Rassegna stampa 26 dicembre

 

Giustizia: Prodi; l’indulto e la finanziaria? io le rifarei

 

La Stampa, 26 dicembre 2006

 

È bastata una dichiarazione di Romano Prodi per riaccendere le polemiche nella maggioranza sull’indulto e scatenare le critiche dell’opposizione. "L’indulto e la finanziaria io le rifarei", ha detto il presidente del Consiglio ai microfoni del Gr1. Poche parole che però hanno subito innescato la reazione stizzita di Antonio Di Pietro, da sempre contrario al provvedimento da lui stesso definito "svuota-carceri".

"Con tutto il rispetto per Prodi, al quale rinnoviamo la fiducia e gli auguri, riteniamo che non ci sia peggiore errore che la recidiva nelle decisioni sbagliate quale è stato senz’altro l’indulto", ha attaccato il ministro delle Infrastrutture. Il leader dell’Italia dei Valori è intervenuto anche sulla manovra di bilancio: "Ribadiamo la nostra ferma contrarietà al tentativo d’inserire quella vergognosa norma per accorciare i tempi di prescrizione dei reati fiscali", ha attaccato Di Pietro, sottolineando che è necessario scoprire il "colpevole di questa operazione".

Immediata la contro-replica di Mauro Fabris, capogruppo dell’Udeur, il partito di Clemente Mastella che, da ministro della Giustizia, ha chiesto e ottenuto l’indulto. "Anche nel giorno di Natale, Di Pietro non perde occasione per cercare di raccattare facili consensi", ha attaccato Fabris. "Visto che anche in questo santo giorno il ministro di Pietro ha voluto dire la sua, ci saremmo invece aspettati qualche buon proposito per accelerare nel 2007 la realizzazione delle infrastrutture che mancano al Paese", ha aggiunto polemicamente Fabris.

Critico con il responsabile delle Infrastrutture anche Renzo Lusetti, della Margherita. "Almeno per Natale, poteva evitare di riaccendere polemiche che riteniamo francamente concluse", ha detto l’esponente dei Dl, secondo il quale sul tema "bastava per il Governo la parola del presidente del Consiglio". Sulla stessa linea Paolo Cento, dei Verdi. "Ancora una volta il ministro Di Pietro, anche nel giorno di Natale, decide di confondere la propria voce con quella giustizialista di An e della Lega criticando un provvedimento che chiunque conosce la situazione delle carceri sa che non poteva essere rinviato", ha detto Cento.

Anche l’opposizione è intervenuta sull’indulto, ma soprattutto per criticare il premier. Per il leghista Roberto Maroni, ad esempio, "il presidente del Consiglio ha una bella faccia tosta, visto quello che è successo all’indomani della scarcerazione di migliaia di criminali". Gianfranco Rotondi, invece, punta il dito contro le divisioni nella maggioranza. "Neanche il Natale porta pace nell’Unione: basti guardare l’ennesima risposta piccata del ministro Di Pietro a Romano Prodi a proposito dell’indulto e il vespaio di polemiche all’interno del centro-sinistra", ha detto il segretario della Democrazia Cristiana.

Giustizia: Di Pietro; Prodi è recidivo in decisioni sbagliate

 

Apcom, 26 dicembre 2006

 

"Con tutto il rispetto per Prodi, al quale rinnoviamo la fiducia e gli auguri, non possiamo condividere quanto egli sostiene". È quanto dichiara il Ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro in merito alle dichiarazioni rese dal presidente del Consiglio in un’intervista radiofonica. "Il Presidente Prodi - prosegue Di Pietro - ha avallato sia la legge sull’indulto che la Finanziaria aggiungendo che le rifarebbe entrambi".

"Noi dell’Italia dei Valori - dice Di Pietro - riteniamo non ci sia peggiore errore che la recidiva nelle decisioni sbagliate qual’è stato, senz’altro, l’indulto. In riferimento poi alla legge Finanziaria, approvata anche con i nostri voti, ribadiamo la nostra ferma contrarietà al tentativo d’inserire quella vergognosa norma per accorciare i tempi di prescrizione dei reati fiscali, operazione della quale bisogna ancora scoprire il colpevole, anche per evitare che ci riprovi". "Mi auguro, infine - conclude il Ministro Di Pietro - che il nuovo anno possa essere, finalmente, paragonato ad una splendida giornata di sole per quanto riguarda l’emergenza e i tanti problemi che affliggono da troppo tempo la Giustizia italiana".

