Rassegna stampa 6 dicembre

 

Padova: un comunicato del Cappellano della casa circondariale di Padova

 

Comunicato stampa, 6 dicembre 2005

 

I detenuti è da due giorni che stanno facendo lo sciopero della fame rifiutando il cibo dell’amministrazione e molti rinunciano alla terapia dei farmaci (escluso il metadone) per richiamare l’attenzione sulla realtà di questo carcere dimenticato da tutti.

La denuncia è triplice:

la situazione di abbandono (strutturale, politica e sociale) in cui versa da anni la casa Circondariale di Padova

la situazione di sovraffollamento del carcere che supera ogni dignità e buon senso civile (è quasi triplicata la presenza rispetto alla capacità di ricezione della struttura)

sostenere e ribadire la necessità dell’amnistia e dell’indulto favorendo anche, in applicazione alle leggi dello Stato, la possibilità di poter usufruire dei benefici in alternativa alla detenzione per quelle persone che rientrano nei termini consentiti.

La sordità e l’indifferenza sulla loro situazione da parte di chi potrebbe fare qualcosa, ha portato queste persone ad intraprendere questa lotta non violenta per fare verità su una realtà di degrado strutturale e culturale che persiste da anni sotto l’incuranza generale, a danno delle persone recluse e non solo.

Ridicola è stata l’interpretazione data del tg regionale di oggi dove, oltre a mostrare le immagini dell’interno della casa di reclusione e non del circondariale (c’è un abisso di differenza), ha comunicato che la protesta era legata al cibo insufficiente e di cattivo gusto offerto dal carcere, invece che menzionare le ragioni sopra citate.

Come cappellano di questo carcere, in comunione con i detenuti e gli agenti di custodia preoccupati loro stessi di questa pietosissima situazione, ribadisco quanto sopra detto ed invito gli organi di stampa e le autorità competenti a fare qualcosa.

Roma: a 84 anni, detenuto di Regina Coeli muore all’ospedale

 

Ufficio del garante regionale dei detenuti, 6 dicembre 2006

 

Il Garante Regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni: "Quella dei detenuti anziani in carcere sta diventando un’emergenza nell’emergenza. Occorre intervenire subito individuando strutture alternative alla detenzione". Ad 84 anni recluso a Regina Coeli per un grave reato commesso anni fa (un omicidio), ha passato gli ultimi mesi in un letto del centro clinico del carcere, accudito dagli altri detenuti e dagli agenti di polizia penitenziaria, fino a quando un aggravamento delle sue condizioni lo ha portato rapidamente alla morte, all’ospedale Santo Spirito di Roma. È questa la storia di Pasquale Maravalli, 84 anni, deceduto lo scorso 4 dicembre, raccontata dal Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni. Da tempo l’anziano, con diverse patologie in atto, era costretto a scontare la propria pena in un letto del centro clinico del carcere romano.

"Ormai quella degli anziani in carcere sta diventando una vera e propria emergenza nell’emergenza", ha detto Marroni che la settimana scorsa aveva denunciato un altro caso, quello di un 85enne che a Regina Coeli sta scontando una condanna di 8 mesi per false generalità e porto abusivo di un coltello. A quanto risulta dal Garante, nel centro clinico di Regina Coeili sono ricoverati anche un detenuto tetraplegico proveniente da Avellino e un malato psichico arrestato per un reato commesso una quindicina di anni fa.

"Occorrono misure e strutture alternative alla detenzione, che mancano fuori dal carcere - ha detto Marroni - è questo a prescindere dalla gravità dei reati commessi. Il carcere non può essere la sola risposta a queste situazioni, sicuramente però è quella più facile. Ma forse occorre riflettere su quanto possa essere ancora considerato pericoloso per la società un anziano affetto da una decina di patologie e da mesi immobilizzato in un letto di un carcere". Per informazioni il garante dei detenuti Angiolo Marroni è reperibile al numero 335.7389654

Volontariato giustizia: appello per contenere i danni legge "Cirielli"

 

Comunicato Stampa, 6 dicembre 2005

 

I volontari riuniti in occasione del 38° Convegno Nazionale del Seac esprimono la loro preoccupazione per l’approvazione della legge "Cirielli". La già gravissima situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari rischia di peggiorare in maniera incontrollabile, come ha riconosciuto lo stesso Ministro Castelli. Non solo la ulteriore penalizzazione dei recidivi mette in discussione la finalità rieducativa della pena, ma un sovraffollamento in costante crescita, che si stima possa arrivare a raddoppiare in breve termine il numero dei posti letto regolamentari, mette in discussione anche l’altro principio costituzionale che vieta i trattamenti contrari al senso di umanità.

Inutile è pensare che questi effetti possano essere contenuti attraverso costosissimi e lentissimi piani di edilizia penitenziaria. In attesa quindi di una auspicabile revisione della legislazione, che ritorni allo spirito della Costituzione e della riforma penitenziaria, facciamo appello a tutte le autorità istituzionali e amministrative competenti affinché siano contenuti i danni derivanti dalla nuova normativa, anche attraverso la predisposizione di un provvedimento di clemenza lungamente atteso.

 

Paola Roselli, Addetto Stampa CNVG

cell. 3490734878

paola.roselli@fastwebnet.it

Sappe: sit-in davanti alla camera dei deputati per il 14.12.2005

 

Comunicato Stampa, 6 dicembre 2005

 

"È finito il tempo delle chiacchiere. La Polizia Penitenziaria ha bisogno di fatti concreti e la finanziaria 2006 deve garantire l’assunzione definitiva dei 500 ex agenti ausiliari, come ha promesso ai Sindacati dei Baschi Azzurri il sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali".

A dichiararlo è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che preannuncia per il 14 dicembre prossimo un sit-in dei Sindacati di categoria SAPPE, SINAPPE e FSA davanti alla Camera dei Deputati.

"Lo scorso 26 settembre" spiega Capece "l’On.le Luigi Vitali, Sottosegretario alla Giustizia, incontrò i Sindacati di Polizia Penitenziaria SAPPE, SINAPPE e FSA (per una rappresentanza complessiva di circa il 60% dei Baschi Azzurri) e sottoscrisse un accordo - a nome del Governo Berlusconi - con precisi impegni per definire in sede di stesura della Legge Finanziaria del 2006 alcune precise priorità per il Corpo. In particolare, si trattava di garantire la copertura economica utile al mantenimento in servizio dei circa 500 agenti di Polizia Penitenziaria ausiliari che prossimamente termineranno il periodo del servizio di leva, di prevedere un’integrazione ai fondi di bilancio (non inferiore ai 5 milioni di euro per lo stanziamento economico del FESI - Fondo efficienza servizi istituzionali) della Polizia Penitenziaria e di

adeguare lo stanziamento economico utile al pagamento delle missioni fuori sede del Personale di Polizia Penitenziaria e aumentare le risorse economiche destinate ai vari Capitoli di spesa dell’Amministrazione Penitenziaria.. Vitali e il Governo si impegnarono anche ad intervenire relativamente all’Ordinamento del personale del Comparto Sicurezza in materia risolutiva per superare le sperequazioni attualmente esistenti tra le dinamiche di carriera previste per la Polizia di Stato rispetto alla Polizia Penitenziaria, e nello specifico per gli Ispettori e per i Commissari."

