Rassegna stampa 8 marzo

 

Antigone: presentata ricerca su donne detenute in Europa

 

Redattore Sociale, 8 marzo 2005

 

Madri single, con una bassa scolarizzazione, disoccupate per lunghi periodi; straniere, prostitute, tossicodipendenti; donne rom, immigrate clandestine, prive di formazione scolastica e di esperienza professionale, con figli avuti in giovanissima età; donne tossicodipendenti, che hanno subito una violenza di genere, spesso con figli avuti in giovane età: traccia l’identikit delle detenute in Europa una ricerca condotta dall’Associazione Antigone per 2 anni e mezzo con partner di altri 5 paesi: Francia, Spagna, Inghilterra e Galles, Germania e Ungheria.

Quindi "la condizione sociale delle donne detenute è caratterizzata in tutta Europa da quadri ripetuti di svantaggi multipli", evidenzia "Donne in carcere in Europa", indagine presentata oggi pomeriggio presso l’Assessorato alle Politiche per le Periferie, durante l’incontro "Il carcere al femminile". La composizione sociale delle donne detenute in tutta Europa mostra che "la grande maggioranza di esse proviene da una precedente situazione di esclusione sociale, e il periodo di detenzione non fa che accentuare ancora di più tale esclusione, indebolendo i già precari rapporti lavorativi e sociali, i rapporti familiari (spesso la donna dopo un periodo di carcerazione rompe il legame con il partner o non viene riaccolta nella famiglia di origine), peggiorando le condizioni di salute psichica e fisica, creando una forte stigmatizzazione nei suoi confronti e anche, fondamentale, indebolendo la fiducia delle donne nelle istituzioni". Quindi - suggerisce la ricerca - "per interrompere questo circolo vizioso esclusione sociale - carcere - nuova e più profonda esclusione sociale servono interventi complessi che tengano in considerazione i vari aspetti della vita della donna".

Ad esempio, c’è un’alta rappresentanza di tossicodipendenti tra le donne detenute, la cui condizione sociale viene aggravata dal problema dei figli. "Le donne non occupano posizioni leader nelle organizzazioni criminali legate al traffico di droga, e si potrebbe trattare la questione con politiche non repressive e di riduzione del danno - sottolinea la ricerca -. Quello che succede adesso è che la tossicodipendenza viene trattata primariamente con politiche repressive, e poi, in un secondo momento, a partire solo dal momento dell’arresto, viene affrontato il problema del reinserimento sociale, almeno sulla carta".

Le detenute tossicodipendenti "generalmente aumentano i loro problemi di droga dopo un periodo di detenzione; il loro stato complessivo di salute tendenzialmente peggiora durante la detenzione, i loro legami sociali e famigliari si deteriorano e complessivamente la loro reintegrazione nella società diventa molto più complessa, cosa che ha un’evidente ricaduta negativa anche sui figli di queste donne", fa notare l’indagine di Antigone. La popolazione detenuta femminile presenta una similarità evidente nei vari Paesi europei, relativa innanzitutto ai bassi numeri (tra il 4 e l’8% della popolazione detenuta complessiva) e all’entità contenuta dei reati e delle pene, e alla frequente recidiva. Pertanto Antigone suggerisce "l’abolizione delle sezioni di alta sicurezza per le donne, l’incremento dei regimi aperti, delle misure alternative e volte a favorire i rapporti con i figli. Tale identità comincia invece solo ora, e comunque insufficientemente, a trovare spazio nell’elaborazione teorica e normativa Europea. L’Inghilterra è l’unico Paese tra quelli coinvolti nella ricerca che ha una tradizione consolidata di studi penitenziari con una prospettiva di genere, che ha portato a modifiche legislative per andare incontro alle specifiche necessità delle donne detenute". (lab)

Antigone: pene sotto 5 anni per oltre il 50% delle detenute

 

Redattore Sociale, 8 marzo 2005

 

In Italia oltre il 50% delle detenute scontano pene al di sotto dei 5 anni, ma in Germania ben il 48% delle donne in carcere sconta pene inferiori ai 9 mesi e nel 2002 in Inghilterra il 71% ha scontato pene inferiori a un anno. Lo evidenzia "Donne in carcere in Europa", ricerca condotta dall’associazione Antigone con partner di altri 5 paesi (Francia, Spagna, Germania, Inghilterra e Galles, Ungheria) per indagare l’inserimento socio-lavorativo di donne detenute ed ex-detenute. Nel nostro paese le donne in cella sono circa 2.500 su 57.000 detenuti (il 4% del totale); ben il 40% non ha una condanna definitiva. E nel decennio 1993-2003 sono diminuite del 14% e in Francia del 6%, mentre sono aumentate soprattutto in Inghilterra e Galles (dal 3,5 al 6,2%), in Ungheria del 46%, in Germania del 39%, in Spagna del 10%.