Indulto: Rotondi (Dc); giusto farlo, anche se ha diviso governo

 

Apcom, 26 dicembre 2006

 

"Non si trattava di perdonismo, ma di una risposta politica ad una questione posta al Parlamento da Giovanni Paolo II. Anzi, il torto della politica è di aver dato una risposta tardiva". Lo dice il segretario della Democrazia Cristiana Gianfranco Rotondi, commentando la polemica sull’indulto sollevata oggi da Antonio Di Pietro. "Neanche il Natale porta pace nell’Unione: basti guardare l’ennesima risposta piccata del ministro Di Pietro a Prodi a proposito dell’indulto e il vespaio di polemiche all’interno del centro-sinistra". Conclude Di Pietro: "Non entro in casa d’altri, ma ribadisco che da parte della Dc c’è stato un ‘si’ forte e convinto a questo provvedimento".

Tortura e indulto: i successi del 2006

di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)

 

Aprile on-line, 26 dicembre 2006

 

Quest’anno sono stati approvati dal Parlamento due importanti provvedimenti che lasciano sperare in un 2007 ricco ancora di grandi conquiste per lo Stato, la democrazia e il sistema carcerario. Non rimane che attendere.

A fine anno i giornali si affannano a proporre consuntivi, a fare classifiche. Si racconta quello che è accaduto, si scrive di personaggi o eventi dell’anno. L’indulto è stato l’evento politico del 2006. I sondaggi hanno detto che ha fatto perdere consensi al governo. I quotidiani hanno evidenziato che ha determinato un aumento della criminalità. Di Pietro e La Russa gli hanno affibbiato, pregiudizialmente, la colpa di tutto quello che è accaduto di tremendo.

L’indulto è stato un atto necessario di coraggio che la classe politica (quasi tutta) ha prima votato e poi pavidamente e rapidamente disconosciuto. Grazie all’indulto le carceri italiane sono provvisoriamente tornate nella legalità. Il numero di detenuti è ora inferiore al numero di posti letto. Forse, ancora per poco. Non perché stanno rientrando gli indultati, ma perché non sono state ancora abrogate (parzialmente o totalmente) quelli leggi (Bossi-Fini sull’immigrazione, Fini-Giovanardi sulle droghe, ex Cirielli sulla recidiva) che producono penalizzazione e carcerazione di massa. Il dibattito estivo e autunnale sulla giustizia è stato il peggiore dei dibattiti possibili. Se dovessimo trarne le conseguenze non ci sarebbe più spazio per quelle riforme che nel programma dell’Unione sono scritte a caratteri cubitali. Il Ministro Mastella si è preso gli strali di tutti i securitari e gli opportunisti del mondo. Speriamo che ora non ne assecondi gli spiriti custodialistici, illiberali e forcaioli.

Il secondo degli eventi di quest’anno è giusto di qualche giorno fa: l’approvazione a Montecitorio della legge che introduce nel codice penale il reato di tortura. Un provvedimento che ci si aspettava dal 1984 quando entrò in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Il testo approvato alla Camera prevede che, per il delitto di tortura, sia punito da tre a dodici anni chiunque "con violenza o minacce gravi, infligge ad una persona forti sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere da essa, o da una terza persona, informazioni o confessioni su un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto o è sospettato di aver compiuto.

Ovvero allo scopo di punire una persona per l’atto dalla stessa o da una terza persona compiuto o è sospettato d’aver compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale. In caso di morte, pena raddoppia. La pena è aumentata se il reato di tortura viene commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio. La pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte."

È un testo non del tutto fedele alla definizione presente nel Trattato Onu. Mancano le condotte omissive, manca il Fondo per le vittime della tortura. Eppure nei giorni successivi all’approvazione, avvenuta quasi all’unanimità (con la sola eccezione delle Lega), gli unici due editoriali di commento (a parte l’entusiasmo di associazioni quali la nostra o Amnesty International) esprimevano scetticismo. Carlo Federico Grosso, a sorpresa, sulla Stampa, e Ennio Fortuna, meno a sorpresa, su Italia Oggi, hanno più o meno entrambi detto, il primo richiamando Derschowitz, il secondo la lotta al terrorismo, che è pericoloso per lo Stato limitarsi nelle proprie potestà investigative.

La questione è la sofferenza psicologica. L’avvocato Grosso e il giudice Fortuna dicono la stessa cosa: i pubblici ministeri non devono subire costrizioni nell’esercizio del loro mestiere. Questo è un ragionamento pericoloso per lo stato di diritto, perché significa che alcuni, nell’interesse di tutti, non sarebbero soggetti a regole. La sofferenza psichica può essere più dolorosa di quella fisica. Si pensi alle reiterate minacce di morte o di violenza a parenti, all’isolamento continuo, alla separazione forzata o alla detenzione non comunicata. Producono sofferenza psichica.

Se tutto dovesse essere quantificato dal superamento di una soglia di dolore fisico, allora sarebbe facile evitare di incorrere nel crimine di tortura. Quelli che lasciavano i dissidenti argentini al buio per giorni, quelli che sputavano sul Corano, quelli che costringevano alla nudità umiliante erano torturatori. Speriamo che al Senato, e questo è un auspicio per il 2007, non ci si faccia troppo condizionare da paure, cautele, preoccupazioni che metterebbero a rischio lo stato dei diritti umani nel nostro Paese.

