Rassegna stampa 13 gennaio

 

Amnistia: Pannella; sono atterrito, ma sto con l’Unione

 

Corriere della Sera, 13 gennaio 2006

 

Onorevole Pannella, come benvenuto nell’Unione ieri Ds e Margherita hanno affossato la vostra amnistia alla Camera. "C’è uno schieramento che va da Bossi a Violante, passando per An, che con il no di Margherita e Ds ha giustiziato questa iniziativa riformatrice, legalizzatrice, umanitaria. Sono quelli che di solito fanno demagogia: questa volta hanno fatto solo una indegna coalizione destra-sinistra, non solo sulla pelle dei detenuti, ma della giustizia, dello Stato. Terrorizza l’assoluto distacco in cui Ds e Margherita si trovano da problemi sociali come quello della giustizia: in Italia ci sono 9 milioni di processi aperti, che riguardano almeno venti milioni di persone. E loro invece si occupano tutt’al più di istanze proposte da vecchie sigle statali o parastatali".

 

Messa così, perché questa volta avete scelto l’alleanza con il centrosinistra e non con il centrodestra?

"Certo la vecchia Unione nazionale che ispirava i decreti di Cossiga, ai tempi dell’assassinio Moro e del generale Mino, rispunta ogni tanto. Ma il popolo di centrosinistra è in massima parte con noi. È l’oligarchia dei loro gruppi dirigenti che ci tratta come pericolosi appestati. E non solo per l’amnistia".

 

C’è dell’altro?

"C’è per esempio un problema che riguarda la democrazia: la nuova legge elettorale è mirata ad impedire alla Rosa nel pugno anche solo di partecipare. L’Unione non sembra averci fatto caso! Dovremo presentare le liste fra due o tre settimane, loro il 4 marzo... Siamo costretti a giocare un campionato diverso, che è una follia. Accettare di correre alle prossime elezioni può essere un suicidio per noi e la complicità nell’assassinio della residua democrazia".

 

Detto questo la Rosa nel pugno firma il programma di Prodi ed entra nell’Unione?

"Entriamo nell’Unione? Ma non ci siamo già? Siamo un nuovo soggetto politico alternativo, la Rosa nel Pugno, ma costituita con i socialisti, fondatori e membri dell’Unione. Il nostro programma è nei 31 punti di Fiuggi, quello dell’Unione l’hanno pubblicato in queste ore, noi non lo abbiamo nemmeno intravisto. Comunque poiché siamo convinti che per l’alternativa in questo Paese ci vuole l’alternanza, siamo per la sola alternanza possibile: Prodi".

 

Ma firmate o no?

"Non il "programma", ma quanto per motivi legali è necessario per collegarci, lo firmeremo. Il nostro programma si chiama Romano Prodi. Noi vogliamo che cada Berlusconi e Prodi vada a Palazzo Chigi".

 

Per restarci però deve avere una coalizione coesa…

"Saremo i giapponesi di Prodi. Ci sono troppi nella sua coalizione che vogliono eleggerlo, convinti di sbarazzarsene in breve. Non noi. Se lui se ne va, saremo liberi".

 

Come farete la campagna elettorale? Puntando sui vostri temi: eutanasia, droga, Pacs, agenda Giavazzi per le riforme economiche, aborto…

"Abbiamo un elenco prestigioso e grande di "cose proibite" e per quelle combatteremo: basta leggere i trentuno punti di Fiuggi. Ma non pretendiamo che il nostro sia un programma di governo. Poi spiegheremo perché Prodi è meglio di Berlusconi, che è un pericolo per sé e per gli altri. Dopo le elezioni faremo le nostre campagne fino a indurre Parlamento e governo a fare i conti con la nostra mobilitazione e a modificare il programma".

 

Lei Pannella sarà capolista dove?

"Se si conferma questa situazione non so proprio se collaborerò a quel suicido democratico offrendo una copertura ad una situazione indecorosa e incostituzionale".

 

Dice Mastella che se partecipate ai vertici dell’Unione lui se ne va.

"Se invitata, la Rosa nel pugno ci andrà. Il problema è di Mastella".

 

Quanto vale la Rosa nel Pugno?

"Se ci fosse democrazia, più del 10 per cento. Così, neppure l’1".