L’indagine, durata 2 anni e mezzo, ha preso in esame le politiche di ogni singolo paese, le caratteristiche della popolazione detenuta femminile, il contesto socio-economico e politico. Inoltre ogni partner ha condotto una serie di interviste ad operatori penitenziari e a donne in carcere, seguendole per un anno dopo il rilascio. In sintesi, nei paesi analizzati si è riscontrato che "molti ostacoli si frappongono tra le politiche per il reinserimento e la loro implementazione; questi ostacoli sono praticamente gli stessi nei 6 paesi". La ricerca evidenzia anche gli "svantaggi che le donne hanno quando hanno a che fare con il mondo del carcere": infatti i problemi/bisogni personali e sociali specifici delle donne ex-detenute "sono anche quelli delle donne che non sono mai state in carcere (la maternità, le situazioni di madri sole con i figli, quella delle donne nel mercato del lavoro, la violenza domestica, le differenze nell’abuso di droghe e le loro conseguenze, il ruolo sociale che ci si aspetta da queste donne, le differenze in famiglia e il supporto sociale che ricevono, la prostituzione e così via…". Tuttavia il carcere accentua queste situazioni: ad esempio, "le donne detenute ricevono molto meno supporto da parte delle famiglie, perché molto spesso alla base della loro situazione legata al crimine c’è una rottura con la famiglia; per loro il carcere significa il più delle volte una forte rottura con le proprie radici, a causa della separazione dai figli e della violazione del loro ruolo di genere di moglie e di madre". Inoltre spesso la donna molto rompe il suo legame con il proprio compagno mentre è in carcere".

Per quanto riguarda i bambini, in Francia alla donne è permesso tenere i propri figli con sé fino all’età di 18 mesi, anche se esiste la possibilità di posporre questo limite, mentre in Ungheria i bimbi possono stare con le loro madri fino a 6 mesi o, eccezionalmente, fino a un anno; in Spagna il tempo è dilatato fino a 3 anni. "Nelle carceri europee, il basso numero di donne diventa un ulteriore motivo di discriminazione e di marginalità", osserva la ricerca. Inoltre le donne sono condannate a pene prevalentemente brevi per reati soprattutto contro il patrimonio, legati alla droga e a situazioni di violenza precedentemente subita. In Italia più del 50% delle detenute scontano pene al di sotto dei 5 anni, ma non è una situazione limite se paragonata al fatto che in Germania il 48% delle donne sconta pene inferiori ai 9 mesi. Così l’amministrazione del carcere tende a giustificare con la "mancanza di tempo" la discriminazione che subiscono le detenute a causa del fatto che sono condannate a pene brevi: "Tendono a dire che i trattamenti terapeutici per le tossicodipendenti, i programmi scolastici, le offerte di lavoro e così via, durano tutti un tempo più lungo della pena che molte detenute devono scontare; per quelle non definitive, la vera sentenza deve ancora essere emessa e quindi bisogna aspettare. Questo dimostra abbastanza chiaramente, che il reinserimento non occupa uno dei primi posti tra le preoccupazioni delle amministrazioni penitenziarie europee".

Per quanto riguarda l’occupazione in carcere, le percentuali sono minime. In Ungheria, dati del 2003, lavora il 68% degli uomini e il 50% delle donne, in Italia il 33% delle donne e in Francia il 40% e solo il 13% in Spagna. Nella maggioranza dei casi, però, si tratta "di lavoro poco qualificato e tradizionalmente concepito come femminile, come può esserlo il cucinare, il pulire, il lavare, lo stirare ecc. o lavoro di assemblaggio nelle piccole ditte". Nel carcere di Amburgo, invece, ci sono corsi di giardinaggio, orto cultura, falegnameria, informatica, progettazione. Sempre in Germania, per le persone detenute che non sono in grado di lavorare o non adatte a un lavoro di tipo produttivo, è a volte disposta una "Terapia del lavoro", della quale pare che usufruiscano soprattutto le donne. Attraverso questo "strumento di supporto psicologico", le donne potrebbero sperimentare "una sorta di successo, di capacità nel fare delle cose e ridurre così la sensazione di fallimento". (lab)

Milano: lavorano 50% delle detenute di S. Vittore, Opera e Monza

 

Redattore Sociale, 8 marzo 2005

 

Metà delle 280 donne recluse nelle carceri di San Vittore, Opera e Monza sono impegnate in un’attività lavorativa. Lo dice l’AgeSoL, Agenzia di Solidarietà per il Lavoro che, in occasione della Festa della donna, chiede maggiore attenzione sul lavoro delle detenute. "Il tema dell’8 marzo pone a centralità il tema delle donne - spiega il presidente di Agesol, don Virginio Colmegna -.

In questo contesto ritengo non sia fuori luogo ricordare anche quello della detenzione femminile, che non solo evoca situazioni difficili (basti pensare alle tanti nomadi oggi in carcere con i propri figli) ma richiama tutti a porre attenzione verso quei diritti di cittadinanza che dovrebbero permeare la nostra società. In un momento come questo, dove c’è grande bisogno di riconciliazione, qualsiasi risposta sociale che proviene dalla carceri diventa un segnale importante".

La maggior parte delle detenute che lavorano (106) è impegnata nell’ambito dell’amministrazione penitenziaria, ma non mancano le attività artigianali che in alcuni casi raggiungono livelli d’eccellenza. Come la sartoria gestita dalla cooperativa Alice, le cui creazioni saranno indossate da modelle professioniste questo pomeriggio in occasione di una sfilata per la Festa della donna all’interno del carcere di San Vittore, accanto agli abiti di Alviero Martini e Renato Balestra.

