Rassegna stampa 10 marzo

 

Sanità: 134 morti in un anno, suicidi 20 volte più che fuori

 

Il Manifesto, 10 marzo 2005

 

Più che rieducare, uccide. Uccide perché le condizioni igieniche e di sovraffollamento portano i detenuti a suicidarsi venti volte di più rispetto alle persone libere. Uccide perché la possibilità di contrarre una malattia una volta dentro è talmente alta che è quasi impossibile restare sani. Uccide perché il governo ha tagliato del 30 per cento i finanziamenti per il servizio sanitario, portandoli dai 115 milioni di euro del 1998 agli 84 milioni di euro del 2004.

Uccide perché le cure non sono adeguate, o meglio perché da ben cinque anni si aspetta che venga finalmente applicata la legge che prevede il trasferimento delle competenze sull’assistenza sanitaria in carcere dal ministero della Giustizia alle Regioni affidando così di conseguenza la cura dei detenuti al Servizio sanitario nazionale. Come dovrebbe essere, e come invece non è per l’ostinazione del ministro Castelli e l’immobilismo delle Regioni, due sole delle quali, Toscana e Lombardia, hanno approvato un’apposita legge in materia. Di carcere si muore. Non è neanche più una notizia, è solo e semplicemente un’emergenza nazionale.

Al punto che ieri una serie di associazioni che da anni operano all’interno degli istituti di pena hanno deciso di dar vita a un "Forum nazionale per la tutela della salute dei detenuti e l’applicazione della riforma della medicina penitenziaria" e di cui fanno parte rappresentanti della cultura, della magistratura, del sindacato e della società civile. Ma anche del personale penitenziario. Sì perché l’emergenza che da anni si vive all’interno delle carceri riguarda anche gli agenti penitenziari, tanto da far salire anche tra di loro il numero dei suicidi, passati dai 2 dei 2000 agli 8 del 2004. "L’obiettivo è quello di stimolare le Regioni sull’emergenza carceri con azioni concrete in programma su tutto il territorio e avviare un monitoraggio costante", spiega Oriano Giovannelli, presidente della Legautonomie e tra i promotori dell’iniziativa insieme all’associazione Antigone, alla Cgil Funzione pubblica, ai comuni di Roma e Firenze e a un’altra decisione di sigle tra enti e associazioni.

A dare il polso della gravità della situazione (di fronte alla quale "il silenzio delle istituzioni è intollerabile", dice il Forum), ci pensano come al solito i numeri. Dal gennaio del 2002 al luglio del 2003 nelle carceri italiane si sono verificati 83 suicidi e 25 tentati suicidi, mentre 19 detenuti sono morti per cause non chiare e 9 per overdose. Totale: 134 morti. I decessi sono più alti nella fascia d’età 21-30 anni (48) e 31-40 (38).

E chi non tenta di uccidersi è malato o si ammala. Al 30 giugno 2003, denuncia sempre il Forum, erano presenti in carcere 14.507 detenuti tossicodipendenti, 887 alcoldipendenti e 1.737 in trattamento metadonico. I detenuti affetti da Hiv sono 1.473 (pari al 2.6% del totale), 5.000 i sieropositivi, 9.500 quelli affetti da epatite cronica e 7.500 i detenuti con turbe psichiche.

Una situazione resa più grave dal sovraffollamento che caratterizza le nostre carceri, con 56.000 detenuti (2.000 donne e 21.000 extracomunitari) a fronte di una capienza di 41.324 posti. Solo nel Lazio sono presenti 5.756 detenuti, dei quali 413 sono donne, per una capienza totale di 4.673 posti.

Una situazione di allarme che però non fa breccia nelle istituzioni, che anzi sembrano non accorgersi di quanto accade negli istituti penitenziari. "Ciò che è intollerabile - accusa Lillo Di Mauro, presidente della Consulta penitenziaria di Roma - è l’assoluto silenzio istituzionale a far fronte a una situazione sanitaria nei penitenziari ormai fuori controllo: mancano personale e medicinali, per una visita i detenuti attendono anche fino a sei mesi e malattie ormai sconfitte nella società fuori, rappresentano ancora dei gravi pericoli dentro".

Proprio per questo, per fronteggiare l’emergenza sanitaria e ridare a chi è recluso almeno la speranza di poter essere curato adeguatamente, il Forum rivolge un appello ai canditati alla presidenza delle Regioni nella consultazione del 3-4 aprile: "Assumano un impegno pubblico per presentare e far approvare, entro i primi cento giorni della legislatura, una legge regionale per il riordino della medicina penitenziaria". C. L.

