Rassegna stampa 5 dicembre

 

Organico carente nelle carceri. Latina è «terza» nella Regione

 

Il Tempo, 5 dicembre 2005

 

LATINA — Si parla spesso del sovraffollamento di detenuti nelle carceri e forse poco delle carenze nell’organico di agenti penitenziari. Eppure stando agli ultimi dati, emergono problemi non indifferenti per lo scarso numero di uomini (assistenti ed agenti) impiegati presso le case circondariali. Latina in questo versante non se la passa proprio bene. Secondo l’Interpello nazionale che verrà presentato il prossimo 10 gennaio 2006, nel carcere di via Aspromonte sono richiesti almeno altri 29 agenti per poter raggiungere l’autosufficienza. Un dato che nel Lazio equivale alla terza piazza, dietro Viterbo (emergenza più assoluta con 124 poliziotti da reperire) e Civitavecchia (-50). Nella Regione appaiono relativamente più tranquille le realtà di Velletri (-11), Roma Rebibbia (-9) e Cassino (-1). Forti carenze si registrano anche nel Nord Italia, con picchi enormi su Aosta (chiesta l’integrazione di 65 agenti) e Alessandria (-51). Si collocano su livelli «latinensi» le città umbre Spoleto e Terni, mentre un pò meglio vanno le cose nelle carceri abbruzzesi, dove la situaizone peggiore è quella di Sulmona (mancano 19 agenti). Quanto all’affollamento delle strutture carcerarie va aggiunto che in 15 istituti la percentuale è del 200%, cioè per ogni posto disponibile ci sono due detenuti. Latina rientra fra le situazioni più critiche con il 208%. Il sindacato di polizia penitenziaria protesta per i disagi cui deve far fronte. In una breve nota il Sappe ha duramente criticato la Giunta Marrazzo per «la penalizzazione subita in tema di finanziamenti». Il vice segretario regionale del Sappe ricorda come «la precedente amministrazione aveva stanziato circa 200.000 euro per l’assistenza psicologica degli operatori della polizia penitenziari, da realizzarsi in convenzione con l’Asl. La delibera di Giunta, risalente allo scorso mese di settembre, ha annullato i fondi previsti ed il corpo di polizia penitenziaria non potrà beneficiare di un impartante riconoscimento per l’attività quotidianamente svolta».

 

 

Nel carcere di Velletri partono i corsi di Yoga patrocinati dal Garante regionale dei diritti dei detenuti. 
"Anche proposte come queste possono essere una strada per realizzare il principio costituzionale del recupero sociale"

 

Redattore Sociale, 5 dicembre 2005

 

ROMA - Un tentativo finalizzato al recupero civile, psicologico e, in senso più lato, “spirituale” dei detenuti attraverso la pratica della tecnica di meditazione yoga chiamata Sahaja Yoga. E' questo il senso dei corsi che sono stati avviati all'interno del carcere di Velletri con il patrocinio del Garante per i diritti dei detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni.
”Il periodo di tempo più o meno lungo - ha detto il garante - che ogni detenuto passa in carcere costituisce purtroppo essenzialmente un momento solo espiativo, spesso controproducente. Ciò anche per la carenza, all'interno delle carceri, di strumenti adeguati che consentano ai reclusi di trasformare la detenzione in un'occasione per vivere, acquisire o recuperare valori interiori e condivisi che possano costituire base per un vero reinserimento sociale rispetto al quale l'esperienza del carcere non sia d'ostacolo”.
Il corso di Sahaja Yoga nel carcere di Velletri durerà circa un anno e sarà condotto da volontari aderenti all'associazione "Vishwa Nirmala Dharma- Sahaja Yoga", iscritta nel registro nazionale delle associazioni di promozione sociale e che da anni svolge attività di volontariato sociale sul territorio nazionale.
”Noi riteniamo che - ha aggiunto il Garante - ove il detenuto possa sperimentare ed acquisire uno stato interiore di armonia, serenità, pace interiore ed una consapevolezza più profonda di sé stesso, anche il reinserimento nella vita sociale possa avvenire con più successo. Naturalmente essendo Sahaja Yoga una tecnica non coercitiva, determinante per il suo esito positivo è la piena e libera partecipazione e collaborazione del detenuto ai metodi di meditazione ed autocoscienza che gli verranno proposti”.