Nel 2004, c’erano 120 detenute nel carcere di San Vittore: 65 di loro sono state impegnate nell’amministrazione carceraria, 12 nelle cooperative sociali con lavorazioni all’interno del carcere e altre 8 sempre in cooperative ma in laboratori esterni (articolo 21 o.p.). Nel carcere di Opera, invece, su 60 donne recluse 19 hanno lavorato nell’amministrazione penitenziaria, 14 per cooperative all’interno, 9 all’esterno in regime di semilibertà e 6 come articolo 21. A Monza invece, su un totale di 108 detenute, 22 hanno lavorato per l’amministrazione penitenziaria. Nell’istituto brianteo sono in avviamento progetti con cooperative o ditte profit per portare lavorazioni all’interno della sezione femminile. "Si tratta di un dato importante -dice la direttrice di AgeSoL Milano, Licia Roselli - che dimostra come le donne detenute trovano una collocazione

lavorativa professionalizzante e stabile più di quella maschile sia dentro che fuori il carcere, raggiungendo, a volte, obiettivi d’eccellenza". Le donne in carcere che non lavorano sono di solito nomadi, straniere o persone con problemi di tossicodipendenza. "Comunque -prosegue la Roselli- nella maggior parte dei casi si tratta di donne che stanno affrontando altri tragitti di vita: terapie di recupero, oppure percorsi di formazione professionale o d’istruzione, per dare modo di favorire in seguito autonomia sociale".

In sei anni di attività, AgeSoL ha puntato sia sulla formazione di figure professionali specializzate sia sull’individuazione di attività particolari, richieste dal mercato del lavoro: "Da tempo - continua la Roselli - a San Vittore e Opera agisce la cooperativa sociale ‘Alicè, una realtà capace di affermarsi in lavorazioni di nicchia altamente qualificate, nell’ambito della sartoria". AgeSoL ha aiutato la cooperativa Alice ad ottenere una commessa da parte di un noto negozio milanese di abbigliamento per bambini e addirittura a sbarcare Oltremanica, realizzando borse di design per il mercato londinese. "È la dimostrazione che la detenzione, se gestita in maniera proficua, può diventare anche un’occasione di crescita sociale e professionale che, nella maggior parte dei casi, continua una volta conclusa l’esperienza detentiva", ha concluso Licia Roselli. (ar)

Sulmona: detenuti lavoreranno al servizio del Comune

 

Il Tempo, 8 marzo 2005

 

Un gruppo di detenuti del penitenziario di via Lamaccio lavorerà al servizio del Comune di Sulmona. Questo l’obiettivo che si è proposto l’assessore alle Politiche sociali Massimo Di Paolo. A tale scopo l’assessore giovedì mattina incontrerà il direttore dell’istituto di pena, Giacinto Siciliano, per studiare il progetto mirato ad un reinserimento e recupero sociale dei detenuti.

"È un progetto importante per il mondo penitenziario e per la città - ha spiegato Di Paolo - questo progetto è inserito nel piano sociale del carcere e nelle previsioni più generali del piano sociale di zona". Anche nella scorsa legislatura l’Amministrazione comunale aveva pensato a questo progetto e stavolta la possibilità di avvicinare i detenuti al mondo del lavoro sembra più concreta. L’incontro con il direttore del carcere cade in un momento assai delicato ed appare quindi un segnale forte, una risposta costruttiva a coloro che in questi giorni, in reazione all’ennesimo suicidio dietro le sbarre, hanno liquidato in fretta ogni problema invocando solo la chiusura del penitenziario.

Brescia: le "ragazze di Verzè" partono in tour teatrale

 

Giornale di Brescia, 8 marzo 2005

 

"Le ragazze di Verzè", così amano chiamarsi, vanno in tournée: cominceranno emblematicamente nella settimana della Festa della Donna, da Villa Carcina, sabato all’Auditorium della scuola media alle 20.30 con lo spettacolo "L’isola di Verziano".

Per presentare la iniziativa realizzata dal "Laboratorio di Teatro in carcere" (di questo si tratta: le ragazze sono detenute), sono venute ieri a Gardone in Comunità montana Laura Castelletti presidente del Consiglio comunale di Brescia, e Maria Grazia Bregoli (direttrice della Casa Circondariale di Verziano) accompagnata dal comandante delle guardie Giuseppe Di Blasi, oltre a Paola Carmignani autrice del testo teatrale con la regista Sara Poli, e Mara, una delle protagoniste in scena per tutta la compagnia (Alda, Dina, Gina, Letizia, Maricel, Naires, Roberta, Sonia). Presente anche la classe IV A del Liceo artistico di Sarezzo. Introdotto dalla responsabile comunitaria Graziella Pedretti, Gianni Galesi assessore del comune di Villa ha annunciato che la serata sarà la prima di un ciclo di manifestazioni dedicata alla donna con mostre e conferenze.

