Rassegna stampa 11 luglio

 

Giustizia: "Pacchetto Pisanu", mail e telefonate sotto controllo

 

Tg Com, 11 luglio 2005

 

È ormai tutto pronto per l’approvazione del decreto legge che il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, porterà martedì alla Camera con le misure urgenti del governo contro il terrorismo. In particolare il fermo di polizia per consentire l’identificazione di un soggetto passerà dalle attuali 12 ore a 24 ore. Un tempo più adeguato per valutare meglio il fermato. Previsti anche controlli su e-mail e telefonate.

In particolare il decreto dovrebbe dare agli investigatori una più ampia libertà di movimento. Oltre a quello del fermo di polizia, sono altri sei i provvedimenti previsti dal decreto Pisanu. Uno riguarda i colloqui informativi anche contro l’eversione. In pratica si tratterebbe di estendere al terrorismo quelli già previsti dall’ordinamento penitenziario (articolo 18 bis) per il contrasto alla criminalità organizzata.

I colloqui investigativi sono veri e propri confronti diretti con un detenuto al fine di ottenere notizie, oggi ancora solo sulla criminalità organizzata: si svolgono in assenza del difensore, non hanno valore processuale. Ma spesso, e anche per questo, forniscono spunti investigativi significativi. Le informazioni ricevute dal personale di polizia vengono verificate e nel momento in cui ci sono riscontri si avvia una vera e propria collaborazione, che può portare ad uno sconto di pena. Si tratta di uno strumento nuovo, diverso dalla collaborazione dei pentiti di terrorismo islamico che in Italia già esistono, anche se non sono molti quelli che beneficiano del programma di protezione del Viminale.

È prevista anche l’estensione dell’articolo 18 della Bossi-Fini anche ai confidenti. L’idea è quella di allargare il provvedimento dedicato finora alle prostitute extracomunitarie a chi fornisce informazioni in materia di terrorismo. Uno strumento che ha funzionato benissimo, consentendo a migliaia di donne di liberarsi dalla schiavitù e di acquisire il permesso di soggiorno denunciando l’organizzazione che le teneva segregate. I confidenti che collaboreranno con l’autorità segnalando presunti terroristi, potranno quindi ottenere, una volta verificata la veridicità delle loro affermazioni, il permesso di soggiorno.

Gli esperti del Viminale stanno anche lavorando per rendere più precisi e meno generici i termini dell’articolo 270 bis per evitare che, nelle pieghe delle norme, soggetti vicini al terrorismo possano essere rilasciati vanificando il faticoso lavoro di indagine delle forze di polizia. In programma anche una "Superprocura antiterrorismo". Vista la necessità di accelerare i tempi, si potrebbe estendere alla Direzione nazionale antimafia la competenza di una neo istituita superprocura, che coordini le indagini antiterrorismo, per creare giudici e tribunali distrettuali specializzati in questa materia.

Tra le misure pratiche immediate, gli esperti di antiterrorismo stanno valutando la possibilità di inasprire la legge sulla vendita di schede degli operatori di telefonia mobile. In pratica viene stabilito di legare la consegna della scheda telefonica all’identificazione della persone che la utilizza, mentre fino ad oggi chiunque può comprare una tessera e poi cederla ad una terza persona senza incorrere in sanzioni.

Nel pacchetto saranno inoltre precisati i compiti di ciascun soggetto responsabile degli interventi in caso di attacco terroristico. L’ipotesi su cui si sta lavorando è quella di definire precise indicazioni di intervento per polizia giudiziaria, protezione civile e difesa civile.

Firenze: una "lettera aperta" sulla vicenda di Assan

 

Dentro e Fuori le Mura, 11 luglio 2005

 

La storia di Assan, tunisino di 41 anni che da tre anni abitava con moglie e due figli in un mini appartamento del Comune al Conservatorio del Fuligno, ci invita a riflettere. Arrestato con l’imputazione di tentato omicidio, danneggiamento e lesioni, per aver tentato di gettarsi dalla finestra con la figlia di 3 anni in braccio, nel momento in cui veniva allontanato dall’alloggio, Assan è stato ora scarcerato su disposizione del GIP. Gli articoli dei quotidiani di venerdì 1 luglio, cronaca fiorentina, hanno descritto un "cattivo".

L’uomo avrebbe ricevuto proposte di lavoro e di diverso alloggio nei comuni di Empoli e Pistoia, e le avrebbe rifiutate, cedendo ad un gesto estremo di protesta, o di ricerca di attenzione. Dopo il fatto il povero cristo, arrestato dai solerti vigili urbani, ha trovato prontamente alloggio nel carcere di Sollicciano. Comunque vogliamo giudicare la vicenda, c’è da chiedersi se sia normale che una famiglia, seguita per tre anni dai servizi sociali del Comune, abbia come naturale sbocco dei propri problemi la reclusione di un suo componente. Possiamo porci legittimamente qualche domanda sull’efficacia dei "percorsi di accoglienza e di recupero" proposti (La Repubblica, 1 luglio 2005, p. VI). Se la collettività, attraverso il Comune, investe risorse pubbliche per assicurare ad alcuni speranze o possibilità di sopravvivenza, ci si aspetterebbe che gli sforzi compiuti non vengano vanificati dall’applicazione burocratica di regolamenti, che durante il "percorso di recupero" (ma da che cosa? dalla povertà?) si presti anche un po’ di attenzione alle persone. A persone che hanno un nome e un cognome, una storia, che avranno delle ragioni se hanno con disperazione ceduto a gesti di estrema protesta. L’attenzione per le persone avrebbe fatto sì che i regolamenti potessero essere interpretati, applicati con minore rigidità, insomma in modo tale da non vanificare gli sforzi (e anche gli investimenti) di tre anni.

