Rassegna stampa 24 luglio

 

Indulto: al via discussione alla Camera, Di Pietro in aula

 

Ansa, 24 luglio 2006

 

Al via, alla Camera, la discussione sull’indulto. Questa mattina a Montecitorio si sono confrontati favorevoli e contrari al provvedimento di clemenza. C’era anche, seduto sui banchi del governo, il ministro Antonio Di Pietro, che con il suo "no" al testo uscito dalla commissione Giustizia ha scosso la maggioranza. Presenza che non passa inosservata, tanto che Simone Baldelli (FI) chiede a quale titolo segua il dibattito e la presidente di turno Giorgia Meloni, di An, gli ricorda che a norma di Costituzione ogni ministro ha il diritto di assistere alle sedute delle Camere Scontato il no dell’Italia dei Valori, il partito di Di Pietro, intervenuto con vari oratori. Anche se, su questo argomento, l’Idv ha registrato un’importante defezione. Pino Pisicchio, presidente della commissione Giustizia, ha annunciato che al momento del voto si asterrà : non in dissenso dal mio partito - ha spiegato - ma per rispetto del mio ruolo istituzionale. Pisicchio si è mostrato scettico sulla possibilità di escludere dall’indulto i reati di corruzione: Una misura del genere avrebbe magari il favore dell’opinione pubblica ma non quello dei due terzi del Parlamento, necessari per approvarlo.

Contrario all’indulto, Giovanni Consolo, deputato di An; a suo giudizio sarebbe solo un palliativo per risolvere il problema dell’affollamento delle carceri oltre che un atto di insensibilità verso le vittime. Di fronte alla terribile scelta tra Caino e Abele, mi schiero per Abele, con le vittime del reato, sottolinea Consolo. Che ha lanciato la proposta di un decreto per far scontare la pena nei paesi d’origine ai detenuti extracomunitari.

Se An, almeno nella sua maggioranza, si appresta a votare contro, Forza Italia farà confluire i suoi voti con quelli del centrosinistra. Il sì degli azzurri è stato annunciato da Gaetano Pecorella, che ha polemizzato contro chi è contrario perché il provvedimento di clemenza riguarderebbe anche Cesare Previti: Non si possono fare leggi in odio a persone particolari. Né si può trasformare la pena in una vendetta, altrimenti si torna alla legge del taglione. L’indulto - ha spiegato - non è un’invenzione di persone troppo buoniste, ma è un contrappeso previsto dalla Costituzione.

Daniele Farina, esponente di Rifondazione Comunista e vicepresidente della commissione Giustizia, ha polemizzato con i critici dell’indulto: Chi agita il crack Parmalat o il caso Cirio usa argomenti levantini.

Di Previti ha parlato anche il leader radicale Daniele Capezzone: "Dobbiamo dire no alla previtizzazione perenne del dibattito sulla giustizia: non vorremmo che si passasse dalle leggi ad personam alle leggi contra personam.

Il relatore Enrico Buemi, della Rosa nel pugno ha respinto le critiche di Di Pietro sui reati finanziari: Per quel tipo di reati non c’è praticamente nessuno che si trovi in carcere a scontare una condanna. Dunque non c’è nessun allarme sociale. Il dibattito è stato concluso dal sottosegretario alla Giustizia Luigi Li Gotti, che ha annunciato per il prossimo biennio la costruzione di nuove carceri per un totale di 7.800 posti. In ogni caso - ha detto - quello di cui stiamo discutendo non è un colpo di spugna.

Indulto: Di Pietro; serva per chi sta in carcere, non per evitarlo

 

La Repubblica, 24 luglio 2006

 

"Oltre ad aver sottoscritto il programma dell’Unione, so anche leggerlo. E invito gli alleati a rileggere la parte in cui c’è scritto che i provvedimenti di clemenza devono essere fatti solo in concomitanza con provvedimenti che intervengano sul sistema giudiziario e carcerario, e che quindi possano essere solo un punto finale di un processo di ristrutturazione". La polemica sulla proposta di legge per l’indulto approda in Aula alla Camera, e con queste parole Antonio Di Pietro risponde agli alleati che lo invitano ad attenersi al programma dell’Unione che prevede anche il via libera a un provvedimento di clemenza. E da Libertà e Giustizia, un comunicato con una "preghiera laica": "Signori dell’Unione, per favore non spacciate una porcata per un atto di clemenza".

Alla questione accenna anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che si dice "molto attento" al problema delle carceri "e soprattutto a come questa situazione di emergenza possa periodicamente riprodursi". "Credo che ci sia la necessità di rimedi di fondo al sistema, sarà uno dei nuovi compiti del Csm", conclude il capo dello Stato.

Ad agitare le acque del dibattito, soprattutto all’interno del centrosinistra, è il fatto che il testo predisposto dal ministro della Giustizia Clemente Mastella non esclude dalla clemenza i reati di corruzione e concussione ai danni dell’amministrazione dello Stato.

A Montecitorio si sono confrontati favorevoli e contrari. Presente, appunto, il ministro Di Pietro, che non passa inosservato, tanto che Simone Baldelli, Forza Italia, chiede a quale titolo stia seguendo il dibattito. Ma la presidente di turno Giorgia Meloni, An, gli ricorda che, a norma di Costituzione, "ogni ministro ha il diritto di assistere alle sedute delle Camere".

Scontato il no dell’Italia dei Valori, anche se su questo argomento il partito del ministro delle Infrastrutture registra una defezione: Pino Pisicchio, presidente della commissione Giustizia, annuncia che al momento del voto si asterrà, "non in dissenso dal mio partito ma per rispetto del mio ruolo istituzionale", dicendosi scettico sulla possibilità di escludere dall’indulto i reati di corruzione, "misura che avrebbe magari il favore dell’opinione pubblica ma non quello dei due terzi del Parlamento, necessari per approvarlo".

La Lega Nord ribadisce la sua "netta e totale contrarietà" all’indulto, "provvedimento ingiusto e sbagliato che rappresenta un colpo di spugna inaccettabile" dice il capogruppo del Carroccio alla Camera, Roberto Maroni. Che si augura "che tutti i partiti della Cdl tengano in Aula la stessa posizione di contrarietà".

Se Alleanza nazionale, almeno nella sua maggioranza, si appresta a votare contro, Forza Italia farà confluire i suoi voti con quelli del centrosinistra. È Gaetano Pecorella ad annunciare il sì degli azzurri, polemico contro chi è contrario perché il provvedimento di clemenza riguarderebbe anche Cesare Previti: "Non si possono fare leggi in odio a persone particolari né trasformare la pena in vendetta, altrimenti si torna alla legge del taglione. L’indulto non è un’invenzione di persone troppo buoniste, ma è un contrappeso previsto dalla Costituzione".

In quanto a Rifondazione comunista, Daniele Farina, vicepresidente della commissione Giustizia, polemizza con chi critica il provvedimento: "Chi agita il crac Parmalat o il caso Cirio, usa argomenti levantini". E sulla contrarietà dell’Idv, il capogruppo di Prc alla Camera, Gennaro Migliore, auspica che il dissenso rientri, "anche perché i reati finanziari a cui fa riferimento Di Pietro possono essere bloccati con l’interdizione dai pubblici uffici".

A Previti fa riferimento anche il leader radicale Daniele Capezzone, che invita a dire "no" alla "previtizzazione perenne del dibattito sulla giustizia, non vorremmo che si passasse dalle leggi ad personam alle leggi contra personam". Il relatore Enrico Buemi, della Rosa nel pugno, respinge le critiche di Di Pietro sui reati finanziari: "Per quel tipo di reati non c’è praticamente nessuno che si trovi in carcere a scontare una condanna. Dunque, nessun allarme sociale".

