccupanti e di fronte a questo ci devono essere impegni concreti. La Regione Campania ha dato dimostrazione, anche in questo campo, di avere una strategia efficace". "Limitazione della libertà - aggiunge l’Assessore alla Sanità della Regione Campania Angelo Montemarano - non significa limitazione della cura, che anzi è un diritto essenziale e prioritario per chi vive già il disagio della detenzione. Il nostro impegno consisterà nell’attivare le misure integrate di presa in carico, in grado di accogliere la persona in tutta la sua complessità e globalità".

Giustizia: a Roma si parla di amnistia, indulto e salute in carcere

 

www.osservatoriosullalegalita.org, 21 luglio 2006

 

In vista del dibattito che si aprirà, lunedì 24 luglio, alla Camera dei Deputati sui problemi della giustizia e in particolare su indulto e amnistia, il "Forum nazionale per il diritto alla salute di detenuti e detenute e l’applicazione della riforma della medicina penitenziaria", sottoporrà oggi all’attenzione dei parlamentari e dell’opinione pubblica la drammatica situazione della salute nelle carceri, dove attualmente sono recluse circa 62.000 persone di cui 22,000 in attesa di giudizio.

A tale scopo ha convocato una conferenza stampa a Montecitorio per illustrare "le intollerabili condizioni di salute e ambientali che vivono i detenuti e a sollecitare la ripresa del cammino della riforma della medicina penitenziaria, con il trasferimento completo delle funzioni sanitarie dal Ministero della Giustizia alle Regioni oggi limitato ai soli settori della prevenzione e della tossicodipendenza".

La mancata applicazione del D.Lgs 230/99, sottolineano gli organizzatori, "ha causato una grave compromissione del diritto alla salute in carcere. In 7 anni i detenuti sono cresciuti più di diecimila unità. Al mancato trasferimento delle funzioni sanitarie alle Regioni, e all’aumento dei flussi detentivi nell’ultimo quinquennio, ha corrisposto una diminuzione delle risorse economiche per la cura e la prevenzione passate dai circa 110 milioni di euro del 2000 ai poco più di novanta del 2005". La spesa pro-capite si è ridotta "nonostante che il Dap dichiari che circa il 13% dei detenuti versa in cattive condizioni, oltre al crescente verificarsi di patologie tipiche di paesi extracomunitari".

All’incontro odierno parteciperanno fra gli altri l’On. Leda Colombini, presidente Forum nazionale per il diritto alla salute di detenuti e detenute e l’applicazione della riforma della medicina penitenziaria, Bruno Benigni, presidente del Centro Nazionale "Basaglia", Sandro Quaglia, vice presidente del Sindacato autonomo Infermieri Penitenziari e Fabrizio Rossetti, Cgil - Funzione Pubblica Nazionale e sono stati invitati i presidenti delle Commissioni Giustizia e Salute della Camera e del Senato. Hanno già assicurato la loro partecipazione i sottosegretari alla Sanità Antonio Gaglione e alla Giustizia Luigi Manconi e il Provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Ettore Ziccone.

Indulto: dichiarazione del Garante dei detenuti Angiolo Marroni

 

Comunicato stampa, 21 luglio 2006

 

Sono naturalmente a favore dei provvedimenti di Amnistia e Indulto. Importante è che, anche se senza Amnistia, il Parlamento possa votare la misura dell’Indulto per condanne fino a tre anni di reclusione.

Con questa soluzione si prevede che possano uscire dal carcere oltre 12.000 persone, anche se tali stime sono, ovviamente, condizionate alla tipologia di reati che la misura conterrà. In tale ottica, credo sia possibile - dal punto di vista umano ed etico - rivedere e allargare la soglia dei reati ricompresa nel beneficio, che nella proposta è molto limitata.

Auspico che il dibattito di queste ore serva anche a far sì che l’opinione pubblica prenda coscienza che, anche con l’Amnistia e l’Indulto, resta sempre il problema principale del sovraffollamento degli istituti di detenzione.