Sembra infatti il peggiore dei mali che una famiglia possa passare dall’accudimento dei servizi sociali a quello delle patrie galere. Questo risultato dovrebbe essere vissuto come un fallimento dagli operatori sociali e soprattutto dall’Assessore competente, Lucia De Siervo, che invece si è affrettata a fornire giustificazioni su quanto avvenuto. In che modo la detenzione di Assan, avrebbe potuto servire a qualcosa, nel percorso di ‘accoglienza e recuperò proposto a questa famiglia, se non a rafforzarne l’emarginazione e ad indebolire le sue eventuali richieste? Il gruppo di lavoro "Dentro e fuori le mura", che cerca di documentare da anni come l’esperienza del carcere possa essere devastante, rileva come la storia di Assan dimostri ancora una volta che il carcere è la naturale risposta di una società iniqua ad ogni forma di emarginazione (tossicodipendenza, disagio psichico, immigrazione, impoverimento materiale e culturale).

Foggia: vietata l’acqua nei "passeggi", scatta protesta detenuti

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 11 luglio 2005

 

Ancora una lettera di protesta dei detenuti del carcere di Foggia "Scriviamo alla Gazzetta l’ennesima lettera per lamentare le situazioni a cui periodicamente veniamo sottoposti.

Sappiamo bene che non risolveremo i nostri problemi con le lettere che voi pubblicate, ma quantomeno chi leggerà si farà un esame di coscienza.

Da qualche giorno è stato vietato l’uso dell’acqua durante i passeggi. Eppure i cosiddetti "passeggi", chiusi da lamiere e cemento di 10 metri per 7, devono contenere per due ore - la mattina dalle 9 alle 11 e il pomeriggio dalle 13 alle 15 - più di sessanta detenuti; immaginate il caldo in queste ore.

Con l’acqua ci bagnavamo la testa e le gambe per non prendere l’insolazione, anche perché non possiamo tenere cappellini per proteggerci dal sole. C’è nel passeggio un corridoio ombrato insufficiente per tutti e comunque non aiuta per sfuggire alla calura. È stato vietato l’uso dell’acqua perché alcuni detenuti - ragazzi di 18/20 anni - si facevano qualche gavettone giusto per rinfrescarsi. Adesso vogliamo sperare nel buon senso dei responsabili di questa struttura perché venga ripristinato l’utilizzo e l’uso dell’acqua durante i passeggi, anche facendo rapporti disciplinari ai detenuti che fanno gavettoni.

Tra noi ci sono persone che si sentono male per il caldo durante i passeggi e si riprendevano bagnandosi, cosa che non si può più fare: se a qualcuno viene un infarto di chi sarà la responsabilità? Certo non possiamo rinunciare all’ora d’aria visto che trascorriamo 20 ore chiusi nelle celle".

Giustizia: giovedì sciopero dei magistrati contro la riforma

 

Gazzetta del Sud, 11 luglio 2005

 

Giovedì prossimo si ferma la giustizia. I magistrati torneranno a incrociare le braccia contro la riforma dell’ordinamento giudiziario, che ha già ottenuto il via libera del Senato e che in questi giorni è all’esame della Commissione Giustizia della Camera.

Si tratta del quarto sciopero attuato in quattro anni contro quella che le toghe ritengono una vera e propria "controriforma" in contrasto con la Costituzione, punitiva per loro e che non solo non servirà a migliorare ma avrà conseguenze negative per la stessa efficienza della giustizia.

La protesta è stata preceduta da polemiche: due esponenti del centro-destra, il ministro per le Riforma Roberto Calderoli e il senatore Luigi Bobbio, hanno annunciato l’intenzione di denunciare i magistrati che sciopereranno e la stessa Anm che ha proclamato l’astensione dal lavoro. Iniziative che non spaventano il sindacato delle toghe che si aspetta anche in questa occasione, come è avvenuto negli scioperi precedenti, "un’adesione alta" da parte dei colleghi.

Se le aspettative della vigilia saranno rispettate, ci sarà la paralisi dell’attività degli uffici giudiziari. Dovrebbero tenersi soltanto pochi processi: quelli assicurati dal codice di autoregolamentazione dei magistrati. Per dare il massimo rilievo alla protesta, ma anche per spiegarne le ragioni agli utenti, nelle principali sedi giudiziarie si terranno assemblee aperte alla cittadinanza e alle quali sono stati invitati a partecipare avvocati, professori universitari, rappresentanti dei sindacati del settore. La manifestazione principale si terrà a Roma, alla presenza dei vertici dell’Anm.