 

 

Ex Cirielli: Castelli, fanziaria dia risorse per carceri

 

La Repubblica it, 5 dicembre 2005

 

"Il Parlamento ha approvato la ex Cirielli che prevede pene molto piu' severe per i recidivi ma si e' dimenticato il problema fondamentale: non mi ha dato le risorse per provvedere al maggiore afflusso di persone in carcere, conseguenza di questa legge. Siamo in sede di Finanziaria e spero si rimedi". Lo ha detto il ministro alla Gistizia Roberto Castelli, nel corso del suo intervento alla quarta Conferenza nazionale sulla droga a Palermo.

 

 

Foggia: «Vi racconto i sogni di noi carcerati»
La lettera. Reinserimento difficile

 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 5 dicembre 2005

 

Sui problemi del carcere di Foggia riceviamo la lettera di un detenuto che si firma in maniera emblematica Libero Dentro. «Sono il solito assiduo lettore che leggendo la cronaca di Capitanata ha deciso di scrivere in merito all'articolo sulla festa della polizia penitenziaria che riguardava anche le problematiche di noi detenuti. L'argomento da sempre è tema di discussione di qualche parlamentare che tenta di farsi pubblicità, ma non s'è mai fatto nulla di concreto per migliorare le nostre condizioni. Se noi detenuti siamo lasciati in uno stato di abbandono, come possiamo cambiare una volta scontata la pena? Posso dire per esperienza personale che questo modello di carcere, per come funziona attualmente, non fa altro che far maturare a livello delinquenziale persone che sono finite dentro per una stupidaggine. Nel vostro articolo era scritto che qui funziona un campo sportivo, una palestra, che c'è la socializzazione: tutte cose che funzionavano due anni fa, mentre oggi per noi c'è solo l'amara e cruda realtà di trascorrere 21 ore in cella come vegetali. Il nostro futuro è fatto di sogni, come quello di avere un lavoro che ci permetta di pagare l'affitto di una casa e le bollette, ma una volta usciti di qui la realtà è un muro dove sbattiamo la testa senza ottenere alcunchè. Veniamo emarginati, costretti a prescrizioni quali la sorveglianza speciale e l'unica scelta che ci è concessa per sopravvivere è delinquere. Non siano nati delinquenti, ma molti di noi lo sono diventati per bisogno. Sarebbe un bel sogno avere un lavoro e goderci i nostri figli mentre si divertono al parco-giochi. Ma per far sì che ciò possa succedere abbiamo bisogno dell'aiuto sia qua dentro che fuori e allora molti di noi cambieranno nell'interesse di tutti per un futuro senza più lacrime. Quando si bastona un pitbull per renderlo più feroce, si ottiene un pitbull ferocisimmo. La stessa cosa succede con noi delinquenti, fate in modo che ciò non avvenga. Spero di vedere pubblicata questa lettera».

 

 

Droga/ Castelli: più fondi per i detenuti tossicodipendenti
Mi auguro che arrivino in prossima Finanziaria
Virgilio Notizie, La lettera. Reinserimento difficile

 

Palermo, 5 dicembre 2005. "Attualmente nelle carceri italiane ci sono più di 60 mila detenuti, di cui un quarto è tossicodipendente, tra questi 6 mila sono detenuti per cocaina, altri per l'eroina ed è in calo il numero di quelli detenuti per cannabis. La mia presenza oggi qui testimonia che l'esito del tunnel della droga è il carcere, perché l'utilizzo degli stupefacenti porta a delinquere, oltre che alla disperazione e alla condanna". Lo afferma Roberto Castelli, ministro della Giustizia, durante un suo intervento a Palermo, alla IV Conferenza nazionale sui problemi connessi alla diffusione delle sostante stupefacenti e psicotrope, organizzato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento nazionale per le politiche antidroga. 
Castelli fa notare che "la legge ex-Cirielli, approvata recentemente dal Parlamento, norma che in linea di principio condivido si fonda su una maggiore severità per i recidivi: ciò comporterà l'aumento del numero dei tossicodipendenti nelle carceri e purtroppo il Parlamento non ha corrisposto le risorse adeguate per ciò, mi auguro nella Finanziaria vengano aggiunte e adeguate".