Il dibattito è stato chiuso dall’intervento del sottosegretario alla Giustizia, Luigi Li Gotti, che ha annunciato per il prossimo biennio la costruzione di nuove carceri per un totale di 7800 posti. "In ogni caso - ha detto - quello di cui stiamo discutendo non è un colpo di spugna".

E alla fine della discussione, Di Pietro si dice "disponibile" a un indulto che però vada incontro "a chi sta in carcere e non a chi sta fuori e con l’indulto vuole evitarlo. Il problema non è Previti, sono le altre persone per le quali non deve valere l’indulto, ad esempio i cosiddetti furbetti del quartierino". Anche le Coop? "Di tutto, di più - risponde il ministro ai giornalisti in Transatlantico - perché in materia di giustizia e ingiustizia non esiste un centrodestra cattivo e un centrosinistra buono, esiste una maggioranza trasversale che da 15-20 anni a questa parte si ritrova benissimo quando si tratta di assicurare l’impunità".

Indulto: emendamenti contingentati, impossibile ostruzionismo

 

Apcom, 24 luglio 2006

 

L’Italia dei Valori non potrà portare avanti la manovra ostruzionistica annunciata nei giorni scorsi sull’indulto. Lo spiega il relatore del provvedimento Enrico Buemi, della Rosa nel Pugno, conversando con i giornalisti in Transatlantico. L’Idv presenterà infatti oltre 300 emendamenti al provvedimento, ma in Aula ne arriveranno solo due, visto che gli emendamenti saranno contingentati in base al regolamento.

"Il numero degli emendamenti che si possono sottoporre a votazione per ogni articolo non può andare oltre un decimo del numero dei deputati appartenenti al gruppo che li presenta", ricorda Buemi. I parlamentari dell’Italia dei Valori sono 20 e il partito di Di Pietro potrà mettere al voto solo un paio di emendamenti. Mentre alcune proposte di modifica saranno accettate dalla Camera dei deputati. Il governo infatti ha già annunciato la presentazione di due emendamenti. In questo modo, saranno esclusi dai benefici dell’indulto coloro i quali, commesso per esempio un omicidio, vedono il reato iscritto nell’ambito di un’associazione a delinquere finalizzata a mafia, terrorismo e contrabbando.

Indulto: Mastella; nessun censore su un'iniziativa condivisa

 

Agi, 24 luglio 2006

 

"Ognuno può esprimere liberamente pareri in negativo e in positivo ma nessuno può ergersi a censore di una iniziativa che trova grande estensione". Così il ministro della Giustizia Clemente Mastella torna a parlare di indulto durante la sua visita nel carcere napoletano di Poggioreale alla vigilia del dibattito parlamentare. "Coloro che non hanno paura di essere indulgenti non dimostrano debolezza nel momento in cui assumono iniziative di clemenza", dice conversando con i giornalisti. "Non mi pare - continua - che nell’indulto così come è proposto dalla commissione ci siano eccessi o negligenze morali". Anzi, dice, "è una soluzione di grande equilibrio" che spera il Parlamento confermi, cosa per la quale "diamo la nostra disponibilità e cospiriamo".

Ai detenuti Mastella dice di aver ascoltato il loro "grido di dolore" sull’indulto. "Non sono un mago - spiega - e non posso fare tutto. Voterò però per l’indulto e sono per l’indulto. Le istituzioni sono forti quando esprimono un gesto di clemenza. È un mio impegno di ministro. Vedrò come coinvolgere altri per non umiliare questa speranza". Il provvedimento non sarà che un punto di partenza per affrontare i problemi del pianeta Giustizia. "Non ci si deve fermare - dice - occorrono leggi che blocchino la spirale della criminalità" e altre norme "che affranchino le carceri dal sovraffollamento, eliminando quello che c’è da eliminare nella Cirielli, nella Bossi-Fini e in altre".

Indulto: Manconi; sul "caso Previti" non imbrogliare le carte

 

Comunicato stampa, 24 luglio 2006

 

"Se qualcuno vuole evocare il fantasma di Cesare Previti, lo faccia almeno senza imbrogliare le carte. Previti è stato condannato definitivamente a 6 anni di pena detentiva, che sta scontando da due mesi agli arresti domiciliari. Qualora usufruisse dell’indulto non sarebbe scarcerato, ma potrebbe (e sottolineo potrebbe) chiedere l’affidamento in prova al servizio sociale: e la magistratura di sorveglianza potrebbe (e sottolineo potrebbe) concederlo.

Trovo stupefacente, di conseguenza, che si consideri qualificante dell’identità del centrosinistra, del suo programma e del suo sistema di valori una campagna per spedire in galera un ultrasettantenne comunque interdetto permanentemente dai pubblici uffici. A fronte di questo, c’è la possibilità di ridurre la reclusione per detenuti responsabili di reati non suscettibili di creare particolare allarme sociale e che, nella gran parte dei casi, hanno già scontato una parte della pena. E c’è la possibilità di rendere meno disumane (meno sovraffollate, meno violente, meno patogene) le carceri italiane.

Sorprende ancora che chi sostiene l’esclusione dall’indulto dei reati finanziari e contro la pubblica amministrazione non si ponga con serietà l’elementare interrogativo su come si possa giungere a quell’atto di clemenza, che richiede - notoriamente - una maggioranza di due terzi. Si dica, più onestamente, che si vogliono in galera sia Cesare Previti che i detenuti senza nome e senza tutela: ad esempio, quelli reclusi a seguito di leggi ottuse e feroci, come la Bossi-Fini sull’immigrazione e la Giovanardi-Fini sulle sostanza stupefacenti".

Indulto: un atto di clemenza che non "grazia" i bambini

di Vittorio Sgarbi

 

Il Giornale, 24 luglio 2006

 

Troppi anni di mancata clemenza hanno condotto a una inevitabile patologia che toglie al carcere qualunque funzione di riabilitazione e lo trasforma in una scuola di perfezionamento per il crimine. In taluni casi estendendo le pene anche agli innocenti. Quale peggior crimine che tenere in carcere, consapevolmente, un innocente? È importante, dunque, segnalare ai legislatori una anomalia che rischierebbe di vanificare gli effetti dell’indulto rispetto a un punto dolente di terribile gravità. Una vera e propria, legalizzata, "strage degli innocenti". Oggi il Parlamento inizia a votare il provvedimento sull’indulto. Si prevede che 12 mila detenuti, grazie a questo atto di clemenza, lasceranno il carcere.

Ci sono invece, circa 60 bambini che continueranno a rimanere in una cella insieme alle loro mamme detenute. Queste donne non potranno, infatti, godere dei benefici (uno sconto di pena di 3 anni) dell’indulto. La maggior parte di loro è detenuta per reati legati allo spaccio di droga. Reato certamente gravissimo, perché contagia adolescenti fragili, e facilmente suggestionabili (altri innocenti, ma vittime del crimine, questi; non della legge). E reato escluso dal provvedimento dell’indulto. È questo il paradosso, pur valutando l’oggettiva gravità del reato: quei bambini in carcere rappresentano una brutale violazione dei diritti umani più elementari. Contro questa barbarie, da oltre 12 anni combatte, con me, il coordinatore del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli. Da sempre, dentro e fuori il Parlamento, sostengo questa causa umanitaria e questa causa di giustizia giusta, che sembra non interessi a nessuno. I bambini in carcere non riescono a fare neppure notizia sui grandi media. Sono diventati in questi anni come invisibili, dei piccoli fantasma. Eppure esistono, vivono, a volte nascono anche, in prigione. Attualmente sono circa 60, da 0 a 5 anni, i bambini che si trovano "reclusi" nelle carceri italiane insieme alle loro mamme detenute.

