Rassegna stampa 2 febbraio

 

Piacenza: 49 anni, detenuto da due mesi, s’impicca in carcere

 

Corriere della Sera, 2 febbraio 2005

 

È stato trovato impiccato nel carcere piacentino delle Novate, dove era detenuto da fine novembre, l’agente milanese di modelle Roberto Del Nero, 49 anni, accusato dell’omicidio della convivente ungherese Melinda Szucs, 34 anni, il cui corpo strangolato e bruciato fu trovato il 19 aprile 2004 nell’area di un cantiere in località Le Mose, alla periferia della città emiliana.

Per identificare la donna gli specialisti della polizia impiegarono circa un mese. A dare l’allarme sono stati gli agenti di polizia penitenziaria della casa circondariale, durante un giro di controllo. Del Nero si era dichiarato innocente negli interrogatori ai quali era stato sottoposto dai magistrati piacentini.

Indagato con l’ipotesi di accusa di omicidio volontario già a fine giugno, era stato arrestato il 28 novembre dalla Squadra Mobile in un lussuoso albergo di Stresa mentre stava facendo colazione con un facoltoso amico americano. Il Tribunale della Libertà aveva rigettato la successiva istanza di scarcerazione presentata dal difensore, l’avvocato milanese Alessandro Bastianello, che negli ultimi giorni aveva preparato il ricorso in Cassazione.

Quanto è importante praticare sport in carcere?

 

Consumatori on line, 2 febbraio 2005

 

Il carcere spesso imprigiona oltre che il corpo l’anima ed il pensiero...Per questo sarebbe utile incentivare la creazione di attività culturali e sportive. Il buon esempio arriva dal carcere di Opera: il primo in Italia che possiede una squadra di detenuti regolarmente iscritta ai campionati ufficiali della FIGC in terza categoria. Ma la squadra ha una particolarità: non farà mai trasferte, del resto i giocatori sono detenuti. Ma per consolazione ci sono a le ragazze pon-pon... e provengono dalla sezione femminile!

Chi sta in carcere ha commesso un reato e per questo è punito con la privazione della libertà. E questo dovrebbe essere chiaro a tutti... Ma la reclusione danneggia il fisico e la mente?

La vita troppo sedentaria porta inevitabilmente all’insorgere di patologie e disturbi fisici di vario genere? Certamente alcune ore settimanali di attività motoria sono salutari per chi vive lunghi periodi in spazi estremamente ristretti.

Lo sport ed in particolare il gioco di squadra può essere considerato rieducativo. Infatti stimola il detenuto allo stesso tempo nella ricerca dell’alleanza (tra i compagni di squadra) e della competizione sana (tra gli avversari). In molti istituti italiani viene data la possibilità di praticare sport, sia nelle sezioni femminili che in quelle maschili.

A tutti i detenuti è consentito di usufruire della cosiddetta "ora d’aria", ma gli spazi dedicati a questi momenti quotidiani da trascorrere nel cortile sono molto limitati e sempre compresi tra alte mura, se il direttore dell’istituto lo consente (ed il carcere a livello logistico è predisposto) i reclusi/e possono cimentarsi in giochi di squadra o partecipare a lezioni di danza, aerobica e ginnastica (sopratutto le donne detenute).

Teatro in carcere, per liberare le emozioni

 

Consumatori on line, 2 febbraio 2005

 

In 108 istituti penitenziari italiani sono presenti laboratori teatrali e gli spettacoli spesso vengono presentati dai detenuti anche a un pubblico esterno.Tale attività aiuta a far emergere l’attitudine e le capacità del singolo individuo e nello stesso tempo fa si che il recluso si senta parte e protagonista di un qualcosa. Un qualcosa di creativo e costruttivo che fino a quel momento non ha fatto parte del suo mondo. Il teatro come alternativa alla devianza. Un mezzo per liberare le emozioni. Un punto di collegamento tra carcere e mondo esterno. Ma anche un ampliare le proprie esperienze, un calcare altre scene, per la prima volta diverse dai tipici "palcoscenici" della criminalità.

In molti istituti penitenziari italiani esistono veri e propri laboratori teatrali spesso molto noti anche al mondo esterno.Alcuni reclusi sono riusciti attraverso la formazione in carcere a perfezionarsi talmente tanto da costituire compagnie teatrali eccellenti e conosciute a livello europeo.

È il caso della "Compagnia della Fortezza" formata da alcuni detenuti del carcere di Volterra.

Il progetto di Laboratorio Teatrale nel carcere di Volterra nasce nell’Agosto del 1988, a cura di Carte Blanche sotto la direzione di Armando Punzo. Da allora i detenuti attori della Compagnia della Fortezza hanno prodotto ogni anno uno spettacolo nuovo. A partire dal 1993 gli spettacoli sono stati rappresentati fuori dal carcere ed invitati nei principali teatri e festival italiani ed internazionali. La compagnia ogni anno prevede anche delle tournè, naturalmente secondo modalità previste dall’ordinamento penitenziario.

Il primo spettacolo presentato nel 1989 è "La gatta Cenerentola" di Roberto De Simone, ne seguono molti altri che riscuotono grande successo tra cui "La prigione" da the Brig Kenneth H. Brown nel 1994, "Amleto" di William Shakespeare nel 2001 e "P. Pasolini, ovvero l’elogio del disimpegno" nel 2004.

Iraq: soffocata nel sangue la rivolta in carcere

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Ancora guai nelle prigioni irachene: nel corso di una rivolta nel centro di detenzione Camp Bucca, le forze americane sono state costrette la notte scorsa ad aprire il fuoco uccidendo quattro detenuti e ferendone altri sei. Non è ben chiaro cosa abbia scatenato la rivolta, che da uno dei dieci bracci del carcere si è estesa rapidamente ad altri tre, coinvolgendo oltre 2.500 dei quasi 5.000 detenuti rinchiusi nella prigione, che è stata costruita nei pressi di Umm Qasr, vicino al confine con il Kuwait. "La violenza è esplosa dopo alcune perquisizioni di routine alla ricerca di oggetti che sarebbero stati introdotti di nascosto in uno dei dieci edifici" del carcere, hanno affermato fonti dell’esercito americano in un comunicato.

"I detenuti hanno cominciato a lanciare pietre e si sono armati di oggetti costruiti con materiali trovati sul posto". Il comandante del centro ha immediatamente dispiegato tutto il personale di sicurezza a disposizione, per tentare di ripristinare l’ordine. Dopo una serie di ammonimenti verbali, si è fatto ricorso all’uso di "armi non letali", vale a dire manganelli e proiettili di gomma, ma la situazione è peggiorata ancora.

"Dopo circa 45 minuti, il pericolo continuava ad aumentare e - aggiunge il comunicato - si è fatto ricorso alla forza letale per porre fine alla violenza". Ritornata la calma, le forze americane hanno immediatamente assistito i feriti, mentre sulle cause della rivolta e sull’uso della "forza letale" è stata aperta un’inchiesta da parte della "catena di comando e dalla Divisione di indagini criminali dell’esercito americano".

Camp Bucca è il maggior centro di detenzione in Iraq per presunti terroristi o guerriglieri. Ad Abu Ghraib, ormai tristemente noto come il carcere degli orrori, sono detenute attualmente poco più di 2.000 persone, secondo fonti militari americane. L’eco della vicenda degli abusi sui prigionieri ad Abu Ghraib non si è peraltro ancora spenta. Anzi, è stata riattizzata ai primi di gennaio quando è venuto alla luce che anche dei soldati britannici si sono macchiati di reati del genere.