"Ma nel testo della Manovra economica licenziata dal Senato della Repubblica" prosegue il Segretario Generale del SAPPE "non c’è nemmeno uno di questi impegni! Per denunciare questa vergogna e per sollecitare gli esponenti del Governo Berlusconi e tutti i Parlamentari di maggioranza ed opposizione a farsi parte attiva nel recepire le istanze sindacali della Polizia Penitenziaria emendando la Legge Finanziaria attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, il 14 dicembre 2005 i Sindacati di Polizia Penitenziaria SAPPE, SINAPPE e FSA (per una rappresentanza complessiva di circa il 60% dei Baschi Azzurri) presidiano con un sit-in di protesta palazzo Montecitorio. Perché la Polizia Penitenziaria ha bisogno di fatti, non di chiacchiere..."

Padova: costretti a dormire per terra, detenuti in rivolta

 

Il Gazzettino, 6 dicembre 2005

 

La rivolta è esplosa a mezzogiorno quando sono arrivati gli ultimi nuovi detenuti. I posti letto, ormai, sono finiti da un pezzo. Così, quando ieri per qualcuno dei 280 reclusi della casa circondariale di via Due Palazzi la prospettiva di trascorre la notte sul pavimento è diventata realtà, la rabbia di alcuni si è sparsa velocemente nei due piani dell’istituto. Prima c’è stato il tam tam dei pentolini sbattuti sulle inferriate, poi qualcuno ha iniziato a gettare fuori le bombolette di gas dei fornellini finché tutti si sono messi a buttare sui corridoi vestiti e lenzuola incendiati. Sono stati momenti difficili, durante i quali gli agenti della polizia penitenziaria si sono limitati a una vigilanza passiva per evitare di inasprire ulteriormente gli animi. Solo alle quattro del pomeriggio l’allarme è rientrato dopo che una delegazione di detenuti ha incontrato il direttore e il comandante delle guardie. La protesta continuerà, ma con lo sciopero della fame.

Che la situazione in via Due Palazzi sia difficile non è una novità. Sta però peggiorando. Nelle carceri del Veneto i reclusi sono complessivamente 2868 contro i 1785 posti previsti. Un dato che già indica un sovraffollamento del 60 per cento che a Padova, mettendo assieme casa circondariale e penale, arriva all’80 con 980 detenuti su 544 letti. Nella prima, però, dove transitano gli arrestati in attesa di giudizio, la popolazione carceraria è del 230 per cento in più e per il 90 per cento è composta da immigrati di nazionalità e religioni diverse. Spacciatori, ladri e clandestini che arrivano in via Due Palazzi senza soluzione di continuità.

Come possono vivere undici persone in venti metri quadrati? Come fanno a starci altre brande dove già ci sono cinque letti a castello? La situazione sanitaria viene tenuta entro i limiti della decenza dagli agenti della polizia penitenziaria e dagli altri dipendenti dell’istituto ma la struttura è sull’orlo del collasso. Anche la cucina fa grossa fatica a star dietro alle necessità di un così alto numero di reclusi. Così pure un pasto decente diventa una conquista.

E proprio all’ora del pranzo è esplosa, ieri, la rivolta nei due piani della casa circondariale. Un paio di detenuti si sono rifiutati di ricevere il vitto e hanno iniziato a sbattere contro le inferriate delle porte pentole e forchette. Ben presto sono stati imitati dagli altri e qualcuno è andato oltre cominciando ad appiccare il fuoco a indumenti e federe dei cuscini. In pochi minuti è stato l’inferno. Gli agenti della polizia penitenziaria non sono intervenuti per evitare che la situazione degenerasse e che ci potessero essere scontri. La rivolta è proseguita fino alle due del pomeriggio quando i detenuti sono stati trasferiti nel piazzale per l’ora d’aria. Una concessione avuta in cambio della promessa di aprire un dialogo. E così è stato. Una delegazione dei carcerati ha incontrato il direttore e il comandante delle guardie e ha preteso che gli organi di informazione venissero a conoscenza della protesta e dei motivi che l’hanno innescata. Alle 15 i reclusi sono tornati in cella, senza ulteriori disordini, ma hanno proseguito lo sciopero della fame. Nel frattempo, però, hanno voluto ripulire i corridoi.

 

Pegoraro (Cgil): "Questo istituto va chiuso subito"

 

"L’amministrazione penitenziaria è sola e il ministro si accorge soltanto a fine legislatura che le carceri stanno scoppiando. E questo è soltanto il preludio a quel che accadrà con l’introduzione dell’ex Cirielli". È amaro il commento di Giampietro Pegoraro, il segretario regionale del sindacato della polizia penitenziaria della Cgil. "I penitenziari sovraffollati sono un problema di tutti ma nessuno lo affronta, se non Ruzzante dei Ds e Zanella dei Verdi. La casa circondariale di via Due Palazzi deve essere chiusa. È una struttura invivibile dove nessuna norma viene rispettata". "Al Due Palazzi sembra di vivere in un paese del terzo mondo - osserva Adriano Pozzato, segretario generale dell’Fps-Cisl, sindacato delle guardie carcerarie - c’è un affollamento incredibile di detenuti. Le condizioni igienico-sanitarie delle celle sono di grave precarietà. Non addossiamo colpe alla direzione del carcere che da tempo segnala una situazione insostenibile. Le responsabilità sono politiche. Prefetti e provveditorati non possono lavarsene le mani".

Libri e giochi di pace dentro le carceri di Ravenna

 

Sestopotere, 6 dicembre 2005

 

La Provincia, in accordo con la Direzione della Casa Circondariale di Ravenna ha organizzato Lippe e non truppe, singolare mostra laboratorio di giocattoli per la pace progettati e costruiti da Roberto Papetti - coordinatore del Centro Gioco, Natura, Creatività "La Lucertola" di Ravenna - all’interno della biblioteca dell’istituto di pena domani, mercoledì 7 dicembre alle ore 10.

"Lippe e non truppe dimostra come per costruire la pace non sia sufficiente non fare la guerra" spiega Papetti. "La Pace non ha confini, non ci sono muri; si costruisce con la realizzazione di un mondo in cui finalmente il rispetto per la vita e per la dignità umana passa anche attraverso la tutela dell’ambiente. L’una cosa non può prescindere dall’altra, così come l’amore e il gioco non possono non stare insieme. La lippa è un giocattolo semplice, facile da costruire e da usare, assai intrigante e taluni dicono ispiratore di giochi di lancio e presa come il baseball americano. La lippa è il capofila di una serie di giocattoli costruiti per i bambini e con i bambini, fatti per rispetto e considerazione del loro mondo di gioco. Motivetti, pretesti, oggetti transizionali e d’affezione venuti così senza un senso preciso, fatti per gioco, usati, molti donati e alcuni messi da parte come fanno di solito i bambini per un dopo che si vedrà. Questi oggetti, tra tutte le cose che si producono e si consumano, sono quelli che passano lasciando un poco di dolcezza, che è il buono delle cose quando non sono portatrici di nefasti messaggi per il mondo".