Il numero delle donne ristrette in carcere costituisce una minima percentuale della popolazione detenuta, attestandosi su valori pari a circa il 4% (poco più di 2500 su un totale di circa 60 mila detenuti); in prevalenza la popolazione detenuta femminile è di origine extracomunitaria, ovvero di etnia Rom; i reati commessi dalle donne generalmente si connotano per il minor tasso di pericolosità sociale; i reati ascritti alla popolazione detenuta femminile sono essenzialmente relativi all’uso e al traffico di stupefacenti e a reati contro il patrimonio: rari i casi di condanne per reati di tipo associativo. Eppure, non si riesce a "liberare" questi bambini e le loro mamme dal carcere. La legge 8 marzo 2001, n. 40 ("Misure alternative alla detenzione a tutela rapporto tra detenuti e figli minori"), approvata dopo una lunga battaglia del Movimento Diritti Civili, che prevede il differimento della esecuzione pena e della detenzione domiciliare - applicabili fino ad ora, il primo, in maniera discrezionale, e, il secondo, in casi limitati - è stata ampliata con due nuovi istituti della detenzione domiciliare speciale e dell’assistenza all’esterno dei figli minori. La concessione dei benefici previsti da questa legge non è però automatica, dovendo essere valutata caso per caso in quanto subordinata all’assenza di un pericolo concreto di reiterazione del reato commesso.

Questo spiega perché questi bambini continuano a restare in cella nonostante la legge preveda espressamente i benefici dei domiciliari e altre forme alternative al carcere (quali, ad esempio, le strutture protette, le comunità, le case-famiglia) per le loro mamme detenute. La libertà di questi bambini è a discrezione dei giudici e dipende dall’età del bambino e dagli anni di reclusione che devono scontare le mamme-detenute. Fino a tre anni vengono riconosciuti i diritti dei bambini, dopo i tre anni questi diritti cessano; a 3 anni e un giorno non si è più bambini! Questa è l’ingiustizia e l’assurdità di una legge che, da anni, insieme a Corbelli andiamo denunciando, anche con manifestazioni dentro e fuori Montecitorio, come è avvenuto alla fine dello scorso anno, il giorno per l’amnistia. Un Paese civile non può continuare a tollerare una simile mostruosità. Occorre per questo approvare subito un provvedimento di legge, un "indultino", che preveda l’obbligatorietà, la concessione d’ufficio degli arresti domiciliari o di altre forme alternative al carcere (che ho prima ricordato) per tutte le donne detenute, madre di bambini da 0 a 5 anni. Questi benefici devono valere anche per le donne-madri condannate per reati di droga. Devono essere escluse (ma non certo abbandonate) solo quelle mamme detenute in carcere per gravi reati e ritenute socialmente pericolose. Occorre subito liberare dal carcere questi bambini e le loro mamme.

Oggi mentre il Parlamento sta per votare un provvedimento di clemenza, l’indulto, che porterà fuori dal carcere 12 mila detenuti, non si può continuare ad ignorare e far restare in una cella questi bambini innocenti. È inaccettabile che in uno Stato di diritto, come il nostro, si possa continuare a consumare impunemente, nell’indifferenza generale, delle Istituzioni, del Parlamento, del Governo e della stessa stampa nazionale, una simile barbarie sui diritti dei bambini, quotidianamente letteralmente calpestati. Questi bambini, per la loro drammatica esperienza in carcere, resteranno segnati per sempre, avranno danni devastanti; dicono gli esperti che questi bimbi hanno perso il sorriso, anzi non hanno mai sorriso. Può un Paese civile, un Governo di centrosinistra che afferma di battersi per i diritti civili tollerare una simile brutalità? Il mio appello e quello del Movimento Diritti Civili è rivolto al premier Prodi, al ministro della Giustizia, Mastella, al Parlamento, a tutti quelli, cioè, rappresentanti di governo, parlamentari, di tutti gli schieramenti, che hanno nelle loro mani il destino di questi bambini. Mi piacerebbe, a questo proposito, conoscere anche il pensiero di Antonio Di Pietro. Sapere se è a favore del carcere anche per questi bambini e le loro mamme o se invece condivide la nostra battaglia per liberare dalla prigione questi bimbi innocenti.

Indulto: Prc; un momento importante per stato di diritto

 

Apcom, 24 luglio 2006

 

"È arrivato un momento molto importante per lo Stato di diritto nel nostro paese, non si può più sopportare la pressione di 62 mila detenuti in carceri che ne possono contenere solo 40 mila". Gennaro Migliore, capogruppo del Prc alla Camera, esprime la sua soddisfazione per l’avvicinarsi dell’approvazione della pdl sull’indulto e agli alleati critici di Idv dice: "La soluzione proposta, a differenza di quanto paventato da chi fa ostruzionismo, non estingue i reati ma produce una riduzione della pena. Chi torna quindi in libertà certamente non potrà più essere pericoloso per la società". Secondo Migliore invece "una situazione di così grave inumanità nelle carceri può solo produrre un’azione vendicativa verso i detenuti, che è il contrario dell’intento rieducativo della pena. Alle preoccupazioni di Di Pietro ricordo che le persone coinvolte dai reati finanziari sono 78 e basterebbe per loro l’interdizione dai pubblici uffici, mentre non condividiamo l’idea di bloccare l’indulto che libererà 12 mila detenuti solo per un’azione ideologica". Il capogruppo del Prc ritiene inoltre che l’accordo raggiunto con Forza Italia sia positivo perché "la mediazione è richiesta dalla Costituzione", che prevede una maggioranza dei due terzi per approvare l’atto di clemenza".

Indulto: Russo Spena; se passa Camera il Senato pronto al voto

 

Apcom, 24 luglio 2006

 

Entro la settimana si terrà un’altra conferenza dei capigruppo del Senato per decidere sulla calendarizzazione del ddl Mastella che sospende l’efficacia di parti della riforma dell’ordinamento giudiziario ed, eventualmente, sull’indulto. È quanto è stato stabilito dalla riunione dei presidenti dei gruppi di Palazzo Madama che si è tenuta oggi.

Come ha spiegato Giovanni Russo Spena del Prc, infatti, se il provvedimento sull’atto di clemenza dovesse essere licenziato da Montecitorio, il Senato sarebbe pronto a votarlo prima della pausa estiva dei lavori. "La prossima settimana, se l’indulto fosse approvato dalla Camera, il Senato - ha affermato - si convocherebbe perché l’indulto ha creato delle aspettative serie all’interno delle carceri. Quindi se arriva il testo dalla Camera, il Senato ha assunto come dovere, all’unanimità tra i capigruppo, di approvarlo anche qui".

Salute in carcere: diritto negato ad oltre 62mila persone

 

Redattore Sociale, 24 luglio 2006

 

"Sette anni di mancata applicazione del decreto legislativo 230/99 hanno prodotto una situazione di grave compromissione del diritto alla salute dietro le sbarre". La denuncia è del "Forum nazionale per il diritto alla salute di detenuti e detenute e l’applicazione della riforma della medicina penitenziaria", che chiede il formale passaggio della gestione della salute in carcere dal ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, come previsto dalla legge finora inapplicata. Il rilancio della questione è avvenuto oggi durante una conferenza stampa alla Camera dei deputati, promossa dal Forum in vista del dibattito che si aprirà, lunedì 24 luglio proprio alla Camera dei Deputati, sui problemi della giustizia e in particolare su indulto e amnistia.