 

 

Basilicata, 5 carceri inutilizzate
Strutture realizzate e abbandonate. I Comuni cercano di riconvertirle
Gli istituti di pena già dotati di lavanderia, cucina e addirittura lenzuoli

 

La Gazzetta del Mezzogiorno, Lunedì 5 dicembre 2005

 

POTENZA. Sovraffollamento delle carceri, ma mentre le celle scoppiano, nella sola piccola Basilicata ci sono ben 5 istituti di pena (65 in tutt'Italia) costruiti e mai entrati in funzione, poi trasferiti ai comuni e ora in attesa di riconversione. Sono le carceri di Laurenzana, Acerenza, Calvello, Chiaromonte e Sant'Arcangelo. A Laurenzana, nella parte più interna del Potentino, c'è un colosso in cemento armato, costruito tra gli anni '80 e i primi anni '90. Una superprigione a tutti gli effetti: 14 celle studiate per il regime di detenzione penitenziaria dura costate ognuna 185 milioni di vecchie lire. Ad Acerenza, invece, ci sono solo i pilastri. «C'è lo scheletro in cemento - dice il sindaco Antonio Giordano - e noi non sapremmo come utilizzarla. Ci vorrebbe almeno un milardo per finirla. E qui soldi davvero non ce ne sono». Non è certo cosa facile riadattare e utilizzare un carcere. La verità è che ci vogliono altri soldi. A Laurenzana i salesiani volevano organizzare una colonia estiva per ragazzi, ma appena vista la struttura sono scappati via. Adesso la proposta è un'altra: una struttura per gli anziani soli. Certo, ci vorranno nuovi fondi. Ma il sindaco Giuseppe Martoccia è fiducioso. «A poco a poco quei soldi riusciremo a trovarli. Prima di tutto - dice - bisognerà abbattere il muro altissimo». Come pure ha fatto il sindaco di Calvello, che al posto del carcere (25 celle) ha tirato su un ostello della gioventù. «È una struttura alimentata con il teleriscaldamento a biomassa vegetale - racconta Rocco Coronato - ed è attiva da più di un anno. Di recente l'abbiamo intitolata "ostello Karol Wojtyla". È una struttura essenziale, ma accogliente. Quest'estate l'abbiamo formalmente inaugurata, ospitando due gruppi folk della Moldavia e della Serbia». Il carcere lì era del tutto finito. Nelle stanze dei secondini, per esempio, c'era un televisore, poi donato alla scuola dell'infanzia. C'erano anche i letti, le lenzuola, i cuscini, le coperte, la cucina e, persino, la lavanderia. «Una cucina per comunità - specifica il sindaco - che è risultata utilissima per l'ostello, come pure la grande lavatrice-asciugatrice. Non abbiamo dovuto comprare praticamente quasi nulla».

 

 

Il 25 dicembre a Roma la ''Marcia di Natale per l'Amnistia, la Giustizia, la Libertà''
Un documento firmato da politici, giornalisti e associazioni torna a chiedere "un provvedimento per risolvere l'emergenza sociale"

 

Redattore Sociale, Lunedì 5 dicembre 2005

 