Sconti di pena: penalista e intellettuale cattolico a confronto

 

Panorama, 2 febbraio 2005

 

Benefici all’imputato e certezza della pena: i nodi della giustizia. Anche un omicida può cambiare. Negli ultimi anni abbiamo abbandonato l’idea del recupero del condannato per privilegiare la repressione.

 

di Grazia Volo

 

Nessuno nel nostro Paese è più capace di avere pietà. Pietà per le vittime certamente, ma anche per i carnefici. Negli ultimi vent’anni gradatamente si è innescata una mutazione del pensiero rispetto alla giustizia che è culminata ultimamente nell’affermazione del principio retributivo, tipico dei paesi anglosassoni. Si è passati cioè da una concezione liberale e garantista a una idea repressiva e giustizialista.

L’intolleranza emerge da varie affermazioni che fanno parte del linguaggio comune: la certezza della pena, l’eccesso di garantismo di un sistema che prevede riti alternativi, patteggiamenti, sconti di pena. Il mutamento di indirizzo consiste nell’avere abbandonato l’idea di recupero alla società dei reietti per privilegiare la repressione.

La legislazione degli anni 80, sebbene a quell’epoca imperversasse il terrorismo, era stata tutta uniformata al recupero del condannato e al suo reinserimento sociale. La legislazione è legittima conseguenza del presupposto che prevede che un soggetto, intrapreso un corretto percorso di revisione critica del proprio operato, possa cambiare anche se si sia macchiato di delitti atroci e per questa ragione debba essere riammesso nel contesto sociale. L’immutabilità della pena equivale all’idea dell’immutabilità degli uomini e quindi all’idea della loro irredimibilità.

Il pubblico ministero del primo processo Moro, all’inizio del 1981, alla fine della requisitoria chiese 39 ergastoli, ma quasi a giustificare tutti quegli anni di carcere disse testualmente: "Non sarà mai chiusa la porta alla speranza". E quando, subito dopo, andò a dirigere il dipartimento penitenziario si adoperò per recuperare una generazione che si era macchiata di crimini orrendi. E dire che quello era un processo per terrorismo che giudicava gli aderenti alle Br, che avevano sequestrato e ucciso il presidente del partito di maggioranza e la sua scorta un momento prima che divenisse presidente del Consiglio, quindi un delitto più che premeditato.

Non si trattava di giovani che agiscono in preda a un’insensata furia omicida o di un uomo parzialmente o totalmente impazzito che in un raptus sevizia la fidanzata. L’omicidio è un delitto che quando non è frutto di premeditazione si consuma in pochi attimi, lasciando esterrefatto e incredulo anche chi l’ha commesso.

 

Sveltire i processi va bene. Ma senza togliere valore alla giustizia e senza incidere nella fiducia dei cittadini verso la legge.

 

di Renato Farina

 

Colpisce una dichiarazione dell’avvocato Raffaele Della Valle, difensore di Ruggero Jucker: "Non mi va bene il garantismo a corrente alternata". D’accordo, si deve essere coerenti, bisogna essere garantisti anche con l’autore di un delitto orribile. Ma che c’entra tale concetto con questa storia? Ero convinto che il garantismo significasse rispetto e dignità dell’imputato. Nessuna tortura né manipolazione della prova, carcerazione preventiva possibilmente ridotta a zero, salvo casi di pericolosità acclarata. L’umanità del trattamento in prigione. Ora scopro che coincide con la scelta a priori per pene ridicole, la ricerca di leggi le quali assicurino una mitezza sconsiderata.

Non credo che il garantismo sia il modo per far passare come diritto umano la ricerca, tramite leggi congrue, di una mezza impunità. Della Valle è un grandissimo professionista, ma per favore quello che ha fatto in Corte d’assise non è stato il mestiere di garantista, ma quello di eccellente avvocato. Per carità, complimenti, parcella strameritata. Ma nessuno si cinga il capo con l’aureola del garantismo.

La legge prevede il patteggiamento? Ottima cosa, si sveltisce la giustizia. Si risparmiano denaro pubblico e sofferenze private: spesso il rito giudiziario è davvero una tortura per tutti. Però c’è un costo che non si dovrebbe pagare alla rapidità dei processi: quello che toglie valore alla giustizia e incide sul sentimento di fiducia dei cittadini nella legge. Proprio nella legge. Non in questo o quel giudice, ma nell’essenza stessa della legalità repubblicana. Se essa consente agli assassini di Giuseppino Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido, di essere liberi, e questo viene chiamato garantismo, al diavolo il garantismo.

Se dimezza le pene di un signore che massacra la fidanzata a coltellate e si permette di dire dal carcere: "Quanto accanimento su di me", tutto questo mi pare ingiustizia creativa, con l’aggravante di essere perfettamente a norma. Sono incivile e poco garantista a pensarla così? Sono conscio: è la legge a consentire per via di patteggiamento o per altre strade ben disciplinate questo scempio del buon senso. È troppo chiedere che almeno la dirimente della crudeltà e dell’efferatezza limitino, magari con opportuni interventi del Parlamento, queste pratiche?

Roma: viaggiano in bus le divise cucite dalle detenute

 

Corriere della Sera, 2 febbraio 2005

 

Una sfilata in "trambus open" intorno all’Auditorium, nonostante il freddo pungente. Un’occasione importante per presentare sul campo le nuove divise delle hostess dei bus turistici a due piani, cucite da otto detenute del carcere di Rebibbia.

Una committenza giunta alla fine di un progetto lanciato un anno fa da Alta Roma e dall’Istituto europeo di design: un corso di 400 ore per offrire a un gruppo di detenute romane, la possibilità di acquisire una prima professionalità nella sartoria.

Un cammino che a luglio aveva visto in passerella alcuni loro abiti. All’interno del grande bus rosso, insieme al vicesindaco Garavaglia, anche il presidente di Trambus, Raffaele Morese. Le detenute hanno accolto la committenza di Trambus Open con entusiasmo, come concreto sviluppo dell’ impegno lavorativo assunto dopo la sfilata di luglio. Ciò significa - fanno sapere da Alta Roma - che una volta scontata la pena, potrebbero avere una concreta opportunità di reintegro nel mondo del lavoro".

 

Rebibbia Alta Roma fa sfilare la solidarietà

 

L’opera nomadi continua a ricevere telefonate di signore interessate ad acquistare gli abiti della serata rom curata da Romeo Gigli mentre il laboratorio delle detenute di Rebibbia realizza la sua prima fornitura: le divise per i trambus turistici a due piani.

Alta Roma ha chiuso ieri i battenti dimostrando che bellezza, glamour e armonia possono raggiungere anche un carcere o un campo di zingari. Un coraggio notevole, che ha portato nel rigido fashion business un pizzico di scompiglio. Così come le sue tante sperimentazioni e provocazioni: dagli "abiti mocio" o realizzati con calze di lycra e sacchettini di lavanda ai mantelli con il crocefisso fino al look da argonauta. Ma non sono mancati anche i grandi sarti, come l’intramontabile Sarli e la perfezione geometrica dei suoi tagli.