 

Riviezzo, magistrati saranno compatti

 

I vertici dell’Anm sono ottimisti, nonostante la protesta cada in un momento difficile, a ridosso della pausa feriale, e nonostante le polemiche che l’hanno preceduta. "Ci aspettiamo una magistratura ancora una volta compatta - dice il presidente Ciro Riviezzo - perché è diffusa la consapevolezza della gravità della situazione e della doverosità di esprimere la nostra protesta". Riviezzo ribadisce che quella dello sciopero è stata una "scelta sofferta", imposta dai contenuti della riforma e dal "metodo con cui si è proceduto". "Sono state eluse le questioni di incostituzionalità poste dal capo dello Stato con il messaggio di rinvio della riforma. Speriamo ancora che la Camera voglia riflettere".

 

Le manifestazioni

 

L’assemblea principale si terrà a Roma, dove hanno già fatto sapere che aderiranno alla protesta tutti i capi degli uffici giudiziari. Ci saranno oltre al presidente Riviezzo e al segretario dell’Anm Antonio Patrono, i presidenti dell’Ordine degli avvocati e della camera penale della capitale, professori universitari e l’avvocato Giulia Bongiorno. Appuntamenti analoghi nei principali uffici giudiziari. A Bari, caso unico, ci sarà anche una conferenza stampa congiunta magistrati-avvocati per presentare una lettera aperta ai presidenti delle Camere sulle condizioni della giustizia e sulla riforma.

 

I numeri della protesta

 

I magistrati sono 9mila e il 90 per cento di loro è iscritto all’Associazione nazionale magistrati. Ai tre precedenti scioperi contro la riforma dell’ordinamento giudiziario (il primo il 20 giugno del 2002, il secondo il 25 maggio e il terzo il 24 novembre dell’anno scorso) ha aderito l’85 per cento delle toghe.Quella di giovedì sarà la quindicesima astensione dal lavoro attuata dai magistrati negli ultimi 30 anni.

I processi che non salteranno sono quelli assicurati dal codice di autoregolamentazione dei magistrati: nel penale saranno garantiti i processi con imputati detenuti e quelli nei quali è imminente la prescrizione. Nel civile quelli in materia di licenziamenti, condotte antisindacali e discriminatorie.

Giustizia: nasce una super-rete europea antiterrorismo

 

Apcom, 11 luglio 2005

 

"Realizzare da qui alla fine dell’anno una vera e propria rete, un network europeo, che metta tutte le autorità di polizia, di investigazione e i servizi segreti in condizione di interagire in tempo reale". Così il commissario Ue alla Giustizia, Franco Frattini, annuncia in un’intervista a "Il Messaggero", il pacchetto di proposte operative contro il terrorismo che mercoledì sottoporrà al Consiglio straordinario dei ministri dell’Interno e della Giustizia dei Venticinque.

In particolare Frattini parla di "cooperazione operativa", con "polizie, autorità investigative e di intelligence, in un’unica rete in grado di scambiare le informazioni senza intermediazione". "È ovviamente un balzo in avanti straordinario che richiede una grande lavoro di accesso alle banche dati, e, in parallelo, - aggiunge - un non meno rigoroso monitoraggio sulla destinazione di questi dati. Non vogliamo rischiare di violare la privacy dei cittadini non strettamente finalizzate alla lotta al terrorismo". Il commissario europeo spiega che la proposta di questo pacchetto nasce dalla consapevolezza che "il terrorismo non è un’emergenza temporanea, è una minaccia permanente. Dobbiamo abituarci a conviverci, non a tamponare qua e là". Per questo si dice contrario all’ipotesi di leggi speciali: "se per legislazione speciale intendiamo più coordinamento e un’azione più incisiva, allora questo è certamente giusto". Ma "se legislazione speciale volesse dire anche ridurre in nome del terrorismo le libertà fondamentali della persona oltre un limite ragionevole, non sarei più d’accordo".

Giustizia: Anm; speriamo che su riforma la Camera voglia riflettere

 

Gazzetta del Sud, 11 luglio 2005

 

Giovedì 14 si ferma la giustizia. I magistrati torneranno a incrociare le braccia contro la riforma dell’ordinamento giudiziario, che ha già ottenuto il via libera dal Senato e che in questi giorni è all’esame della Commissione Giustizia della Camera. Si tratta del quarto sciopero attuato in quattro anni contro quella che le toghe ritengono una vera e propria "controriforma" in contrasto con la Costituzione, punitiva per loro e che non solo non servirà a migliorare ma avrà conseguenze negative per la stessa efficienza della giustizia. La protesta è stata preceduta da polemiche: due esponenti del centrodestra, il ministro per le Riforme, Roberto Calderoli, e il senatore Luigi Bobbio hanno annunciato l’intenzione di denunciare i magistrati che sciopereranno e la stessa Anm che ha proclamato l’astensione dal lavoro. Iniziative che non spaventano il sindacato delle toghe che si aspetta anche in questa occasione, così come d’altra parte è avvenuto negli scioperi precedenti, "un’adesione alta" da parte dei colleghi. Se le aspettative della vigilia saranno rispettate, ci sarà la paralisi dell’attività degli uffici giudiziari. Dovrebbero tenersi soltanto pochi processi: quelli assicurati dal codice di autoregolamentazione dei magistrati.