Il 10 dicembre è la "Giornata mondiale dei Diritti Umani", in onore della Dichiarazione universale dei diritti umani sottoscritta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Nel 2005 si celebrano anche i dieci anni dalla firma della Convenzione fra la Provincia e il Ministero Giustizia per l’avviamento e il funzionamento delle biblioteche in carcere a Ravenna, Rimini e Forlì. Grazie a quell’atto è stato possibile dare un primo assetto a raccolte di libri spesso affidate solo alla disponibilità di volontari e trasformarle in un servizio organizzato, con un catalogo e una registrazione dei prestiti, con attività collaterali di promozione della lettura e con l’addestramento di detenuti per l’espletamento di mansioni bibliotecniche. Queste due importanti ricorrenze hanno ispirato la scelta della Provincia di tenere venerdì 9 dicembre 2005, presso la Sala degli stemmi della Prefettura (in piazza del Popolo a Ravenna), un convegno nazionale La biblioteca in carcere come diritto e come servizio. "Gli scopi del Convegno sono diversi - spiega l’assessore alla cultura Massimo Ricci Maccarini - anzitutto chiamare a confronto operatori e stake holders su una delle istituzioni che lo Stato ritiene essenziale per la gestione della giustizia ma sulla quale non sempre è disposto ad investire nei termini previsti dal dettato costituzionale e precisamente nell’ottica del recupero dei detenuti. Poi si tratta di valutare se e quanto la biblioteca carceraria possa concorrere al reinserimento sociale, al superamento di situazioni di deprivazione culturale, alla sconfitta delle condizioni di emarginazione che sono terreno fertile per la delinquenza e la criminalità. Infine cercheremo di entrare nello specifico delle tematiche inerenti la conduzione della biblioteca carceraria: quali libri, quali cataloghi, quali arredi, quale animazione, quale promozione della lettura, quali laboratori o momenti formativi possono coinvolgere i detenuti e farli diventare lettori desiderosi di informarsi e capaci di entrare in relazione con le tecniche di ricerca".(Sesto Potere)

Firenze: associazioni denunciano violenze in carcere, aperta indagine

 

Asca, 6 dicembre 2005

 

Accertamenti in corso nel carcere di Sollicciano a Firenze, dopo che un gruppo di associazioni di volontariato ha denunciato presunti episodi di violenza e di minacce. La Procura fiorentina, secondo quanto si apprende, ha dato il via alle verifiche su quanto denunciato, mentre un’indagine amministrativa è stata aperta dal provveditore regionale alle carceri Massimo De Pascalis. Gli episodi, secondo le associazioni, si sarebbero verificati nel periodo tra il 2 e il 17 novembre scorsi. Intanto la commissione consiliare politiche sociali di Palazzo Vecchio chiede che sulla vicenda sia fatta luce, mentre l’Arci di Firenze e l’associazione ‘Altrodirittò parlano di "pesante clima di intimidazione in cui si trovano i detenuti" e chiedono alla direzione del carcere di

"creare le condizioni perché il clima sia diverso ed i fatti denunciati possano essere accertati". Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, ricorda che "da tempo sottolineo la situazione di invivibilità delle carceri, e di quello di Sollicciano in particolare". Corleone accusa il governo per "non aver riposto con atti strutturali alle richieste di eliminare il sovraffollamento". Si tratta, afferma, di una "situazione esplosiva e non mi stupirebbe se accadessero fatti ancora più gravi". Se confermati, conclude Corleone, si tratterebbe di "episodi gravi" che "contrastano con il tentativo di imprimere una svolta alla vita del carcere, nel senso di affermare una cultura di diritti e legalità".

Pena di morte: Maryland, uccise donna davanti ai figli, giustiziato

 

Ap, 6 dicembre 2005

 

Wesley Eugene Baker, condannato a morte per l’omicidio di una donna nel 1991, è stato giustiziato ieri sera, poche ore dopo che la Corte suprema ha respinto gli ultimi tre ricorsi e il governatore del Maryland ha rifiutato di graziarlo. Baker, 47 anni, è stato ucciso con una iniezione letale in un carcere di Baltimora. È stato dichiarato morto alle 21.18 (le 3.18 di oggi in Italia), secondo il comunicato delle autorità penitenziarie.

Era stato condannato per aver ucciso Jane Tyson con una pallottola in testa, nel corso di una rapina in un centro commerciale e davanti agli occhi dei due bambini della vittima.

Baker è diventato così il quinto giustiziato del Maryland da quando è stata ripristinata la pena di morte nel 1976 negli Stati Uniti. I suoi avvocati avevano tentato di salvargli la vita sostenendo nei ricorsi che la morte per iniezione è illegale, perché è un trattamento crudele e ingiusto e avevano lamentato la discriminazione esercitata contro i non-bianchi quando si tratta di pena capitale. Fatto insolito, il cardinale William Keeler, arcivescovo di Baltimora, era andato a la settimana scorsa a visitare il carcerato per informarlo che la chiesa cattolica americana era a favore della concessione della grazia.

Brescia: Verziano fa scuola, teatro giornale e lezioni ai cani

 

Brescia Oggi, 6 dicembre 2005

 

"L’inferno e il paradiso". Così un giornalista del "Foglio" ha definito Canton Mombello e Verziano in un servizio dopo una visita dei due istituti durante l’estate. In effetti due persone per cella se le sognano i detenuti di via Spalto San Marco.

A dire il vero, però, alcune attività si svolgono in entrambe le carceri. Maria Grazia Bregoli, direttrice, illustra le iniziative nel campo della formazione che da tempo comprendono scuole di alfabetizzazione secondaria all’interno, grazie a protocolli firmati con la Provincia. Alcuni detenuti frequentano l’università di Giurisprudenza e di Scienze politiche, usufruendo di permessi per sostenere gli esami. Ma il progetto vero, ancora in itinere, è quello di portare l’università all’interno della struttura. A Verziano da poco è attivo un corso per addestrare i cani alla ricerca delle persone scomparse con la collaborazione dell’Ordine dei cavalieri di Malta. Sono già state selezionate sette persone che, una volta scontata la pena, potranno collaborare con le forze dell’ordine mettendo a disposizione l’amico cane, istruito a dovere in carcere. I corsi di teatro hanno avuto forte eco anche sulla stampa per la goia di tutte le detenute, così come i tornei di calcio. Un progetto futuro prevede con l’Uisp l’ingresso degli studenti per un vero e proprio torneo in calzoncini corti. Il giornale di Verziano "Zona 508" è la voce "autorevole" delle detenute, impegnate in una vera e propria redazione. E poi, corsi d’informatica, ginnastica e gare di scacchi.