La splendida, spregiudicata e ricchissima collezione di Gattinoni. E ieri, in chiusura, un vivacissimo Balestra che ha creato settanta abiti dalle linee morbide e soffici nelle tonalità del blu, il bianco e il nero che nel passare delle ore si stemperano nei delicati corallo, glicine, ametista e topazio. "La mia donna - ha spiegato lo stilista - elegantissima e chic, frequenta spiagge ultra mondane, alberghi esclusivi, le feste di Montecarlo e crociere di lusso". Qualche giorno fa il veterano della couture capitolina aveva espresso disagio per la coabitazione forzata in calendario insieme con giovani emergenti non escludendo di abbandonare Alta Roma come ha già fatto Raffaella Curiel.

Ieri, una pioggia di conferme ha ribadito che con o senza Balestra, la Curiel o chiunque altro, the show must go on, l’alta moda a Roma deve continuare. Lo ha detto il vicesindaco Maria Pia Garavaglia, "disponibile" ad accontentare in ogni modo i coutourier storici. E lo ha chiesto persino l’assessore milanese al turismo e alla moda Giovanni Bozzetti che ha preso le distanze dal tentativo di Raffaela Curiel di creare a Milano un embrione di alta moda: "Qualsiasi sviluppo dovesse avere l’iniziativa - ha precisato - sarà solo frutto di un movimento del mercato e non di un incoraggiamento da parte nostra.

Riteniamo fondamentale che in questo momento si faccia sistema: Milano per il pret-à-porter, Firenze per l’uomo, Roma per l’alta moda, devono essere tre città in armonia, in grado di fronteggiare la concorrenza dei paesi in via di sviluppo.

Una tendenza ormai inarrestabile, ribadita anche dai numeri. Le presenze in questi giorni all’Auditorium e al Tempio di Adriano sono state 65 mila; 1.200 persone alla festa rom; mille alla mostra di alta gioielleria Chanel; 150 giornalisti e agenzie di stampa tra Italia ed estero; 180 fotografi; 40 network.. E poi una decina di buyer , i compratori delle più importanti catene di negozi del mondo tra cui Saks Fifth Avenue, Galeries Lafayette, El Corte Ingles, Nordstrom, David Jones, Neiman Marcus, Li Fung (Hong Kong) e Colby (Australia) "I compratori non sapevano che ci fosse la moda a Roma e avevano sempre avuto solo Parigi e Milano come punti di riferimento - ha detto il presidente di Alta Roma Stefano Dominella - e sono stati piacevolmente sorpresi sia dalla maestria dei big, sia dalle nuove idee dei giovani stilisti.

A luglio, per la prossima edizione, che potrebbe essere ispirata al "Gran ballo" inteso come abito da festa, mi piacerebbe avere come special guest Fendi, Lacroix o Ferrè. E se Valentino volesse festeggiare con noi i suoi 45 anni di attività sarebbe proprio il massimo".

Cagliari: rivendicato l’attentato al carcere di Buoncammino

 

Sardegna Oggi, 2 febbraio 2005

 

Sono stati rivendicati nel primo pomeriggio di oggi i due attentati dinamitardi compiuti a Cagliari nella notte tra il 24 ed il 25 gennaio scorsi. Con una lettera recapitata ad un giornale locale, il sedicente gruppo Resistentzia Rivolutzionaria Sarda ha firmato il volantino che fa riferimento ai due atti intimidatori. Gli inquirenti, che fin da subito stanno battendo la pista politica degli attentati, stanno ancora valutando il documento per capire se ritenerlo attendibile. Il volantino, infatti, potrebbe rivelarsi anche opera di un mitomane. Le indagini coordinate dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia sono tutelate da un assoluto riserbo da parte degli inquirenti.

I riferimenti ai due attentati sarebbero contenuti all’interno della lettera, giunta per posta ordinaria nella redazione del quotidiano, in un duro attacco contro l’istituzione carceraria del capoluogo, definito senza mezzi termini "uno luogo di tortura", mentre in "uno dei tanti torturatori" potrebbe vedersi il riferimento, anche se non diretto, alla vittima dell’altro attentato, un carabiniere che aveva prestato servizio durante il G8 di Genova del 2001 e che era comparso nel processo sui presunti pestaggi nella caserma di Bolzaneto. Il primo ordigno era stato collocato all’interno di una Y10 che è stata fatta saltare in aria a due passi dal Carcere cagliaritano di Buoncammino, il secondo, una bomba a basso potenziale, aveva divelto il cancello di ingresso della casa di un carabiniere a Quartu Sant’Elena.

I Carabinieri, che stanno indagando sulla vicenda con il supporto del Raggruppamento Investigazioni Scientifiche (RIS), stanno anche valutando se la sigla che ha firmato il volantino, "Resistentzia Rivolutzionaria Sarda", sia la stessa che il 13 maggio del 2004 aveva rivendicato, con una lettera recapitata al quotidiano L’Unione Sarda, l’attentato dinamitardo dello scorso aprile contro lo studio legale privato dell’allora Assessore regionale al Turismo, Roberto Frongia.

La rivendicazione, infatti, portava una firma simile del gruppo "Resistenza rivoluzionaria sarda". Allora l’attentato era stato compiuto con un ordigno rudimentale, confezionato con circa 200 grammi di dinamite, sistemato sul balcone al primo piano del palazzo in via Matteotti, nel centro storico di Iglesias. La deflagrazione, avvenuta dopo le 4 di notte, aveva danneggiato gravemente il portone d’ingresso e le finestre, anche delle case vicine, e aveva divelto il condizionatore d’aria dell’ufficio, senza provocare feriti.

Savona: progetto borse-lavoro ai detenuti minorenni

 

Secolo XIX, 2 febbraio 2005

 

Il titolo è forte. "Abbiamo scelto Sos giovani che è un titolo impegnativo, me ne rendo conto, ma volevamo porre l’accento sul disagio giovanile. E farlo in modo chiaro, inequivocabile" Così, ieri mattina, Maria Grazia Galletti Tacchi ha presentato l’incontro organizzato dal Lions Club "Savona Host" che si svolgerà sabato nella sala convegni dell’Ordine degli avvocati presso il Tribunale.

Tante le personalità invitate - don Antonio Mazzi e il giudice Rosario Priore tra questi - e ambizioso il progetto che sta alle spalle del convegno. Sabato verrà infatti siglato dal Lions Club e dal Ministero di grazia e giustizia il protocollo che consentirà al sodalizio di conferire due borse-lavoro ad altrettanti detenuti minorenni della provincia di Savona.

I due giovani - individuati dal Tribunale dei minori - saranno inseriti per un semestre in un’azienda della provincia. Se si atterranno al protocollo vedranno la loro pena cancellata. Nel corso del convegno verranno anche forniti i dati relativi alla deliquenza minorile in provincia di Savona.

L’apertura dei lavori è prevista per le 9 con il saluto del governatore distrettuale dei Lions, Franco Maria Zunino e del presidente del Lions "Savona Host" Paolo Olmo. Poi toccherà alle relazioni degli esperti. Comincerà Sonia Viale, vice-capo dipartimento della giustizia minorile del Ministero che introdurrà le relazioni. Giuseppe Masante, presidente del tribunale di Mondovì affronterà il tema delle possibili cause del disagio giovanile. Rosario Priore, capo dipartimento della giustizia minorile, terrà una relazione su La devianza minorile in Italia.

Di seguito parleranno Giuliana Tondina, giudice del tribunale minorile di Genova, don Antonio Mazzi, don Tonino Suetta e Alessandro Giulla della cooperativa sociale "Il Cammino" e Mattia Minuto dell’ufficio sindacale dell’Unione industriali.