Per dare il massimo rilievo alla protesta, ma anche per spiegarne le ragioni agli utenti, nelle principali sedi giudiziarie si terranno assemblee aperte alla cittadinanza e alle quali sono stati invitati a partecipare avvocati, professori universitari, rappresentanti dei sindacati del settore. La manifestazione principale si terrà a Roma, alla presenza dei vertici dell’Anm. Riviezzo: i magistrati compatti. I vertici dell’Anm sono ottimisti, nonostante la protesta cada in un momento difficile, a ridosso della pausa feriale, e nonostante le polemiche che l’hanno preceduta.

"Ci aspettiamo una magistratura ancora una volta compatta - dice il presidente Ciro Riviezzo - perché è diffusa la consapevolezza della gravità della situazione e della doverosità di esprimere la nostra protesta". Riviezzo ribadisce che quella dello sciopero è stata una "scelta sofferta", imposta dai contenuti della riforma e dal "metodo con cui si è proceduto. Sono state eluse le questioni di incostituzionalità poste dal capo dello Stato con il messaggio di rinvio della riforma. Speriamo ancora che la Camera voglia riflettere". Le manifestazioni. L’assemblea principale si terrà a Roma, dove hanno già fatto sapere che aderiranno alla protesta tutti i capi degli uffici giudiziari. Ci saranno oltre al presidente Riviezzo e al segretario dell’Anm, Antonio Patrono, i presidenti dell’Ordine degli avvocati e della camera penale della capitale, professori universitari e l’avvocato Giulia Bongiorno. Appuntamenti analoghi nei principali uffici giudiziari.

A Bari, caso unico, ci sarà anche una conferenza stampa congiunta magistrati-avvocati per presentare una lettera aperta ai presidenti delle Camere sulle condizioni della giustizia e sulla riforma. I numeri della protesta. I magistrati sono novemila e il 90 per cento di loro è iscritto all’Associazione nazionale magistrati. Ai tre precedenti scioperi contro la riforma dell’ordinamento giudiziario (il primo il 20 giugno 2002, il secondo il 25 maggio e il terzo il 24 novembre dell’anno scorso) ha aderito l’85 per cento delle toghe. Quella di giovedì sarà la quindicesima astensione dal lavoro attuata dai magistrati negli ultimi 30 anni. I processi che non salteranno. Sono quelli assicurati dal codice di autoregolamentazione dei magistrati: nel penale saranno garantiti i processi con imputati detenuti e quelli nei quali è imminente la prescrizione. Nel civile quelli in materia di licenziamenti, condotte antisindacali e discriminatorie.

Giustizia: Calderoli; denuncerò i magistrati che scioperano

 

Repubblica, 11 luglio 2005

 

Lo sciopero delle toghe è fissato per giovedì 14 luglio, ma il ministro leghista per le Riforme Roberto Calderoli ha già deciso e ha messo assieme un dossier per "denunciare" i magistrati. Lo aveva minacciato l’aennino Luigi Bobbio, il ministro lo ha battuto sul tempo. Alle 18 Calderoli dà il pubblico annuncio, sveglia il popolo di Radio Padania, naturalmente agita giudici e opposizione. L’Anm di Ciro Riviezzo lo rimbrotta subito e riafferma la "piena legittimità" dell’astensione. A seguire lo ripetono i capi delle correnti, dalla moderata Magistratura indipendente alla centrista Unicost alle sinistre di Magistratura democratica e Movimento giustizia.

È un coro. Dal responsabile Giustizia della Margherita Giuseppe Fanfani la battuta della giornata: "Forse dopo i pedofili Calderoli vorrebbe castrare anche i magistrati". Il presidente dell’Idv Antonio Di Pietro propone una contro denuncia per calunnia e abuso d’ufficio. Le Camere penali di Ettore Randazzo aprono il fronte Cirielli e legittima difesa, preannunciano uno sciopero contro la "deriva autoritaria".

A Roma e in altre città i capi degli uffici giudiziari fanno sapere che sciopereranno, ma Calderoli rivela di aver parlato con un magistrato che gli ha spiegato di aver sempre lavorato ritenendo illegittima l’astensione. Il ministro si è incuriosito, ha scartabellato sentenze, dice di averne trovate "alcune della Consulta" e di aver deciso per la denuncia. Non anticipa per quale reato, ma si può supporre sia l’interruzione di pubblico servizio.

Il coordinatore del Carroccio non ha ancora deciso dove presentare lo scartafaccio, ma racconta di aver messo assieme una "copiosa documentazione", frutto di "una lunga storia di pronunciamenti della Consulta". Calderoli spiega che "un conto è scioperare per un rinnovo contrattuale, un altro se lo si fa per altri motivi come in questo caso". Resosi conto dello scompiglio, invita le toghe "a non scaldarsi" e chiude la partita così: "Alla fine vedremo chi ha ragione".

Ma quella che i magistrati definiscono "un’intimidazione" (il segretario del Movimento Nino Condorelli) è già oggetto di una querelle. All’inizio di una settimana calda, dove la riforma dell’ordinamento sarà licenziata dalla commissione Giustizia per approdare in aula alla Camera lunedì 18 e dove la Cirielli è in discussione al Senato, l’annuncio di Calderoli accende la miccia e in fondo fa il gioco delle toghe che mirano a una massiccia astensione.