Si fa quel che si può, ma la realtà rimane dura come testimoniano don Adriano Santus, cappellano delle carceri e madre Mirella Roda, volontaria da quasi trenta anni e per questo vincitrice del premio Bulloni solo due anni fa.

Un’esigenza elementare come "l’ora d’aria" non può essere garantita a causa dell’elevato numero di persone. Dovendo dividere italiani e extracomunitari e carcerati in isolamento, la boccata d’ossigeno giornaliera si riduce, quando va bene, ad un quarto d’ora.

Tre assistenti sociali dovrebbero garantire "la rieducazione", impresa ardua con un numero di detenuti a due zeri. Certo ci sono i volontari, ma don Adriano confessa che un cambiamento di rotta ci sarebbe solo "privilegiando le misure alternative".

L’ affettività, assente tra quattro le quattro mura, è un tema spesso rimosso, che al contrario necessiterebbe di una lunga riflessione. Forse l’istituzione del "garante dei diritti delle persone private della libertà personale" (nomina slittata lunedì scorso e in agenda per il prossimo consiglio comunale) porterà un ulteriore contributo per rimuovere dal cono d’ombra i disagi dei carcerati, spesso denunciati e condivisi dai loro controllori. Le guardie penitenziarie.

Brescia: celebrata in Duomo vecchio la festa della polizia penitenziaria

 

Brescia Oggi, 6 dicembre 2005

 

Canton Mombello e Verziano, due "mondi a parte" nella città. "Non luoghi", separati dal resto di Brescia da sbarre e spesse mura. Non è la tecnologia che marca il "dentro e fuori", sono veri e propri chiavistelli a doppia e tripla mandata, utilizzati ogni giorno dalla polizia penitenziaria. Un microcosmo dove detenuti e agenti convivono spalla a spalla in un angolo nascosto, rimosso dalla coscienza collettiva.

La popolazione delle carceri bresciane ammonta a circa 720 persone: 500 in via Spalto San Marco, con 250 unità di polizia penitenziaria, e 120 a Flero per 95 agenti. Nel penitenziario di Verziano, il "sogno" di ogni detenuto (essere trasferiti lì da Canton Mombello è considerato un premio), in questo momento ci sono anche due neonate di otto e sei mesi.

È la fotografia dei penitenziari diretti da Maria Grazia Bregoli, presente con le maggiori autorità dell’amministrazione penitenziaria e molti rappresentanti della Loggia e del Tribunale di sorveglianza alla solenne messa celebrata in duomo vecchio da monsignor Francesco Beschi in occasione della Festa della polizia penitenziaria.

Il vescovo ausiliare durante l’omelia ha richiamato la figura di San Basilide Martire, patrono delle guardie carcerarie, per ricordare il delicato compito di chi presidia ogni giorno "un mondo dimenticato". Un lavoro che si arricchisce di motivazioni umane piene di speranza. Un’attività difficile che risponde nel concreto alla lezione evangelica "Ero in carcere e mi siete venuti a cercare".

La professionalità è alleata di questi uomini e donne dotati di senso del dovere, ma nello stesso tempo di grande umanità, requisiti imprescindibili per relazionarsi con chi è alle prese con un percorso di rieducazione "alla ricerca del senso morale della vita".

Anche la direttrice Maria Bregoli ha sottolineato l’orizzonte di questo lavoro, inquadrato per forza nei confini più ampi dei diritti umani. Sono gli agenti i primi a dover garantire un’esecuzione della pena all’insegna del rispetto della dignità della persona. Senza contare che, negli ultimi anni, carcere significa anche incontro tra culture diverse. L’accoglienza del "diverso" presuppone uno sforzo altamente specializzato da parte della polizia penitenziaria, che con le tutte le istituzioni concorre alla costruzione di una convivenza democratica.

Il concetto parrebbe una contraddizione lessicale, riferito alla vita tra le mura. Eppure a Canton Mombello la presenza di extracomunitari, in alcuni periodi, raggiunge picchi del 60 o 70 per cento. Stranieri e italiani, di religioni diverse, con usi e costumi differenti: non è facile in centro storico, figurarsi quando si è costretti a vivere in dieci in una cella di pochi metri quadrati.

E poi c’è da risolvere il problema "comunicazione", non secondario quando i detenuti non capiscono quali regole osservare perché non comprendono la lingua di chi le spiega. Comunque adesso la situazione è molto migliorata in termini di integrazione, se si considera che i musulmani riescono addirittura a rispettare i dettami del Ramadan, grazie alla disponibilità dell’organizzazione carceraria.

Rimane invece preoccupante la carenza d’organico: "È indispensabile ampliare il personale di almeno 50 unità", ha denunciato il comandante del carcere cittadino, Pietro Pili. Il sovraffollamento e l’insufficiente numero di guardie non permettono di garantire una pena a "misura di persona", perché gli agenti non possono dividersi tra tutte le attività che dovrebbero gestire e sorvegliare.

La festa della polizia penitenziaria è un po' anche il giorno dei carcerati in quanto, seppur per motivi diversi, condividono lo stesso inferno. Perché lì, tra i raggi di Canton Mombello e Verziano, guardie e detenuti si guardano negli occhi.

Lombardia: anche i penalisti contro la ex Cirielli

 

Brescia Oggi, 6 dicembre 2005

 

Una legge a doppio binario con alcuni imputati più "colpevoli" di altri e alcuni reati più puniti di altri; una legge che non rispetta il principio di uguaglianza di tutti i cittadini. In sostanza il legislatore cala il pugno di ferro su chi è recidivo, ma punendo essenzialmente solo i reati di piccolo cabotaggio: tolleranza zero per chi ruba più di due volte, o per chi si dedica al piccolo spaccio. Insomma, una legge "liberticida e forcaiola" che non farà altro che riempire le prigioni già in una situazione di sovraffollamento insostenibile. È questa, in estrema sintesi, la lettura che il direttivo della Camera penale della Lombardia orientale, sezione di Brescia, fa della legge ex Cirielli, approvata lunedì scorso in Senato e ora in attesa di essere promulgata dal Presidente della Repubblica, di essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e di entrare in vigore (il giorno successivo).

Il direttivo della sezione di Brescia, per voce del presidente Giorgio Gallico e dei membri Stefania Amato, Eustacchio Porreca e Federica Viola, prende posizione contro una normativa considerata ingiusta.

La legge ex Cirielli incide su due fronti, sulla prescrizione e sulla rimodulazione delle modalità di definizione e di applicazione della pena. Per quanto riguarda il primo fronte il direttivo della camera penale della sezione di Brescia non ha nulla da obiettare. "Sul fronte della prescrizione - fa sintesi il presidente Gallico - non c’è alcuna preoccupazione da parte nostra, perché non è vero che i termini di prescrizione sono diminuiti. Non è una sorta di aministia mascherata". Anche se c’è il rischio, come evidenziato dai penalisti, che due persone che commettono lo stesso reati, lo stesso giorno, possano in un caso arrivare al processo e nell’altro, per diverse vicissitudini processuali, arrivare non arrivare al processo e il reato essere prescritto.