MILANO - In vista del Natale di torna a parlare di amnistia e indulto: "un provvedimento per risolvere l'emergenza sociale" della giustizia italiana. L'idea è condivisa da una serie di politici ed esponenenti della società civile, convinti che "l’amnistia è premessa delle riforme e non conseguenza". Per questo hanno organizzato proprio per il 25 dicembre la "Marcia di Natale per l'Amnistia, la Giustizia, la Libertà", in programma a Roma. "Una marcia per sostenere questa proposta e questo percorso e per rendere visibile il disagio degli operatori della giustizia e di quelli del carcere, dei detenuti e delle loro famiglie, delle organizzazioni sociali e del volontariato chiamati a supplire al vuoto di politiche e di luoghi capaci di coesione sociale, dei cittadini tutti che non ottengono giustizia e delle fasce sociali più deboli che non vedono egualmente garantiti i loro diritti". Tra i firmatari dell'appello, che nei prossimi giorni verrà presentato in varie città d'Italia, figurano Francesco Cossiga, senatore a vita, presidente emerito della Repubblica; Cesare Salvi, senatore Ds e vicepresidente del Senato; Giuliano Pisapia, deputato Prc; Sergio Segio, direttore Associazione SocietàINformazione e Gruppo Abele di Milano; Sergio D’Elia, segretario Nessuno Tocchi Caino; Daniele Capezzone, segretario Radicali italiani; Gad Lerner, giornalista; Mario Marazziti, portavoce Comunità di Sant’Egidio; don Luigi Ciotti, fondatore Gruppo Abele e Libera; Paolo Beni, presidente nazionale Arci; Patrizio Gonnella, presidente nazionale dell'associazione Antigone; Ferdinando Imposimato, ex magistrato e parlamentare; Sergio Cusani, presidente Banca della Solidarietà ed Ettore Randazzo, presidente Unione delle Camere Penali. 
Secondo i firmatari, "sollevare il problema dell’amnistia comporta silenzi imbarazzati o considerazioni di inopportunità da parte di quasi tutte le forze politiche e comprensibili obiezioni da parte dei tecnici e della stessa opinione pubblica. Amnistiare alcuni reati e condonare una parte delle pene già comminate attraverso l’indulto, infatti, è sempre una forma di rinuncia, di lesione del diritto dei cittadini e delle vittime dei reati a vedere riconosciute e risarcite le proprie ragioni. Ma non tutto ciò che è giusto in astratto lo risulta anche in concreto". I sostenitori del documetno puntano il dito contro "l'attuale sistema delle pene e dei luoghi preposti alla loro esecuzione non risarcisce nessuno ma costituisce invece una gigantesca farsa, una drammatica messa in scena, una simbolica e ridondante punizione che serve a nascondere il vuoto della giustizia. Come definire diversamente il fatto che – per limitarsi solo agli ultimi 5 anni, dal 2000 al 2004 – ben 865.073 persone hanno beneficiato della prescrizione dei reati per i quali erano state inquisite?".
Dito puntato anche contro le cifre della detenzione: il documento sottolinea che nelle carceri italiane ci sono 60.000 persone, il numero più alto della storia della Repubblica, ed altre 50.000 sono in misura alternativa alla detenzione. Inoltre ci sono altre 70-80.000 persone già condannate a pene inferiori ai 3 anni (4 nei casi di tossicodipendenza), in attesa delle decisioni del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in misura alternativa. In tutto 180-190.000 persone: "una crescita esponenziale di 6 volte nel breve volgere di 15 anni. Crescono le carcerazioni ma crescono ancora di più le prescrizioni: da 66.556 nel 1996 a 94.181 nel 2000 a 221.880 nel 2004". "Non è dunque vero che aumentando le carcerazioni si riducono i reati: è vero esattamente il contrario", dicono i firmatari. "Questi opposti numeri, queste linee che crescono all’infinito e in parallelo senza mai incrociarsi, indicano le due facce incomunicanti dell’amministrazione della giustizia: da una parte, l’amnistia strisciante, crescente e nascosta delle prescrizioni e quella di classe ora introdotta dalla approvazione definitiva della legge 'Cirielli'; dall’altra parte, il popolo e le cifre dell’esclusione sociale, dei senza avvocati e senza difesa, degli immigrati e dei tossicodipendenti, iperpenalizzati e verso i quali si scarica per intero e inesorabilmente la mano pesante della macchina della giustizia". (ar)

 

 

Castelli: «Presto riesaminerò tutte le proposte di grazia»
Calderoli: «Scelta difficile»

 

La Provincia di Lecco, Lunedì 5 dicembre 2005

 

TORINO - «Sto esaminando tutte le proposte di grazia che ho avanzato al Capo dello Stato, non voglio avere verso di lui atteggiamenti che siano né di favore, né di persecuzione, per me è un detenuto come tutti gli altri e voglio agire con la massima obiettività». Questo detto ieri il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, durante la manifestazione della Lega a Torino sulla devolution, a proposito della richiesta di grazia per Adriano Sofri. La vicenda insomma resta molto combattuta, soprattutto in casa leghista, dove Castelli già nei giorni scorsi aveva manifestato una prima apertura, dicendo che al decisione verrà presa «ben prima di Natale». A prendere posizione ieri anche il ministro Roberto Calderoli, pure lui intervenuto a Torino alla manifestazione nazionale della Lega.«L'ipotesi di concedere la grazie ad Adriano Sofri si è fatta più concreta dopo l'aggravarsi delle sue condizioni di salute. Ma prima di esprimere commenti aspettiamo che cosa decide il ministro Castelli. È una scelta difficile, perché da una parte c'è la pietà umana e dall'altra la pietà nei confronti di chi è stato assassinato». «La grazia a Sofri? Crediamo sia necessario voltare pagina e concederla anche in virtù delle sue condizioni di salute» ha invece detto senza mezzi termini il ministro delle Politiche agricole, Gianni Alemanno.