Messaggi e avvisi viaggiano sulle mailing list, e proprio l’idea di Calderoli coalizza gli animi. Il presidente dell’Anm Riviezzo parla subito di "diritto costituzionale pienamente rispettato", di toghe "che non hanno nulla da temere", di "un codice di autoregolamentazione rigoroso mai stato contestato".

La polemica è aspra. Il segretario di Md Juanito Patrone, per molti anni magistrato addetto alla Consulta, contesta la presunta "lunga storia di pronunciamenti", ironizza sull’uso di questa parola a proposito della Corte, sostiene che al contrario la Consulta ha "sempre affermato la legittimità dello sciopero anche nei servizi pubblici essenziali purché siano assicurate le esigenze minime del servizio". Proprio quello, come sostiene anche il vice segretario dell’Anm Nello Rossi, che i magistrati si accingono a fare. Che lo sciopero sia legittimo lo ha detto più volte anche il Guardasigilli Castelli. E il segretario dell’Anm Antonio Patrono ci tiene a ricordarlo. Quello di Unicost Marcello Matera liquida come "divagazioni" gli annunci di Calderoli e ribadisce che "la Corte ha riconosciuto più volte come legittimo lo sciopero dei magistrati".

Resta "l’intimidazione politica" contro i giudici (se ne lamenta il verde Paolo Cento); addirittura "l’escalation di intimidazioni e minacce" (il diessino Massimo Brutti) che Calderoli rovescia sulle toghe. Brutti prevede che "il ministro a un certo punto smetterà di dichiarare e si metterà ad abbaiare".

Lodi: banca dati per dare un lavoro a chi esce dal carcere

 

Il Cittadino, 11 luglio 2005

 

Dietro le sbarre, ma poi? Una volta ottenuta la semi-libertà, una volta acquisto il permesso di lavorare, una volta finiti in carcere, come fare per permettere ai detenuti di lavorare? È proprio per rispondere a questo interrogativo che è nato il progetto Lavoro debole, ideato dalla provincia di Lodi con il coinvolgimento della direzione della casa circondariale di Lodi, il dipartimento Assi dell’Asl, la cooperativa il Mosaico e il Cfp Consortile del Lodigiano. Tutti uniti a favore del reinserimento occupazionale dei carcerati. "Abbiamo presentato questa proposta alla regione nella speranza di ricevere dei finanziamenti - sottolinea Luisangela Salamina, assessore alle attività produttive - infatti negli ultimi mesi abbiamo lavorato sulle linee di indirizzo della regione stessa. Certamente diventa fondamentale il lavoro sociale all’interno del carcere, l’indagine conoscitiva dei detenuti per attuarne il recupero". Cosa avverrà nel concreto all’interno dei penitenziari? Si procederà con la creazione di uno sportello di orientamento a cui i detenuti interessati potranno rivolgersi, si effettueranno delle indagini sulle loro abilità per poi creare una banca dati delle competenze. Così sarà più semplice capire verso quale lavoro indirizzarli. A questo va aggiunta la mediazione culturale nei confronti degli extracomunitari. Si terrà in considerazione la difficoltà di chi ha vissuto l’esperienza carceraria per valorizzare le qualità di queste persone. "Si deve tenere presente che i detenuti sono spesso soggetti sociali in situazioni di emarginazione - sottolinea Salamina - la conoscenza delle esperienze è fondamentale per il loro inserimento e coinvolgimento. Questa proposta vuole innescare un circolo virtuoso a partire dal problema lavoro". Naturalmente è stato necessario chiedere il sostegno delle associazioni sindacali e imprenditoriali, senza il loro appoggio non sarebbe stato possibile mettere a punto il progetto. L’idea andrà in porto solo se ci saranno due elementi: il finanziamento della regione e il sostegno del territorio.

Giustizia: più poteri concessi alla polizia su fermati e arrestati

 

La Provincia di Como, 11 luglio 2005

 

Tra le misure urgenti del governo l’estensione del fermo per l’identificazione dei sospetti da 12 a 24 ore Estesa al reato di eversione la possibilità per gli investigatori di "colloqui informativi" con chi è in carcere.

Sarà un decreto legge quello che il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu porterà domani alla Camera per presentare le misure urgenti studiate dal governo per innalzare le difese contro il terrorismo. Accanto al pacchetto di norme, però, è già scattato con due circolari inviate nei giorni scorsi a prefetti e questori un piano di prevenzione che prevede un controllo "rigoroso ed efficiente" del territorio, degli obiettivi sensibili e dei luoghi di aggregazione da parte delle forze dell’ordine, il monitoraggio degli ambienti dell’immigrazione più a rischio terrorismo e dei siti internet frequentati abitualmente dagli estremisti islamici, blitz negli ambienti dell’immigrazione. Queste le misure più significative.