Quello preoccupante per il direttivo della sezione di Brescia della Camera penale è che con la ex Cirielli si costituisca un doppio regime per tipologia di reato e per tipologia di autore.

"La legge introduce delle rigidità incredibili - ha precisato Gallico - nel caso ci si trovi in presenza di un imputato recidivo". "In caso di recidiva - precisa ulteriormente l’avvocato Porreca - vi è il divieto di applicare le attenuanti generiche". In sostanza non si potrà più tenere conto della "storia" dell’imputato che ci si trova a giudicare, ma la tolleranza zero andrà applicata sia con il plurirapinatore, che con il ladro di polli.

Un altro aspetto gravissimo introdotto dalle ex Cirielli, secondo i penalisti, è la vanificazione della legge Gozzini. "Il sistema delineato dalla legge Gozzini - prosegue Gallico - il cui bilancio a trent’anni dalla sua entrata in vigore, non può che essere decisamente positivo, non potrà più essere applicato in presenza di recidiva". Misure alternative alla detenzione, permessi, assegnazione al lavoro esterno, previsti alla Gozzini e assegnati dopo uno studio attento caso per caso, non saranno più applicabili ai recidivi. "Con il risultato che anche condanne irrisorie di due, tre mesi - ha precisato Stefania Amato - a distanza di anni dal reato non potranno essere scontate in modo alternativo alla pena in carcere".

La conseguenza dell’applicazione della legge, secondo il presidente Gallico, sarà l’aumento spaventoso dei detenuti. Per il 2006 sono stati ipotizzati almeno 20.000 nuovi ingressi nelle carceri italiane. Ventimila nuovi ingressi in prigioni che già scoppiano. "Per paradosso - spiega Gallico - la ex Cirielli potrebbe essere l’anticamera di un’amnistia, perché le carceri italiane non sono pronte per assimilare un’accelerazione di questo tipo".

Per la sezione bresciana del direttivo della Camera penale della Lombardia orientale il giudizio finale sulla ex Cirielli "è assolutamente negativo: è uno sfregio al principio di uguaglianza di tutti i cittadini". "La ex Cirielli - conclude il presidente del direttivo della camera penale della Lombardia non è la risposta giusta per reprimere la microcriminalità". I penalisti sono pronti a sollevare, nei casi in cui si presenterà, la questione di legittimità costituzionale fondata sull’articolo 27 della Costituzione: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Un principio che la ex Cirielli per alcuni imputati pare non prendere in considerazione.

Tolmezzo: lavoro in carcere, bilancio di 5 anni

 

Il Gazzettino, 6 dicembre 2005

 

Tolmezzo. In carcere si lavora, si studia e soprattutto si prova a costruire il futuro. Da diversi anni la direzione del carcere di Tolmezzo promuove, con la collaborazione dello Ial, una serie di attività formative con il duplice obiettivo di favorire la professionalizzazione dei detenuti e, più in generale, di aumentare la familiarità con il significato del lavoro. È assolutamente importante, infatti, che i detenuti mantengano, anche durante il periodo della detenzione, il ritmo e le conoscenze tecniche del mondo esterno affinché, una volta usciti, non incontrino eccessive difficoltà per un loro reinserimento sociale. Per la progettazione e realizzazione di questi corsi di formazione, finanziati dal Fondo sociale europeo e dalla Regione, la direzione del carcere di avvale della collaborazione dello Ial e della collaborazione di vari enti locali, come il Comune e la Comunità montana.

Questa collaborazione - spiegano i responsabili dell’ente formativo - negli ultimi cinque anni ha permesso di realizzare complessivamente 26 progetti formativi, che hanno coinvolto 381 detenuti, di cui ben il 71,4% ha concluso il percorso, conseguendo l’attestato di frequenza o di qualifica previsto. In particolare - aggiungono, evidenziando i dati incoraggianti - nell’anno formativo 2004-2005 sono stati realizzati quattro corsi per complessive 1420 ore a cui hanno partecipato 51 detenuti (circa il 20% dei detenuti). Progettazione cad, ristorazione, lavorazione del legno e gestione dei sevizi di segreteria: questi i lavori imparati. Nel nuovo anno formativo sono già stati avviati tre progetti approvati e finanziati dal Fondo sociale europeo per complessive 900 ore ed è in fase di avvio un progetto finanziato dal Piano regionale di formazione professionale per un corso di qualificazione abbreviata per "Addetti ai sevizi di cucina e pasticceria" di 520 ore.

Brescia: i volontari; più misure alternative per il recupero

 

Giornale di Brescia, 6 dicembre 2005

 

Una realtà di sofferenza e di disagio, caratterizzata dal notevole sovraffollamento. Problematiche che si trovano a vivere non solo i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria, ma anche i numerosi volontari che fan capo all’associazione "Carcere e territorio". "La pena deve esser sempre più "sul territorio" - spiega il presidente, il professor Carlo Alberto Romano -. L’articolo 27 della Costituzione, che noi prendiamo come punto di riferimento, parla di pena e non di carcere. Alcuni degli aspetti più negativi potrebbero essere eliminati con una maggiore esecuzione penale esterna, servendosi di pene alternative, di maggiore utilità. I detenuti potrebbero operare in organizzazioni di volontariato per riparare al danno che col loro reato hanno prodotto". Dell’importanza delle misure alternative al carcere è fermamente convinto anche il cappellano don Adriano Santus: "I giudici devono convincersi - precisa - che qualsiasi misura alternativa è più efficace di una detenzione in un carcere che versa in queste condizioni: con detenuti costretti a fare i turni per sedersi attorno al tavolo, con letti a castello a quattro piani, ore d’aria ridotte a pochi minuti". Una vita innaturale, è stato evidenziato, "che fa sì che la recidiva sia altissima" come ha sottolineato invece suor Marisa, che dal 1976 presta la sua assistenza in carcere a detenute e detenuti, e che gestisce da quest’anno una delle case allestite dall’associazione Carcere e Territorio nell’ambito del progetto "Housing sociale". Progetto che garantisce 49 posti letto ai soggetti che devono scontare pene in stato di semilibertà o affidamento, ma che di fatto non dispongono di un’abitazione. "Con un carcere meno affollato - conclude il professor Carlo Alberto Romano - chi dovrà scontare le pene in carcere avrà condizioni sicuramente più dignitose. La comunità va guidata verso queste soluzioni, perché è stato accertato che l’esecuzione penale esterna abbassa la recidiva. Anche la cultura e la scolarizzazione sono strumenti fondamentali".