Un problema, quello del sovraffollamento, che si può risolvere solo con il cambiamento del diritto penale e di quello penitenziario nel senso che si possano prevedere pene alternative al carcere per colpire gli autori di alcuni reati. Fermo restando, ovviamente, il rispetto del sacrosanto diritto alla sicurezza dei cittadini.

Napoli: consiglieri An a Poggioreale; anche 10 detenuti per cella

 

Gr News, 21 luglio 2006

 

"Abbiamo trovato anche dieci, dodici persone in una sola cella, con letti a castello a tre piani. Pochi metri quadrati dove vivere 22 ore al giorno. Per fortuna che i disperati del carcere di Poggioreale due ore possono trascorrerle nel cortile, dove giocano a pallone e fanno quattro chiacchiere".

Lo afferma il consigliere regionale di Alleanza nazionale, Pietro Diodato, recatosi stamattina per un’ispezione nella Casa circondariale di via Nuova Poggioreale. Alle 9.30 Diodato e il consigliere comunale Andrea Santoro, suo compagno di partito, hanno varcato la soglia del carcere più affollato d’Europa. I due esponenti di An sono stati ricevuti dal direttore della Casa circondariale, Salvatore Acerra. "Quando siamo arrivati, c’erano alcuni imbianchini che stavano verniciando le colonne e i cancelli d’ingresso di Poggioreale.

Abbiano trovato una struttura dignitosa, ben tenuta ma il problema del sovraffollamento resta", spiega Santoro. Tutto è pronto, dunque, per accogliere, sabato prossimo, il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, e il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Fino a mezzogiorno di ieri, a Poggioreale, si trovavano recluse 2.146 persone. Circa il 10 per cento dei detenuti sono extracomunitari, il 15 per cento sta scontando una pena definitiva, e tra loro c’è anche qualche ergastolano. Il turn over in cella, ogni giorno, riguarda una cinquantina di persone, tra quelle che entrano e quelle che vengono scarcerate. "Ci è stato spiegato che negli ultimi mesi la situazione del sovraffollamento è migliorata: all’inizio dell’anno, i detenuti erano oltre 2500, contro i 1600 che il carcere potrebbe contenere", dice ancora Diodato.

I due esponenti di Alleanza nazionale hanno visitato tre padiglioni: il San Paolo, l’Avellino e il Roma. Si tratta di ‘reparti’ particolari, in quanto il San Paolo rappresenta una sorta di ospedale all’interno del carcere, mentre il Roma è riservato ai tossicodipendenti e l’Avellino, ai detenuti freschi arrivati. "Siamo rimasti favorevolmente colpiti dal San Paolo - dice Santoro -, dotato di una sala operatoria che farebbe invidia ad un vero ospedale, ben tenuto e con delle buone professionalità".

"Almeno una cinquantina di interventi al mese - spiega Santoro - vengono eseguiti in questo reparto, e con ottimi risultati, ma, anche qui, fa capolino il sovraffollamento: troppi i pazienti ospitati rispetto a quelli che potrebbe contenere". Il consigliere regionale e il consigliere comunale fanno però notare che "se da una parte c’è un’affluenza super di detenuti, il numero degli agenti di polizia penitenziaria, è estremamente deficitario"

Santoro snocciola cifre. "Fino a qualche tempo - spiega -, c’erano un migliaio di agenti, oggi, ce ne sono non più di 650. Gli altri 350 sono stati spostati a Secondigliano, l’altro carcere di Napoli. Un numero cosi lieve è insufficiente in una situazione che potrebbe diventare esplosiva come quella di Poggioreale".