"A fronte di uno stato patologico di partenza evidentemente differente rispetto alla popolazione libera - accentuato non solo dalla condizione di disagio sociale, dalle disabilità e dalle tossicodipendenze, ma anche dal particolare contesto carcerario e dalle sue condizioni a rischio, la spesa pro-capite per l’assistenza sanitaria in carcere si è via via ridotta fino ad arrivare a poco più di 4 euro al giorno per detenuto", fa notare Leda Colombini, presidente del Forum, rivendicando "l"immediata e completa applicazione della riforma della sanità penitenziaria. Infatti lo stato confusionale del sistema sanitario penitenziario è stato accresciuto dal trasferimento alle Ragioni di soli 2 ‘spezzoni’ del servizio sanitario nelle carceri italiane, la prevenzione e la tossicodipendenza, per di più con pochissimi mezzi finanziari e altrettanto scarso personale". Inoltre le stesse Asl non si sono assunte pienamente "le competenze attribuite loro dalla legge". Invece andrebbe trasferito immediatamente "tutto il servizio sanitario e farmaceutico dal Dap alle regioni, risorse umane e finanziarie comprese". Finora, però, solo la Regione Toscana si è mossa in questa direzione, approvando una leggere regionale per l’attivazione di un sistema sanitario completo nelle carceri del territorio. "È tempo di generalizzare l’esempio toscano", ha auspicato Colombini.

Salute in carcere: spesi 110 milioni del 2000 e… 90 del 2005

 

Redattore Sociale, 24 luglio 2006

 

Di 4 euro lordi al giorno per detenuto la spesa pro-capite: cifra analoga a quella spesa per un cittadino libero. Recluse oltre 62mila persone, per il Dap il 13% versa in cattive condizioni.Attualmente sono recluse oltre 62.000 persone, di cui 22.000 in attesa di giudizio. Ma se i detenuti aumentano, diminuiscono le risorse economiche per la cura e la prevenzione, passate dai circa 110 milioni di euro del 2000 ai poco più di 90 del 2005. La spesa pro-capite si è ridotta a circa 4 euro lordi al giorno per detenuto: una cifra analoga a quella spesa per un cittadino libero, anche se il Dap dichiara che il 13% dei detenuti versa in cattive condizioni, oltre al crescente verificarsi di malattie mentali e patologie tipiche di paesi extracomunitari. Lo denuncia il "Forum nazionale per il diritto alla salute di detenuti e detenute e l’applicazione della riforma della medicina penitenziaria", che stamattina ha promosso una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati per evidenziare i problemi della salute in carcere.

Circa 3mila donne e oltre 20mila stranieri vivono dietro le sbarre; e la popolazione detenuta è cresciuta di oltre 10mila unità negli ultimi 7 anni, mentre gli immigrati in carcere sono addirittura raddoppiati. Abbastanza stabile la percentuale dei tossicodipendenti, passati dai circa 15mila del 1999 ai 17mila dello scorso anno. Bisogna tener conto dell’alta incidenza (20%) delle malattie di origine psichica sulla popolazione carceraria e il fenomeno dell"Hiv. Circa 1.600 detenuti sono affetti da Aids; a questi vanno aggiunte altre 300 persone affette da malattie indicative di Aids. Invece l’alcol-dipendenza e le patologie connesse coinvolgono circa 1.400 tra uomini e donne. "Un quadro gravissimo che fotografa un situazione indegna di un paese civile", osserva il Forum, ricordando: "Il diritto alla salute per i cittadini reclusi oggi non è reso esigibile, non è universale".

Salute in carcere: a settembre il Forum incontra Manconi

 

Redattore Sociale, 24 luglio 2006

 

"A settembre ci incontreremo con il Forum nazionale per il diritto alla salute di detenuti e detenute e l’applicazione della riforma della medicina penitenziaria, per tradurre in iniziative concrete le proposte odierne. Ma la questione dell’indulto e dell’amnistia è pertinente: in un carcere iper-sovraffollato gli elementari atti medici diventano più faticosi, lenti e meno efficaci". Lo ha sottolineato il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, intervenendo questa mattina alla conferenza stampa promossa dal Forum per denunciare la non applicazione della legge 230/99 sul trasferimento delle competenze sanitarie in carcere dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, quindi alle Regioni. "Senza amnistia e indulto, un intervento ritenuto emergenziale, è impossibile mettere mano alle altre riforme strutturali - ha proseguito Manconi -. Bisogna ricondurre il carcere a una situazione fisiologica". Tra gli strumenti da potenziare in questa direzione, la valorizzazione dell’Ufficio per i rapporti con le Regioni, che già esiste presso il Dap. Inoltre secondo il sottosegretario alla Giustizia attualmente il sistema penitenziario "rappresenta una struttura patogena, che produce nuove patologie. Invece sarebbe più facile governarlo se si attuassero soluzioni". Per Manconi, infatti, "il principale attentato alla sicurezza collettiva consiste in carceri che producono all’infinito criminalità".

Su indulto e amnistia ha espresso oggi la sua posizione, in un comunicato stampa, anche il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni: "Sono naturalmente a favore di questi provvedimenti. L’importante è che, anche se senza amnistia, il Parlamento possa votare la misura dell’indulto per condanne fino a 3 anni di reclusione". Con questa soluzione, infatti, "si prevede che possano uscire dal carcere oltre 12.000 persone, anche se tali stime sono ovviamente condizionate alla tipologia di reati che la misura conterrà. In tale ottica, credo sia possibile - dal punto di vista umano ed etico - rivedere e allargare la soglia dei reati ricompresa nel beneficio, che nella proposta è molto limitata". Infine Marroni auspica che "il dibattito di queste ore serva anche a far sì che l’opinione pubblica prenda coscienza che, anche con l’amnistia e l’indulto, resta sempre il problema principale del sovraffollamento degli istituti di detenzione, che si può risolvere solo con il cambiamento del diritto penale e di quello penitenziario. Nel senso che si possano prevedere pene alternative al carcere per colpire gli autori di alcuni reati. Fermo restando, ovviamente, il rispetto del sacrosanto diritto alla sicurezza dei cittadini".

Giustizia: sono sempre di più i volontari nelle carceri italiane

 

Redattore Sociale, 24 luglio 2006

 

Circa 8.300 volontari portano la loro opera con continuità in quasi tutte le strutture carcerarie; il loro numero, aumentato di circa il 6% rispetto all’anno scorso, riesce appena a seguire il flusso delle persone detenute nelle strutture, oltre 59.500 a fine 2005. Sono questi solo alcuni dei dati facenti parte della "Quinta rilevazione nazionale sul volontariato penitenziario", intitolata "Pianeta carcere e comunità locali: verso una progettualità integrata? E prodotta dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

La rilevazione sarà presentata domani (ore 12) nella Sala Stampa della Camera dei Deputati. All’incontro, coordinato dal presidente della CNVG Claudio Messina, saranno presenti l’On. Manconi, Sottosegretario alla Giustizia, Giovanni Tenebra (Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), Emilio Di Somma (Vice Capo Dipartimento Dap), Maria Pia Giuffrida (Dirigente Gen. Dap), Sebastiano Ardita (Dir. Ufficio Detenuti e Trattamento), nonché alcuni componenti della Commissione Giustizia della Camera.

La relazione sulla ricerca sarà tenuta da Renato Frisanco responsabile del settore studi e ricerche della Fivol. Per la sua diretta conoscenza della situazione carceraria, la CNVG che riunisce quasi tutte le organizzazioni di volontariato nella giustizia, si è espressa in varie occasioni a favore di un provvedimento di amnistia-indulto, capace di ristabilire nelle carceri una soglia di legalità "ampiamente superata". Anche di questo si discuterà domani in sede di presentazione dell’indagine.