"Uno spettacolo straordinario" l’ha definito Laura Castelletti, ricordando il convinto sostegno dato con la presidente del Consiglio Provinciale Paola Vilardi al "Laboratorio di Teatro in Carcere". Iniziativa, ha sottolineato la direttrice Maria Grazia Bregoli, di generosità: tutto il ricavato delle serate (a offerta libera) va ad iniziative umanitarie e sabato in particolare al Telefono Azzurrorosa.

Poi ha tenuto banco Mara raccontando le emozioni delle ragazze che sono "naufraghe a Verziano, ma con un cuore, sentimenti, intelligenza". Il teatro è per loro occasione per comunicare attraverso musica, danza e canto, con impegno e dignità, dando continuità alla spazio "entro e fuori delle mura". Il 18 marzo saranno a Manerbio. Barbara Bertussi

Milano: medici Radicali visitano i detenuti malati di Opera

 

Agenzia Radicale, 8 marzo 2005

 

Visita dei Radicali ai detenuti malati nel centro clinico e nelle sezioni comuni del carcere di Milano-Opera, in vista della ispezione della Commissione Sanità del Consiglio regionale, fissata per il 10 marzo. I medici radicali Giorgio Inzani e Augusto Magnone, che accompagnavano il Consigliere regionale radicale Lucio Bertè, hanno sintetizzato quello che hanno visto con una sola parola : "desolante". "Nelle sezioni normali vi sono detenuti con patologie palesemente incompatibili con la detenzione, e men che meno nelle celle normali, cioè in spazi angusti e sovraffollati, inabitabili anche per chi è sano. Occorre che i medici che operano nelle nostre carceri facciano valere con più energia il loro ruolo di tutori del diritto alla salute dei cittadini detenuti, del loro diritto a cure adeguate e tempestive; si muovano per primi a denunciare con forza l’intollerabilità di queste situazioni, lasciando che altri si assumano la responsabilità di nascondere questo stato di cose".

Il consigliere Lucio Bertè ha dichiarato: "Mi chiedo, e chiedo ai Magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Milano che rifiutano la detenzione domiciliare per una pericolosità sociale diagnosticata 10 o 20 anni prima: quale pericolosità sociale può avere un settantenne operato di tumore, in attesa di altra operazione, ridotto su una sedia a rotelle? Costringerlo a non poter entrare neanche nello spazio cucina/bagno, grande come quello dei treni, non è un aggravio di pena? Quale pericolo sociale può rappresentare una signora inglese paralizzata nel letto? E quale pericolo può rappresentare un uomo con un numero di piastrine nel sangue 25 volte inferiore al valore minimo, che si riempie di ematomi solo a sfiorarlo e che può morire dissanguato per un graffio? E a chi può nuocere un uomo ridotto a 25 chili che non ha neanche la forza di alzarsi dal letto?

Con il sopralluogo strappato alla Commissione Sanità per il 10 marzo, spero sia possibile acquisire una conoscenza oggettiva del disastro sanitario determinato dai tagli di bilancio, dalla scarsa efficacia delle leggine e degli accordi regionali, ma anche dalla "politica" di negazione sistematica delle misure di esecuzione della pena esterna al carcere praticata dai Magistrati di Sorveglianza.

Tale disastro è destinato ad aggravarsi con l’approvazione della legge ex-Cirielli che stabilirà definitivamente l’esclusione assoluta dei recidivi (cioè dell’80% dei detenuti) dai benefici di legge. Oltre tutto, temo che per i cittadini più deboli – non solo per quelli detenuti – sarà sempre più difficile far giungere la propria voce alle Istituzioni, anche perché nel prossimo Consiglio regionale i radicali non ci saranno".

Milano: lirica dietro le sbarre, San Vittore come Sanremo

 

Ansa, 8 marzo 2005

 

Da Mozart a Jimi Hendrix passando per i Beatles. Toccano i generi più variegati dell’espressione musicale le lezioni-concerto, organizzate dalla Fondazione orchestra sinfonica Giuseppe Verdi, a favore dei detenuti nel carcere milanese di San Vittore.

Durante gli incontri vengono spiegate in maniera semplice e divertente le diverse sezioni dell’orchestra e i temi principali dei brani in programma, inseriti in un preciso contesto storico e culturale che a visto il susseguirsi nel tempo della musica classica a quella leggera, come il jazz e lo swing. Gli appuntamenti sono previsti per il 7 marzo e poi a seguire 4 aprile, 2 e 27 maggio.

Milano: catturato in Svizzera 20enne evaso dal Beccaria

 

Gazzetta del Sud, 8 marzo 2005

 

Preso dopo quasi tre mesi di latitanza. Era scomparso il giorno del suo ventunesimo compleanno, lo scorso 16 dicembre, quando dal carcere minorile stava per essere trasferito in quello per gli adulti. Thomas Borzi era minorenne quando con un complice prese parte alla rapina sfociata in omicidio del barbiere Vito Pisciotta. L’uomo fu ucciso nell’agosto 2001 nel suo negozio a Ponte Chiasso, al confine tra l’Italia e la Svizzera. Thomas fu condannato a nove anni e mezzo e, prima della fuga, aveva cominciato a usufruire anche di permessi, dopo l’approvazione da parte del Tribunale dei minori di Milano del cosiddetto trattamento "extramurario".