Diodato e Santoro, durante la loro ispezione, si sono soffermati a parlare con alcuni detenuti. "Li abbiamo trovati informati, leggono molto, soprattutto giornali sportivi - spiega Santoro - Ma la lettura e la socializzazione tra queste persone, rappresentano solo una parte della giornata dei detenuti. Molti di loro sono costretti a trascorrere la loro giornata distesi sul letto: solo a turno possono restare in piedi per mancanza di spazio". Positivo il giudizio che i due consiglieri, regionale e comunale, danno del padiglione Roma. "C’è anche il Sert a Poggioreale, come se ne trovano all’esterno. Questa struttura è essenziale: riesce a tenere calmi i tossicodipendenti che arrivano qui, ad evitare tentativi di suicidio per quelli in crisi di astinenza, sostiene ancora Diodato"

Firenze: forum su problemi salute e disagio psichico in Opg

 

Nove da Firenze, 21 luglio 2006

 

Con l’approvazione, all’unanimità, di una mozione di cui prima firmataria è la Presidente della Commissione Cultura della Provincia Gloria Campi, il Consiglio provinciale ha riaperto, di fatto, la questione dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino ed il recupero della Villa dell’Ambrogiana. "Ci rendiamo conto dell’importanza di una struttura di questo genere e vogliamo favorirne il recupero per renderla alla cittadinanza - sottolinea Gloria Campi che ha portato avanti l’iniziativa con il Presidente della Commissione Politiche Sociali Riccardo Lazzerini, col Presidente della Commissione Attività produttive Paolo Londi e con molti consiglieri dell’empolese valdelsa come Massimo Marconcini, Gloria Testi e Paolo Malquori - ma non solo, visitando l’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo ci siamo resi conto dell’inadeguatezza rispetto alle esigenze, attualmente sempre più richieste, non solo da parte dei detenuti ma anche da parte del personale che vi lavora.

La mozione impegna il Presidente della Provincia e gli assessori competenti affinché si dia avvio ad un tavolo interistituzionale tra Comune di Montelupo Fiorentino, Circondario Empolese Valdelsa, Provincia di Firenze, Regione Toscana ed i Ministeri interessati (Giustizia, Beni Culturali e Tesoro) al fine di riaprire una discussione volta al trasferimento dell’Ospedale Psichiatrico giudiziario, alla costruzione della nuova struttura ed al recupero di Villa dell’Ambrogiana con l’obiettivo della sua restituzione alla Comunità di Montelupo Fiorentino in tutto il suo splendore".

L’ospedale psichiatrico giudiziario è una realtà particolare, forse unica nel suo genere in Italia. Probabilmente per questa ragione e grazie ai contatti che l’amministrazione ha costruito nei primi anni di legislatura, Montelupo Fiorentino ospiterà convegno nazionale dal titolo "Diritto alla salute delle persone detenute; superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari; ruolo delle regioni", previsto per il prossimo 26 settembre ed organizzato dal Forum per il diritto alla salute in carcere.

Lo scopo del convegno è quello di fare una ricognizione della realtà oggi esistente; di riprendere la riflessione sul problema della salute e del disagio psichico in carcere e avanzare proposte per un percorso di superamento degli OPG, tenendo conto del lavoro già svolto in precedenza e delle proposte avanzate in Parlamento, ma anche delle novità che presenta oggi la situazione delle carceri ed il nuovo quadro istituzionale che assegna alle Regioni competenza primaria sulla sanità penitenziaria. Con ogni probabilità all’incontro parteciperanno alte cariche dello Stato forse gli stessi Ministri della sanità Livida Turco e della giustizia Clemente Mastella.

Prederanno parte alla discussione assessori alla sanità ed ai servizi sociali delle Regioni, sindaci ed amministratori degli Enti locali, associazioni sociali e di volontariato, sindacati, funzionari dei Ministeri della sanità e della Giustizia, direttori degli Istituti penitenziari e delle Asl sedi di carcere e i Garanti dei diritti dei detenuti.

