Rassegna stampa 28 aprile

 

Sulmona: detenuto palermitano di 36 anni s’impicca nel bagno

 

Gazzetta del Sud, 28 aprile 2004

 

Un detenuto palermitano di 36 anni, Francesco Veduccio, si è tolta la vita ieri sera nel supercarcere di Sulmona. Il suicidio è avvenuto nel bagno della cella che l’uomo condivideva con un altro detenuto. Veduccio, condannato per associazione per delinquere, si è impiccato alle sbarre della finestra utilizzando il cordone della tuta. Quello di ieri sera è il sesto suicidio di detenuti nel carcere di Sulmona dal 14 ottobre 2003. Qualche mese prima del primo episodio, il 19 aprile dello stesso anno, si era uccisa la direttrice, Armida Misere. Il caso più eclatante è stato quello del sindaco di Roccaraso, si è tolto la vita il 16 agosto dello scorso anno. Detenuto in alta sicurezza Veduccio aveva da scontare una pena fino al 2010. A quanto riferito dal compagno di cella l’uomo avrebbe giocato a carte fino ad un’ora prima di decidere di togliersi la vita. A scoprire l’accaduto è stato proprio l’altro detenuto che, insospettito dal fatto di non vederlo più uscire dal bagno, ha bussato ripetutamente alla porta senza avere risposta. Veduccio – secondo quanto si è appreso – avrebbe avuto problemi familiari, in particolare con un figlio che sembra non volesse più saperne di lui. Sull’accaduto è stata aperta un’inchiesta da parte della magistratura, mentre il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria avvierà un’ennesima ispezione interna. L’ultima risale al marzo scorso, quando si tolse la vita il pentito Nunzio Gallo di Torre Annunziata, anche lui impiccatosi con il cordone della tuta alla grata della sua cella. Proprio a causa dei numerosi casi di suicidio, la direzione del Sulmona ha recentemente intensificato la sorveglianza programmando iniziative di sostegno con il mondo del volontariato. In particolare, per il prossimo 4 maggio, è stata decisa la presentazione, nel carcere, del progetto "Argo": prevede la possibilità di far adottare ai detenuti un cane, sul modello di quanto già avviene nei penitenziari degli Stati Uniti. Saranno presenti anche il sindaco ed animalisti, oltre ad associazioni di volontariato.

Sulmona: dopo ennesimo suicidio si ipotizza spostamento detenuti

 

Ansa, 28 aprile 2004

 

L’avvio di un’ispezione amministrativa e l’ipotesi di trasferimento di alcuni detenuti: sono queste le misure che il Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) intende intraprendere all’indomani dell’ennesimo caso di suicidio nel supercarcere di Sulmona. Il capo del Dap, Giovanni Tinebra - secondo quanto si è appreso - ha dato disposizione alla direzione detenuti dell’Amministrazione di analizzare il problema a fondo e di ripensare la gestione del carcere dopo aver individuato "le particolari criticità", così da intervenire anche attraverso il trasferimento di alcuni detenuti. In media, ogni anno - fanno notare al Dap - i suicidi in cella sono circa 50. Ad oggi, il dato statistico nazionale sarebbe nella media, ma lascia pensare il fatto che la maggior parte dei suicidi siano concentrati proprio nel supercarcere di Sulmona. L’inchiesta amministrativa (la sesta negli ultimi due anni dopo altrettanti suicidi di detenuti) verrà seguita personalmente dal capo degli ispettori del Dap, Leopardi.

 

Castelli, andrò subito a Sulmona

 

"Forse oggi stesso o al massimo la prossima settimana andrò a Sulmona per vedere cosa sta succedendo in quel carcere". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, commentando, con i cronisti al Senato il suicidio di Francesco Vedruccio, il detenuto pugliese che si è tolto la vita ieri sera. "Non è possibile - ha aggiunto il Guardasigilli - che ci sia un così alto numero di suicidi in un carcere. È ormai chiaro che c’è qualcosa che non va. Di certo, comunque, manderò gli ispettori".

Sulmona: ispezioni e trasferimenti dopo il nuovo suicidio in cella

 

Tg Com, 28 aprile 2004

 

L’avvio di un’ispezione amministrativa e l’ipotesi di trasferimento di alcuni detenuti: sono le misure che il Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) intraprenderà dopo l’ennesimo caso di suicidio nel supercarcere di Sulmona, avvenuto mercoledì sera. Il capo del Dap, Giovanni Tinebra avrebbe infatti dato disposizione alla direzione detenuti dell’Amministrazione di analizzare il problema a fondo e di ripensare la gestione del carcere.