 

Fermo di polizia e colloqui informativi

 

Il fermo di polizia per consentire agli investigatori di identificare il soggetto fermato, passerà dalle attuali 12 ore a 24 ore. Si tratta di un tempo "più adeguato", spiegano gli esperti di antiterrorismo. Inoltre i "colloqui informativi" sarebbero utilizzati anche contro l’eversione: si tratterebbe di estendere al terrorismo quelli già previsti dall’ordinamento penitenziario (art.18 bis) per il contrasto alla criminalità organizzata. I colloqui investigativi sono veri e propri confronti diretti con un detenuto al fine di ottenere notizie, oggi ancora solo sulla criminalità organizzata; si svolgono in assenza del difensore, non hanno valore processuale. Ma spesso, e anche per questo, forniscono spunti investigativi significativi. Le informazioni ricevute dal personale di polizia vengono verificate e nel momento in cui ci sono riscontri si avvia una vera e propria collaborazione, che può portare ad uno sconto di pena.

 

Estensione "Bossi-Fini" a confidenti

 

L’idea è quella di estendere il provvedimento dedicato finora alle prostitute extracomunitarie a chi fornisce informazioni in materia di terrorismo. Uno strumento che, si sottolinea, ha funzionato benissimo consentendo a migliaia di donne di liberarsi dalla schiavitù e di acquisire il permesso di soggiorno denunciando l’organizzazione che le teneva segregate. I confidenti che collaboreranno con l’autorità segnalando presunti terroristi, potranno quindi ottenere, una volta verificata la veridicità delle loro affermazioni, il permesso di soggiorno.

 

Superprocura e scarcerazioni difficili

 

Gli esperti del Viminale stanno anche lavorando per rendere più precisi e meno generici i termini dell’articolo 270 bis per evitare che, nelle pieghe delle norme, soggetti vicini al terrorismo possano essere rilasciati vanificando il faticoso lavoro di indagine delle forze di polizia. Secondo il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano, vista la necessità di accelerare i tempi, si potrebbe estendere alla Direzione nazionale antimafia la competenza di una neo istituita superprocura, che coordini le indagini antiterrorismo, per creare giudici e tribunali distrettuali specializzati in materia.

Immigrazione: Bassolino; chiudere i centri–lager per stranieri

 

Il Mattino, 11 luglio 2005

 

"È necessario superare gli attuali Centri di permanenza temporanea per gli immigrati". Per il governatore Antonio Bassolino è utile prevedere la chiusura "delle strutture totalmente inadeguate e la profonda ridefinizione delle funzioni degli altri centri". Bassolino interviene alla vigilia dell’incontro previsto domani a Bari sulle condizioni in cui versano i Cpt, al quale la Campania sarà rappresentata dall’assessore alle Politiche sociali, Rosa D’Amelio. "Sorti nell’ambito di un disegno generale che intendeva collocare l’Italia nello spazio comune tracciato da Schengen - sostiene Bassolino - c’è stato uno snaturamento della loro funzione dopo l’introduzione della legge Bossi-Fini, che ha portato a un inasprimento delle misure repressive, aumentando esponenzialmente il ricorso alle espulsioni e all’accompagnamento alla frontiera.

La situazione è precipitata, al punto che oggi i Cpt si ritrovano sempre più coinvolti nel circuito penitenziario. Lo confermano indagini di Amnesty International, Caritas e Medici Senza Frontiere, che traccia un quadro preoccupante". "Nei casi di inadeguatezza - propone il governatore - i centri vanno chiusi subito. Negli altri casi, vanno cambiati, ridefinendone norme e funzioni, assicurando il rispetto della legalità attraverso processi efficienti per l’identificazione dei cittadini stranieri e per l’esame delle richieste di asilo. Servono nuovi assetti normativi".

Immigrazione: sui Cpt Sergio Briguglio risponde a Napolitano

 

Redattore Sociale, 11 luglio 2005

 

Sergio Briguglio, esperto di immigrazione in Italia, risponde in una lettera pubblica a Nichi Vendola alle dichiarazioni rilasciate da Napolitano in un intervista al Corriere della Sera. Smentisce il fatto che senza cpt l’Italia non avrebbe potuto entrare nel sistema Schengen e rilancia una proposta alternativa ai cpt: "Graduare le sanzioni sulla base della gravità dell’infrazione commessa"

 

Dottor Briguglio, in cosa consiste la sua proposta di modifica del Testo Unico in merito all’utilizzo dei Cpt?

"La finalità della detenzione degli stranieri nei cpt è quella di renderne possibile l’effettivo rimpatrio qualora questo non sia immediatamente effettuabile, nella maggior parte dei casi perché lo straniero è privo di documenti di identità. Con le norme attuali lo straniero non ha nessun interesse ad identificarsi, perché ormai ha perso ogni possibilità di regolarizzarsi e i meccanismi di sanzione del divieto di reingresso tendono, per un certo automatismo, ad essere massimi in ogni caso. Lei capisce che lo straniero che sa di rischiare comunque un divieto di reingresso di 10 anni non ha alcun interesse ad identificarsi e anzi fa della propria clandestinità il suo ultimo paracadute. In questo modo, la distruzione o l’occultamento dei documenti diventano la regola, l’allontanamento è reso estremamente arduo e lo Stato finisce per dover combattere una vera e propria guerra ai clandestini.