All’attenzione per la qualità della vita nell’istituto si affianca, poi, l’interesse per il luogo che ospita l’OPG di Montelupo, la Villa Medicea dell’Ambrogiana. È indiscutibile che sia un importante monumento storico e che potrebbe essere restituita alla città e divenire anche un polo di attrazione turistica, in funzione di una riorganizzazione degli spazi e di una nuova destinazione.

La mozione votata all’unanimità dal Consiglio provinciale scaturisce dalla constatazione che è necessario andare nella direzione di un Opg completamente rivisto e riadattato ad una moderna concezione di ospedale psichiatrico, quindi, adeguato e pensato sulla base di bisogni reali dei malati in detenzione, degli operatori sanitari e della Polizia Penitenziaria; e della necessità inoltre di spazi adeguati per rendere più efficaci le varie esperienze ed attività che tante associazioni del volontariato e la Provincia stessa realizzano da vari anni, sia all’interno che all’esterno della struttura; con l’obiettivo principe del recupero sociale, culturale e lavorativo degli internati.

Per il sindaco Rossana Mori: "L’ordine del giorno presentato in Consiglio Provinciale e da noi pienamente condiviso è il segnale che qualcosa di sta muovendo attorno all’Opg di Montelupo; un interesse che auspichiamo essere solo il punto di partenza di un processo per quanto lungo e articolato".

Roma: Telecom Italia inaugura un call center a Rebibbia

 

Ansa, 21 luglio 2006

 

Il Ministro della Giustizia Clemente Mastella e il Presidente di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera hanno inaugurato oggi, all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia "Nuovo Complesso", il nuovo call center del servizio "1254" di Telecom Italia.

Attraverso questa iniziativa, avviata con il contributo del sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, Garante dei Detenuti per il Comune di Roma, prosegue la collaborazione tra Telecom Italia e il Ministero della Giustizia, volta ad offrire ai detenuti l’opportunità di svolgere un vero lavoro all’interno del carcere, aiutandoli ad acquisire competenze utili al reinserimento nella società. Il call center di Rebibbia dispone di 26 postazioni (di cui 2 di supervisione) in cui potranno essere impiegate fino a 40 persone, in grado di gestire complessivamente circa 2.500 chiamate al giorno dei servizi "1254" da rete fissa. Il lavoro del call center è organizzato in turni (concordati tra Telecom Italia e la Cooperativa Sol.Co.) che vanno dal lunedì al sabato dalle ore 8 alle ore 20.

Mastella ha chiesto l’impegno del numero uno di Telecom per fare in modo che l’iniziativa arrivi anche al sud. Dopo le assicurazioni, Tronchetti Provera ha detto: "Siamo i primi al mondo a fare una cosa di questo genere".

Reggio Calabria: detenuti realizzano azienda floro-vivaistica

 

Giornale di Calabria, 21 luglio 2006

 

È stata inaugurata martedì mattina a Laureana di Borrello l’azienda florovivaistica "Don Giuseppe Blasi", realizzata dalle maestranze detenute nell’istituto sperimentale di custodia attenuata per giovani ed adulti. L’azienda si estende su una superficie di 8.230 metri quadri ed il terreno è stato ceduto in comodato d’uso gratuito al Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria dalla Provincia di Reggio Calabria, nel periodo in cui a presiedere l’ente era Pietro Fuda, oggi senatore. L’azienda "Don Giuseppe Blasi", il cui suolo inizialmente in declino, è frutto di un’imponente opera di bonifica e di terrazzamento su quattro livelli. Sui primi tre sono stati realizzati, grazie all’opera dei detenuti, tre serre in ferro zincato con copertura rigida in policarbonato per una superficie di 540 metri quadri, attrezzare con impianti di nebulizzazione ed ombreggiatura. Il quarto livello è stato invece interessato alla costruzione di ampi uffici realizzati in legno dalla falegnameria dell’istituto di pena. Il 50% del costo delle tre serre è stato finanziato dall’assessorato all’Agricoltura della Regione. Alla cerimonia di inaugurazione oltre al prefetto di Reggio Calabria, Luigi De Sena, hanno preso parte l’eurodeputato Armando Veneto, il provveditore calabrese dell’Amministrazione penitenziaria Paolino Quattrone, il direttore generale dell’ufficio detenuti e trattamento Dap, Sebastiano Ardita, il presidente del tribunale di sorveglianza Marcello Scordo, il sindaco di Laureana di Borrello e Mario Nasone direttore dell’ufficio esecuzione penale esterna.