Droghe: Castelfranco Emilia, un "carcere" poco trasparente

 

Il Manifesto, 10 marzo 2005

 

Mancanza totale di trasparenza e chiarezza, assoluto silenzio sul progetto per la gestione, rischio concreto che si crei una struttura in cui "formalmente" le competenze sul trattamento restano pubbliche e affidate ai Sert ma di fatto passano in mano ai privati. A denunciare la situazione del "carcere a custodia attenuata", che inaugurerà il 21 marzo a Castelfranco Emilia, è l’ex sottosegretario alla Giustizia Franco Corleone, oggi presidente del "Forum droghe". Corleone ha visitato la struttura con l’assessore ai servizi sociali dell’Emilia Romagna e al sindaco di Castelfranco. Dal direttore Francesco D’Anselmo, ha detto però Corleone, "non abbiamo avuto che risposte evasive".

Cina: nel 2004 800mila arresti per minacce a sicurezza Stato

 

Agi, 10 marzo 2005

 

Nell’arco del solo 2004 più di ottocentomila persone sono finite in carcere in Cina per "minacce alla sicurezza dello Stato" oppure per coinvolgimento in "attività terroristiche, separatistiche o comunque estremistiche". Lo ha reso noto Jia Chunwang, capo della Suprema Procura Popolare, intervenendo davanti al Parlamento nazionale, l’Assemblea del Popolo, attualmente riunita a Pechino in sessione ordinaria. Nel presentare il proprio rapporto annuale, Jia ha spiegato che complessivamente gli arresti così motivati l’anno scorso sono stati 811.102, con un incremento dell’8,3 per cento rispetto all’anno precedente; 867.186 le persone che sono state processate per i medesimi reati.

Il super-procuratore ha peraltro evitato di entrare nei dettagli delle relative sentenze, non fornendo alcun dato su condanne né pene inflitte agli imputati. La situazione nella Repubblica Popolare nel 2004 è risultata "grave", ha enfatizzato Jia, il quale ha esortato le autorità a persistere nelle iniziative di repressione che, ha sottolineato, non soltanto vanno mantenute ma debbono altresì essere intensificate. Minacce o messa a repentaglio della sicurezza statale è la formula giuridica in forza della quale il regime comunista cinese legittima la detenzione di dissidenti e oppositori: ogni anno migliaia di questi ultimi sono rinchiusi in prigione su tali basi, specie in Tibet e nella provincia nord-occidentale dello Xinjiang, l’ex Turkestan a maggioranza musulmana e turcofona. 

Gran Bretagna: violentò insegnante, ergastolo a tredicenne

 

Agi, 10 marzo 2005

 

Un tredicenne inglese è stato condannato al carcere a vita per aver violentato un’insegnante. Pur trattandosi di una condanna definitiva, il giovane potrebbe però ottenere la libertà provvisoria dopo i primi 21 mesi di reclusione, anche se è probabile che ne debba scontare molti di più.

Il ragazzo, all’epoca dodicenne, violentò la sua insegnante trentenne durante un colloquio privato in un centro di assistenza per ragazzi difficili a Durham, nel nord dell’Inghilterra. Dopo lo stupro si impossessò delle chiavi della sua auto e guidò per 50 chilometri prima di abbandonare la vettura. Il giovane, che ha gravi difficoltà di apprendimento ed è stato a sua volta vittima in passato di violenza sessuale, ha ammesso le sue responsabilità. Nel leggere la sentenza il giudice Geoffrey Grigson ha affermato che i problemi del giovane potrebbero spingerlo "a commettere altri crimini gravi come questo, perciò la comunità ha il diritto di essere protetta per tutto il tempo necessario a risolvere questi problemi".