 

Le solite proteste radicali...

"C’è una politica oligarchica che mette a morte la legalità e la democrazia. Qualche migliaio di chierici e di sacerdotesse devono detenere il monopolio del sapere, con il Paese costretto ad essere ignaro. Quest’anno con la pubblicazione delle intercettazioni, non solo su Bancopoli, è riuscita una piccola rivoluzione laica: ora milioni di persone conoscono realtà altrimenti riservate alle lotte mafiose del Palazzo. È cresciuto il tasso di potenziale democratizzazione del regime, in un Paese sul quale si rovesciano altrimenti gli obbrobri incivili e antireligiosi del Papa" .

Amnistia: sulla clemenza la Camera si ferma alle parole

 

Roma One, 13 gennaio 2006

 

Bocciati definitivamente i provvedimenti di indulto e amnistia. Esultano An e Lega, contrari, mentre Fi e Udc avevano detto sì all’amnistia, a cui si sono opposti Ds e Dl che invece sostenevano l’indulto. L’associazione Antigone: "Una vera tragedia per 61 mila detenuti".

Per i detenuti nessun sorriso ieri da Montecitorio, solo l’ennesima telenovela dialettica conclusasi con un nulla di fatto. La Camera infatti ha bocciato definitivamente, con voto palese, qualsivoglia provvedimento, amnistia e indulto. Licenziato neanche 48 ore fa dalla commissione Giustizia di Montecitorio, per quanto riguarda l’amnistia il no ha vinto con solo otto voti di scarto; più netto il rifiuto all’indulto, con 28 preferenze di differenza.

Schieramenti spaccati al proprio interno anche per quanto concerne i due differenti provvedimenti. L’Unione si divide e il risultato, per altro piuttosto scontato, viene salutato con favore dalla Lega e da An, da sempre contrarie a concedere i provvedimenti di clemenza. Mentre la ‘Rosa nel pugnò, con tanto di Marco Pannella che si materializza in Transatlantico dopo il voto, attacca Ds e Dl per aver votato no all’amnistia. Anche nella Cdl la spaccatura è evidente: FI e Udc votano ‘si’, mentre An e Lega, contrarie, fanno ostruzionismo. Sull’indulto senza amnistia, però si ricompattano votando unite contro. "Un provvedimento dimezzato - spiega Erminia Mazzoni (Udc) - non serve a nessuno...". Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini si definisce "facile profeta" e afferma: "Non ci voleva tanto a capire che questo sarebbe stato l’esito, non si doveva essere un Einstein della politica. Ci sono stati troppi condizionamenti esterni e c’è chi ha giocato con la vicenda per interessi politici che poco avevano a che fare con il problema". Mentre il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, dichiara: "Ancora una volta i detenuti sono stati illusi...".

L’ostruzionismo di An e Lega inchioda da mercoledì sera l’Aula della Camera ad un dibattito infinito. La seduta ieri è iniziata presto, ma si è giunti al primo voto solo in tarda mattinata, quando si bocciano le questioni pregiudiziali e sospensive presentate da An e Lega. Per il primo voto sugli emendamenti si deve aspettare il pomeriggio. Casini mette subito le carte in tavola: per gli emendamenti soppressivi serve la maggioranza semplice, mentre per quelli sostitutivi e per gli articoli del testo, nonché per il provvedimento nel suo complesso, serve la maggioranza qualificata dei due terzi (406 voti). "I conti - profetizza subito Giovanni Kessler (DS) - sono presto fatti: 406 deputati che dicono ‘si’ all’amnistia non ci sono. Quindi i giochi sono già finiti...". Ma per bocciare l’amnistia ne bastano di meno. L’emendamento soppressivo dell’articolo che la introduceva, che necessita di una maggioranza semplice, passa con 206 si e 191 no. Cioè con 15 voti di differenza e con solo 8 di scarto. Subito dopo tocca all’indulto respinto con 206 sì all’emendamento soppressivo e con 178 no più due astenuti. E all’indulto ridotto, affossato quasi all’unanimità (353 sì, 3 no, 2 astenuti).