Roma: a Regina Coeli nasce servizio di mediazione culturale

 

Ansa, 26 dicembre 2006

 

Il servizio di mediazione culturale nel carcere di Regina Coeli nasce da un’idea dell’Associazione Med.eA., "Mediare e Attivarsi", per favorire i detenuti della suddetta struttura carceraria. All’Associazione aderiscono laureati italiani e stranieri in possesso del Diploma di Master Universitario in "Politiche dell’Incontro e Mediazione Culturale" (Università degli Studi "Roma Tre"), che svolgono attività di consulenza nei confronti di soggetti, enti, istituzioni pubbliche e private. L’attività prevede un servizio di orientamento per gli stranieri al loro ingresso nella struttura carceraria. La mediazione culturale viene svolta due giorni a settimana (martedì e giovedì), dalle ore 9.00 alle ore 12.00. Essa comprende interventi mirati a favorire la comprensione dell’ordinamento carcerario attraverso la fornitura di brochure informative nelle varie lingue parlate supportate da incontri e colloqui di chiarificazione sul funzionamento del sistema penitenziario, oltre che sui costumi e le consuetudini della società italiana.

Al contempo, la prestazione del mediatore culturale culminerà in un lavoro da tavolino, con un’analisi dei dati raccolti, il cui prodotto finale sarà quello di divulgare un’immagine delle comunità carcerarie e delle loro culture, derivata da uno scambio di conoscenze e di saperi e perciò più facilmente integrabile nella società italiana, anche in vista di un futuro reinserimento. Inoltre, nell’ambito dell’attività di mediazione culturale si propone un supporto alle prestazioni del personale medico e degli psicologi, mediante affiancamento. Associazione Med.eA. - Via G. Modena 95 - 00153 Roma - tel./fax 06.5810299

Venezia: per Natale regali solidali alla cooperativa Olivotti

 

Gente Veneta, 26 dicembre 2006

 

"Acquistare le ceramiche della Cooperativa Olivotti - spiega Laura, decoratrice e maestra d’arte del laboratorio di via Nazionale 57 - non significa solo acquistare un oggetto originale e artigianale, un pezzo unico, ma permette anche di fare un regalo orientato verso la solidarietà e il sostegno della Comunità". La cooperativa Olivotti nasce negli anni Ottanta da un progetto diocesano e si occupa dei percorsi di reinserimento sociale rivolti a persone con disagi di diverso tipo: tossicodipendenza, alcolismo, prostituzione, carcerati in semi-libertà o agli arresti domiciliari, soggetti con forte marginalità sociale, ragazzi del carcere minorile.

"Per questi ospiti - spiega Monica Lazzaretto, ex insegnante, ora responsabile del centro studi della Cooperativa - lavorare qui in Cooperativa è fondamentale per un percorso di risocializzazione e recupero delle proprie abilità. Avere un mestiere significa responsabilizzarsi, imparare a gestire i propri orari, il tempo libero, i soldi guadagnati, a mantenere il controllo di sé e la lucidità, a rispettare le regole, a curare maggiormente la propria persona per un adeguato contatto con il pubblico. Ma al contempo, il lavoro si svolge nei laboratori interni alla Cooperativa, e questo assicura la tutela e il controllo da parte degli operatori".

I laboratori interni sono tre: la carrozzeria, il laboratorio di ceramica per clienti esterni, quello di assemblaggio per alcune ditte. Vi sono utenti che non necessitano di lavorare in questa sede se non per un breve periodo di tempo; per altri invece è una prerogativa essenziale avere un’opportunità lavorativa interna alla struttura. Basti pensare ai detenuti agli arresti domiciliari o in semi libertà".

Il finanziamento della Cooperativa dipende anche da questi tre laboratori, che assicurano la possibilità di pagare delle borse lavoro agli ospiti. "Lavorare nel laboratorio di ceramica - racconta un utente - mi piace. Sono solo pochi giorni che lavoro qui: per ora mi occupo di piccoli compiti, ma le maestre d’arte ci seguono molto e ci stanno insegnando diverse cose. Oltre al lavoro, però, in Cooperativa ci dedichiamo anche ad attività di tipo culturale, ad esempio il cineforum. Nelle settimane precedenti abbiamo partecipato ad alcuni incontri con speleologi o con pittori di affreschi".