Giustizia: in arrivo fondi per potenziamento polizia penitenziaria

 

Agi, 21 luglio 2006

 

"Un risultato importante nella direzione di una sempre maggior valorizzazione del nostro Corpo di polizia". Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, commenta così l’inserimento della polizia penitenziaria fra i destinatari dei fondi per il potenziamento e l’ammodernamento tecnologico dei servizi per la tutela dell’ordine e la sicurezza pubblica.

"È dal ‘92 - ricorda il guardasigilli - che la polizia penitenziaria era esclusa dalla possibilità di fruire di questi fondi, trovandosi nei fatti in una condizione di precarietà operativa e in difficoltà per un reale ed efficace concorso all’azione comune delle altre forze di polizia. Il primo passo - conclude Mastella - per una inversione di rotta verso il riconoscimento dell’opera quotidianamente prestata al servizio dello Stato".

Avezzano: il ministro Mastella assicura; il carcere non chiude

 

Il Tempo, 21 luglio 2006

 

Il carcere di Avezzano sarà riaperto. Ad assicurarlo è stato il Guardasigilli Mastella che ha infatti incontrato, ieri a Roma, una delegazione avezzanese guidata dal segretario cittadino dell’Udeur Goffredo Taddei e composta dagli avv. Roberto Verdecchia, Sandro Gallese e Guido Ponziani, dal cappellano del carcere don Francesco. Il Ministro, sentiti gli interrogativi inerenti la chiusura, definita temporanea, del carcere, ha "fornito rassicurazioni in ordine al mantenimento del presidio, riaffermando - si legge in una nota - come nel programma del Ministero non vi è la necessità di chiudere gli attuali penitenziari, ma unicamente quella di non aprirne di nuovi o ex novo. Quanto all’inizio dei lavori di ristrutturazione, motivo per il quale il carcere di Avezzano è stato temporaneamente chiuso, l’on. Mastella ha confermato che i lavori inizieranno nel rispetto dei programmi originariamente fissati". Si è concordato di mantenere aperto il dialogo anche con la mediazione del segretario Taddei.

Giustizia: Cassazione; no al carcere per detenuto di 210 kg

 

Agi, 21 luglio 2006

 

Essere in sovrappeso può avere i suoi lati positivi: la Corte di Cassazione ha infatti aperto le porte del carcere ad un uomo di 39 anni e di 210 chili di peso. Il detenuto troppo grasso è infatti a rischio "patologie" e "complicazioni" che non possono essere ignorate e che suggeriscono la necessità di una pena alternativa al carcere. La ha sottolineato la Cassazione in una sentenza di ieri, emessa dopo il ricorso dell’uomo al quale il Tribunale di sorveglianza di Catania aveva negato la detenzione domiciliare, sostenendo che le patologie accusate non erano "incompatibili con il regime carcerario".

Non l’ha pensata allo stesso modo la Prima sezione penale della Suprema Corte che, dopo aver accolto il ricorso del detenuto, ha rinviato il caso al Tribunale di sorveglianza di Catania. Il Tribunale di sorveglianza catanese, nel giugno 2005, aveva negato a Giovanni P. la richiesta di una pena alternativa a quella carceraria, nonostante fosse stata esibita una relazione sanitaria con le patologie causate dall’eccessivo peso.