Il giovane lavorava in una pasticceria, dopo che nel carcere minorile Beccaria di Milano aveva seguito dei corsi e aveva ottenuto anche la liberazione anticipata, quarantacinque giorni di riduzione di pena ogni sei mesi, "per regolare condotta". Sembrava aver intrapreso con entusiasmo il percorso di recupero che l’amministrazione penitenziaria aveva redatto e il Tribunale di minori di Milano aveva approvato. Ma il giorno del suo ventunesimo compleanno, quando sarebbe scattato il trasferimento nel carcere di Opera, forse ha avuto paura ed è scappato. Secondo gli investigatori, probabilmente, Thomas ha lasciato subito l’Italia per la Svizzera, approfittando di uno dei varchi alla frontiera che conosceva benissimo.

Deve aver vagato per qualche tempo, facendo talvolta la spola tra Italia e Svizzera, ha quindi trovato ospitalità presso un amico, a Lugano. E proprio lì, in un bar sotto l’appartamento che l’amico condivideva con la sua ragazza, ieri è stato arrestato degli agenti della polizia cantonale. L’individuazione, a quanto si è saputo, è stata possibile anche grazie al numero di targa di una macchina che ha usato in qualche occasione, segnalato agli investigatori svizzeri dagli agenti della squadra mobile della questura di Como.

Probabilmente è servita anche qualche intercettazione ambientale o telefonica e ieri la polizia cantonale è andata a colpo sicuro, dopo aver controllato per qualche tempo i movimenti intorno alla casa dell’amico e di altre persone che potevano aiutarlo. Quando è stato eseguito l’ordine di arresto internazionale emesso nei suoi confronti, non era armato. Thomas è già stato interrogato da un pubblico ministero svizzero e potrebbe essere presto portato in Italia, dove lo aspetta un processo per evasione. (f.m.)

Don Rigodi: Thomas deve pagare, ma non per tutta la vita

 

La Provincia di Como, 8 marzo 2005

 

"Ah, l’hanno preso? Quando? Dov’era?". Alle 6 di sera don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano non sa ancora che la latitanza di Thomas è finita alle 11 di ieri mattina. Ma sa già cosa dirgli quando, a 2 mesi e mezzo di distanza dall’ultimo colloquio, se lo ritroverà davanti. "Lo saluterò. E poi gli dirò: "Ma lo sai che sei proprio un bel deficiente?". Proprio così?

Proprio così perché avevamo già organizzato tutto. C’era un percorso che l’avrebbe favorito. Avrebbe potuto continuare a fare il suo lavoro di pasticciere e le sue attività esterne. Anche se andava al carcere per adulti di Bollate sarebbe cambiato poco. E allora perché è scappato? Perché ha avuto paura. Perché quando gli hanno negato la sospensione della condizionale si è sentito perso e ha avuto paura e anziché parlarne con noi che lo avremmo preparato e gli avremmo detto di stare tranquillo è scappato. E adesso cosa succederà?

Adesso bisogna vedere se gli negheranno tutti i permessi che si era guadagnato nei 4 anni e mezzo di permanenza al Beccaria perché non aveva mai dato problemi. È stato un colpo di testa come quelli che fanno i giovani. Perché prima lei lo vedeva sereno? Sereno come può essere un ragazzo che sta in carcere, con le lune che hanno tutti amplificate, con le paure, le depressioni. Ma ormai era fatta, mancavano pochi mesi... Ma lui non è stato pronto a capirlo perché il carcere per adulti spaventa. Che è una cosa normale visto che in carcere nessuno ha mai guadagnato nulla... Ma per un reato così grave, lei vede alternative? No, no, la pena detentiva ci vuole come ci vuole il rispetto della sua finalità di recupero. Sa che ci sono delle carceri dove i detenuti stanno in cella 22 ore al giorno? Si rende conto? Lei come lo punirebbe?

Io gli darei una pena di qualche mese senza permessi, non so quanti, ma poi gli permetterei di fare quello che faceva prima. Anche se sarà processato da maggiorenne, spero che non gli diano una pena più pesante di così. Lei lo vede solo come un incidente di percorso? Sì, perché anche se c’è la gente dice di tutti "buttate via la chiave", questo è un ragazzo che ha fatto un errore e lo sta pagando. Due errori, con la fuga. Sì, ma bisogna anche capirli questi ragazzi. Dopo un mese, due, un anno che sei in carcere anche la scuola, le attività, ti sembra tutto uguale. E se stai in carcere non puoi pensare di costruirti una vita come succede a chi sta fuori. Anna Savini

Nuoro: festa con le detenute di Badu ‘e Carros

 

L’Unione Sarda, 8 marzo 2005

 

Oggi, in occasione dell’8 marzo, le donne del consiglio comunale di Nuoro incontrano le detenute del carcere di Badu ‘e Carros. Un gesto di solidarietà per celebrare una festa che attraversa l’universo femminile in tutti i suoi aspetti. Nerina Fiori, Paola Demuro, Giusi Nioi, Miriam Siotto e Teresa Pintori assisteranno con le detenute alla performance della poetessa e scrittrice Alessandra Berardi, presente anche lei all’appuntamento. Sarà un momento di confronto tra donne.