Savona: le spiagge libere sono pulite grazie ai detenuti

 

Il Giornale, 24 luglio 2006

 

"Le spiagge libere di Savona non sono mai state così pulite come quest’anno, da quando cioè le puliscono i carcerati!" affermano molti frequentatori dell’arenile savonese. Sono in due, lavorano con pala e rastrello, tolgono cartacce, bottiglie ed ogni tipo di sporcizia che si accumula sulla spiaggia. Arrivano alle 6, vestiti con maglietta rossa e calzoncini verdi ed, entro le 10, sorvegliati da agenti confusi tra la folla, hanno pulito i diversi tratti liberi del litorale di Savona. "Lavorano con zelo e non hanno mai creato, con comportamenti indisciplinati, difficoltà ai bagnanti. E nessuno è scappato buttandosi in mare!", ironizzano i bagnanti che in questo periodo affollano le spiagge savonesi e che condividono il processo di rieducazione e di reinserimento sociale, attraverso lavori di pubblica utilità, dei detenuti che scontano la pena carceraria presso il "S. Agostino", deciso per quest’estate, dalla precedente amministrazione comunale di Savona, la Casa Circondariale e l’Ata.

L’accordo mira ad utilizzare il lavoro dei detenuti soprattutto a scopo turistico ed ambientale, in una città che ha ambizioni in tale senso.

Ai detenuti, che lavorano per 5 giorni alla settimana, con il supporto dei dipendenti dell’Azienda di Tutela Ambientale, è assicurata la copertura assicurativa e la direzione del carcere provvede, in caso di malattia od infortunio, alla sostituzione del personale. Peccato, però, che prima di ora, cioè di quando ci si è accorti che i carcerati avrebbero potuto sollevare il comune da qualche onere economico, all’amministrazione non sia importato affatto di loro! La Casa circondariale di Savona, infatti, un ex convento agostiniano costruito nel 1370 ed adibito a carcere dal prefetto napoleonico Chabrol nel 1870, è stato giudicato dalle autorità competenti, che lo hanno visitato anni fa, uno dei peggiori d’Italia. In passato, in questa struttura totalmente fatiscente, hanno transitato ogni anno 600 detenuti in attesa di giudizio, in un’area che ne può contenere solo 50. Ve ne sono attualmente 60, alcuni dei quali in condizioni di semilibertà. Il ministero di Grazia e Giustizia, da diversi anni, ha deciso la costruzione di un nuovo carcere, che dovrebbe ospitare 300 detenuti ed ha chiesto al comune l’individuazione di un’area adatta. Tanta acqua è passata da allora sotto i ponti, ma, fino a pochi mesi fa, nessun territorio è stato considerato idoneo! Ai timidi tentativi d’individuazione di un’area sono nate opposizioni feroci ed anche le proposte di costruirlo in altri comuni della Provincia sono state duramente bocciate dai sindaci interessati. Dopo tanta pena, finalmente, è stato deciso di costruirlo in località Passeggi, sopra Quiliano ed il ministero di Grazia e Giustizia a febbraio ha dato il via libera, ma nemmeno una pietra è stata posta nel luogo indicato! E la sinistra ha di nuovo vinto le elezioni, a Savona!

Giustizia: Sappe; bene Napolitano su situazione delle carceri

 

Comunicato stampa, 24 luglio 2006

 

"Sono ancora una volta apprezzabili e di buon senso le parole sul "tema carcere" dette oggi dal Capo dello Stato Napolitano all’incontro con i vertici dell’Associazione stampa parlamentare. Già l’8 giugno scorso, nel suo intervento al CSM, il Capo dello Stato richiamò l’attenzione sul sistema penitenziario nazionale. Concordiamo sulla necessità di rimedi di fondo al sistema, premesso che all’eventuale approvazione di un indulto devono seguire necessariamente interventi strutturali sull’esecuzione della pena, altrimenti gli effetti di un possibile provvedimento di clemenza andrebbero vanificati in pochi mesi. Adesso auspichiamo che Governo e Parlamento assumino i provvedimenti di competenza".

È il commento della Segreteria Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Polizia Penitenziaria con oltre 12mila iscritti, alle parole espresse oggi dal Capo dello Stato Napolitano alla Cerimonia del Ventaglio al Quirinale. "Riteniamo priopritario" prosegue il Sappe "che il Ministro Guardasigilli Clemente Mastella ponga all’ordine del giorno della sua agenda l’individuazione di soluzione legislativa utile alla riassunzione in servizio dei circa 530 agenti di polizia penitenziaria ausiliari, licenziati a fine 2005; la garanzia che una eventuale manovra finanziaria bis non penalizzi nuovamente la Polizia Penitenziaria; l’individuazione di provvedimenti legislativi che potenzino maggiormente l’area penale esterna".

"Ci siamo anche detti favorevoli all’amnistia e/o all’indulto" continua il Sappe "non per ragioni ideologiche, ma perché è l’unico provvedimento attuabile per ricondurre a livelli di civiltà le nostre carceri. L’attuale sovraffollamento ricade principalmente sul Personale di Polizia Penitenziaria, che è impiegato nelle sezioni detentive 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, con notevole stress psico-fisico ormai in una irreversibile inferiorità numerica rispetto ai detenuti presenti. E il sovraffollamento delle carceri è diventato un’emergenza del Paese e può essere tamponato solo con un provvedimento di clemenza. Subito dopo, però, sono necessari ben altri interventi di carattere strutturale che non facciano rimanere l’amnistia e/o all’indulto puri e semplici palliativi che fra qualche mese avranno già perso la loro efficacia. In altre parole, parliamo di potenziamento dell’area penale esterna e un maggior ricorso alle misure alternative alla detenzione, che tengano in carcere chi veramente deve starci, e una legge sugli extracomunitari che permetta espulsioni più facili piuttosto che la detenzione in Italia (a livello nazionale sono il 30% - circa 20mila - i detenuti stranieri, percentuale che si raddoppia negli Istituti del Nord"

Giustizia: Mastella, a Napoli apriremo call-center con detenuti

 

Agi, 24 luglio 2006

 

Dopo quelli di Roma e di Milano frutto della collaborazione di Telecom con il Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria) del ministero della giustizia, anche Napoli avrà un call center con operatori detenuti. Lo annuncia durante la sua visita insieme all’arcivescovo Crescenzio Sepe il ministro Clemente Mastella parlando ai detenuti del penitenziario partenopeo di Poggioreale. "L’ho già chiesto a Marco Tronchetti Provera - dice Mastella - anche qui ci sarà un call center per eliminare la distanza con il mondo esterno".

Napoli: Mastella e arcivescovo Sepe in visita a Poggioreale

 

Agi, 24 luglio 2006

 

È durata circa tre ore la vista del ministro della Giustizia Clemente Mastella e del cardinale arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe al carcere partenopeo di Poggioreale. All’incontro con i detenuti e il personale di polizia penitenziaria ha preso parte anche il sottosegretario Luigi Scotti. L’indulto è stato uno dei temi dominanti del confronto nella cappella dell’istituto penitenziario con circa 300 detenuti, insieme al sovraffollamento delle strutture carcerarie e delle scarse risorse per il sistema Giustizia, problemi toccati nella successiva visita del Guardasigilli e dell’alto prelato prima ai carcerati sottoposti a regime di alta sicurezza, poi con quelli malati e infine con gli agenti.