Contro il no del Tribunale, la difesa del detenuto ha insistito con successo in Cassazione. La Suprema Corte, infatti, giudicando fondato il ricorso ha sottolineato che il tribunale in maniera "non congrua" non ha considerato la relazione sanitaria che spiegava come il detenuto "dato il suo peso corporeo (kg 210), le sue patologie e le sue complicazioni, rientra nella categoria dei soggetti ad alto rischio d’accidenti cerebro vascolari e che pertanto sarebbe auspicabile che lo stesso potesse godere di strumenti alternativi di pena rispetto alla detenzione".

Del resto, aggiungono gli "ermellini" nella sentenza 25114, il Tribunale non ha nemmeno preso in considerazione "la perizia medico legale che si era pronunciata per l’incompatibilità delle condizioni di salute" del detenuto "con il regime di vita carcerario".

Varese: pena detentiva e lavoro sociale per i detenuti

 

Varese News, 21 luglio 2006

 

Detenuti al lavoro per migliorare le condizioni delle carceri in cui sono costretti per pagare alla società quanto di contrario alla legge hanno commesso; questo è ciò che si è verificato presso la casa circondariale di Varese, dove otto detenuti ne hanno realizzato l’impianto elettrico.

I detenuti hanno partecipato alla progettazione, realizzazione e certificazione finale dell’impianto che è solo il successivo di una serie di lavori già effettuati nelle carceri, voluti dalla Direzione della Casa Circondariale e volti al miglioramento delle condizioni di vita dei carcerati nonché ad un loro futuro reinserimento sociale e lavorativo a fine pena.

Il lavoro, preceduto dal corso "Formazione-Intervento per la manutenzione elettrica" svolto dall’Enaip di Varese, ha permesso oggi, a lavoro compiuto, un confronto tra detenuti, docenti e i due assessori provinciali: Rienzo Rizzi, al lavoro e Andrea Pellicini, al lavoro, formazione professionale e istruzione.

L’operazione si inserisce in un più ampio progetto, finanziato dall’Assessorato alle Politiche sociali della Provincia di Varese, che mettendo a disposizione servizi di formazione ed orientamento, intendono appunto facilitare il reinserimento sociale dei carcerati di Varese e Busto, a cui partecipano anche l’Agenzia Formativa della Provincia di Varese, la già citata Fondazione Enaip Lombardia, il Consorzio Cooperative Sociali e il Consorzio Sol.Co.

Rienzo Rizzi ritiene primario il programma di reinserimento sociale del detenuto a fine pena, sottolineando l’importanza di fornire loro il modo per poterlo fare al meglio, impegnandosi in attività utili per loro stessi oltre che per le istituzioni pubbliche e private.

Pellicini precisa che offrire servizi qualificati per la formazione e l’orientamento, sia necessario a chi ha scontato la pena, al fine di un futuro rientro sociale, perché il tempo trascorso in carcere risulti utile e produttivo al detenuto e alla società stessa.

Immigrazione: Cpt bocciati in Parlamento, sono fuorilegge

 

Il Manifesto, 21 luglio 2006

 

Violazioni sistematiche della Costituzione, delle Convenzioni internazionali, del diritto d’asilo. Per questo chiudere i centri di permanenza temporanea non solo si può, ma soprattutto si deve. A dirlo questa volta non sono le "solite" associazioni, ma un nutrito gruppo di parlamentari del centrosinistra che in tempi non sospetti - cioè prima di diventare maggioranza politica nel paese - hanno deciso di prendere di petto il problema dei Cpt e di andare a vedere cosa succede lì dentro.