La Cooperativa, infatti, si occupa anche di preparare incontri e seminari su temi come il volontariato, il rapporto genitori e figli, la tossicodipendenza, e molti altri. Inoltre organizza corsi d’italiano per gli immigrati. "Gli utenti che vivono qui sono circa 25, molti altri ricorrono al centro per l’accoglienza diurna", continua Monica: "Anche noi operatori siamo in molti, perché, per la grande varietà di problematiche e patologie, non si può pensare di non avere il personale adeguato per numero e competenze. Ma contiamo anche sul volontariato e sui gesti di solidarietà dei cittadini". Nel laboratorio di ceramica, l’oggettistica (anche in vetro e argento), le creazioni artigianali, le idee regalo, gli articoli per la casa, decori e bomboniere, non sono solo piacevoli regali di Natale, ma sono frutti e strumenti di un percorso terapeutico cui ognuno di noi può contribuire.

Radio: giustizia minorile protagonista a "News Generation"

 

Ansa, 26 dicembre 2006

 

Il programma "News Generation" ovvero il Giornale radio dei Ragazzi, nasce per dar voce direttamente agli adolescenti. È uno spazio di informazione dedicato al mondo dei giovani che si raccontano e crescono sui banchi di scuola. Una striscia quotidiana di incontri, appuntamenti, iniziative e novità per i teen-agers che diventano protagonisti della loro realtà. Va in onda dal lunedì al venerdì, dalle 14.50 alle 15.00. Le puntate possono essere riascoltate sul sito di News Generation, dopo la messa in onda.

Mercoledì 27 dicembre 2006, Serenella Pesarin, Direttore Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, presenta un quadro dell’utenza del circuito penale minorile e dei cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni; illustra, inoltre, l’importanza del contributo delle Regioni, degli Enti locali, del mondo del volontariato e della comunità nel processo di reinserimento sociale dei minorenni autori di reato anche rispetto alle modifiche intervenute con la Riforma del Titolo V della Costituzione, con le normative sul decentramento amministrativo e con la riforma del sistema socio-assistenziale (legge 328/00).

Giovedì 28 dicembre 2006 la prima puntata all’IPM di Catanzaro i ragazzi raccontano le loro esperienze, come si svolge la vita in un Istituto Penale per i Minorenni, le attività scolastiche ed extra-curriculari cui hanno partecipato, quelle teatrali, musicali, i concorsi e i premi, le work-experience, altro ancora.

Gran Bretagna: aumento criminalità, Blair studia giro di vite

 

Associated Press, 26 dicembre 2006

 

Castrazione chimica per i pedofili, restrizioni alla pubblicità e vendita delle bevande alcoliche, messa alla gogna dei delinquenti su internet, forzosa "vaccinazione anti-eroina" per i drogati: il governo Blair sta valutando l’opportunità di iniziative simili contro l’aumento della criminalità.

Un rapporto di 60 pagine preparato per il primo ministro Tony Blair avverte che il tasso di criminalità - in calo da una dozzina di anni - potrebbe risalire in modo vistoso a causa delle "mutate condizioni economiche" e per effetto della immigrazione clandestina, considera "il più grosso rischio esistente alla coesione sociale".

Nel documento, riferisce il domenicale "Sunday Times" che ne ha visto una copia, si sottolinea che la popolazione carceraria potrebbe aumentare da 80.000 a 100.000 detenuti nel corso dei prossimi cinque anni malgrado nove crimini su dieci continuino a rimanere impuniti: è quindi urgente la costruzione di nuovi penitenziari.

La polizia britannica viene apertamente criticata per il fatto che non ha migliorato la sua "produttività" sebbene abbia ottenuto molte più risorse. Un significativo aumento della criminalità sarebbe un duro colpo per Blair, che spesso si vanta dei successi riportati nel campo dell’ordine pubblico.

Albania: presidente associazione gay condannato a 6 mesi

 

Agi, 26 dicembre 2006

 

È stato condannato dal Tribunale di Tirana a sei mesi di carcere il leader dell’Associazione degli omosessuali albanesi Naser Almalek arrestato insieme a quattro membri della associazione lo scorso 18 Agosto con l’accusa di atti osceni in luogo pubblico ed esercizio della prostituzione. Almalek, 43 anni, cittadino giordano residente da anni a Tirana ha sempre protestato la sua innocenza respingendo l’accusa di essere un soggetto criminale a forte rischio sociale e dichiarando che il suo arresto era legato alla carica che ricopre nella associazione.

I cinque erano stati arrestati nel centro della capitale in un luogo da anni noto come ritrovo di omosessuali. Almalek ha tentato per due volte il suicidio in carcere insieme ai suoi compagni per richiamare invano l’attenzione delle associazioni omosessuali e dei diritti dell’uomo sulla vicenda. In carcere tutto il gruppo ha subito pesanti discriminazioni, sono stati relegati in cella d’isolamento lontani dagli altri detenuti e le guardie hanno preteso protezioni speciali nei contatti con loro. I media locali hanno pesantemente ironizzato sulla loro situazione.

 

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