In media, ogni anno - fanno notare al Dap - i suicidi in cella sono circa 50. Ad oggi, il dato statistico nazionale sarebbe nella media, ma lascia pensare il fatto che la maggior parte dei suicidi siano concentrati proprio nel supercarcere di Sulmona. L’inchiesta amministrativa (la sesta negli ultimi due anni dopo altrettanti suicidi di detenuti) verrà eseguita personalmente dal capo degli ispettori del Dap, Leopardi. "Forse oggi stesso o al massimo la prossima settimana andrò a Sulmona per vedere cosa sta succedendo in quel carcere". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, commentando, con i cronisti al Senato il suicidio di Francesco Vedruccio, il detenuto pugliese che si è tolto la vita mercoledì sera. "Non è possibile - ha aggiunto il Guardasigilli - che ci sia un così alto numero di suicidi in un carcere. È ormai chiaro che c’è qualcosa che non va. Di certo, comunque, manderò gli ispettori".

Negli ultimi tempi il Dap ha ipotizzato una serie di iniziative per aprire le porte del carcere di Sulmona al mondo del volontariato. Il prossimo 4 maggio - viene fatto notare - verrà presentato il progetto "Argo", vale a dire la possibilità per ciascun detenuto di adottare e accudire un cane, sulla scia del modello statunitense. La presentazione del progetto viene confermata, anche all’indomani del suicidio di Francesco Vedruccio. L’obiettivo dell’Amministrazione penitenziaria è infatti quello di sensibilizzare la città di Sulmona alla realtà carceraria: la prossima settimana, dunque, nel supercarcere, divenuto tristemente noto per l’alto tasso di suicidi, presenteranno il progetto "Argo" il capo del Gap, Giovanni Tinebra, assieme al Sindaco di Sulmona, alla presenza di associazioni animaliste e del mondo del volontariato.

Iraq: dopo Abu Ghraib, lezioni di diritti umani ai secondini

 

Agi, 28 aprile 2004

 

A un anno dallo scandalo del carcere di Abu Ghraib, gli Stati Uniti vogliono dimostrare di aver imparato la lezione insegnando ai secondini iracheni il rispetto per i prigionieri. L’esercito Usa ha lanciato un progetto pilota per educare le guardie carcerarie militari irachene la tutela dei diritti umani. "Non dovete permettere che vengano commessi abusi sui detenuti" ha detto il capitano Jacob Lilly ai secondini, secondo quanto riferito dall’ufficio stampa del contingente americano, "nonostante quello che essi possono aver fatto a una persona o al Paese che amate". L’esercito americano, ha aggiunto una fonte del Pentagono, è consapevole di non poter imporre alle forze irachene di adottare un sistema che segua gli standard americani, ma si può dare prova di ciò che ha funzionato e cosa non ha funzionato nel sistema statunitense. Di recente alcuni gruppi per la tutela dei diritti umani hanno criticato il Pentagono per aver risposto in modo inadeguato allo scandalo di Abu Ghraib. Sette militari sono stati incriminati e cinque riconosciuti colpevoli, ma molti ufficiali sono stati assolti o neppure sfiorati dall’inchiesta.

Giustizia: Castelli; dalla Cassazione una stretta sul "41 bis"

 

Ansa, 28 aprile 2004

 

Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha incontrato stamani i presidenti dei tribunali di sorveglianza d’Italia. All’appuntamento, presso gli uffici di via del Gonfalone, a Roma, erano presenti anche il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tinebra, e il responsabile della direzione detenuti e trattamento del Dap, Sebastiano Ardita. Nel corso dell’incontro è stato fatto il punto, tra l’altro, sulle revoche del carcere duro (41 bis) avvenute a partire dal 2003, vale a dire all’indomani dell’approvazione della legge 279 del 2002 che ha introdotto stabilmente il 41 bis nell’ordinamento penitenziario. Un’iniziale interpretazione a "maglie larghe" della legge aveva reso possibile l’accoglimento di numerosi ricorsi presentati da boss della criminalità organizzata contro il regime di carcere duro: nel 2003 le revoche di 41 bis sono state 66. Ma l’intervento della Cassazione ha consentito di correggere l’errata interpretazione della norma da parte di alcuni tribunali di sorveglianza.