Un incontro tutto in rosa, che da una parte servirà alle istituzioni per conoscere un po’ più da vicino i dettagli di una condizione per niente facile e dall’altra aiuterà delle donne in difficoltà a sentirsi meno sole davanti alla propria sofferenza. Non è la prima volta che le "consigliere" di Nuoro incontrano le detenute di Badu ‘e Carros. Ci sono già state in diverse occasioni, non ultima nello scorso luglio. La sezione femminile del carcere nuorese, ospita al momento 8 detenute. Una piccolissima percentuale se si pensa che il numero totale è di circa 300.

Un paio di loro sono extracomunitarie, le altre per lo più sarde. Eppure, nonostante siano così poche, anche loro risentono delle pecche strutturali dell’ex carcere di massima sicurezza, tra cui la mancanza di spazi. Nessuna di loro ha con sé figli (la legge prevede che una mamma detenuta possa tenere il proprio bambino fino ai 3 anni di vita). Quasi tutte, però, ne hanno almeno uno che le aspetta a casa. Non è facile la vita dentro un carcere, anche se da qualche tempo a Badu ‘e Carros, anche per le donne, sono operative una serie di attività che, se non risolvono i problemi, possono almeno aiutarle a sopportare un po’ meglio la propria condizione.

L’ultima è un progetto di 400 ore, finanziato dal Ministero grazie al quale le ragazze possono seguire dei corsi di cultura generale, comunicazione e anche teatro (quest’ultimo portato avanti da Pietro Era) gestiti dalla cooperativa Lariso. Le detenute, inoltre, possono usufruire di insegnamenti di base, come italiano, matematica, scienze, educazione musicale e informatica. Oltre a questi, possono dedicarsi ad attività ricreative di vario genere, come la pittura e il bricolage: i loro lavori sono stati esposti più di una volta nella Scuola media numero 4 che gestisce i corsi Eda (Educazione per adulti) anche dentro Badu ‘e Carros.

Purtroppo, e non si capisce bene perché (la versione ufficiale è che sono troppo poche) non hanno diritto alle 150 ore come invece i detenuti uomini. Oggi, grazie alle donne del Consiglio comunale, anche loro potranno festeggiare l’8 marzo con almeno una parvenza di normalità. Per qualche ora, a partire dalle 11, grazie ai versi di Alessandra Berardi avranno la possibilità di volare sulle ali della fantasia e spezzare le sbarre che le separano dalla libertà, seppure solo per un attimo. Sarà una giornata di dialogo e confronto, che servirà a entrambe le parti a festeggiare al meglio la festa della donna. (f.gu.)

Sassari: pestaggio nelle celle, alla sbarra dirigenti e poliziotti

 

L’Unione Sarda, 8 marzo 2005

 

Si è aperto ieri mattina, con la relazione del giudice Giovanni Antonio Tabasso, il processo di appello per i pestaggi avvenuti all’interno del carcere di San Sebastiano il 3 aprile di cinque anni fa. Nel corso dell’udienza, celebrata a porte chiuse, il giudice Tabasso ha letto la relazione per ricostruire la vicenda e spiegare le motivazioni che avevano portato la procura della Repubblica di Sassari e gli avvocati difensori a fare ricorso in Appello. Unico imputato presente, l’ex provveditore regionale degli istituti di pena Giuseppe Della Vecchia, difeso dagli avvocati Patrizio Rovelli e Giammario Sechi. Nel febbraio di due anni fa il processo con il rito abbreviato era finito con 4 anni di carcere da spartirsi fra i tre principali imputati. Oltre a Della Vecchia erano stati condannati il direttore del carcere Cristina Di Marzio e il capo delle guardie Ettore Tomassi.

Con loro erano stati dichiarati colpevoli nove agenti di polizia penitenziaria e il medico del carcere, condannato a quattro mesi. Per settanta agenti era invece proscioglimento o assoluzione. La sentenza aveva lasciato tutti scontenti: sia il pubblico ministero Gianni Caria che i difensori avevano presentato ricorso. Cinque anni fa, pochi giorni dopo il presunto maxi pestaggio, erano finite in manette 92 persone, tra agenti e funzionari del carcere sassarese. Quasi tutti avevano scelto di essere processati con il rito abbreviato, per nove di loro, che avevano scelto il rito ordinario, in questi giorni si sta celebrando il processo in Tribunale. La sentenza di primo grado aveva scontentato tutti: il pestaggio feroce nei confronti dei detenuti, pronti per un trasferimento, veniva ammesso ma quelle ombre sugli autori materiali, per il gup, erano troppe.

Era finita con una manciata di condanne e una raffica di assoluzioni. La motivazione della sentenza era stata oggetto di un ricorso dai toni feroci, in cui il pm sottolineava l’incongruità di una ricostruzione che usava, in molte sue fasi, due pesi e due misure. All’impugnazione della sentenza da parte del pubblico ministero era seguito l’ovvio ricorso degli agenti di custodia condannati, oltre che dei tre personaggi eccellenti. Da tutti questi giochi a porte chiuse erano rimasti esclusi nove agenti che avevano scelto di andare a dibattimento.