Ieri, finalmente, il "Libro Bianco sui Cpt" è stato reso pubblico, proprio alla vigilia dell’avvio dei lavori della Commissione voluta dal ministro dell’Interno Giuliano Amato per fornire proposte su come superarli (oggi la prima visita al centro di Lampedusa). Superamento è una parola piuttosto ambigua, ma è quanto sta scritto nel programma dell’Unione. Nel documento politico che accompagna il "Libro bianco" un po’ si gioca su quello che a tutti era sembrato un éscamotage: "Secondo la definizione del dizionario Devoto-Oli - scrive il gruppo di lavoro - superamento sta a significare "definitivo accantonamento di vecchie idee". Ed è quello che chiede il documento, suggerendo un menu di soluzioni per cambiare definitivamente le politiche migratorie del paese e giungere alla chiusura dei centri, considerati senza troppi giri di parole "un fallimento della democrazia".

Il lavoro di regia - curato da Nicoletta Dentico e Maurizio Gressi - non è stato facile, ma ha permesso di avviare "una nuova capacità di mobilitazione istituzionale", in grado di "interagire con la società civile e con i territori". I parlamentari hanno cercato di darsi una disciplina, munendosi di un questionario, ma anche decidendo di valorizzare il "controllo" sul funzionamento dei cpt con una serie di interviste a testimoni privilegiati. È stato insomma un lavoro in itinere che ha incrociato associazioni, organismi per la tutela dei diritti umani anche internazionali, giornalisti, avvocati, semplici attivisti.

Lungo la strada sono stati "arruolati" parlamentari che fino ad allora poco o nulla sapevano di immigrazione. È il caso di Maria Chiara Acciarini, attuale sottosegretaria al ministero della Famiglia, e all’epoca delle ispezioni senatrice dei Ds. "Diciamoci la verità - ha raccontato ieri - all’inizio ero utilizzata come "veicolo" per l’ingresso nei centri". Finché non si è trovata proiettata in mezzo all’emergenza Lampedusa, quando, tra il 2004 e il 2005, furono espulsi migliaia di immigrati verso la Libia: "È un’esperienza che mi ha segnato moltissimo - ha raccontato ieri - abbiamo visto i fogli delle presunte identificazioni, dove c’erano sempre gli stessi nomi. E quando abbiamo saputo ciò che accadeva in Libia, ho ripensato a quei volti. Avevo visto in faccia dei condannati a morte". Per questo ora Acciarini chiede che "i responsabili rispondano di ciò che è accaduto", perché solo così "è possibile evitare che certe cose si ripetano".

Di resoconti dall’interno delle mura dei Cpt ce ne sono stati tanti, ma questa volta c’è un valore aggiunto: la costanza delle visite, che permette di avere uno sguardo più preciso. Al Cpt di Torino (di cui il gruppo chiede la chiusura) non è mai stato possibile parlare con i detenuti per più di venti minuti "perché così prevedono le disposizioni interne". Nel Cpt di Modena una donna ha partorito all’interno, perché nessuno credeva che fosse incinta, in quello di Caltanissetta la deputata dei Verdi Tana De Zulueta incontra un uomo che da tre settimane non riesce a cominciare nessuno: è cinese, e a Caltanissetta non ci sono interpreti di cinese.

Ma ci sono anche le appassionate testimonianze dell’avvocato Alessandra Ballerini, che racconta di come sia impossibile parlare con i propri assistiti prima delle udienze, e di come nelle questure siano custoditi misteriosi fogli che informano sulle disponibilità di posti nei diversi centri, e che sembrano "guidare" le retate che ogni tanto scoppiano nelle città. E poi l’intervista al prefetto Anna Maria D’Ascenzo, capo del Dipartimento per le l’immigrazione del Viminale - curata da Stefano Galieni del Prc e Nicoletta Dentico - che oltre a dirla lunga sull’atteggiamento dei più alti in carica ("ma lei crede che questi in Africa riescano a mangiare tre volte al giorno?"), rivela che l’ex ministro dell’Interno Pisanu aveva dato precise disposizioni di non divulgare le voci dettagliate di spesa nei Cpt. Sarà perché - come sottolinea un’analisi dei costi affidata a Grazia Naletto di Lunaria - il sistema Cpt in sei anni (dal ‘99 al 2006) ci è costato più di 500 milioni di euro. Nello stesso periodo sono state trattenute poco più di 98 mila persone, di queste solo il 44.42% è stato effettivamente rimpatriato. Come ha detto Tana De Zulueta: "Questo è un lavoro che consegniamo al governo, al parlamento e all’opinione pubblica in un momento in cui si attendono cambiamenti drastici nella gestione dell’immigrazione".