"Nel 2004 - spiega Ardita, del Dap - ci sono stati 34 annullamenti di 41 bis. Si tratta del 5% rispetto al totale dei provvedimenti: è una percentuale tutto sommato bassa se paragonata a quella della revoca di misure cautelari in genere". Nel corso dell’incontro con il ministro Castelli è stata affrontata anche la questione dell’espulsione di detenuti extracomunitari sulla base di quanto previsto dalla legge Bossi-Fini. Alcuni presidenti di tribunali di sorveglianza hanno infine fatto notare al Guardasigilli la carenza di organico e hanno avanzato alcune proposte.

Lodeserto: il Gip di Lecce respinge istanza per ritorno in libertà

 

Ansa, 28 aprile 2004

 

Ritenendo sussistenti sia il pericolo di reiterazione del reato sia quello di inquinamento probatorio il gip del Tribunale di Lecce Maurizio Saso ha respinto la richiesta della difesa di revocare gli arresti domiciliari a don Cesare Lodeserto. Questi, in qualità di direttore del centro di accoglienza Regina Pacis di San Foca di Melendugno (Lecce), fu arrestato l’11 marzo scorso per sequestro di persona, abuso di mezzi di correzione, calunnia e minacce volta a commettere un reato, per presunti abusi compiuti nel centro gestito dalla Curia salentina.

Dopo due settimane trascorse in carcere, il sacerdote il 24 marzo è stato posto agli arresti domiciliari che ha trascorso prima nell’abbazia dei Benedettini di Noci (Bari) e, dal 14 aprile, in casa della madre, a Lecce, dove attualmente si trova. Per il gip, che ha condiviso il parere negativo espresso dai magistrati inquirenti, i sostituti procuratori Imerio Tramis e Carolina Elia, sussistono la necessità di salvaguardare la genuinità delle fonti di prova ancora in corso di acquisizione e il pericolo di un’eventuale reiterazione del reato, in quanto - è detto nell’ordinanza di rigetto dell’istanza - "l’indagato potrebbe reiterare o contribuire a far reiterare le medesime condotte criminose coartatrici dell’altrui libertà di determinazione e limitatrici dell’altrui libertà personale".

Iran: 18 mesi carcere e 74 frustate ad attivista studentesco

 

Ansa, 28 aprile 2004

 

Un attivista studentesco di Teheran, Farab Samini, è stato condannato dalla Corte rivoluzionaria a 18 mesi di carcere e a 74 frustate perché riconosciuto colpevole di "propaganda contro il sistema" e "disturbo dell’ordine pubblico". Lo riferisce oggi il quotidiano Etemad.

Mohammad Sharif, avvocato di Samini, ha precisato che il giovane studiava presso l’Università del Lavoro della capitale iraniana. Il legale ha aggiunto che presenterà ricorso contro la sentenza. Molti studenti sono stati condannati a periodi di detenzione o espulsi dagli atenei in cui studiavano negli ultimi anni, dopo la repressione di una serie di proteste nelle Università.

Venezia: dai detenuti pieno appoggio alla protesta di Pannella

 

Il Gazzettino, 28 aprile 2004

 

Un atto di clemenza nei confronti dei detenuti rinchiusi nelle carceri. Da tempo Marco Pannella si batte per ottenere una sorta di amnistia, creando di fatto un movimento di opinione. Ora la protesta del leader radicale è arrivata anche in città. La popolazione carceraria della Casa circondariale, a Santa Maria Maggiore, in questi giorni ha deciso di appoggiare in pieno l’azione di Pannella. Da sabato 23 aprile a lunedì 25 aprile, infatti, la popolazione della Casa circondariale ha effettuato uno sciopero della fame attraverso l’astensione dal vitto amministrativo. In questo modo anche da Santa Maria Maggiore si vuole sostenere con forza la ribellione di Pannella. Non solo, a Santa Maria Maggiore si tiene anche a ricordare le ultime parole dette da Papa Giovanni Paolo II poco prima di morire. Il Papa, infatti, aveva anche parlato di un atto di clemenza reso necessario dal sovraffollamento delle carceri e dalle lentezza dei processi.

Potenza: una "partita del cuore" nel penitenziario di Melfi

 

Adnkronos, 28 aprile 2004

 

Una partita di calcio nella casa circondariale di Melfi, nel potentino, si terrà domani alle 15 e vedrà la partecipazione sia dei detenuti che delle rappresentative Cral della Provincia di Potenza. L’iniziativa si inserisce tra le manifestazioni che la Provincia ha promosso già nel passato mandato, come il Consiglio speciale aperto nella casa circondariale potentina, per attivare un dialogo con i dirigenti e i detenuti dei due penitenziari di Potenza e Melfi con il fine di migliorare le condizioni di vita dei detenuti stessi.