 

 

Cantù: Ottanta persone, tra cui il sindaco, l'Accademia del merletto e una detenuta del Bassone partono per la storica visita in Vaticano 
Domani la «spedizione» canturina dal Papa Mercoledì l'udienza e il dono a Benedetto XVI della veste che Ratzinger indosserà nella messa di Natale

 

La Provincia di Lecco, Lunedì 5 dicembre 2005

 

Il conto alla rovescia, adesso, può cominciare davvero. Perché all'udienza particolare che vedrà le merlettaie dell'Accademia canturina ricevute da Papa Benedetto XVI, manca davvero solamente una manciata di ore. L'appuntamento è dopodomani mattina alle 10.30, e i preparativi fervono: «Stiamo lavorando senza sosta – spiega Flavia Tagliabue, presidente dell'Accademia merletti – e credo che riusciremo a completare la veste per il tardo pomeriggio di lunedì. Giusto in tempo, quindi, visto che la partenza è fissata per martedì mattina. Una volta pronta, poi, la riporremo in una scatola realizzata appositamente, con la quale la trasporteremo e la consegneremo nelle mani di Joseph Ratzinger». E se il tempo che separa dall'udienza in Vaticano si accorcia, si è allungato invece quello di permanenza nella capitale per Flavia Tagliabue, che vi rimarrà fino a sabato per portare il merletto canturino sotto i riflettori di Rai Due, nella puntata della trasmissione “In famiglia”, con Tiberio Timperi, Anna Valle e Antonio Lubrano. La presidente, contattata dagli autori per descrivere ai telespettatori di tutta la penisola la magia di questo artigianato ormai identificato indissolubilmente con Cantù, porterà in studio alcuni dei veli neri da sposa usciti dai cassetti delle antiche famiglie cittadine ed esposti in ottobre nella mostra “Ul vel de Cantuù”, oltre a un abito da sera realizzato dalla stilista vertematese Patrizia Zanchetta, con inserti ricavati proprio da due di questi veli. Sono circa un'ottantina i canturini che potranno vivere questa esperienza unica in Vaticano, compreso il sindaco Tiziana Sala, e tra loro potrebbe esserci anche un'ospite speciale: «Tra le merlettaie che hanno lavorato a questo progetto – spiega Tagliabue – c'è anche un gruppo di detenute. Avevamo chiesto che almeno una di loro potesse venire con noi a Roma. Ora sembra possibile». Una regalo bellissimo e per certi versi doveroso, visto che proprio dalle 10 detenute al carcere del Bassone che seguono il corso tenuto da Flavia Tagliabue era partita l'idea di omaggiare il pontefice con un fazzoletto. Una proposta che, anche grazie al tramite di suor Maria Letizia, religiosa del Vaticano, è giunta fino a Papa Benedetto XVI, e si è persino sviluppata. A essere donata, infatti, sarà una veste – che il Papa indosserà per celebrare la messa la notte di Natale – realizzata dalle artigiane dell'Accademia canturina, dalla sezione di Brenna, da quella capitolina e, appunto, dalle detenute. Silvia Cattaneo.

 

 

Reggio-Emilia:la pet-therapy arriva in carcere

 

RAIUTILE.RAI.IT, 5 dicembre 2005

 

All’interno dell’Ospedale psichiatrico giudiziario reggiano sono state create un’area adibita a canile e una squadra composta da un operatore (pet partner) per l’addestramento dei cani, un veterinario e una guardia carceraria in ruolo fisso. Una comunità di tossicodipendenti ha regalato alla struttura dieci cani. “Permettere ai detenuti – spiega Irma Usai, criminologa, curatrice del progetto pet-therapy all’interno dell’Opg – di relazionarsi con dei cani ha prodotto risultati notevoli, nel corso del tempo”. Il progetto dell’Opg nasce quattro anni fa, su ispirazione della stessa criminologa, che aveva notato come gli internati non sempre partecipassero alle iniziative proposte dalla struttura: dopo un paio di incontri, le persone spesso non prendevano più parte alle attività. “Il problema delle persone affette da disturbi psichici – aggiunge Irma Usai – è la loro chiusura alle emozioni che vengono dall’esterno. La pet-therapy ha lo scopo di creare un maggior coinvolgimento, risvegliando le emozioni dei malati, grazie all’interazione dell’animale”.