Il centrosinistra si divide: Ds e Dl dicono no all’amnistia e si all’indulto. Rosa nel pugno e sinistra radicale protestano. "È un errore gravissimo", dichiara Enrico Boselli. Ma dopo il voto si alza il tono della polemica. E il capogruppo dei Dl Pierluigi Castagnetti lancia il suo ‘j’accusè agli alleati: "L’amnistia per come era stata scritta era una presa in giro. Lo dico a Buemi e a chi l’ha sostenuta. Serviva solo per una speculazione elettoralistica..". Mentre Pannella rincara la dose: "In quale Unione entriamo? In quella di Santi Apostoli o in quella con i Ds, Bossi e La Russa?". Significativo anche il leader dell’Udeur Clemente Mastella: "È stato un errore seguire un pifferaio fintamente magico come Pannella...".

"Dopo cinque anni e mezzo di chiacchiere si è consumata la farsa. Peccato che quella che per alcuni è una simpatica farsa, per i 61 mila detenuti stipati e mal-trattati nelle carceri italiane sia invece una tragedia". Sono macigni le parole pronunciate ieri da Patrizio Gonnella, Presidente nazionale dell’associazione Antigone. "Spettacolo ignobile ma prevedibile. Ora - ha aggiunto Gonnella - sappiamo chi è favorevole e chi è contrario a un provvedimento di clemenza. I contrari sappiano che dovranno gestire una situazione penitenziaria al collasso. I posti letto sono meno di 43 mila. I 18 mila detenuti in eccesso rendono la vita quotidiana nelle carceri al limite del trattamento degradante. La ex Cirielli farà salire sino a 80 mila il numero dei detenuti entro pochi mesi. Nel frattempo - ha rimarcato il numero 1 di Antigone - accade che il 69,31% dei detenuti non abbia acqua calda in cella, il 60% delle detenute non abbia il bidet nella propria cella, il 55,6% dei detenuti viva dove non sono consentiti colloqui in spazi all’aria aperta. E tanto altro potremmo aggiungere".

Dello stesso tenore le affermazioni rilasciate da Don Sandro Spriano, cappellano del carcere romano di Rebibbia. "Non c’è nessuna volontà di dare attenzione alle persone detenute. Si vuole porre attenzione solo ai reati, quasi che i reati fossero commessi da categorie, non da persone - ha denunciato il religioso senza mezzi termini - Non nutrivo alcuna speranza, non è una novità né per me - ha commentato al Sir, l’agenzia promossa dalla Cei -. Del resto era chiaro che, a livello politico, non mettendosi d’accordo sull’amnistia, i deputati non potevano pensare assolutamente all’indulto. L’amnistia poteva dare dei vantaggi a qualcuno, l’indulto no. Soprattutto in questo momento pre-elettorale. Il carcere - ha aggiunto - è diventato la panacea di tutti i mali: credo proprio ne siano convinti sia a destra sia a sinistra. I grandi aspetti della vita del carcere descritti nel nuovo regolamento del 2000 potrebbero dare una situazione migliore alle persone che sono dentro. Ma sono assolutamente negletti. Rispetto a quei regolamenti - ha concluso Don Spriano - il carcere è totalmente fuori legge. Quindi poche speranze su tutti i fronti".

Amnistia: Bonino; Ds e Margherita sono cinici

 

Apcom, 13 gennaio 2006

 

"Ds e Margherita sono cinici". È la reazione di Emma Bonino su Repubblica dopo i veti incrociati che ieri alla Camera hanno di fatto affossato amnistia e indulto. La leader Radicale si dice "indignata perché trattandosi di una grande questione sociale vedere Ds e Margherita votare con la destra è insopportabile. Si è venuto a creare uno schieramento che va da Bossi a Violante passando per An. Come può una coalizione che si ritiene alternativa alla destra becera affossare una grande questione sociale insieme a quella destra?".

Ma, aggiunge Bonino, "non credo che il rapporto (de la Rosa nel pugno con l’Unione, ndr.) sarà difficile: il popolo dei Ds e della sinistra è molto sensibile ai temi della laicità. Osservo che dopo mesi di distacco abbiamo finalmente incontrato Prodi come Radicali, ma come Rosa nel pugno mai. Inoltre Fassino nella direzione Ds ci ha riservato quattro parole, come paragonarci alla lista di Rocca Cannuccia di sotto".