Roma: presentati i risultati del "Progetto Pandora"

 

Age, 28 aprile 2004

 

Il "Progetto Pandora" è un’innovativa esperienza di riorganizzazione del lavoro carcerario attraverso lo strumento della supervisione che dal 2001 al 2004 ha coinvolto direttamente 17 istituti penitenziari italiani. Tre anni di impegno e sperimentazione per cercare di fornire risposte concrete ai problemi dei gruppi di osservazione e trattamento dei detenuti, al fine, da una parte, di garantire un reale reinserimento del reo nella società una volta scontata la pena, e, dall’altra, di ottimizzare i costi del carcere sulla collettività e raggiungere risultati positivi in termini di sicurezza sociale.

Gli esiti del progetto saranno presentati il 28 e 29 aprile all’Hotel Moevenpick di Via Moscati 7 a Roma in occasione del Convegno Nazionale "Pandora: esperienze di supervisione", promosso dall’Istituto Superiore di Studi Penitenziari del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, su iniziativa del Direttore dell’ISSP Luigia Mariotti Culla. Alla manifestazione, che sarà aperta dal Capo del Dipartimento Pres. Giovanni Tinebra, è prevista la partecipazione dei Sottosegretari al Ministero della Giustizia Jole Santelli, Giuseppe Valentino, Michele Vietti e Luigi Vitali.

Realizzato dall’Istituto Superiore di Studi Penitenziari in collaborazione con l’Università di Firenze, il Progetto Pandora si è posto l’obiettivo primario di trovare un giusto equilibrio tra istanze di custodia e istanze di recupero per chi opera nel difficile universo carcerario.

In una realtà penitenziaria contrassegnata nel nostro paese da sproporzioni numeriche sempre più critiche - a 56.000 detenuti corrispondono oggi 42.539 unità di polizia penitenziaria, ma appena 551 educatori (rispetto ai 1.376 previsti nella Pianta organica ministeriale), 1.223 assistenti sociali (rispetto ai 1.630 previsti dalla Pianta organica e per la maggior parte impegnati a seguire i detenuti in espiazione esterna) e circa 400 psicologi (una media di 2 per ogni istituto impegnati, in quanto esperti esterni, per un numero molto limitato di ore al mese) - è ormai diventato estremamente difficile dare attuazione all’art. 27 della Costituzione, che assegna alla pena una funzione rieducativa, di reinserimento e risocializzazione del reo.

I gruppi di osservazione e trattamento dei detenuti operanti in ogni istituto (composti da educatore, assistente sociale, direttore dell’istituto, psicologo e agenti di polizia penitenziaria, ma di cui possono far parte anche altri soggetti coinvolti nella vita del detenuto come gli insegnanti) si trovano ad affrontare quotidianamente gravi problemi di collegamento e collaborazione, in un contesto frammentario e fortemente condizionato dalla piaga del sovraffollamento carcerario.

Dall’esigenza di coordinare e ottimizzare le azioni di questi operatori è nato il Progetto Pandora, che ha risposto ad un concreto bisogno emerso proprio dalla base professionale. Dopo il successo di questa esperienza iniziale di ricerca ora l’auspicio è che lo strumento della supervisione sia adottato quanto prima a livello nazionale in tutti i 204 istituti di pena italiani.

Roma: il Garante Marroni interviene sulla situazione di Rebibbia

 

Comunicato stampa, 28 aprile 2004

 

Lanciare un grido di allarme sulla situazione di Rebibbia penale, una situazione non più tollerabile per un carcere considerato fino a poco tempo fa un modello e un punto di riferimento. Sono gli scopi che hanno spinto il Garante Regionale dei Detenuti Angiolo Marroni a segnalare quanto sta avvenendo.