 

 

Pena di morte: appello di Nessuno tocchi Caino a Ciampi
di Chiara Brusini

 

redazione@vita.it, 5 dicembre 2005

 

Il segretario D'Elia ha inviato al presidente della Repubblica l'appello per la grazia a Stanley "Tookie" Williams indirizzato al Governatore della California Schwarzenegger. 
ll segretario di Nessuno tocchi Caino Sergio D'Elia ha inviato oggi al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi l'appello dei governatori, salvo il presidente del Friuli Venezia Giulia Riccardo Illy, e di numerosi parlamentari italiani al Governatore della California Arnold Schwarzenegger per la grazia a Stanley 'Tookie' Williams, la cui esecuzione è fissata il 13 dicembre nel carcere di San Quintino. 
L'associazione affida l'appello al presidente della Repubblica, in quanto massimo rappresentante della Nazione, affinchè lo invii a Schwarzenegger. 
"Caro Presidente, conosciamo la sua sensibilità sul tema della pena di morte e l'attenzione con cui segue le iniziative di Nessuno tocchi Caino e di altre associazioni che lottano per porre fine, mentre siamo già nel terzo millennio, all'anacronismo e alla crudeltà delle esecuzioni capitali - è l'inizio della lettera che accompagna l'appello del segretario di Nessuno Tocchi Caino a Ciampi, che prosegue - la prego, Presidente, di voler dedicare un momento di attenzione anche al caso di Stanley 'Tookie' Williams, condannato a morte in California nel 1981, all'età di 27 anni, per l'omicidio di quattro persone nel corso di due rapine e la cui esecuzione è fissata per il 13 dicembre nel carcere di San Quintino". 
"Nonostante si sia sempre dichiarato innocente per questi fatti, 'Tookie' si è assunto le sue responsabilità in quanto fondatore agli inizi degli anni Settanta a Los Angeles della banda di strada dei Crips e ha chiesto scusa per le azioni compiute dalla banda - scrive D'Elia a Ciampi - In 25 anni di carcere, ha maturato un distacco radicale dal proprio passato al punto da essere divenuto un esempio per i ragazzi che vogliono uscire dalla criminalità, anche attraverso i suoi libri, che gli sono valsi la candidatura al Nobel e una fiction sulla sua storia ('Redemption') interpretata dal premio Oscar Jamie Foxx". 
"La vicenda di 'Tookie' Williams è emblematica di un fatto molto semplice che ci fa dire 'no' alla pena di morte in ogni caso. La verità è che l'uomo della pena è un uomo diverso da quello del delitto - conclude il segretario di Nessuno Tocchi Caino - e questo ci fa ritenere che la giustizia, se vuole essere giusta e non spietata, debba poter cogliere tale diversità: l'innocenza rinnovata di una persona, non sappiamo se estranea al delitto, ma sicuramente diversa dal tempo del delitto".

 

 

Ancora pestaggi a Sollicciano?

 

NOVE DA FIRENZE, 5 dicembre 2005

 

Ancora episodi di violenza e intimidazione all’interno del Complesso Penitenziario di Sollicciano nel corso del mese di novembre. Li denunciano gruppi e associazioni di volontariato, venuti a conoscenza parlando con detenuti direttamente coinvolti o testimoni degli episodi stessi, in alcuni casi potendo constatare personalmente segni di percosse, e attraverso il racconto di terze persone che a vario titolo operano nel carcere.
Alcuni di questi episodi e altri di cui al momento non conosciamo i dettagli sono stati segnalati al Direttore dell’istituto penitenziario, dott. Cacurri, e al Comandante della Polizia Penitenziaria, Masciullo, nel corso di una riunione tenutasi presso gli uffici della Direzione del carcere nella mattinata di sabato 26 novembre 2005. All’incontro hanno preso parte: Giuliano Capecchi (associazione Pantagruel), Alessio Scandurra e Giuseppe Caputo (associazione L’Altro Diritto), Marco Lombardo (ARCI), Nicola Zuppa (coordinatore della scuola).
Nella stessa sede è stato fatto esplicito riferimento ai comportamenti posti in atto da un ispettore, incaricato del servizio di custodia nel reparto giudiziario a partire dal mese di ottobre. Il Direttore ha peraltro precisato di aver personalmente provveduto al trasferimento dell’ispettore dal servizio alla rotonda centrale al servizio al reparto giudiziario per “riportare l’ordine”, ritenendo troppo “morbidi” i metodi utilizzati dai precedenti ispettori.

 

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