Francia: sette nuove carceri per i detenuti minorenni

 

Il Manifesto, 2 febbraio 2005

 

In Francia, compiuti i 13 anni, si può finire in carcere se si è commesso un reato: ci sono oggi 623 minorenni, tra i 13 e i 18 anni, nelle prigioni francesi, nel 2002 erano 936. Ma come se non bastassero i "quartieri per minorenni" nelle carceri per adulti e i Centri educativi chiusi (Cef) - altri 14 apriranno nei prossimi mesi e andranno ad aggiungersi agli 11 esistenti - il ministro della giustizia, Dominique Perben, ha annunciato ieri la prossima costruzione di sette Istituti penitenziari per minorenni (Epm), entro la fine del 2006, con una capacità di accoglienza di 420 posti.

Queste carceri minorili saranno una via di mezzo tra i "quartieri" per minorenni delle carceri per adulti e i Centri educativi chiusi, che hanno da un lato permesso di togliere dalla prigione un terzo dei minorenni ma dall’altro sono accusati di essere troppo poco "chiusi", poiché la percentuale di fughe è elevata (e per chi scappa, c’è la prigione tout court).

Già i Centri educativi sono circondati da recinzioni, hanno un’unica uscita la cui apertura è azionata da un telecomando, sono dotati di un sistema di barriere a raggi infrarossi e di dispositivi per il controllo dei movimenti. Ma visto che ciò non sembra bastare, Perben propone degli Istituti penitenziari più severi.

Il ministro ha chiesto agli architetti che li progetteranno di prevedere un sistema che permetta "uno sguardo costante di un adulto sui minorenni e che faciliti una visione più ampia possibile all’interno dell’istituto", per tenere sotto controllo costantemente i detenuti. Dovranno essere obbligatoriamente recintati da un muro alto almeno 6 metri, ma è stata abolita la torretta di controllo, con le guardie carcerarie, per evitare che "faccia troppo prigione".

Secondo Perben, queste nuove prigioni per minorenni, "offriranno una possibilità inedita di farsi carico dei minorenni carcerati, permettendo di portare avanti azioni educative con l’obiettivo di prevenire la recidiva". Dominique Perben, che ha presentato ieri questo progetto in uno dei siti previsti, a Laveur (Tarn), ha enumerato i vantaggi di questi Istituti per l’economia locale: nuove entrate finanziarie per i comuni che li ospiteranno, arrivo di nuovi abitanti (gli educatori) e la creazione di 150 posti di lavoro stabili per far vivere l’istituzione.

Le "case di correzione" per minorenni sono state chiuse in Francia nel ‘78. Ma poiché la legge prevede l’imprigionamento dei minorenni, sono stati aperti i "quartieri" nelle carceri per adulti e, dal 2002, esistono i Centri educativi chiusi. I nuovi istituti penitenziari per minorenni saranno delle "prigioni-scuole", ha spiegato il ministro: 20 ore di corsi la settimana, 20 ore di sport, più attività artistiche e culturali. Ogni detenuto avrà un "binomio" di adulti come punto di riferimento (un sorvegliante e un educatore).

I magistrati specializzati nella delinquenza minorile sono scettici, benché l’Associazione dei magistrati della gioventù e della famiglia ritenga che sarebbe un passo avanti se l’apertura degli istituti penitenziari significasse la chiusura dei "quartieri" per minorenni delle carceri. Ma, secondo i magistrati, l’imprigionamento dei minorenni - che oggi dura in media due mesi e mezzo - dovrebbe essere un’eccezione. Inoltre, il costo elevato sia dei Centri chiusi che dei futuri istituti penitenziari (550 euro al giorno e a persona) fa temere che una buona fetta dei mezzi finanziari venga assorbita da queste strutture e che ci siano quindi meno investimenti per le pene alternative al carcere, come per esempio l’affidamento del giovane delinquente a un educatore, in situazione di libertà sorvegliata.

Santa Maria Capua Vetere: sfida di rugby al carcere militare

 

Caserta News, 2 febbraio 2005

 

Una inusuale quanto straordinaria sfida di rugby. È quello che la formazione degli "All Bluff" farà sabato prossimo nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta. La partita, organizzata dal club formato da atleti in attività e non che hanno superato i 35 anni di età, è stata ideata e organizzata in stretta collaborazione con il Tenente colonnello Roberto Salucci, direttore del Carcere militare.

"Vogliamo – dicono gli All Bluff – propagandare i valori formativi della nostra disciplina. Giocare all’interno di un carcere sarà una esperienza formativa. Per noi e per i detenuti". Gli "All Bluff" sono il primo club virtuale d’Italia (www.allbluff.it) con lo scopo di riunire i rugbisti che condividono i valori educativi di questa disciplina.

La sfida tra gli "All Bluff" e la formazione del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere inizierà sabato prossimo alle ore 15 e verrà arbitrata da un giudice della Federazione Italiana Rugby.

Minori: Livia Pomodoro; non perdere di vista finalità educative

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

È aumentata la violenza fra i minori che commettono reati e nei comportamenti, trasgressivi o criminali dei ragazzi, l’uso della violenza è rivelatore di modelli culturali che non sanno più assumere come valore fondante il rispetto della persona. Lo ha sottolineato, in sintesi, Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei Minori di Milano al convegno "Con la paura nel cuore. Dal perdersi all’affidarsi".

"La risposta della società - ha osservato il magistrato - anche in termini penali non deve mai perdere di vista le finalità educative e l’accompagnamento dei minori in percorsi di responsabilizzazione". L’incontro, che si è svolto al Centro culturale San Fedele, ha sviluppato una riflessione sui temi di giustizia, colpa e pena, guardando da vicino il mondo dei giovani, della devianza e della sofferenza: tutto un vissuto - è stato spiegato - che intreccia percorsi di vita e fonti di disagio che per alcuni sfociano in azioni antisociali.

Tra i relatori che sono intervenuti ai lavori: Paolo Vari regista cinematografico autore insieme ad Antonio Bocola del film "Fame chimica", Adolfo Ceretti docente di criminologia presso l’Università Bicocca, e Rosanna Virgili biblista. Il convegno è a cura del Centro Culturale San Fedele, della Sesta Opera San Fedele, della rivista "Dignitas. Percorsi di carcere e giustizia".

Antigone: Pdl Cirielli bomba legislativa contro sistema penitenziario

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Dichiarazione di Stefano Anastasia, Presidente dell’Associazione Antigone. "La decisione del governo e dei gruppi parlamentari della maggioranza di blindare il disegno di legge "salva Previti" ci lascia sconcertati. Si tratta di un fatto di gravità assoluta. Non è tanto la nota questione dei tempi di prescrizione del reato che ci allarma, quanto l’inasprimento sanzionatorio e il nuovo regime di accesso ai benefici penitenziari.

In assenza di dati ufficiali, calcolando approssimativamente l’incidenza della recidiva sui detenuti nelle carceri italiane nell’ordine dell’80%, è possibile prevedere che gli aumenti di pena derivanti dall’applicazione di questa legge si potranno sostanziare nei termini, più o meno, di un terzo rispetto agli anni di galera ad oggi inflitti, generando una crescita di presenze carcerarie pari a 10 mila unità.