Non possiamo - ha detto Marroni - più assistere a questa situazione. Secondo quanto risulta all’Ufficio del Garante, da dicembre manca uno dei magistrati di sorveglianza (che dovrebbe occuparsi dei detenuti il cui cognome comincia con le lettere A - M) e viene sostituito a singhiozzo, il casellario giudiziario funziona male, sono frequenti trasferimenti di detenuti impegnati in attività di formazione che sono costretti a sospendere. A questo si aggiungono la mancata retribuzione dell’attività lavorativa e procedure lunghe per il riconoscimento degli assegni familiari, un regolamento interno emanato nel 1938 e mai aggiornato. Inoltre, l’assistenza sanitaria è carente - nonostante che negli ultimi giorni si sia firmata la convenzione con la Asl Rm B per riattivare l’assistenza odontoiatrica - ed infine l’attività culturale interna è vicina all’azzeramento. La goccia, poi, che ha fatto traboccare il vaso è stata una disposizione della Direzione che stabilisce che, "visto che nelle stanze detentive sono stipati generi ed oggetti che vanno ben oltre il limite consentito" i generi in eccesso trovati nelle celle saranno ritirati e inviati ai rispettivi familiari con un pacco postale a spese del detenuto.

In realtà, questa disposizione, se applicata, provocherebbe una estrema limitatezza dei generi per l’igiene personale, del vestiario e dei libri consentiti e l’inadeguatezza di avere un solo fornellino in cella per detenuto. Tale misura è incongruente rispetto alle reali necessità della vita detentiva. Tutto ciò indica una situazione al limite di sopportazione - ha detto Marroni - Sono diverse le urgenze unite da un denominatore comune: la violazione di alcuni dei diritti fondamentali non solo dei detenuti ma degli esseri umani. Il diritto alla salute, a un lavoro retribuito, allo studio, a condizioni di vita civili e a credere a un futuro diverso. Stiamo lavorando con la direzione perché si valuti quanto denunciato e si avviino con celerità tutte le misure utili ad affrontare questa situazione, recuperando un dialogo con i detenuti interrotto da tempo.

Sulmona: Sappe; no a colpevolizzazione polizia penitenziaria

 

Comunicato stampa, 28 aprile 2004

 

"L’ennesimo suicidio di un detenuto a Sulmona, il sesto caso dall’ottobre 2003, non può offrire a nessuno il pretesto per colpevolizzare la Polizia Penitenziaria che lavora nel penitenziario abruzzese. La carenza di personale e il sovraffollamento dei carceri italiani sono due temi che si dibattono da tempo, senza soluzione, e sono concause di questi tragici episodi. Riteniamo sia giunto il momento che si potenzi maggiormente l’area penale esterna, lasciando in carcere solamente i soggetti davvero pericolosi". "Per Sulmona concordiamo con quanto asserito dallo psicologo del carcere circa un possibile effetto emulazione che potrebbe caratterizzare la situazione psicologica di buona parte della popolazione detenuta indipendentemente dalle condizioni di detenzione. In tal caso, a nostro avviso, l’unica soluzione è il ricambio complessivo di tutta la popolazione detenuta, allo scopo di interrompere questo tragico effetto di suggestione collettiva, almeno verso i soggetti più deboli psicologicamente."

A dichiararlo è la Segretaria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che con 13 mila iscritti ed il 40% di rappresentatività è l’Organizzazione più rappresentativa del mondo penitenziario, commentando la notizia secondo cui il ministero della Giustizia ha disposto l’ennesima inchiesta di carattere amministrativo sulla morte del detenuto Francesco Veduccio, che si è tolto la vita ieri nel carcere di Sulmona.

Aggiunge il Sappe: "L’inchiesta amministrativa è un atto dovuto in questi tragici casi, ma è necessario trovare davvero una soluzione al sovraffollamento dei detenuti. "Abbiamo fatto più volte appello a Governo e Parlamento che si prenda atto del fallimento dell’indultino e dei braccialetti elettronici di controllo dei detenuti come provvedimenti di sfoltimento delle carceri" sottolinea il Sappe. "Il numero dei detenuti oggi presenti – circa 57 mila – è lo stesso, se non addirittura superiore, del periodo in cui le due iniziative legislative sono state decise proprio per deflazionare i penitenziari del Paese. È quindi assolutamente necessario che l’emergenza carceri sia messa all’ordine del giorno degli impegni di Governo e Parlamento, potenziando maggiormente il ricorso all’area penale esterna e limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari. Il ministro della Giustizia Castelli ed il Capo dipartimento Amministrazione Penitenziaria Tinebra evitino di rilasciare le solite e scontate dichiarazioni di circostanza e inizino a ragionare seriamente sulle problematiche penitenziarie, ad esempio facendo le opportune pressioni presso il Governo per l’assunzione definitiva dei circa 500 agenti ausiliari attualmente in servizio di leva (che altrimenti verranno licenziati entro la fine del 2005) e istituendo il tavolo politico per modificare il decreto ministeriale sulle piante organiche della Polizia Penitenziaria che non sono rispondenti alla realtà". "L’attuale situazione delle carceri italiane" prosegue la Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria "che, a nostro avviso, è sull’orlo di un collasso del sistema non può più consentire a questa Organizzazione Sindacale, che con 13 mila iscritti ed il 40% di rappresentatività è la più rappresentativa del mondo penitenziario, di restare alla finestra. Per tanto, in assenza di interventi incisivi e definitivi da parte amministrativa, governativa e parlamentare saranno avviate opportune azioni di protesta a carattere nazionale".