"Al ministro Clemente chiediamo un atto di clemenza", ha detto il cardinale Sepe facendo suo "il desiderio espresso dal servo di Dio Giovanni Paolo II durante il Giubileo. Chiedo pertanto un atto di clemenza che non vuole significare un atto di mero perdonismo". La frase strappa un lungo applauso ai detenuti che scandiscono "Sepe, Sepe", esattamente come prima hanno scandito "Mastella, Mastella", quando il ministro ha detto di aver ascoltato il loro grido di dolore per l’indulto. Poggioreale è uno degli istituti penitenziari più affollati d’Italia; il suo direttore Salvatore Acerra fissa a circa 2.200 i detenuti attualmente ospitati, con punte di 2.500 nelle scorse settimane per un bilancio complessivo tra entrati e usciti che in un anno è di 15mila presenze.

Mastella ha sottolineato che "è mio compito e mio dovere" visitare Poggioreale e altri carceri italiani, promettendo un’altra visita a Natale. Il Sud e Napoli "in maniera drammatica", osserva il Guardasigilli, hanno bisogno che le istituzioni "non siano fredde" rispetto alla spirale della criminalità e che si adoperino nella prevenzione insieme a Chiesa, scuola e famiglia per "eliminare i disvalori dei giovani". A lui i detenuti e poi il cardinale Sepe hanno rivolto auguri per il matrimonio del figlio questo pomeriggio.

L’arcivescovo di Napoli, oltre a trasmettergli una benedizione particolare per gli sposi gli ha anche porto una busta bianca intimandoli di non aprirla e di consegnarla alla coppia.

Mastella e Sepe, che si conoscono da tempo, non hanno fatto mancare ‘siparietti’ a chi assisteva alla visita, detenuti compresi. Quando il Guardasigilli sale sul palco della chiesa del carcere per ricevere con il cardinale i doni dei detenuti, il cerimoniale cambia la poltrona di velluto rosso del porporato con una più modesta ma uguale a quella del ministro.

"Rinuncio alla poltrona", sorride Sepe; "a me non è stata data", osserva Mastella che in prima fila era seduto su una sedia uguale a quella che porgono ora al cardinale; "va bene, ma ci sono poltrone troppo scomode", replica uno dei quattro cappellani del carcere che ha coordinato la manifestazione.

L’applauso più scrosciante dei detenuti va prima a Mastella, quando, concluso il suo discorso, sollecitato dal presidente del tribunale di sorveglianza napoletano Angelica Di Giovanni, per sottolineare il suo impegno per il Sud ricorda la sua passione per il calcio e grida "Forza Napoli". Il cardinale Sepe poi si prende la sua standing ovation quando il cerimoniale dice pubblicamente che oltre ai rosari di legno per i detenuti, aveva manifestato l’intenzione di donare sigarette.

"Non si può - dice il cappellano - però anche i cappellani fumano"; "E fuma pure il cardinale", ribatte placido Sepe mostrando un pacchetto di MS. Alla polizia penitenziaria il Guardasigilli promette attenzione e risorse anche se "ci sono tagli per tutti", dichiarando anche la sua intenzione di tenere a Napoli "una conferenza nazionale della polizia penitenziaria per dare una risposta complessiva istituzionale alle istanze che da essa provengono". Quanto alle lamentele di magistrati napoletani sulle carenze di mezzi, il Guardasigilli risponde: "Faccio la trascrizione del lamento e la porto al ministro dell’economia. Però non basta lamentarsi. Noi faremo ogni sforzo in Finanziaria, faremo qualcosa di più. Però occorre chiedere a tutti uno sveltimento, la Giustizia italiana è rallentata".

Indulto: appello di don Mazzi per un gesto di clemenza

 

Apcom, 24 luglio 2006

 

Il Comitato per l’amnistia, la giustizia e la legalità, presieduto da Don Antonio Mazzi, fa appello ad un duplice gesto di clemenza - amnistia e indulto - che migliori la situazione carceraria italiana. L’appello ha avuto numerose adesioni, specie nel mondo cattolico.

"Occorre varare la più straordinaria, forte, ampia, decisa e rapida delle amnistie che la Repubblica italiana abbia avuto dalla sua nascita per poter immediatamente ridurre di almeno un terzo il carico processuale della Amministrazione della Giustizia perché essa possa, liberata da processi meno gravi, proficuamente impegnarsi a concludere quelli più gravi", si legge nell’appello, che prosegue così: "È necessario un indulto che possa sgravare di un terzo il carico umano che soffre in tutte le sue componenti - i detenuti, il personale amministrativo e di custodia - la condizione disastrosa delle prigioni".

Oltre a don Mazzi hanno firmato l’appello Marco Pannella, la Comunità di Sant’Egidio, la Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, la presidenza delle Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane), i presidenti del Comitato nazionale Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani), Volontari nel mondo-Focsiv (organismi cristiani di volontariato internazionale), la sezione italiana dell’Associazione Cristiana contro la tortura, Don Andrea Gallo, Francesco Cossiga, Giuliano Vassalli ed Emanuele Macaluso.

Lazio: pasti differenti per religioni e malattie dei detenuti

 

Adnkronos, 24 luglio 2006

 

Ma che tipo di alimentazione può offrire loro il carcere? Secondo quanto dichiarato all’Adnkronos da Angiolo Marroni, Garante dei detenuti della Regione Lazio, "affrontando il problema dell’alimentazione all’interno delle carceri è importante considerare tre fattori fondamentali: la multietnicità e la multireligiosità; le eventuali malattie dei detenuti; la qualità del cibo utilizzato per cucinare". Prendendo in analisi il carcere di Civitavecchia, in cui su 600 detenuti sono presenti circa 54 diverse nazionalità, il Garante sottolinea: "È facile capire il perché della differenziazione dei pasti a secondo del proprio credo religioso (musulmano o ebreo per esempio); allo stesso modo, non è difficile pensare che detenuti che vivono in particolari condizioni fisiche, magari con malattie cardiache di un certo riguardo piuttosto che malati di obesità, non possono avere il medesimo pasto di chi non lamenta alcuna malattia".

Non in ultimo, "va osservato come la qualità del cibo utilizzato per cucinare è bassa. E partendo proprio da quest’ultimo dato è possibile trovare una giusta risoluzione all’intera questione; infatti, si sta sperimentando nella sezione Penale del carcere di Rebibbia a Roma, un nuovo progetto che prevede l’affidamento della cucina a una cooperativa sociale esterna, composta da ex detenuti. Grazie a tale sistema si sono segnalati discreti miglioramenti all’interno del carcere".

"Ad ogni modo - continua il Garante - bisogna ricordare che la scelta del cibo da utilizzare in cucina rimane al carcere, anche se a occuparsene è un soggetto esterno, come nel caso della cooperativa sociale di Rebibbia penale. Infatti, la scelta della ditta fornitrice del cibo spetta al provveditorato regionale del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che appalta la concessione della vendita dei prodotti alle carceri, dopo una gara d’acquisto. Qui sorge la problematica legata al controllo della qualità delle merci acquistate, controllo che risulta essere scarso". "Altra realtà sembra essere quella dei detenuti che si occupano direttamente della propria alimentazione - conclude Marroni - questi infatti possono cucinarsi all’interno della propria cella, se permesso, con materia prima acquistata al di fuori del carcere e fattagli arrivare dopo la loro ordinazione, o data loro da familiari e amici".