Stati Uniti: condannato canta in tv prima di esecuzione capitale

 

Secolo XIX, 21 luglio 2006

 

Le ultime parole sono state per i suoi familiari e per quelli della vittima, che erano lì a vederlo morire: "Alla famiglia della vittima, mi dispiace che abbiate perso un fratello, un vostro caro e un amico. Alla mia famiglia, vi amo tutti. Tenete la testa alta e sappiate che sarò in un posto migliore".

Poi Maurice Brown, un nero di 31 anni che nel 1996 aveva assassinato un giovane per rapinarlo del portafoglio e delle chiavi dell’auto, è stato messo legalmente a morte con un’iniezione letale nel carcere di Huntsville, in Texas.

Poche ore prima della sua esecuzione, l’emittente televisiva tv "Court News" aveva mandato in onda la sua ultima intervista durante la quale aveva eseguito un pezzo rap da lui composto, dal titolo "Dead Man Walking", ispirato al titolo del film da Oscar di Tim Robbins con Sean Penn e Susan Sarandon.

All’esecuzione, hanno assistito sua madre e alcuni familiari della vittima. La madre di Brown gli ha detto che gli voleva bene, prima tentare un ultimo compassionevole appello e gridare: "Non fatelo". Poco prima che il figlio morisse, la madre ha detto tre volte "Dio ti ama", prima d’accasciarsi per la disperazione.

"Perché non gli hanno dato un’altra possibilità?", ha poi detto la donna piangendo. "Era innocente". Soccorsa da altri due figli presenti che hanno cercato di calmarla e consolarla, la madre è stata allontanata dalla scena dell’esecuzione.

Il fratello della vittima, Nico LaHood, anch’egli presente all’iniezione letale, ha poi tenuto una conferenza stampa, in cui ha sostenuto che la pena è stata giusta, pur esprimendo dolore per la famiglia dell’assassino.

Brown era stato condannato nel 1997 alla pena capitale per l’omicidio di Michael LaHood, 25 anni, figlio di un eminente legale. L’uomo aveva inizialmente confessato il delitto, ma aveva poi ritrattato sostenendo che era stato minacciato da un membro della sua gang, il vero colpevole, e che temeva ritorsioni sulla sua famiglia - ha un figlio che, all’epoca del delitto, aveva sei mesi.

Brown è stato il 28/esimo condannato a morte la cui sentenza è stata eseguita quest’anno negli Stati Uniti e il 15/esimo in Texas, lo Stato dell’Unione che tradizionalmente ha il maggior numero di esecuzioni: 370 dal 1982, cioè da quando le esecuzioni ripresero dopo una moratoria decisa dalla Corte Suprema.

Quest’anno il numero di pene di morte eseguite negli Usa è basso, confermando un trend già emerso lo scorso anno, anche per i dubbi sull’"umanità" dell’iniezione letale come metodo di messa a morte e le riserve della Corte Suprema su esecuzioni di handicappati e di minori al momento del delitto. Ma ci sono circa 3.000 condannati alla pena capitale nei bracci della morte delle carceri dell’Unione.

Quella di Brown è stata la prima di due esecuzioni consecutive previste questa settimana nel carcere di Huntsville. Ora toccherà a Robert Anderson, 40 anni, giudicato colpevole di avere violentato e brutalmente ucciso una bambina di 5 anni nel 1993. Di qui alla fine dell’anno, sono ancora nove le esecuzioni previste in Texas.

 

 

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