Caserta: la squadra del carcere sempre in testa

 

Il Mattino, 6 dicembre 2005

 

Il Carcere Militare come un bulldozer che schiaccia tutti gi avversari che incontra sul cammino del campionato di terza categoria. Dopo la larga vittoria per 5-0 con la compagine casertana del Don Rua, la squadra allenata da Riggio ha raggiunto il vertice della classifica in condominio con la Boys Curti, approfittando anche del pareggio dell’Acquaviva e della sconfitta del Villa di Briano. Sugli scudi il caporalmaggiore D’Alessandro,che con la tripletta messa a segno guida a quota 10 la classifica dei marcatori del girone. Due primati,quindi, per il team biancoceleste del presidente Antonio Del Monaco, direttore della casa di pena militare sammaritana.

San Gimignano: diffondere "Idee Libere", il giornale del carcere

 

Redattore Sociale, 6 dicembre 2005

 

Idee Libere insieme. Sarà firmata nelle prossime settimane una convenzione tra la testata "Idee Libere", periodico della casa di reclusione "Ranza" di San Gimignano (Siena) e la facoltà di Scienze di Comunicazione dell’Università di Siena. L’annuncio è stato dato nel corso del convegno "La stampa nel carcere. Per continuare..." che si è svolto a San Gimignano lo scorso 25 novembre. "L’obiettivo dell’accordo è cercare di avviare una collaborazione ed uno scambio culturale - spiega Senio Sensi, direttore responsabile di Idee Libere - che spero e penso possa essere vantaggioso sia per gli studenti che per i detenuti. Gli studenti infatti avranno l’opportunità di accedere alla realtà del carcere e di scrivere sul periodico".

Durante il convegno "abbiamo affrontato il discorso sul periodico e sull’importanza delle iniziative di comunicazione in carcere - aggiunge Sensi -. L’iniziativa è stata un successo perché ha visto partecipare realtà e forze diverse unite da un interesse comune, dalla voglia di collaborare ed allargare i temi del mondo carcerario. Erano presenti infatti non solo i volontari e parte dei detenuti, ma anche i docenti, rappresentanti degli studenti, gli educatori dell’area trattamentale, il direttore e un rappresentante degli agenti di custodia". Il riferimento per la redazione di Idee Libere è il Circolo Culturale Tozzi c/o Carroccio, Via di Città, 25 - 53100 Siena.

Milano: nelle carceri lombarde 26 nuovi educatori professionali

 

Redattore Sociale, 6 dicembre 2005

 

Seguire maggiormente i detenuti. È l’obiettivo che si pone una recente delibera della Giunta regionale della Lombardia, la cui approvazione è stata comunicata il 3 dicembre scorso, che stabilisce l’adozione di 26 nuovi educatori professionali nelle carceri lombarde. Le nuove figure, che si aggiungeranno ai 53 già attivi nelle 14 carceri della regione, svolgeranno attività di informazione e di orientamento per aiutare i detenuti a reinserirsi nella società. Oltre a realizzare interventi di osservazione e di trattamento individualizzato, saranno impegnati in attività di collegamento tra i servizi interni e quelli esterni al carcere per facilitare il percorso di integrazione e reinserimento dei detenuti. La delibera sarà attuata dal sottosegretario ai Diritti del cittadino e Pari opportunità Antonella Maiolo.

Il progetto, di durata triennale, prevede il coinvolgimento di enti locali ed associazioni del Terzo settore. Per il primo anno di realizzazione la Regione ha stanziato 600.000 euro. I fondi verranno assegnati ai Comuni o alle Province in cui ha sede l’istituto penitenziario, che provvederanno a stipulare un accordo di collaborazione con il carcere e le realtà di Terzo settore. Gli educatori verranno destinati agli istituti in proporzione al numero dei detenuti presenti: 3 lavoreranno a Milano-San Vittore, 6 a Milano-Opera, 4 a Milano-Bollate, 2 a Monza, 1 a Bergamo, 2 a Brescia, 1 a Como, 2 a Busto Arsizio, 1 a Pavia, 1 a Vigevano, 1 a Cremona, 1 a Voghera, 1 a Mantova. I prescelti verranno sottoposti ad appositi corsi di formazione.

La Regione affronterà i problemi del carcere anche in occasione del workshop "Riflessioni a partire dal progetto la presa in carico dell’autolesionismo tra intervento psicologico e lavoro di rete", in programma lunedì 12 dicembre dalle 10 alle 14 presso la Sala Gonfalone del Palazzo Pirelli a Milano. Il dibattito verterà sulla mortalità per suicidio che, "in Italia come nel mondo, è molto più alta in carcere che nella popolazione normale". Secondo gli organizzatori, alcune valutazioni effettuate di recente nella nostra realtà nazionale considerano il rischio di morire per suicidio dei detenuti circa diciannove volte più elevato che nella popolazione in generale. Nel 2003 nel nostro Paese si sono verificati 65 suicidi in carcere: il 92,1% di questi casi si è verificato in istituti affollati, il 61,9% ha riguardato persone recluse da meno di un anno e il 17,2% si è verificato durante la prima settimana di reclusione (fonte: Guida per l’informazione sociale dell’agenzia Redattore sociale, edizione 2006; ndr).

Dal 2002 la Regione Lombardia ha inaugurato presso il carcere di San Vittore il progetto "La presa in carico dell’autolesionismo tra intervento psicologico e lavori di rete". L’iniziativa, volta a "tutelare la salute psicofisica dei detenuti più fragili all’impatto carcerario ed esposti a rischio di autolesionismo e suicidario, attraverso l’azione strutturata di esperti psicologici/criminologi e la promozione di interventi interprofessionali", è stata poi estesa ad altre carceri della regione (Pavia, Milano-Opera e più di recente a Busto Arsizio, Bergamo, Como e Monza). L’obiettivo del progetto era porre attenzione al disagio psichico generato dalle condizioni detentive, realizzando un percorso di mobilitazione e coordinamento di enti e servizi interni ed esterni agli istituti, per definire e permettere il realizzarsi di un programma riabilitativo e individualizzato. All’incontro parteciperanno Antonella Maiolo, presidente per i Diritti del Cittadino e Pari Opportunità; Luigi Pagano, provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria; Maria Grazia Zanaboni, presidente dell’associazione L’amico Charly, lo psicologo Gustavo Pietropolli Charmet, il direttore sanitario della casa circondariale di Monza, Francesco Bertè, e don Antonio Mazzi della fondazione Exodus.