Ciò significa 20 mila persone in più in carcere in un breve lasso di tempo, così segnando drammaticamente la già allarmante condizione di sovraffollamento in cui versano le carceri del nostro Paese. Una vera e propria "bomba legislativa".

Non è catastrofismo, il nostro, ma un vero e disperato grido d’allarme. Si pronunci il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, dica il Presidente Tenebra se e a quali condizioni (con quali risorse, umane, finanziarie e strutturali) il sistema penitenziario italiano può reggere una forza d’urto di questo genere".

Olanda: il test del dna obbligatorio contro i reati sessuali

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Grazie ad una banca del Dna, l’Olanda conta da oggi su un nuovo strumento legale per affrontare i delitti sessuali e i crimini più violenti ancora non risolti. A seguito dell’entrata in vigore di una nuova legge, sono iniziati in tutto il Paese i prelievi sistematici del Dna delle persone condannate, per questo tipo di delitti, ad una pena massima di quattro anni di reclusione.

La novità principale contenuta nella norma sembra formale, ma è invece fondamentale: "finora il Dna poteva essere prelevato solo se il dato era ritenuto utile per l’inchiesta in corso, mentre ora sarà possibile farlo su tutte le persone condannate", ha spiegato un portavoce del ministero della sanità dell’Aja. Più precisamente, la norma prevede che quattro campioni di Dna (il codice genetico specifico di ogni individuo), a partire da quello sulla saliva, vengano prelevati da tutte le persone condannate per un crimine sessuale o per qualsiasi altro reato violento sanzionato con una pena massima di quattro anni di reclusione.

I profili saranno quindi immagazzinati nella banca-dati nazionale, e raffrontati ai campioni del Dna trovati sulle scene dei delitti che gli investigatori non sono ancora riusciti a risolvere La banca-dati olandese conta attualmente 6 mila campioni di Dna, mentre ora, proprio grazie alla nuova legge, i profili di cui potranno disporre gli investigatori saliranno a 9 mila.

In tutto il paese, oggi vi sono d’altra parte circa 12 mila campioni di Dna prelevati sulle scende del delitto, ma che non sono mai stati identificati. A differenza di quanto accadeva finora, la legge non permette più che i condannati si rifiutino al prelievo dei campioni del Dna: essi potranno solo chiedere che il proprio profilo non venga incluso nella banca-dati nazionale. Nel caso in cui una persona sia stata condannata ma successivamente dichiarata innocente in appello, il suo profilo Dna verrà distrutto dagli schedari della banca-dati.

Antigone: la legge "salva-Previti" è anche "ammazza-Gozzini"

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Se il Parlamento approverà la ex Cirielli, la proposta di legge che dimezza i tempi della prescrizione dei reati, non solo farà un favore a Previti ma, soprattutto, compirà uno stravolgimento dell’istituto della recidiva e più in generale di tutto il sistema penale. Così, quella che doveva essere la "salva-Previti" si trasformerà in una legge "ammazza-Gozzini", la norma che stabilisce l’accesso alle misure alternative. Un progetto che va dunque bloccato prima che produca effetti devastanti L’allarme, e l’accusa, arrivano dall’associazione Antigone nel giorno in cui scadono i termini per la presentazione degli emendamenti alla proposta di legge in commissione Giustizia.

Quello che preoccupa, spiega il portavoce dell’associazione Patrizio Gonella in una conferenza stampa, "non è tanto la nota questione dei tempi di prescrizione quanto l’inasprimento sanzionatorio e il nuovo regime di accesso ai benefici penitenziari: temiamo che, coperte dal dibattito pubblico relativo al tema della prescrizione, passino sotto silenzio modifiche al codice penale e all’ordinamento penitenziario che possono gravemente incidere sul nostro sistema penale, sulle sue finalità e sul regime di esecuzione penale". Si va quindi a "stravolgere l’istituto della recidiva" e, più in generale, "si inasprisce il regime penitenziario in termini di concessione delle misure alternative", con il risultato di colpire ancora una volta i più deboli.

Quello che viene fuori, spiega ancora Gonnella, è infatti un diritto penale "più attento all’autore del reato che al fatto criminoso, che potrà essere punito in maniera abnormemente diversa a seconda di chi ne sia stato l’autore. E un diritto penale che tradisce la funzione rieducativa della pena scritta nella Costituzione". Un concetto ribadito anche dall’ex direttore del Dap Sandro Margara.

"Alcuni interventi - ha detto - sembrano pensati da un azzeccagarbugli. Si utilizza una faccia benevola, per quei condannati di lusso che non hanno mai visto il carcere, e una faccia feroce, per tutti quegli altri che invece frequentano gli istituti di pena". Si sta andando, ha aggiunto, "verso la rinuncia delle misure alternative, senza sapere che queste, quando applicate, funzionano e si china il capo all’impostazione portata in giro per il mondo dagli Stati Uniti, passando da uno stato sociale ad uno stato penale".

Giustizia: Consiglio d’Europa chiede scarcerazione Paolo Dorigo

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Il Consiglio d’Europa auspica che la vicenda di Paolo Dorigo, condannato a 12 anni di carcere per aver lanciato una bottiglia incendiaria contro la recinzione della base aerea di Aviano (Pordenone), si risolva con il "ripristino dei diritti umani nel giro di due settimane". L’auspicio è contenuto nella risposta all’interrogazione di un’esponente della Commissione sulle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo, Marie-Louise Bemelmans-Videc (Cda).

Nel testo si ribadisce che la sentenza contro Dorigo, emessa nel 1993, "costituisce una grave violazione del diritto del ricorrente ad un equo processo secondo la Convenzione europea dei diritti umani" e si sottolinea che l’Italia deve "urgentemente prendere misure atte ad eliminare tale violazione".

"Sono almeno cinque anni - si rileva nel testo - che sia il Comitato dei Ministri che l’Assemblea hanno fatto osservare che tale sentenza era in evidente violazione della Convenzione Europea per i Diritti Umani". Il documento è stato fatto pervenire al legale di Dorigo, avv. Vittorio Trupiano, che l’ha diffuso, dal Direttore generale della Seconda Divisione per i Diritti Umani del Dipartimento per l’Esecuzione delle Sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani.

Nel testo si deplora che in base all’attuale legislazione italiana i provvedimenti europei non possano essere applicati adeguatamente, e non sia possibile impugnare casi come quello di Dorigo, che sta facendo lo sciopero della fame da oltre due mesi. "Data la particolare urgenza della materia - conclude il documento - il Comitato dei Ministri si augura di ricevere informazioni molto presto riguardo alle concrete misure prese o pianificate e tornerà nel giro di due settimane ad esaminare il caso".

Da parte sua, l’avv. Trupiano fa notare che il Consiglio d’Europa ha ritenuto che, sebbene Dorigo non abbia accettato l’eventualità di una grazia presidenziale, "ciò non esime dal dover trovare adeguate misure alternative". "Si celebri finalmente questo nuovo giusto processo penale - ha detto Trupiano - e nell’attesa Paolo Dorigo venga messo in libertà, ponendo fine a questa situazione assolutamente vergognosa e indegna".