Amnistia: don Spriano (Rebibbia); nessuna attenzione a detenuti

 

Ansa, 13 gennaio 2006

 

"Non c’è nessuna volontà di dare attenzione alle persone detenute. Si vuole porre attenzione solo ai reati, quasi che i reati fossero commessi da categorie, non da persone". Don Sandro Spriano, cappellano del carcere romano di Rebibbia, non aveva molte speranze sull’approvazione dei provvedimenti sull’amnistia e l’indulto alla Camera, trovando oggi conferma alle sue previsioni. "Non nutrivo alcuna speranza, non è una novità né per me - ha commentato al Sir, l’agenzia promossa dalla Cei -.

Del resto era chiaro che, a livello politico, non mettendosi d’accordo sull’amnistia, i deputati non potevano pensare assolutamente all’indulto. L’amnistia poteva dare dei vantaggi a qualcuno, l’indulto no. Soprattutto in questo momento pre-elettorale". "Il carcere - ha aggiunto - è diventato la panacea di tutti i mali: credo proprio ne siano convinti sia a destra sia a sinistra". Don Spriano non vede nemmeno speranze di interventi di altro tipo che risolvano i problemi delle carceri, come il sovraffollamento: "I grandi aspetti della vita del carcere descritti nel nuovo regolamento del 2000 potrebbero dare una situazione migliore alle persone che sono dentro. Ma sono assolutamente negletti. Rispetto a quei regolamenti - ha concluso - il carcere è totalmente fuori legge. Quindi poche speranze su tutti i fronti".

Amnistia: Buemi; non ci aspettavamo chiusura centrosinistra

 

Ansa, 13 gennaio 2006

 

"Come volevasi dimostrare - ha detto poi Buemi - non è esiste indulto senza amnistia. Solo per i ciechi e i sordi non era chiaro questo binomio". "L’amnistia era necessaria per due ragioni. La prima perché veniva richiesta da una parte significativa del Parlamento, indispensabile per raggiungere il consenso ampio per un provvedimento di clemenza. La seconda ragione è di merito: l’esperienza dell’indultino, di cui siamo stati sostenitori, si è dimostrata insufficiente proprio perché non abbinata a una misura di amnistia". "L’arretrato di processi, in particolare dei detenuti in attesa di giudizio - sottolinea - rappresenta una massa che condiziona inevitabilmente la velocità dei procedimenti ma anche la dimensione della presenza nelle carceri". "Oggi abbiamo di fronte un problema: in una campagna elettorale alle porte, come si farà a costruire un consenso ampio per dare risposta a una situazione di grave emergenza come quella a cui ci troviamo di fronte? Otto milioni di processi arretrati, 160.000 prescrizioni all’anno, la crescita della popolazione carceraria a ritmo di 60.000 detenuti per anno, sono numeri che fanno impressione". "Coloro che hanno voluto affossare i provvedimenti di amnistia e di indulto - conclude Buemi - ci diano una risposta".

Giustizia: diventano inappellabili le sentenze di assoluzione

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 13 gennaio 2006

 

Il principio ispiratore è semplice: sono inappellabili le sentenze di proscioglimento. È questo il nucleo centrale della cosiddetta legge Pecorella approvata ieri dal Senato, che va a rivedere in maniera sostanziale un elemento centrale dell’ordinamento giuridico. L’articolo 1 della legge va a sostituire l’articolo 593 del codice di procedura penale sancendo l’appellabilità delle sole sentenze di condanna da parte del pm e dell’imputato; i restanti articoli del provvedimento stabiliscono necessarie norme di raccordo con le altre disposizioni del codice. Questi i punti principali del provvedimento:

Casi di appello – La nuova formulazione dell’articolo 593 stabilisce che salvo casi specifici "il pm e l’imputato possono appellare contro le sentenze di condanna". Appello vietato per i pm in caso di sentenze che, al termine di giudizio di primo grado, abbiano stabilito l’assoluzione o il proscioglimento (anche per improcedibilità, prescrizione e amnistia) dell’imputato. Contro le sentenze di assoluzione e proscioglimento i pm, ma al contempo anche le parti offese, potranno ricorrere, per vizi di legittimità, alla Corte di Cassazione. Coloro che si costituiscono parte offesa in un giudizio avranno così solo due gradi di impugnazione per i procedimenti penali e non tre, come nel giudizio civile. Gli appelli proposti prima dell’entrata in vigore di queste nuove norme si convertono automaticamente in ricorsi per Cassazione, a cui si potranno presentare, entro 60 giorni, nuovi motivi aggiuntivi.