Droghe: l’attacco del governo; nuova legge e tolleranza zero

 

La Provincia di Sondrio, 6 dicembre 2005

 

Tolleranza zero riguardo a tutte le sostanze stupefacenti, senza distinzione tra droghe leggere e pesanti; necessità di approvare lo stralcio del ddl Fini entro la fine della legislatura: sono stati questi i leit motiv dei ministri giunti a Palermo per la quarta Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze, nonché del presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, che della "tolleranza zero sulla cocaina" vuole fare addirittura lo slogan dell’evento. Ma questa prima giornata della Conferenza, contestata dalle opposizioni e da molti operatori del settore, è stata segnata anche dalle polemiche tra esponenti delle comunità terapeutiche. La Conferenza si è aperta con l’appello di Carlo Giovanardi, ministro con la delega alle politiche antidroga, a tutti i soggetti, pubblici e privati, a dare una "risposta condivisa" al problema drammatico della forte diffusione della droga. "Non vogliamo mandare i consumatori in cella - ha chiarito - se le tabelle che fissano il massimo di sostanza permessa sono sbagliate siamo pronti a correggerle". Particolarmente incisivo l’intervento del presidente della Camera, che ha esortato alla "tolleranza zero" nei confronti del consumo di cocaina; una tolleranza zero che, ha sottolineato, si deve rivolgere "ai quartieri alti come ai quartieri bassi": "quando chi sta nei quartieri alti dà cattivi esempi - ha detto - come si può pensare che chi sta nei quartieri bassi rimanga insensibile?". Casini ha respinto qualunque "ipotesi di distinzione tra droghe pesanti e leggere", una "differenziazione ingannevole e pericolosa, così come è inaccettabile rassegnarsi alla logica delle minime quantità e della legalizzazione". Il ministro della giustizia, Roberto Castelli, ha invece lanciato l’allarme sull’aumento di detenuti tossicodipendenti in carcere. L’ex Cirielli approvata dal Parlamento, che prevede pene molto più severe per i recidivi, ha detto Castelli, "porterà grossi problemi, legati all’aumento dei tossicodipendenti nelle carceri". Anche perché "il Parlamento - ha sottolineato - si è dimenticato di darmi le risorse finanziarie per risolvere questo problema". Castelli ha quindi ricordato ai giovani che "la conclusione del tunnel della droga è il carcere, la disperazione. Nelle nostre carceri abbiamo già più di sessantamila detenuti, quasi un quarto sono tossicodipendenti. Inoltre nel 2004, 1.032 minorenni sono passati nei nostri istituti. Si tratta di un numero in aumento". Il ministro per gli affari regionali, Enrico La Loggia, ha insistito dal canto suo sulla necessità di approvare al più presto il ddl sulle tossicodipendenze: "Dobbiamo agire - conclude La Loggia - e non continuare solo con i buoni propositi. Questo governo vuole dare delle risposte forti a problemi gravi come quello della droga, che non é solo consumo, ma anche riciclaggio di denaro sporco e mafia". E il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, a sua volta, ha detto che "bisogna approfittare del fatto che molti governi vogliano sedersi a un tavolo per attenuare le differenze legislative in materia di droga e per promuovere la cooperazione internazionale e investigazioni che coinvolgano le forze dell’ordine dei vari paesi. Questa conferenza è un’occasione per tutti". Intanto, la "galassia" di forze politiche, sindacati, operatori del pubblico e del privato sociale, associazioni che hanno deciso di disertare la Conferenza nazionale, e il cui comportamento è stato stigmatizzato dai ministri e dal presidente della Camera, ha organizzato una serie di contromanifestazioni, oggi e domani a Palermo, mercoledì 7 dicembre a Roma, per illustrare "l’altra faccia" dell’approccio al problema delle tossicodipendenze.

Minori: è assurdo, ma il carcere può aiutare questi ragazzi

Intervista a Pierluigi Triulzio, psicologo e psicoterapeuta

 

La Provincia di Sondrio, 6 dicembre 2005

 

"L’utilizzo della cocaina ha ormai preso il posto dell’eroina tra i giovani. Anche una maggiore repressione, ovvero il carcere, per assurdo, può essere un aiuto per questi ragazzi". È il pensiero di Pierluigi Triulzio, psicologo e psicoterapeuta, consulente della Comunità Arca di Como. Proprio l’aiuto delle comunità terapeutiche e la "tolleranza zero" sono le strade da seguire per cercare di fermare un fenomeno in crescita. Un fenomeno che arriva sempre quando c’è già una "rovina in corso". Professor Triulzio, nel primo giorno della Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze si è parlato dell’incremento dell’uso della cocaina tra i giovani. Si può dire che consumarla stia diventando una "moda"?

Può essere, come può esserlo anche per l’alcool: più che una moda, però la definirei identificazione di gruppo, che avviene in diversi ambienti, perché la cocaina è diventata una sorta di facilitatore psicologico e di conseguenza largamente usato.

Quale potrebbe essere un punto di partenza per prevenire la diffusione?

Direi che la strategia più efficace è nella cura dei rapporti interpersonali. La droga è sempre infatti una ciliegina avariata finale, che solitamente arriva quando c’è una rovina in corso, quando la frittata è già stata fatta. È il risultato finale di una serie di rapporti malati. Un modo per incanalare uno stato di sofferenza mista a risentimento.

Lo stralcio del disegno di legge Fini prevede una sorta di "tolleranza zero" nei confronti del fenomeno droga. In questo senso una maggiore repressione può servire a chi fa uso di sostanze? Secondo la mia esperienza direi di sì, è brutto dirlo, ma molti ragazzi trovano nel carcere un vantaggio, perché si fermano. Di solito le famiglie e loro stessi non riescono a dare uno stop a questi giovani. In questo senso il carcere può servire, per assurdo può essere un aiuto. La terapia in comunità resta un rimedio efficace? Sì, se il soggetto ha intenzioni serie può trovare un punto d’appoggio importante dal punto di vista sociale. Un appoggio per fermarsi nella condotta patologica e trovare l’opportunità di ripensare al loro passato.

Droghe: Comunità in rivolta; la legge Fini è solo repressione

 

La Provincia di Sondrio, 6 dicembre 2005

 