Il modo per ovviare a questo stato di cose è molto semplice. Si tratta di graduare le sanzioni sulla base della gravità dell’infrazione commessa. Così, lo straniero che sia trovato sul territorio in condizioni di soggiorno illegale, ma che sia in grado di dimostrare la propria identità (risultando facilmente allontanabile) dovrebbe essere gravato di un divieto di reingresso puramente simbolico; meglio ancora: solo di un’ammenda. L’entità del divieto dovrebbe crescere invece, ma sempre con gradualità, per lo straniero che non risulti identificabile, per il recidivo, per quello che sia da considerare socialmente pericoloso. L’espulsione dovrebbe inoltre avere carattere discrezionale e poggiarsi su una valutazione di tipo soggettivo del Questore sull’inserimento sociale dello straniero".

 

Non crede che dover valutare per ogni persona in posizione irregolare la sua posizione soggettiva finirebbe per rallentare ulteriormente le pratiche in un sistema, il nostro, già di per sé lentissimo?

"No, non lo credo per due motivi. Il primo è che se allo straniero convenisse denunciare la propria identità, e per la quale fosse notificata soltanto un’ammenda, sarebbero molte meno le persone da identificare e sulle quali decidere in merito al divieto di reingresso sul territorio. Il secondo è che nell’ottica di una riforma del Testo Unico le persone presenti in modo irregolare sul nostro territorio sarebbero una minoranza".

 

A che cosa si riferisce quando parla di riforma del Testo Unico?

"Parlo della necessità di cambiare il meccanismo che regola gli ingressi sul territorio e che è il vero nodo della questione. Inutile criminalizzare gli irregolari se la Legge impedisce loro di regolarizzarsi. I due ostacoli da superare sono le modalità di ingresso, oggi ottenere un permesso di lavoro è possibile solo su chiamata nominativa, e le quote. Dobbiamo superare le quote e stabilire dei criteri attivi per stabilire i requisiti per gli ingressi. Come possibilità residuale le Regioni potrebbero, nella mia proposta, proporre al governo centrale le loro proposte. Le forze politiche al governo che demagogicamente sparano a zero contro gli immigrati si prendano la responsabilità politica, di fronte alle imprese dei propri territori elettorali, di dire che non vogliono immigrati".

 

Ma le Regioni avrebbero il diritto costituzionale di stabilire quote di ingresso sul territorio nazionale?

"No, ma qua si tratterebbe di un parere che le Regioni darebbero al Governo centrale. Dovrebbe poi essere introdotto un permesso di soggiorno per motivo di ricerca lavoro, per coloro che sappiano dimostrare di mantenersi per un certo periodo e di avere un alloggio".

 

Torniamo ai cpt. Non mi ha ancora detto se è favorevole ad un loro superamento oppure no.

"Partiamo dal presupposto che dando allo straniero la possibilità di un accesso legale e di una regolarizzazione diminuirebbe drasticamente il fenomeno degli ingressi illegali e dell’over-staing, ovvero di chi permane sul territorio dopo la scadenza di un visto d’ingresso regolare.

 

Nonostante tutto rimarrebbe comunque una piccola quota di ingressi illegali e di irregolari recidivi. Per queste persone resterebbe necessario l’utilizzo di strutture di detenzione in attesa dell’espulsione, come misura di sorveglianza per la pubblica sicurezza in quei casi, ripeto residuali, di recidiva". (Gabriele Del Grande)

Viterbo: consorzio acquista piante aromatiche prodotte detenuti

 

Asca, 11 luglio 2005

 

Le piantine di timo, origano, camomilla, menta piperita e basilico coltivate dai detenuti all’interno del carcere "Mammagialla" di Viterbo saranno acquistate settimanalmente da un consorzio agricolo di Roma. L’accordo è stato raggiunto grazie alla mediazione dell’Ufficio del Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti che è riuscito a mettere in contatto domanda e offerta. Nel dettaglio ogni settimana il consorzio Formiche verdi di Roma acquisterà 2.000 piantine aromatiche. Attualmente all’interno del Mammagialla lavorano venti detenuti, che, oltre alle piante aromatiche, coltivano anche quelle da decoro. Se l’accordo di collaborazione dovesse essere proficuo - fanno sapere dall’Ufficio del Garante dei detenuti - i detenuti impiegati potrebbero anche aumentare, dal momento che la capacità massima delle serre all’interno del carcere può arrivare anche a diecimila piantine settimanali prodotte.

Giustizia: fermo di polizia a 24 ore e benefici per chi collabora

 

Repubblica, 11 luglio 2005

 

Infiltrare cittadini islamici nei call center, nelle moschee, nei luoghi di ritrovo più frequentati e più di passaggio dove circolano le notizie su quello che si muove nel mondo del radicalismo islamico. Informazioni utili in cambio di facilitazioni sul rilascio del permesso di soggiorno. È uno degli strumenti antiterrorismo su cui stanno lavorando i tecnici del Viminale per potenziare la prevenzione e intercettare arrivi di jihadisti e mujaheddin così come di esplosivi. Gli uffici legislativi hanno lavorato tutta la domenica. Tra le misure anche l’ipotesi di portare a ventiquattro ore, ora è a dodici, il fermo di polizia giudiziaria, quello spazio "sospeso" in cui la persona fermata è interrogata dalle forze dell’ordine ma non può essere assistita da avvocati né può informare parenti.