Droghe: difficoltà economiche per i Centri della Fict

 

Redattore Sociale, 2 febbraio 2005

 

La Fict ha scritto una lettera aperta indirizzata, tra gli altri, al Ministro della Giustizia Castelli, al Sottosegretario Mantovano e al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Tenebra per denunciare le gravi difficoltà economiche determinate dai lunghi tempi di liquidazione delle rette da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Molti Centri della Fict, spiega l’organizzazione, da anni ospitano, all’interno delle loro strutture, tossicodipendenti in regime di arresti domiciliari, per i quali il Dap eroga delle rette per le attività di cura e di riabilitazione che attualmente è di 30,99 euro sull’intero territorio nazionale e corrisponde mediamente al 60% delle retta corrisposta dalle Asl. regionali per le persone da loro inserite in Comunità. Una cifre che secondo la Fict è "molto inferiore a quella, già insufficiente, corrisposta dalle Asl per un identico servizio". Il secondo problema riguarda invece i tempi di pagamento delle rette. "Attualmente - sottolinea la Fict - i Centri Fict attendono dal Dap il saldo di 634.503 euro. Cifra certamente irrisoria per il bilancio del Dap, ma importante per le cooperative sociali che gestiscono questi Centri."

La Fict chiede dunque la revisione delle rette fissate dal Ministero di Giustizia equiparandole a quelle delle Asl delle singole Regioni, la liquidazione, in tempi brevi, delle rette arretrate e la definizione di tempi certi per il saldo delle rette future: Importante inoltre per la Federazione l’aggiornamento dell’elenco delle strutture accreditate dalle Regioni da parte del Dap e che venga prevista la presenza degli operatori del privato sociale insieme al servizio pubblico per offrire al detenuto opportunità di cura maggiori. "Ci auguriamo – conclude l’organizzazione - che lo spirito di collaborazione che da sempre caratterizza i rapporti tra la Fict e le Istituzioni favorisca l’accoglimento di queste nostre richieste miranti ad una proficua e sempre più intensa collaborazione per la soluzione dei gravi problemi sociali di cui sono portatori i giovani delle nostre Comunità, soprattutto quelli in regime di detenzione.

Roma: uffici di collocamento aperti direttamente in carcere

 

Redattore Sociale, 2 febbraio 2005

 

Al via un progetto innovativo in Italia: l’apertura degli ex uffici di collocamento direttamente in carcere, con la possibilità per i detenuti di iscriversi al collocamento in tempo reale. I Centri per l’Impiego della Provincia (C.I.) di Roma saranno integrati ai Centri di Orientamento al Lavoro (C.O.L.) del Comune di Roma, già presenti in tutte le carceri romane: 2 istituzioni che decidono di offrire un servizio pubblico in carcere ai detenuti. L’iniziativa è stata presentata questa mattina presso la Sala Blu dell’Assessorato alle Politiche per le Periferie, lo Sviluppo Locale, il Lavoro del Comune di Roma.

Saranno 10, fra C.O.L. e C.I., gli operatori complessivamente coinvolti nel progetto. Lo strumento utilizzato per far sì che i detenuti possano iscriversi al collocamento in tempo reale sarà quello del collegamento telematico con i Centri per l’Impiego attraverso un software appositamente realizzato dalla Telecom Italia, che consentirà l’accesso esclusivo alla rete dei Centri per l’Impiego. Questo meccanismo consentirà ai due servizi congiunti "di erogare con le stesse modalità i servizi di accoglienza ed informazione senza creare dannose sovrapposizioni di ruoli; favorire la possibilità di accesso e fruizione dei servizi messi a disposizione; aggiornare on-line le schede anagrafiche dei detenuti iscritti (in ogni fase protette dalla Legge sulla privacy) attraverso un sistema di raccolta ed archiviazione omogeneo rispetto agli utenti", spiega il Col capitolino.

L’iniziativa di integrazione fra Comune e Provincia di Roma fa parte di un progetto più ampio, che ha l’obiettivo di promuovere e attuare un articolato piano di intesa in materia di servizi per l’impiego "attraverso un rapporto di collaborazione sistemica per avviare specifiche azioni sperimentali e progetti pilota, nonché incrementare la qualità dei servizi resi". Infatti è stato siglato un Protocollo d’Intesa "volto all’avvio di un modello di rete integrata di servizi per l’impiego tra i Centri di Orientamento al Lavoro comunali e i Centri per l’Impiego provinciali, finalizzato all’attuazione di politiche attive del lavoro". I due Enti hanno anche concordato di collegare le rispettive banche dati in rete telematica ed è stato adottato un modello unico di scheda utente, per uniformare al massimo i servizi, rendere armoniche le procedure, offrire un servizio che sia il più puntuale, preciso ed eterogeneo possibile.

Roma: Centro orientamento lavoro per detenuti, 1.330 colloqui

 

Redattore Sociale, 2 febbraio 2005

 

Nel corso del 2004 il Centro di orientamento al lavoro (Col) Carceri del Comune di Roma ha svolto 1.330 colloqui mirati con persone in esecuzione penale (il 44,30% detenuti e il 55,70% soggetti in esecuzione penale esterna); tra loro, 505 erano donne (pari al 37,97% del totale) e 332 stranieri (il 24,9%). Il totale complessivo degli utenti è stato pari a 560, di cui 137 donne (24,32%) e 125 stranieri (22,32%). Sono alcuni numeri dell’attività svolta dallo sportello "Col Carceri" lo scorso anno. I 104 interventi che hanno riguardato i temi dell’autoimprenditorialità hanno consentito ad alcuni fra gli utenti di ricevere informazioni e consulenza per la costituzione di 3 cooperative sociali operanti nel settore edile, nella ristorazione e nei servizi di igiene ambientale. Complessivamente gli utenti interessati ai temi della creazione di impresa sono stati 44, dei quali 7 donne e 5 stranieri.

La fascia di età maggiormente rappresentata è stata quella tra i 36 e i 45 anni (il 40% del totale), seguita da quella tra i 26 ed i 35 anni (28%) e gli over 45 (27,6%). La maggior parte delle persone che si sono recate al Col Carceri hanno maturato pregresse esperienze lavorative in prevalenza nel settore edile (23%), del commercio (22%) e dei servizi (18,7%). Inoltre sono stati avviati al lavoro oltre 36 detenuti attraverso borse lavoro e inserimenti ad hoc.

Grazie all’intervento degli operatori 115 persone hanno ottenuto l’indennità di disoccupazione, 5 la pensione di invalidità civile, 2 gli assegni familiari; per 3 persone sono state effettuate verifiche sui contributi previdenziali, per altre 7 sono state risolte problematiche pensionistiche varie. Per quanto riguarda lo studio e la formazione, 5 persone sono state inserite in corsi di formazione professionale gestiti da Centri di Formazione Professionale del Comune di Roma (informatica e assistenza familiare), 3 utenti sono stati accompagnati nel percorso di inizio di studi universitari con l’assegnazione di tutor didattici.

Inoltre è stato siglato un Protocollo di intesa con le cooperative sociali E-Team e Men At Work per supportare, attraverso percorsi di reinserimento socio-lavorativo, i detenuti di Rebibbia Nuovo Complesso occupati all’interno dell’istituto come addetti ai servizi di ristorazione, attività gestite dalle stesse cooperative. In collaborazione con il C.S.S.A. di Roma è stata curata la preselezione di candidati alla mansione di addetto ai servizi di autolavaggio per la cooperativa sociale Servizi 2000 di Ostia. L’azione ha consentito di inserire in un lavoro stabile 2 fra gli utenti presi in carico dal servizio. Infine è in fase di ultimazione un ulteriore Protocollo di Intesa con i Ctp (Centri territoriali permanenti) per realizzare azioni di orientamento al lavoro e iniziative di formazione e sensibilizzazione su tematiche inerenti il lavoro e i diritti, da svolgersi in prima battuta presso il C.C. Rebibbia Nuovo Complesso e da estendere successivamente alle altre realtà carcerarie (Rebibbia Penale e Femminile).