Padova: indagine per analizzare emarginazioni e nuove povertà

 

Il Gazzettino, 10 marzo 2005

 

È partita l’indagine di ricerca sulle nuove povertà, un progetto promosso dall’assessorato alle politiche sociali della Regione, gestito dall’Osservatorio regionale per la tutela e la promozione della persona, da parte dell’Ulss 16 di Padova, con la collaborazione dell’Università di Padova. Il rilevamento dei dati inerenti le persone che dormono all’aperto, in situazioni di estrema povertà, è stato affidato al professor Luigi Fabbris, docente a Statistica. L’indagine si propone di rappresentare la realtà e le aspettative delle persone che si trovano a vivere sulla strada rispetto ai servizi di aiuto e assistenza loro erogati. La rilevazione dei dati riguarderà da un lato i dormitori pubblici, dall’altro i luoghi aperti, come le stazioni, i giardini e il centro delle città venete. "Quello che ci apprestiamo ad affrontare - spiega Fabbris - è un lavoro innovativo che vede schierate tutte le istituzioni della Regione. Ci sono i responsabili dei servizi sociali dei sette comuni capoluogo di provincia del Veneto, i rappresentanti di Caritas, quelli di tutti i movimenti di volontariato, dal Movi, al Ceis, sino all’Agorà e alla Fiopds". "Il coinvolgimento dell’Università di Padova - precisa Fabbris - è avvenuto a livello metodologico, ovvero nella stesura del questionario con cui gli intervistatori andranno a interpellare i clochard. Ogni rilevatore verrà accompagnato, durante l’intervista, da un "facilitatore", vale a dire una persona che quotidianamente è vicina ai senza fissa dimora conoscendo le loro abitudini e l’ambiente in cui vivono". Del resto, le nuove povertà interessano sempre più da vicino il nord-est, e i casi dei nuovi indigenti toccano con sempre maggiore frequenza uomini e donne respinti da uno sviluppo che se non si riesce a percorrere con la stessa velocità con cui incede, inevitabilmente emargina. "Ci troviamo di fronte - conclude Fabbris - a una popolazione di senza fissa dimora in continua crescita e che solo in minima parte si rivolge ai dormitori pubblici. Molti la notte la trascorrono dove capita; i più privilegiati pare siano quelli che si aggiudicano gli spazi esterni alle banche, perché le banche lasciano andare il riscaldamento anche di notte e i senzatetto usufruiscono, così, dei flussi d’aria calda che escono dai ventilatori". (M.B.)

Lazio: protocollo intesa tra garante dei detenuti e Laziodisu

 

Garante regionale dei detenuti, 10 marzo 2005

 

Nel Lazio, su una popolazione carceraria di 5.700 unità, gli studenti iscritti all’Università sono 23 fra cui 5 donne. La maggior parte degli studenti, 17, sono a Roma detenuti nei vari complessi di Rebibbia, due a Velletri e altrettanti a Viterbo, uno a Cassino e uno a Civitavecchia. Incrementare questi numeri con l’orientamento agli studi universitari, l’accompagnamento al lavoro post-laurea e le modalità per la fruizione dei benefici erogati da Laziodisu compatibili con l’ordinamento carcerario sono gli scopi del Protocollo d’Intesa, primo del genere in Italia, firmato dall’Ufficio del Garante regionale dei detenuti e Laziodisu, l’Azienda per il diritto agli studi universitari nel Lazio.

In effetti 23 studenti universitari su 5.700 detenuti sono una percentuale irrisoria - ha detto il Garante regionale dei detenuti Angiolo Marroni - Dobbiamo lavorare per incrementare questo numero perché la via maestra del completo reinserimento passa anche attraverso una maggiore diffusione della cultura e dello studio. Nel Protocollo - firmato dal Garante dei detenuti e dal presidente di Laziodisu Marco Daniele Clarke - è previsto che l’ufficio del Garante effettui un rilevazione conoscitiva dei detenuti con il diploma di scuola media superiore e potenzialmente interessati alla carriera universitaria. Prevista la possibilità di predisporre altre iniziative tese al miglioramento della qualità della vita, all’istruzione e alla formazione culturale e professionale finalizzata al recupero, reintegrazione sociale e all’inserimento nel mondo del lavoro.

Nel suo prossimo programma operativo, Laziodisu stanzierà risorse destinate all’orientamento degli iscritti alle scuole superiori in vista di un possibile approdo all’Università. Per i detenuti studenti universitari sono invece previste attività di accompagnamento allo studio e di orientamento al lavoro post-laurea. Marroni e Clarke hanno convenuto sulla utilità di mettere in atto forme di collaborazione istituzionale per il raggiungimento dell’obiettivo del recupero, della reintegrazione e del reinserimento delle persone sottoposte a restrizione della libertà personale e che l’istruzione e la formazione professionale sono un elemento strategico per il raggiungimento dell’obiettivo.

Lo studio - ha detto Clarke - è un elemento fondamentale per il recupero dei detenuti. Grazie a questo protocollo attiveremo forme specifiche di orientamento allo studio e accompagnamento al lavoro che rappresentano elementi importanti del reinserimento sociale. 