L’avvio ieri a Palermo della Conferenza governativa sulla droga ha arroventato il dibattito su questo tema. Associazioni e politici hanno colto l’occasione per ribadire la propria contrarietà alle politiche del governo e la sonora bocciatura del ddl Fini giacente in Parlamento. In rivolta poi le comunità che accusano Roma di non avere ancora definito una efficace politica contro le sostanze stupefacenti. L’appuntamento siciliano, disertato da parecchi operatori del settore, viene considerato una "ennesima, vergognosa farsa elettoralistica" dalla diessina Livia Turco che ritiene "inesistente" la proposta della maggioranza: "C’è soltanto - osserva - il manifesto ideologico di Fini che ha fatto da copertura a una legge, così orribile, a cui neppure il centrodestra crede tant’è che, per fortuna, è rimasta ferma in Parlamento". E di "farsa" parla anche Gigi Malabarba, capogruppo di Prc al Senato. "Quella conferenza - dice - è l’espressione della parte più reazionaria di una maggioranza alla ricerca disperata di voti tra gli strati più conservatori della società". Paolo Cento è convinto che il boicottaggio da parte di associazioni e operatori della Conferenza palermitana sia "un atto di civiltà". "Occorre dare il via - afferma il parlamentare dei Verdi - a una stagione di sperimentazione anti proibizionistica con l’amnistia e la depenalizzazione dei reati connessi al consumo di droga, concentrando sforzi delle forze dell’ordine a capacità investigativa dei magistrati contro il mercato clandestino di stupefacenti". "Sarebbe agghiacciante - aggiunge il collega Bulgarelli - se il ddl Fini divenisse legge dello Stato. Secondo Ugo Intini, presidente dei deputati della Rosa nel pugno, "mettere in galera i tossicodipendenti non risolve il problema, come l’esperienza ha dimostrato, ma contribuisce semplicemente a rendere il nostro sistema carcerario un ghetto per emarginati". "Altro che tridente, queste - dichiara il senatore della Margherita Mario Cavallaro, primo firmatario del ddl dell’Unione sulle tossicodipendenze - sono le tre truffe del centrodestra: legge elettorale, aborto e tossicodipendenza". Critici anche i Giovani comunisti che invitano il governo, tanto per cominciare, a mettere in soffitta la legge Fini. E pollice verso pure da parte delle associazioni studentesche (Udu e Uds) che per oggi hanno organizzato una manifestazione a Palermo contro il proibizionismo e la mafia. I Radicali Italiani puntano l’indice contro la "demagogia" del ministro Giovanardi e fanno notare che se la legge Fini fosse già in vigore Lapo Elkann sarebbe stato accusato di spaccio e rischierebbe una pena fra 1 e 6 anni di carcere. Durissima anche la reazione dell’associazione Antigone che a Palermo vede solo "chiacchiere e tanta repressione". "Come se non bastasse la legge Cirielli che chiude le porte di uscita dal carcere ai tossicodipendenti - afferma il presidente Patrizio Gonnella - ora arriva anche l’accanimento terapeutico con il disegno di legge stralcio sulle droghe". E don Albanesi della comunità di Capodarco aggiunge che "insistere sulla repressione è una scelta falsa e comoda" e accende i riflettori sulla mancanza in Italia di una politica giovanile. Respinge le critiche il responsabile di An per le politiche della famiglia Riccardo Pedrizzi per il quale "chi è contro la legge Fini è a favore degli spacciatori". "Dobbiamo batterci - aggiunge - perché il Parlamento l’approvi entro la fine della legislatura". Perché "questa proposta - spiega il collega di partito Maurizio Gasparri - favorisce le azioni di recupero, legittima il ruolo delle comunità terapeutiche e del volontariato e combatte con fermezza lo spaccio delle sostanze stupefacenti".

Padova: Tam Teatro alle Maddalene; De generazioni festival

 

Comunicato stampa, 6 dicembre 2005

 

Anche per questa quinta edizione gli intenti del festival de generazioni non cambiano: rimangono fissi la stessa volontà di commistione di provenienze diverse degli scorsi anni, lo stesso proposito di dare spazio agli esiti più insoliti e meno conosciuti della ricerca teatrale, lo stesso sogno di vedere realizzata, per quattro intense giornate, una sincera multiculturalità. Culture multiformi, e più che mai eterogenee non solo nei differenti linguaggi espressivi ma soprattutto nei protagonisti, testimoni di luoghi e pensieri diversi tra loro.

 

giovedì 8 dicembre, ore 18.00

 

TEATRO CARCERE

come uomini-ulisse

uno spettacolo con i detenuti del Due Palazzi

I parte

Il carcere come un porto. I marinai del Due Palazzi hanno esperienza, sanno del mare attraversato con mezzi inadeguati, la fame e la sete. Come Ulisse sentono a naso il mare che diventa grosso, la tempesta che ti fa arrivare acqua dall’alto e dal basso. Che in mare nessuno ti aiuta.

A seguire

Video-frammenti degli spettacoli (1994-2004)

Una raccolta di estratti dei lavori più significativi che ha come protagonisti i detenuti del carcere Due Palazzi.

ore 21.00

TEATRO DISUMANO

the last dance 2.0

balletto drammatico in quattro atti per marionetta negativa

Condizione di marionetta come metafora dell’uomo dominato dal sistema. L’azione performativa è sostenuta dall’intreccio dei linguaggi differenti della colonna sonora e da una colonna visiva che scandisce lo sviluppo simbolico dei quattro atti.

 

venerdì 9 dicembre, ore 18.00

 

TEATRO CARCERE

come uomini-ulisse

uno spettacolo con i detenuti del Due Palazzi

II parte

A seguire

Video-frammenti degli spettacoli (1994-2004)

ore 21.00

BOXER TEATRO/andrea pennacchi

omero non piange mai

racconti dall’Iliade

Mio padre è tornato senza racconti dalla sua guerra.... Diceva che non aveva niente di epico la sua storia, solo brandelli, ricordi di fame, paura, il campo di concentramento. È per questo che mi ha regalato l’Iliade: per calmare la mia fame di storie...

Ed è così che ho scoperto la bellezza dell’Iliade: i suoi protagonisti, tutt’altro che piatte figurine epiche, esseri umani che proteggono pochi preziosi attimi di vita dall’uragano della guerra.

 

sabato 10 dicembre, ore 18.00

 

LA PICCIONAIA/ mirko artuso

romeo e giulietta

Lo spettacolo rappresenta un’ulteriore tappa del progetto H&T progetti teatrali tra disagio e sociale.

La morte della giovinezza come cuore della vicenda. La soppressione dei giovani in quanto giovani. Soppressione che tutti piangono, perché tutti sono stati ragazzi...

ore 21.00

OIKOS/cinzia zanellato

viaggiatori leggeri

dalle suggestioni de Le città invisibili di Italo Calvino

Quale mistero attraversa lo spazio fra cielo e terra? Che relazione c’è tra le proporzioni universali e le costruzioni terrene?

E noi umani qui, con i piedi per terra, la testa per aria e, perché no, il cuore leggero occupiamo questo spazio verticale, inventiamo strani equilibrismi per percorrere le strade che ci spettano...

 

domenica 11 dicembre, ore 18.00

 

SOCìETAS RAFFAELLO SANZIO

 

ballo individuale in circostanze costrette

Abbiamo avuto bisogno di restituire alla materia il suo senso, conferendole una forma. Il materialismo espressivo si basa sulla fiducia nella materia e nel movimento; sulla conseguente e accidentale fase di collisione dei corpi, origine di ogni relazione.

Il ballo individuale in circostanze costrette rappresenta il movimento che ognuno compie singolarmente; l’incontro accidentale; l’origine di una relazione.

Luogo: Teatro Maddalene

Via S. Giovanni da Verdara, 40

Padova - Italia

Orario: ore 21.00, eccetto quando indicato diversamente

Prenotazioni: T. 049 654669 - 049 656692

È consigliata la prenotazione. I biglietti vanno ritirati 20 minuti prima dell’inizio.

Biglietti:

per gli spettacoli interi 10,00 euro, ridotti 6,00 euro

incontri ingresso gratuito

info@tamteatromusica.it

www.tamteatromusica.it

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