Il pacchetto legislativo con le norme che i responsabili dell’antiterrorismo ritengono necessarie per garantire la sicurezza nazionale in un momento - che sarà lungo - di forte minaccia, è ancora in via di definizione. La sensazione, dopo l’emotività delle prime ore, è che alla fine le modifiche non saranno poi così eccezionali. Non siamo alla vigilia di un Patriot Act italiano, il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu non vorrà imporre nessuna decisione e discuterà con l’opposizione. Lo dirà chiaramente domani alla Camera durante l’informativa sulle bombe di Londra. Il giorno dopo il ministro sarà a Bruxelles per trovare una linea di difesa comune a livello europeo. Venerdì il Consiglio dei ministri potrebbe approvare il testo del decreto. Non è escluso però che Pisanu alla fine preferisca presentare un disegno di legge che avrebbe però tempi di realizzazione molto più lunghi.

Il Viminale si muove in due direzioni. La prima prevede un pacchetto di misure diventate operative subito dopo l’attacco a Londra: più uomini in strada sia in divisa che in borghese recuperati da incarichi di ufficio; attento e costante controllo del territorio, e quindi pattuglioni e blitz; particolare attenzione nelle stazioni e nelle metropolitane con metal detector e cani anti esplosivo. Sorvegliati speciali anche i porti, sia quelli turistici che quelli commerciali, dove sono state inviate apparecchiature speciali per controllare con i raggi X i container delle navi, soprattutto quelle in arrivo dall’est dove si nascondono con facilità persone, armi ed esplosivi. Un controllo simile a quello che già succede nelle stive degli aeroporti. Un dispositivo che conta 14 mila obiettivi e impiega quasi ventimila uomini.

Poi ci sono una serie di modifiche legislative, il cosiddetto pacchetto antiterrorismo. Il principio generale è quello di utilizzare nella lotta contro i terroristi della jihad gli stessi strumenti che sono già serviti per sconfiggere le Brigate Rosse e combattere la mafia. Ad esempio i "colloqui investigativi" con i detenuti. In carcere, dove oltre il venti per cento dei detenuti è extracomunitario, circolano molte notizie anche di prima mano. I "colloqui investigativi", finora ammessi solo per il contrasto alla criminalità organizzata, si svolgono senza avvocati e non hanno alcun valore processuale. Se le notizie riferite sono fondate, il detenuto può beneficiare di sconti di pena. Previsti anche i permessi di soggiorno a chi accetta di infiltrarsi nelle comunità più radicali e riporta informazioni utili su movimenti e arrivi di possibili mujaheddin. Ci sono poi le modifiche all’articolo 270 bis del codice penale, quello nato nell’ottobre 2001 per combattere il terrorismo internazionale, ma che finora ha ottenuto solo un paio di condanne. Gli investigatori chiedono che sia definito meglio il concetto di terrorismo per evitare, come è già successo, che una sentenza definisca guerrigliero un terrorista. L’ufficio legislativo del Viminale sta limando ora dopo il capitolo espulsioni, il più delicato ma anche il più necessario. L’obiettivo è snellire le pratiche e rendere le espulsioni reali ed efficaci, sia quelle amministrative decise dal ministro dell’Interno (è pronta una lista di circa settanta nominativi), sia quelle previste dalla legge Bossi-Fini che però sono già state corrette e limitate dalla Corte Costituzionale. Sembra allontanarsi di nuovo l’ipotesi della procura antiterrorismo. Mentre potrebbero arrivare anche una serie di provvedimenti per obbligare a rendere nominativo l’acquisto delle schede telefoniche prepagate. L’obiettivo è controllare il più possibile l’uso dei cellulari.

Minori: protocollo tra Dip. Giustizia Minorile e Telefono Azzurro

 

Comunicato stampa, 11 luglio 2005

 

Mercoledì 13 luglio 2005, alle ore 14, presso la Sala Verde del ministero della Giustizia, il ministro Guardasigilli Roberto Castelli e il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo, firmano un Protocollo d’intesa.

L’accordo riguarda il dipartimento per la Giustizia Minorile del ministero e il Servizio 114 Emergenza Infanzia gestito da Telefono Azzurro e prevede una serie di specifiche attività nella prevenzione e nel trattamento dei minori vittime di abusi sessuali e dei minori autori di tale reato. L’obiettivo è quello di creare una rete di protezione intorno al bambino e all’adolescente, sia esso vittima o autore, da realizzarsi attraverso la condivisione di banche dati, lo scambio di informazioni e l’impegno a diffondere una cultura preventiva a diversi livelli. Alla cerimonia ufficiale saranno presenti anche il responsabile della Giustizia Minorile, Rosario Priore, e il suo vice, Sonia Viale.

A seguire si svolgerà un incontro con la stampa per un approfondimento sulle attività di collaborazione oggetto del Protocollo.

I giornalisti e i cine-foto operatori interessati a seguire l’evento dovranno accreditarsi a mezzo fax o posta elettronica entro domani, martedì 12 luglio 2005, indicando cognome e nome, testata e numero di tessera professionale.

 

Ufficio Stampa

tel: 06.68897501 – 06.68852201

fax: 06.68891493

e-mail: ufficio.stampa@giustizia.it

 

 

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