Bari: un nuovo direttore del carcere, Salvatore Nastasia

 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 10 marzo 2005

 

Cambio della guardia alla direzione della Casa circondariale. L’ex direttore Giuseppe Martone è stato destinato a dirigere la scuola di Polizia penitenziaria di Catania e gli subentra Salvatore Nastasia. Barese, 58 anni, proveniente dal carcere di Busto Arsizio, sposato con tre figli, da circa 32 anni è alle dipendenze del Ministero della Giustizia. Lasciò il capoluogo pugliese nel 1979, dove era cancelliere nella sezione lavoro della Pretura unificata. Trasferitosi al Nord ha diretto numerosi istituti di pena oltre alla scuola di formazione dell’Amministrazione penitenziaria di Verbania, dove ha insegnato per anni. Ha tenuto docenze nella scuola di formazione di Cairo Montenotte (Savona) e seminari all’Università La Sapienza. Ha conseguito due master e tutta la sua famiglia è al servizio delle istituzioni. Due figli nella Guardia di Finanza, una nella Polizia penitenziaria e la moglie direttrice dell’area trattamentale di una casa circondariale del Nord.

Usa: pena morte, iniezione letale per pluriomicida

 

Ansa, 10 marzo 2005

 

Un uomo che 15 anni fa uccise due bambini e i loro genitori durante una rapina è stato messo a morte oggi nello stato dell’Indiana. Un portavoce del carcere ha precisato che Donald Wallace, 47 anni, è stato dichiarato morto all’1.23 ora locale (le 7.23 ora italiana), dopo che gli era stata praticata un’iniezione letale nella prigione di stato di Michigan City. È la nona esecuzione negli Usa dall’inizio dell’anno e la 953/a da quando il paese ha ripristinato la pena di morte del 1976. 

Lanciano: droga e telefonino in carcere, gli interrogatori

 

Il Messaggero, 10 marzo 2005

 

Concluso ieri il giro di interrogatori per l’inchiesta al carcere di Lanciano denominata "Oltre il muro", per corruzione e spaccio di droga e che ha portato ad otto ordini di cattura, tra cui a due agenti di polizia penitenziaria, Vincenzo Nardella e Giuseppe Lombardo, accusati di aver fatto entrare nel penitenziario droga e telefonini.

L’ex detenuto Lorenzo Cozzolino, colluso con l’omonimo clan camorristico, e la sua convivente Italia Belsole, difesi dall’avvocato Giovanni Cerella, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, così come Antonio Lucà (avv. Marco Di Domenico), ritenuto colluso con la Sacra corona unita, e indicato come colui che agganciò l’agente Nardella, consumatore di stupefacenti. Hanno negato ogni addebito i fratelli Santino e Gherard Pomposo, come la loro madre Christel Weibflog, tutti e tre difesi da Gaetano Pedullà. Ora si attendono eventuali scarcerazioni del gip Ciro Riviezzo. (W.B.)

Usa: stop a visite consolari per stranieri in carcere

 

Agi, 10 marzo 2005

 

D’ora in poi agli stranieri detenuti nelle carceri americane non sarà più riconosciuto il diritto di ricevere visite da parte delle autorità consolari dei rispettivi Paesi: gli Stati Uniti hanno infatti denunciato unilateralmente il Protocollo Facoltativo allegato alla Convenzione di Vienna sui Diritti e sulle Prerogative Consolari, ove tale opportunità è invece garantita ai prigionieri e, nel caso in cui a essi non sia permesso goderne, è possibile rivolgersi alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu, che ha sede all’Aja.

Paradossalmente, allo scopo di tutelare i propri connazionali all’estero, erano stati proprio gli Usa a proporre nel ‘63 tale Protocollo, che fu poi ratificato sei anni più tardi insieme alla Convenzione vera e propria,; e non a caso furono proprio loro anche i primi a servirsene in concreto contro l’Iran, nel ‘79, in occasione della crisi degli ostaggi nell’ambasciata americana a Teheran, in piena rivoluzione khomeinista.

Con una lettera datata 7 marzo, invece, il neo-segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha informato il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che la sua amministrazione "si ritira contestualmente" dalla normativa in questione, non ritenendosene pertanto più vincolata. Lo riferisce oggi il quotidiano The Washington Post, che cita fonti governative riservate.

 

 

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