Per avere una panoramica completa del mondo carcerario, a esprimersi sulla questione è stato anche Carmelo Cantone, direttore di Rebibbia Nuovo Complesso, che ha dichiarato: "Negli ultimi dieci anni è notevolmente aumentata l’attenzione che l’amministrazione penitenziaria centrale rivolge al vitto dei detenuti; in particolare, è stato allargato il numero delle imprese che si occupano del mantenimento alimentare, scegliendo quelle che offrissero generi più vari e cibo più adeguato". "Inoltre - osserva Cantone - è maggiore l’attenzione rivolta anche verso i vitti speciali per i detenuti di diversa religione e condizione: abbiamo pasti per vegetariani, ipocalorici e diversi altri". "Un dato diffuso che deve essere osservato - continua il direttore del Nuovo Complesso - è che sempre meno detenuti mandano indietro i carrelli con il pasto, e ciò dipende da due fattori: la minore disponibilità economica dei detenuti, che non permette loro di acquistarsi alimenti da cucinare in cella, e l’evidente miglioramento, aumentato nel corso degli anni, della qualità del vitto". "Siamo soddisfatti di tale risultato - aggiunge - ma ricordo che è nostro dovere offrire ai detenuti dei pasti più che dignitosi, e per fare ciò abbiamo anche il controllo di operatori, che ne verificano la qualità e il rapporto proteico. Per quanto riguarda questo istituto - continua - non confezioniamo i pasti in economia, né assumiamo detenuti per cucinare; infatti, noi rientriamo in un progetto sperimentale, adottato insieme ad altre sei istituti carcerari, secondo il quale affidiamo ad una cooperativa esterna il confezionamento dei pasti, che loro effettuano assumendo detenuti che se ne occupano".

"Le imprese che devono fornire le derrate alimentari - prosegue Cantone - sono controllate dagli addetti della cooperativa, dalle rappresentanze di detenuti e dagli operatori dell’istituto, e solo successivamente i pasti vengono confezionati su menù bisettimanali, con singole grammature dei generi alimentari, a seconda dei detenuti presenti nel carcere". "Per quanto riguarda i vitti speciali, per detenuti affetti da particolari malattie (come Hiv, diabete o cardiopatia) - spiega il direttore - agiamo sotto il controllo di uno specifico dipartimento di prevenzione dell’Asl, che si occupa di servizio igienico sanitario negli istituti penitenziari; fermo restando che la responsabilità medica dei reclusi rimane ancora ai medici interni". Invece, gli alimenti acquistati dai detenuti per cucinare nelle celle, quello definito dagli addetti ai lavori extravitto, vengono forniti, come sottolinea il direttore, "dalle stesse imprese di mantenimento delle derrate; il funzionamento di tale sistema prevede che: i reclusi ordinino gli alimenti, il carcere passi l’ordinazione all’impresa e, arrivato nell’istituto quanto richiesto, che venga smistato tra i diversi reparti.

Inoltre, è importante specificare che i detenuti hanno una somma massima di spesa per ogni mese di 400 euro, che loro possono dividersi in alimenti, telefonate, posta, sigarette e articoli di toletta". "Proprio questi ultimi due sono i più acquistati - specifica il direttore - In qualche istituto di recente progettazione è previsto un apposito spazio perimetrato, in cui i detenuti possono acquistare, come in un vero e proprio spaccio, ciò di cui hanno bisogno; ma tale realtà - conclude Cantone - seppur di grande interesse, risulta di difficile attuazione per le grandi carceri, che ospitano migliaia di reclusi". C’è chi dà ragione a coloro che non accettano il trattamento alimentare delle case di reclusione, come nel caso del professor Giorgio Calabrese, nutrizionista dell’Università Cattolica di Piacenza, che afferma: "Purtroppo il detenuto, nella maggior parte dei casi, ha motivo di lamentarsi. La questione dell’alimentazione all’interno delle carceri è un problema di cui lo Stato deve farsi carico quanto prima, così come quello del sovraffollamento in cui queste versano. In tal senso, bisogna cercare di offrire ai detenuti una dieta che sia leggera e varia, ma che sia soprattutto composta da cibi di qualità".

"Nello specifico - continua l’esperto - avendo i detenuti una vita stanziale (sedentaria) non necessitano di un’eccessiva quantità di carboidrati, mentre hanno bisogno di una buona dose di proteine che, anche questa, non deve essere maggiore rispetto all’attività muscolare, altrimenti l’eccesso delle stesse proteine produce troppo azoto, sovraccaricando così il rene. Invece, per coloro che lavorano maggiormente all’interno degli istituti, i pasti devono essere abbondanti e calorici". "Da parte dei detenuti - sottolinea Calabrese - accade spesso che, in quanto depressi e sfiduciati, ci sia un consumo maggiore di grassi, di condimenti e di alcool, cosa che va assolutamente limitata per i possibili danni agli organi vitali.

Va inoltre osservato che, da un punto di vista teorico, i regimi alimentari sono rispettati dalle carceri, il problema è legato alla qualità del prodotto utilizzato per cucinare, che è di per sé di medio livello; ma tale problematica, a sua volta, è legata alle risorse economiche che lo Stato mette a disposizione delle carceri". "È il sovraffollamento che non assicura ai reclusi un’alimentazione di qualità, quanto di sopravvivenza - prosegue il nutrizionista -.

La questione quindi non deve fossilizzarsi sulla dieta alimentare che i detenuti dovrebbero mantenere, quanto sulla qualità della materia prima utilizzata per cucinare, che presuppone un’adeguata attenzione da parte dello Stato, sia periferico, in qualità di amministrazione penitenziaria, che centrale, in qualità di istituto penitenziario". In ogni caso, secondo l’esperto "l’amministrazione interna degli istituti di reclusione, nella maggior parte dei casi, mantiene alta l’attenzione, basti osservare come già da tempo esistano menù differenziati in base alle religione dei detenuti, ai vegetariani e ai malati, in particolare quelli di epatite B o C, o di Aids".

Come risolvere allora tale problematica: "La qualità del cibo non sarà mai soddisfacente, finché non lo saranno le condizioni in cui versano le carceri. Sono fiducioso sulla volontà del ministero della Giustizia di migliorare l’intero sistema carcerario - spiega Calabrese - a ogni modo rimango convinto che sia necessario ridare dignità ai detenuti, aiutarli da un punto di vista nutrizionale e alimentare". "Per fare ciò - conclude - è necessario partire, in primo luogo, da un aumento del budget concesso agli istituti di reclusione, che permetterà loro di migliorare la propria vivibilità. Non dobbiamo dimenticarci che lo Stato non si vendica contro chi commette i reati, ma fa giustizia senza togliere loro i diritti e le libertà di cui devono, per legge, beneficiare".

Ma è anche il Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria, a dire la sua. In particolare, Giuliano Verrengia, funzionario dell’ufficio Bilancio del Dap, afferma: "È importante sottolineare che, da poco più di un euro, oggi, per ogni pasto del detenuto si è arrivati a pagarne 2. Esistono delle gare pubbliche, cui partecipano le aziende per rifornire le derrate alimentari alle carceri; queste sono a livello regionale, sulla base di un capitolato tecnico, che ha tabelle virtuali". Verrengia parla poi del progetto sperimentale di affidare a cooperative esterne le cucine delle carceri: "La riduzione al bilancio statale di circa il 25/30%, prevista per il 2006 sul capitolo degli investimenti industriali, non ci ha consentito di sviluppare questo progetto, estendendolo, come volevamo, in tutto il Lazio".

Parlando poi il funzionamento del suo dipartimento, il funzionario spiega: "Il Dap dà ai provveditorati regionali budget di spesa per ogni singolo detenuto, insieme a contributi; a sua volta, il provveditorato gira i contributi agli istituti di detenzione che, successivamente, pagano le ditte di derrate alimentari che, vincendo la gara d’appalto, riforniscono di alimenti le carceri". Ma ad occuparsi della cucina a livello pratico, come nel caso di Rebibbia sezione penale, è la Syntax Error, il cui vicepresidente è Maurizio Zotti, che afferma: "La nostra impresa ha un appalto per cucinare il cibo per l’istituto; in particolare, ci occupiamo del confezionamento dei pasti. Questo lavoro ci permette di impiegare personale: assumiamo dall’esterno detenuti dell’istituto, che magari rimarranno in carcere diversi anni e quindi a cui fa comodo guadagnarsi dei soldi. È nostra convinzione - conclude - che se questi riescono a mettersi da parte dei soldi, avranno, una volta usciti dal carcere, meno possibilità di tornare a delinquere".