Sono stati riconfermati i contatti gia avviati nella precedente gestione del servizio, con il Cefme (Centro di Formazione delle Maestranze Edili), per favorire un azione integrata di formazione professionale a beneficio di detenuti in misura alternative e di ex detenuti motivati o con competenze specifiche nel settore edile. Sta proseguendo la collaborazione con i patronati (Zona Rebibbia) per la consulenza e il supporto necessario alla presentazione delle pratiche previdenziali ed assistenziali, come l’indennità di disoccupazione, la pensione di invalidità ecc. Per informazioni, e-mail col carceri@romalavoro.net.

Viterbo: pacco-bomba al carcere, comunicato del Sappe

 

Comunicato Stampa, 2 febbraio 2005

 

Dopo il pacco bomba inviato alla Segreteria Generale del Sappe di Roma lo scorso 10 dicembre, dopo la bomba esplosa nel parcheggio delle auto dei poliziotti penitenziari in servizio nel penitenziario cagliaritano di Buoncammino, è ora la Polizia Penitenziaria di Viterbo sotto tiro. Un pacco bomba è stato infatti recapitato oggi al carcere viterbese.

La Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria esprime la massima solidarietà a tutto il Personale in servizio nel carcere di Viterbo ed ha diffuso il seguente comunicato stampa agli organi di Informazione:

"È un segnale preciso, il grave gesto intimidatorio di oggi a Viterbo. Dopo il pacco bomba ai nostri Uffici sindacali di Roma e all’attentato al carcere di Cagliari, è chiaro che è in atto una strategia della tensione contro la Polizia penitenziaria.

Questa ennesima inaccettabile azione minatoria palesa sempre più un disegno criminoso che ha come obiettivo l’istituzione carceraria, le sue finalità istituzionali, gli uomini e le donne del Corpo di Polizia Penitenziaria che con sacrificio per quell’obiettivo lavorano.

Il Sappe ha tra i suoi obiettivi quelli di tutelare i diritti delle decine di migliaia di donne e uomini che lavorano nelle oltre 200 carceri del Paese indossando la divisa della Polizia Penitenziaria è sempre in prima linea quando si tratta di difendere le istituzioni dello Stato, specie quella penitenziaria, dalla cancrena criminale, di qualsiasi colore e provenienza.

Esprimiamo dunque a tutto il Personale che lavora nel carcere di Viterbo la solidarietà degli oltre 12 mila iscritti e ribadiamo che la Polizia Penitenziaria non accetta provocazioni ed intimidazioni da parte di nessuno e continuerà sempre con orgoglio a rappresentare lo Stato democratico e repubblicano come ha sempre fatto.

Proposta di legge: in arrivo negli stabili i portieri-vigilantes?

 

La Sicilia, 2 febbraio 2005

 

Basta con la pulizia delle scale e con la consegna della posta... i nuovi portieri dovranno avere la licenza del prefetto della provincia e dovranno "riferire ogni circostanza utile per la prevenzione e la repressione dei reati". Nel disegno di legge della maggioranza che disciplina gli istituti di vigilanza privata, la figura del vecchio custode del condominio scompare per far posto a quella di "capo-fabbricato", di "memoria fascista", come accusa la parlamentare dei Ds Marcella Lucidi.

Nel testo, ora all’esame della commissione Affari Costituzionali della Camera, si prevede infatti che anche per fare il custode di un condominio ci voglia la licenza del prefetto della provincia. I nuovi portieri poi "sono tenuti a corrispondere ad ogni richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza e a riferire ogni circostanza utile per la prevenzione e la repressione dei reati".

"Siamo stati noi i primi a volere una norma che riconoscesse una qualifica alle guardie giurate - spiega Marcella Lucidi - ma in questo provvedimento, modificato più volte da giugno ad oggi, si sta snaturando tutto. Il vero obiettivo del testo infatti è quello di creare un sistema di sicurezza centralizzato del quale occorre invece definire i contorni".

"Così come è stato scritto infatti - aggiunge - a parte la figura del "capo-fabbricato" che è già piuttosto significativa delle loro reali intenzioni, le guardie giurate potrebbero essere impiegate anche per custodire le carceri o i centri di permanenza temporanea o come "body guard"... E noi su questo non possiamo essere d’accordo".

"In Italia - replica Filippo Ascierto di An - mancano gli uomini per garantire davvero uno standard di sicurezza elevato. E allora perché non ricorrere anche alle guardie giurate partendo dall’esperienza che è stata fatta con gli aeroporti?".

"Non è possibile ricorrere alle guardie giurate per garantire la sicurezza in questo modo - replica la parlamentare della Quercia - perché non si può riconoscere la funzione di pubblico ufficiale a soggetti privati. Non si possono usare i vigilantes come se fossero poliziotti...".

Padova: pesa 150 kg, vive confinato nell’infermeria del carcere

 

Il Gazzettino, 2 febbraio 2005

 

Lo chiamano "persona diversamente abile". È detenuto al primo piano della casa di reclusione Due Palazzi. La sua cella è l’infermeria. Un sostanziale isolamento. Ma il suo stato di salute è compatibile con il carcere? Secondo il difensore non lo è. Danilo G., cinquantaquattrenne di Montagnana, è stato arrestato il 19 ottobre dell’anno scorso dovendo scontare una condanna definitiva per truffa nel settore dei bovini, fatti che risalgono al 1990.

Mantovano di Sermide, già amministratore della "Scodosia Carni", è stato condannato a tre anni e mezzo di reclusione per evasione fiscale. Quando i carabinieri sono andati a bussare alla porta di casa per notificargli l’ordine di carcerazione emesso dalla procura patavina hanno dovuto chiedere l’intervento di un furgone. Già, perché il detenuto pesa un quintale e mezzo. Lo hanno trasportato in carcere a bordo di un "Ducato".

Non si regge in piedi perché non ha più cartilagini sulle anche e sulle rotule. Ha chiesto il differimento della pena per motivi di salute, ma l’istanza è stata respinta dal magistrato di sorveglianza, secondo il quale le condizioni non sono incompatibili con la galera, tanto più che l’amministrazione penitenziaria dispone di centri diagnostici terapeutici.

Il suo difensore, avvocato Marco Crimi, ha allora presentato una nuova istanza per la concessione della detenzione domiciliare provvisoria. Silenzio. Si tratta di una situazione che può essere decisa dal magistrato di sorveglianza - in via provvisoria, fatta salva la ratifica o la modifica che sarà appartata dall’organo collegiale - senza attendere il burocratismo della perizia medico legale. Ebbene, Danilo G. sta aspettando da tre mesi che giunga una risposta dalla giustizia. Finalmente gli hanno notificato la data dell’udienza: è fissata per dopodomani. Ma agli atti manca ancora la relazione del sanitario.

Proposta di legge: rifiuto test dna punito fino a 4 anni di carcere

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Rifiutare un prelievo di sangue o di saliva per accertare il Dna per fini giudiziari può costare molto caro, per una proposta di legge di An. Onnis propone anche fino a 4 anni di carcere.