Busto Arsizio: volontari ristrutturano casa per ex detenuti

 

La Provincia di Como, 8 marzo 2005

 

L’Ave è andata in trasferta a Busto Arsizio: i volontari dell’Associazione verde età hanno risposto all’appello lanciato da un ventiduenne seminarista rovellese, che presta la propria opera a Busto. Pier Paolo Zanini, assieme alla parrocchia bustocca, ed altri volontari stanno ristrutturando un’abitazione destinata ad accogliere gli ex detenuti del carcere di Busto per favorirne il reinserimento sociale.

"Pier Paolo ci ha chiesto di dargli una mano nella ristrutturazione - spiega Rinaldo Guerini, uno dei responsabili del sodalizio rovellese - "Ci siamo quindi impegnati, per alcuni giorni, ad imbiancare i locali ed a compiere altri piccoli interventi di sistemazione dei locali che poi saranno messi a disposizione degli ex carcerati. È stato per noi un piacere dare una mano a Pier Paolo". (G.L.S.)

Cagliari: l’assessore al lavoro incontrerà le detenute

 

L’Unione Sarda, 8 marzo 2005

 

L’assessore regionale al Lavoro, Maddalena Salerno, visiterà oggi il carcere cagliaritano di Buoncammino, in particolare la sezione femminile. La visita è in programma a mezzogiorno. L’esponente della Giunta regionale, legata a Rifondazione comunista, ha deciso di sottolineare in questo modo la data simbolica dell’8 marzo. L’assessore, durante la visita, consegnerà alle detenute la pubblicazione "Donna e Lavoro" che, oggi alle 10, sarà presentata alla Regione.

Roma: giornata sensibilizzazione per i bambini in carcere

 

Asca, 8 marzo 2005

 

Una giornata dedicata alla sensibilizzazione dei cittadini, dei mass media e delle istituzioni sul delicato tema dei bambini che vivono in carcere con le loro madri detenute. Si chiama "Bambini con le ali in piazza con i nonni" la prima edizione della manifestazione organizzata per domenica 20 marzo dall’Associazione "A Roma Insieme" e dalla "Casa delle Culture Oltreaniene".

Questa prima edizione verrà dedicata ai bambini e alle bambine che sono costretti a vivere nella fase più importante della vita (da 0 a 3 anni), per la formazione della personalità umana, una realtà e un’infanzia recluse. "Bambini con le ali" vuole anche rappresentare un primo passo affinché si possa giungere presto a possibili e concrete soluzioni che non debbano più coinvolgere l’infanzia in un percorso di crescita innaturale.

La manifestazione, che si svolgerà nella giornata del 20 marzo, domenica delle Palme, si svolgerà in tre piazze di richiamo della capitale: piazza Navona, piazza San Lorenzo in Lucina, Piazza Mignanelli e vedrà la partecipazione e il coinvolgimento di testimonial del mondo della cultura, dello sport e dello spettacolo, oltre che di bambini, giovani e di tanti nonni. Hanno già dato l’adesione il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e l’etoile Carla Fracci. La manifestazione prevede la vendita, a offerta libera, di un piccolo libro di fiabe, pubblicato in 3 mila copie, scritto e messo a disposizione dai nonni di tutta Italia.

Volontariato: cambio ai vertici del Seac, eletta Elisabetta Laganà

 

Comunicato stampa, 8 marzo 2005

 

Sabato 5 marzo scorso il Consiglio Nazionale del Seac – Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato Penitenziario ha provveduto ad approvare una modifica di ruoli nella reggenza della Presidenza. All’unanimità è stata nominata Presidente Elisabetta Laganà, che era Vice Presidente e in quel ruolo è stato designato Pier Giorgio Licheri che era a sua volta Presidente. L’avvicendamento è stata deciso di comune accordo, in considerazione degli impegni e delle disponibilità di entrambi. Elisabetta Laganà fa parte dell’associazione Avoc di Bologna, di cui è stata presidente, e oltre che essere volontaria da anni nel carcere della Dozza esercita la professione di psicoterapeuta pressa la Cooperativa Il Pettirosso. L’attuale presidenza resterà in carica sino al settembre del 2006, termine previsto per la scadenza del triennio sociale 2003-2006. Licheri era stato nominato presidente nel 2000 ed era stato rieletto nel 2003; da poco più di un mese è alla guida della Convol (Conferenza Nazionale dei Presidente delle Associazioni e Federazioni Nazionali di Volontariato), organismo fondato da Luciano Tavazza.

Sala Consilina: presto lavori di ristrutturazione per il carcere

 

Salerno Notizie, 8 marzo 2005

 

Buone notizie per la Casa circondariale di Sala Consilina. A breve inizieranno i lavori per migliorare le condizioni di funzionalità e di sicurezza dell’attuale struttura carceraria. A tal fine il Comune è stato invitato dal Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria a predisporre il crono programma degli interventi da realizzare. "Siamo ben lieti di poter dare il via ai lavori, sottolinea il primo cittadino, Gaetano Ferrari. Si tratta di una ulteriore conferma che il carcere di Sala non sarà soppresso fino alla costruzione della nuova Casa circondariale".