Parziale assoluzioni – Ai pm viene data l’opportunità di ricorrere contro le sentenze di parziale assoluzione nel caso in cui, durante il giudizio di primo grado un imputato, accusato di due distinti reati, sia stato assolto per l’uno e condannato per l’altro. Il ricorso in Cassazione del pm, in questo caso, si riconverte in appello.

Ricorso in cassazione – La legge Pecorella amplia inoltre i motivi di ricorso in Cassazione: la modifica dell’articolo 606 del codice di procedura penale, in virtù delle necessarie norme di coordinamento rispetto al nuovo principio introdotto, fa sì che ai supremi giudici si possa ricorrere anche per una "mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta, sempre che la stessa fosse ammissibile", per la sola contraddittorietà della motivazione della sentenza di appello oltre che per la manifesta illogicità di essa.

Archiviazione – Norme particolari riguardano l’archiviazione: un nuovo comma inserito nell’articolo 405 del cpp prevede l’obbligo per il pm, al termine delle indagini, di formulare richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e "non sono stati acquisiti successivamente ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini". L’archiviazione non preclude la possibilità di riaprire il procedimento quando vi siano nuovi elementi.

Impugnazioni – Altro elemento rilevante riguarda le impugnazioni. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre ricorso per Cassazione "il procuratore della Repubblica e il procuratore generale; l’imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso". La persona offesa può proporre ricorso per Cassazione nei soli casi di nullità previsti dal codice. Sul ricorso la Cassazione deciderà in camera di consiglio con maggiori garanzie del contraddittorio.

Libri: "Mai", di Annino Mele, ergastolano nel carcere di Como

 

Redattore Sociale, 13 gennaio 2006

 

"Mai". Un avverbio che non ammette condizioni. Il titolo secco del libro di Annino Mele (Sensibili alle foglie, 2005), ergastolano nel carcere del Bassone, è il termine che indica il limite della sua pena, che non c’è. Il libro di Mele, che sarà presentato questa sera al pubblico milanese dall’avvocato Mirko Mazzali, da Renato Curcio, dal criminologo Paolo Giulini e dall’avvocato Marina Vaciago, è un atto d’accusa nei confronti della pena a vita, regime detentivo al quale sono sottoposti in Italia 1161 persone (fonte: dati dell’associazione Antigone al 31/12/2004). Una pena di morte ‘addomesticatà, secondo Mele: "L’ergastolo è peggio della morte perché è morte dilazionata, riproposta ogni giorno: morte relazionale e sociale prima che fisica - dice Curcio-. Così l’aveva immaginata già Beccaria".

Una misura "incostituzionale - secondo Mazzali -, perché contraria all’articolo 27 della nostra carta fondamentale", secondo cui "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". L’ergastolo assicura invece il massimo valore retributivo e la forza dissuasiva e deterrente della pena: "L’esigenza di giustizia da parte delle vittime e di sicurezza da parte della società devono poter essere coniugate con la rieducazione del reo". Con l’ergastolo il condannato non è di fatto redimibile essendogli precluso il reinserimento nella società: "è solo un rifiuto da smaltire", continua Curcio.

Ma l’obiettivo polemico del libro di Mele, al di là della contestazione aperta dell’ergastolo, è il carcere: i penitenziari sono descritti come contenitori di frustrazioni e solitudine dove un direttore può sequestrare forme di pane carasau perché potrebbe contenere una lima per il galeotto e non permette al detenuto di usare la sua vecchia macchina da scrivere. Fatti e dettagli che Mele porta alla superficie di quelle che lui stesso definisce onde emotive: "Eventi così banali, presi uno dopo l’altro, giorno per giorno. Sono crimini rivestiti di quotidianità", spiega Curcio. In base all’ordinamento attuale, la possibilità di scontare la pena fuori dal carcere, in regime di libertà condizionale, è una possibilità anche per i condannati all’ergastolo. "Al carcere si possono sempre pensare alternative - dice Curcio -. Perché la nozione di pena è distinta da quella di carcere". Ma se "abolirlo è un’utopia, cercare di renderlo umano, no", conclude Mazzali.