Il testo, alle battute finali e sul quale c’è un sostanziale accordo tra Cdl e Gad, stabilisce che si possa ordinare il prelievo "invasivo" soltanto se risulta davvero "indispensabile". Sarà evitato se c’è rischio per la vita, l’incolumità e la salute dell’individuo o se risulta lesivo della "dignità".

Viterbo: pacco-bomba al carcere, il direttore; "siamo nel mirino"

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Recapitato un pacco bomba nel carcere di Viterbo. Il pacco è arrivato nella casa circondariale Mammagialla questa mattina insieme alla posta ordinaria. Qualcosa del pacco ha insospettito gli agenti che normalmente smistano la posta in arrivo al carcere che hanno chiesto l’aiuto degli artificieri. I tecnici, una volta controllato il pacco, hanno potuto verificare che al suo interno c’era polvere pirica e un meccanismo che avrebbe innescato un’esplosione. Gli artificieri hanno quindi disinnescato il meccanismo, scongiurando la possibile deflagrazione.

Ancora non si sa a chi fosse indirizzato il pacco-bomba e sulla vicenda sta ora indagando la Digos, ma sembra che l’attenzione degli inquirenti sia diretta agli anarchici insurrezionalisti di cui alcuni esponenti sono al momento sotto processo proprio per precedenti attentati avvenuti nei mesi scorsi a Viterbo.

"Non c’è ancora nessuna conferma, possiamo fare solo illazioni sul fatto che siano stati gli anarchici insurrezionalisti a recapitare il pacco bomba questa mattina, anche se i tempi attuali farebbero pensare proprio a questo". Conferma il direttore in missione del carcere di Viterbo Mammagialla, Silvana Sorgi, la scoperta di un pacco bomba recapitato questa mattina nell’istituto di pena insieme alla posta ordinaria.

"Quello di Viterbo - continua la dottoressa Sorgi che al momento sostituisce il responsabile Pier Paolo D’Andria - è un istituto al centro dell’attenzione, siamo un possibile bersaglio prioritario di questi attentatori".

Brescia: "musica e disagio", concerto nel carcere di Verziano

 

Giornale di Brecia, 2 febbraio 2005

 

Per il ciclo "La Musica e il disagio", che porta concerti in luoghi di sofferenza o segregazione, oggi alle 13.30 nel teatro della Casa circondariale di Verziano, la pianista Fiammetta Corvi proporrà "Danseuses de delphe", "Voiles", "Des pas sur le neige", "La fille aux cheveaux de lin" di Debussy; il pianista Stefano Donatelli, il violoncellista Paolo Bonomini e il violinista Lino Megni il Trio n. 4 op. 11 (Allegro con brio) di Beethoven: la pianista Sara Costa la Sonata in Si minore op. 58 (Allegro maestoso) di Chopin.

Anche Lonato vara un ciclo "La musica e il disagio", su iniziativa dell’assessore ai servizi sociali Stefano Formenti: "Ci proponiamo - spiega - di far vivere, laddove si manifesta il disagio o la condizione di temporanea difficoltà, un momento di incontro della comunità così da conoscere, attraverso il linguaggio universale della musica, le situazioni di separatezza e di privazione presenti nella cittadina".

I quattro concerti si propongono di avvicinare la popolazione a luoghi come la casa di riposo, le comunità di recupero dei tossicodipendenti, i centri di aggregazione per anziani, l’ospedale con l’unità di riabilitazione in modo da rinvigorire uno spirito di solidarietà e disponibilità verso gli altri. I concerti prendono il via dopodomani, venerdì 4 febbraio all’ospedale Villa dei Colli (ore 16,30) coi pianisti Sara Costa e Niccolò Ronchi.

La prima eseguirà la sonata in si minore op. 58 di Chopin e Bruyerser di Debussy, il secondo musiche di Chopin, Rachmaninov e Ravel. Si prosegue l’11 febbraio alle 20,30 al centro sociale Aurora con il concerto che celebra anche l’inaugurazione della struttura. Protagonisti i violinisti Raffaello Negri e Katia Toselli con musiche "Dalla Russia all’America". Concluderà il pianista Niccolò Ronchi . Sabato 19 alle 20,30 il concerto al teatro Italia è dedicato alla Comunità Exodus e l’intervento di don Antonio Mazzi. Si esibiscono la pianista Sara Costa, Raffaello Negri, Katia Toselli (violino) e Niccolò Ronchi. Chiude il concerto dei pianisti Sara Costa e Nicolò Ronchi alla Casa di riposo venerdì 25 febbraio (ore 16.30).

Roma: ass. Malaspina, rete per promuovere impiego detenuti

 

Ansa, 2 febbraio 2005

 

Portare le istituzioni all’interno delle carceri, per promuovere l’occupazione dei detenuti. È questo lo slogan dell’iniziativa promossa dalla provincia di Roma e presentata oggi, che prevede la messa in rete tra i centri per l’impiego comunali e provinciali dei dati professionali relativi ai detenuti.

"Nell’ambito delle politiche attive per il lavoro - ha detto l’assessore alle Politiche del lavoro della provincia di Roma, Gloria Malaspina - l’amministrazione cerca di promuovere percorsi professionali per le persone svantaggiate, compresi i detenuti. Nel carcere, infatti, si perdono le prospettive di vita e l’idea di lavorare su un obiettivo, invece, diventa molto importante".

Civitavechia: i centri dell’impiego arrivano in carcere

 

Civionline, 2 febbraio 2005

 

Civitavecchia inserita nel progetto "Ermes" di Comune e Provincia di Roma per facilitare il reinserimento lavorativo dei detenuti. Sarà operativo entro due settimane il progetto "Ermes", il piano predisposto da Comune e Provincia di Roma per portare direttamente nelle carceri i centri per l’impiego provinciali, gli ex uffici di collocamento, coordinandoli con i centri per l’orientamento al lavoro comunali, già presenti negli istituti di pena da tre anni.

Finalità di Ermes infatti, è proprio quella di mettere i detenuti nelle migliori condizioni per inserirsi nel mondo del lavoro una volta liberi, facendo da tramite tra detenuti e imprese e organizzando percorsi formativi. Hanno presentato il progetto stamattina nella sede dell’assessorato alle Periferie del Comune di Roma, gli assessori al Lavoro del Comune e Provincia di Roma, Luigi Nieri e Gloria Malaspina, e il garante per il diritti dei detenuti del Comune di Roma, Luigi Manconi.

"Un piano innovativo, unico nel suo genere in Italia - ha detto l’assessore Nieri - che oltre a dare più possibilità di inserimento lavorativo ai detenuti, mira a ricreare in loro una certa fiducia nelle istituzioni, che questa volta entrano negli istituti per occuparsi di loro". "Questo progetto - ha aggiunto l’assessore Malaspina - coinvolge sia il carcere di Velletri che quelli di Civitavecchia, così come quelli di tutta la provincia.

Sarà differenziato a seconda delle tipologie di detenuti coinvolti. Provando a fare qualcosa per cambiare la loro esistenza, per persone che nella maggior parte dei casi non riescono neanche ad immaginare una vita dopo il carcere. Ad ogni modo non ci limiteremo a registrare domande e offerte di lavoro, ma gireremo il territorio andando ad intercettare le imprese". "Essendo insignificante il numero di detenuti che oggi svolge un lavoro che da loro prospettive una volta in libertà - ha aggiunto Manconi - questo progetto segna una possibile inversione di tendenza soprattutto per il lavoro di formazione che verrà fatto negli istituti".

 

 

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