Come si ricorderà, nello scorso mese di novembre, si corse il rischio della chiusura del carcere di via Gioberti perché non adeguato alle vigenti norme di sicurezza. Ma, a seguito di numerose forme di protesta, il Guardasigilli Castelli fece sapere che la struttura penitenziaria salese sarebbe rimasta aperta in attesa della realizzazione del nuovo carcere in località Spinito.

Per la nuova struttura sono stati già stanziati 33 milioni di euro. Intanto il sindaco Ferrari si augura che la costruzione del nuovo carcere possa essere definitivamente ufficializzata il prossimo 30 marzo in occasione della preannunciata visita a Sala Consilina del ministro Castelli, che, nella circostanza, dovrebbe anche effettuare un sopralluogo al sito (di ben 15 ettari) dove sorgerà la moderna struttura il cui progetto è stato redatto secondo le più moderne concezioni con oltre duecento posti. Il carcere salese è al servizio del vasto territorio ricompreso nella circoscrizione del tribunale di Sala Consilina che va dagli Alburni al Vallo di Diano e al Golfo di Policastro.

Siracusa: 118mila euro a ghanese ingiustamente detenuto

 

La Sicilia, 8 marzo 2005

 

Siracusa. È dovuto intervenire personalmente il ministro degli Esteri Gianfranco Fini per consentire il rilascio del visto ad uno studente del Ghana in modo da permettergli di rientrare in Italia e prelevare personalmente, come previsto dalla legge, l’assegno di 118.000 euro che la giustizia italiana gli ha assegnato a titolo di risarcimento per ingiusta detenzione. Nonostante la sentenza della Corte d’Appello di Catania fosse stata confermata l’anno scorso dalla Cassazione che aveva rigettato il ricorso dell’Avvocatura dello Stato, lo studente Eric Mensah, oggi 27enne, non era riuscito a venire in possesso della somma perché la legge italiana prevede che deve essere personalmente l’intestatario del titolo di credito a riscuoterlo presso la Banca d’Italia.

Per Eric Mensah c’era però un ostacolo quasi insormontabile: lui, infatti, dopo essere stato assolto con formula ampiamente liberatoria dall’accusa di aver favorito l’immigrazione clandestina di 70 extracomunitari sbarcati sul litorale di Avola nel gennaio del 1999, fu costretto a lasciare il nostro Paese e rientrò in Ghana. Sicché, non appena informato dai suoi difensori, ai quali rilasciò la procura speciale perché lo tutelassero nella causa di ingiusta detenzione, prima di imbarcarsi sul primo aereo diretto nel suo Paese, che avrebbe dovuto recarsi presso l’ambasciata italiana per farsi rilasciare il visto di soggiorno, seguì alla lettera le indicazioni dei suoi legali ma i risultati furono disastrosi, perché glielo hanno sistematicamente negato. Ed allora, l’avvocato Puccio Forestiere, che assiste l’africano con la collega Fiorella Intrepido, ha chiesto di incontrare alla Farnesina il ministro Fini cui ha spiegato che Eric Mensah venne arrestato perché sospettato di essere uno degli scafisti e di aver trascorso un anno e mezzo in carcere prima di essere riconosciuto innocente dal Tribunale di Siracusa e che era sacrosanto consentirgli di incassare l’assegno per ingiusta detenzione. Il ministro ha chiamato l’ambasciata italiana autorizzandola a rilasciare il permesso allo studente che, così, tra 48 ore, arriverà in Italia per ritirare l’assegno. Pino Guastella

Roma: garante detenuti visita il carcere di Casal Del Marmo

 

Asca, 8 marzo 2005

 

"Nel giro di pochi anni il carcere di Casal del Marmo è cambiato: ci sono tanti stranieri, soprattutto rom e romeni, che all’esterno vivono da emarginati e sono portati a compiere crimini da adulti. Ci sono giovani al quinto o sesto arresto e adolescenti rom che hanno già tre figli". Lo ha detto il Garante regionale dei detenuti Angiolo Marroni al termine della visita svolta nella struttura per minori di Casal del Marmo. Lo scopo della visita - come quello delle visite compiute nei giorni scorsi in diverse strutture di tutto il Lazio - è di ascoltare le esigenze di detenuti e operatori per stabilire le priorità e i problemi da affrontare e risolvere.

"L’urgenza fondamentale - ha aggiunto Marroni - non è tanto il carcere quanto ciò che la società fa per questi ragazzi una volta all’esterno". Nel corso della sua visita, Marroni ha incontrato la direzione della struttura (giudicata disponibile ad intervenire sulle priorità), e ragazzi e ragazze impegnate in attività trattamentali. "Attività che potrebbero essere incrementate- ha detto il garante - se ci fosse più personale di polizia penitenziaria e più fondi, necessari anche a ristrutturare il carcere". In effetti quella della carenza dei fondi è uno dei problemi più evidenziati, se è vero che dal 2002 la struttura ha subito, ogni anno, un taglio del 30 percento dei finanziamenti assegnati. Al termine della visita è stato stabilito che i collaboratori dell’Ufficio del Garante dei detenuti si recheranno una volta a settimana nella struttura per ascoltare dai detenuti le priorità.

 

 

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