Papillon: indulto tappa importante sulla strada delle riforme

 

Associazione Papillon, 24 luglio 2006

 

Si avvia ormai a conclusione la prima lunga tappa di un percorso di lotta per l’indulto e le riforme iniziato nelle galere dalla Papillon e da decine di migliaia di detenuti fin dal settembre del 1997 e proseguito poi ciclicamente fino a questi giorni.

Tutto lascia prevedere che finalmente domani la Camera dei Deputati esprimerà a larga maggioranza favorevolmente ad un provvedimento di indulto che nonostante i limiti eccessivi della sua applicabilità rappresenta comunque un passaggio positivo per ripristinare un minimo di vivibilità nelle carceri "ormai ridotte a veri e propri canili" (così si esprimono ormai i cappellani delle carceri) permettendo così al mondo politico e agli operatori penitenziari di conquistare lo spazio e il tempo necessari per sviluppare in ogni direzione un reale processo riformatore del nostro sistema penale e penitenziario.

Se è vero che in questi nove anni noi detenuti abbiamo subito delusioni e truffe di ogni tipo (la più atroce delle quali fu il cosiddetto indultino, all’epoca sostenuto ciecamente persino dai Radicali) oggi dobbiamo riconoscere che la possibilità di cogliere questo primo risultato è maturata certamente anche grazie alla caparbietà con la quale i detenuti hanno continuato a protestare e ad interrogare la coscienza di tanta parte della società esterna, ma soprattutto per due nuovi dati politici emersi negli ultimi mesi e che confermano come persino su questo difficile terreno la lotta tra le classi si intreccia sempre e dovunque ai risultati elettorali e alle nuove condizioni che essi determinano.

La sconfitta elettorale del centro destra ha permesso ad alcune sue componenti, per vari motivi interessate ad un provvedimento di indulto e/o amnistia, di sottrarsi ai continui ricatti e ostruzionismi a cui per cinque anni sono state sottoposte all’interno della loro stessa coalizione. Al contrario, una vittoria del centro destra avrebbe forse permesso di trovare comunque una via di uscita dai guai giudiziari di tanti "colletti bianchi" ma nello stesso tempo avrebbe dato nuovo impulso a quello stravolgimento del Diritto penale e penitenziario che è ben evidenziato dalla Legge Cirielli e dalla Bossi-Fini.

Il significativo rafforzamento elettorale della sinistra di classe ed ambientalista nelle elezioni politiche generali hanno permesso di dare nuovo impulso alla battaglia per l’amnistia, l’indulto e le riforme (che Rifondazione, i Verdi e "il candidato senza volto" avevano sostenuto già durante le Primarie dell’Unione, riuscendo poi a far inserire la necessità di tali provvedimenti nel programma di Governo) riaprendola pubblicamente con una prima audace proposta politica lanciata proprio dalla Direzione di questo giornale all’indomani dell’entrata in carcere del Signor Previti, e ripresa e rilanciata in varie forme da autorevoli esponenti della Chiesa cattolica, dal Presidente della Camera dei Deputati e via via da tante altre autorità, sino al Presidente della repubblica. Credo sia ormai indiscutibile il fatto che quella proposta, la quale chiudeva definitivamente con tutte le ambiguità di chi avrebbe voluto riparlare di indulto e amnistia soltanto dopo l’approvazione del nuovo Codice Penale (ossia tra almeno tre anni), contenesse invece in embrione il punto di equilibrio sul quale sembra ormai possibile che nei prossimi giorni si raggiunga una larga maggioranza parlamentare. Quella che all’apparenza sembrava una proposta politica semplicemente spregiudicata, si è invece rivelata il frutto di un lungimirante calcolo delle forze in campo e della possibilità concreta di condizionarne il movimento in un senso o in un altro.

Giunti a questo punto, c’è soltanto da augurarsi che i Deputati e i Senatori dell’Italia dei Valori nei prossimi giorni si sottraggano alla tentazione di fare muro insieme alle forze più forcaiole del centro destra, così come fecero già nello scorso gennaio i DS e la Margherita all’indomani del fallimento ( in termini di partecipazione di massa) della cosiddetta marcia di Natale.

Volgendo invece lo sguardo al futuro, a noi piacerebbe che il raggiungimento di questo primo importante obiettivo sia anche l’occasione per la sinistra parlamentare di guardare avanti superando quella visione un po’ consuetudinaria che sembra non vedere il carattere di classe delle lotte che si svolgono anche sul terreno della Giustizia e del carcere.

E allora, proprio ragionando sulla necessità di difendere questo primo importante passo in avanti che ci auguriamo verrà sancito dal voto parlamentare nei prossimi giorni, noi crediamo sia necessario, ad esempio, accelerare e qualificare i lavori della nuova Commissione per la riforma del Codice Penale, andando oltre i già importanti passi in avanti fatti dalle Commissioni precedenti in materia di ergastolo e depenalizzazione;

presentare e sostenere proposte di Legge che vietino qualunque forma di ritorsione (disciplinare, amministrativa o penale) contro quei detenuti che in forma individuale o collettiva ritengano necessario protestare pacificamente;

prevedere la possibilità di ricorso ad ogni livello, fino alla Cassazione, da parte dei detenuti verso tutti quei comportamenti, provvedimenti e pronunciamenti dell’amministrazione penitenziaria e della Magistratura di sorveglianza che si ritenga siano lesivi dei Diritti del singolo o della collettività dei detenuti.

E ancora, come tacere sulla generalizzata mancanza di coraggio che impedisce al Legislatore di porre dei ferrei paletti agli abusi che si compiono nell’uso della custodia cautelare in carcere (oltre ventitremila detenuti in attesa di giudizio, e le statistiche ci dicono che ogni anno oltre la metà risulta innocente), oppure agli abusi che si compiono in tanti Tribunali di Sorveglianza nell’applicazione della Legge Gozzini?

Certamente è vero che per fare questi passi occorre superare una mentalità un po’ rachitica che al massimo fa attestare tanti Parlamentari sulla presunta necessità di un cosiddetto Garante Nazionale dei detenuti, senza tener conto né dei limiti e degli ostacoli che questi uffici hanno incontrato in alcuni comuni e regioni e che in molti casi li hanno costretti a trasformarsi in una sorta di Assessorati di serie B, confinando quasi completamente la loro azione nel tentativo di gestione di quelle poche risorse che gli Enti Locali destinano al carcere.

Ma da quando in qua il pensiero della sinistra di classe, della sinistra riformista e persino quello della "Dottrina Sociale della Chiesa", concepiscono la difesa dei Diritti individuali e collettivi come delega ad un "Garante"? Non è forse il caso che almeno la sinistra parlamentare nel suo insieme inizi a considerare anche i moderni "dannati della terra" come Cittadini detentori di Diritti individuali e collettivi come tutti gli altri?

Sappiamo bene quanto sia difficile persino discutere su queste semplici proposte. Ma del resto, come si può aver paura di parlarne quando per anni si è proceduto controcorrente nella lotta contro la drammatica realtà delle carceri italiane, e soprattutto quando nel dna della sinistra di classe che opera nelle Istituzioni e nella società non si vuole rinunciare all’idea che un altro mondo, magari senza classi e senza galera, sia alla fin fine ancora necessario e quindi possibile?

 

 

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