Il j’accuse di Mele nei confronti del sistema carcerario assume infine i toni della denuncia contestuale nei confronti del penitenziario di Como, dove Annino Mele è recluso: secondo l’autore la casa circondariale sarebbe stata costruita su cumuli di materiale contaminato proveniente da Seveso. Questo punto in particolare ha sollevato critiche da parte dell’amministrazione penitenziaria del Bassone, in occasione della presentazione del libro. Lo testimonia l’ampia eco che hanno avuto i precedenti volumi di Mele nell’opinione pubblica, soprattutto sarda: "i suoi scritti sono un’occasione per acquisire una prospettiva su ciò che la società di norma evita di guardare -dice Curcio-, di cui Mele ha fatto esperienza molto presto in occasione dell’arresto del padre. Annino aveva quattro anni".

Quando, nel 1976, venne arrestato una prima volta per l’omicidio di Giovanni Maria Mulas e Antonio Farina, ne aveva 25. Si è sempre dichiarato innocente. Al termine di una serie di processi è stato condannato all’ergastolo. Nel 1980, dopo una prima assoluzione per quel delitto, Mele venne scarcerato, per essere nuovamente arrestato sette anni dopo e condannato per la partecipazione ad alcuni sequestri di persona. Ha sempre rifiutato con sdegno il ruolo di capo del Movimento armato sardo. La presentazione del suo libro è in programma questa sera presso la Sala Guicciardini in via Macedonio Melloni 6 a Milano, a partire dalle 20.30.

Porto Azzurro: per delitto detenuto indagato un francese

 

Ansa, 13 gennaio 2006

 

Omicidio di Alberico Somma, il detenuto salernitano trovato sgozzato nel carcere di Porto Azzurro, all’ isola d’Elba, il pomeriggio del 23 agosto scorso. L’indagine sembra ormai vicina alla conclusione. L’unico indagato per quell’omicidio è un altro detenuto, un francese di 45 anni, da tempo trasferito in un’ altra struttura penitenziaria. Secondo gli investigatori non esisterebbe un vero e proprio movente che avrebbe spinto lo straniero a uccidere Somma. Entrambi, secondo quanto appreso, avrebbero fatto parte di un gruppo di detenuti con problemi di alcolismo e quasi certamente il delitto sarebbe stato compiuto al termine di una lite improvvisa. I sospetti sul francese maturarono dopo il ritrovamento da parte dei carabinieri di alcuni suoi abiti macchiati di sangue. Il responso del reparto scientifico ha fugato ogni dubbio sulla sua responsabilità

Ancona: ministro Castelli inaugura carcere del Barcaglione

 

Il Messaggero, 13 gennaio 2006

 

Il secondo carcere anconetano, quello del Barcaglione, verrà inaugurato lunedì prossimo dal ministro della giustizia, Roberto Castelli, alla presenza del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra. I primi lavori della struttura, pensata in origine come carcere minorile, risalgono agli anni ottanta: oggi Barcaglione sarà, invece, una casa di reclusione di media sicurezza e potrà ospitare fino a 160-180 detenuti con condanne definitive. Nell’altro carcere anconetano, quello di Montacuto, si trovano invece anche detenuti in attesa di giudizio. In base ad un protocollo firmato dal ministero e dalla Regione avrà la funzione di polo scolastico (sono previste anche attività lavorative) e comprenderà una sezione di custodia attenuata per i reclusi tossicodipendenti. Inizialmente è prevedibile che vi siano trasferiti parte dei detenuti delle altre strutture carcerarie marchigiane più sovraffollate. L’inaugurazione del carcere del Barcaglione arriva a 25 anni dall’inizio dei lavori per contrattempi di ogni tipo. Prima il cambiamento di destinazione d’uso dell’opera, progettata come prigione minorile e poi trasformata in casa di reclusione per adulti perché non aveva le caratteristiche (spazi per socializzare, aule didattiche) per ospitare detenuti ragazzini. Quindi il clamoroso sequestro dei primi anni ‘90, quando la Procura di Ancona rilevò difformità ed anomalie edilizie. Uno scandalo che travolse gli allora vertici del Provveditorato opere pubbliche.

 

 

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