Nuoro: è di nuovo "alta tensione" tra gli agenti e il direttore

 

L’Unione Sarda, 28 aprile 2004

 

A Badu ‘e Carros la tensione è di nuovo ai livelli di guardia perché i problemi, sempre gli stessi, si sono aggravati fino al punto di rischiare di far precipitare la situazione. Per domani mattina i sindacati degli agenti di polizia penitenziaria (Cgil, Cisl, Uil, Sinape e Sappe) hanno organizzato un sit in (dalle 10 alle 12) di fronte al cancello principale del carcere distribuiranno un volantino dai toni molto duri.

In questa occasione verrà distribuito un dossier che riassume i termini della vertenza. "Le condizioni di lavoro sono quasi insopportabili - rivela il segretario della Cisl funzione pubblica Giorgio Mustaro - e questo si riflette pericolosamente sul clima interno". Al primo punto della vertenza c’è ancora la questione del direttore: quello attuale, Paolo Sanna, è in scadenza, nel senso che la sua missione non può durare più di otto mesi e non può essere rinnovata. Ma ancora oggi non si sa se arriverà la nomina stabile o se ci sarà l’ennesimo avvicendamento. "Intanto - scrivono i sindacati - peggiorano le condizioni di lavoro e più in generale il quadro dei diritti negati, mentre d’altra parte i rari accordi sottoscritti non vengono rispettati.

Tutto ciò nell’assenza di qualunque risposta o attenzione da parte del Provveditore regionale che pare considerare il Nuorese ed in modo particolare l’istituto di Badu ‘e Carros come realtà marginale indegna di qualunque interesse. Tali atteggiamenti hanno portato al persistere della grave situazione dell’istituto penitenziario nuorese accentuata ulteriormente con gli ultimi arrivi di detenuti e con l’apertura della terza sezione che ha reso la condizione lavorativa invivibile". Questa sezione, fino a poco tempo fa, era ritenuta inagibile, ma è diventata nuovamente utilizzabile per ordine del Ministero.

Un paradosso che è stato come la classica goccia che fa traboccare il vaso. Mentre aumenta di giorno in giorno il numero dei detenuti e quindi di tutti gli adempimenti a ciò collegati, il personale della polizia penitenziaria è sempre più ridotto: il loro numero non supera le 200 unità, con una deficit intorno alle 60 unità. Il malcontento che serpeggia sempre di più tra le fila dei poliziotti per un lavoro che si fa di giorno in giorno più stressante e logorante provoca una forte demotivazione accompagnata dal senso di abbandono e di insicurezza causato dal continuo peggiorare della situazione e soprattutto per il costante registrarsi di segnali di cambiamento in senso sfavorevole. "In questa situazione l’aspetto più rilevante è quello della convivenza e della gestibilità - prosegue la lettera che è stata inviata anche al Ministro della Giustizia - l’agente di polizia penitenziaria per il contatto quotidiano diretto con i detenuti viene identificato come il primo e più esposto livello dell’istituzione che gli deve assicurare i diritti e le risposte e, nell’impossibilità di farlo, viene altrettanto facilmente individuato come il soggetto che li nega, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili.

Denunciamo così oggi ancora una volta il nostro disagio perché pur rinunciando ai nostri diritti non siamo posti nelle condizioni di assicurarli agli altri e ci vediamo ogni giorno costretti a subire legittime rimostranze che alla lunga potrebbero degenerare in comportamenti difficilmente gestibili. Tutto ciò, assieme all’indifferenza generale rispetto alle nostre problematiche, ci ha convinto a rompere le relazioni sindacali, e sopratutto della necessità di promuovere una forte campagna di mobilitazione con iniziative pubbliche per portare all’attenzione di tutti ciò che non è solo una questione di mera rivendicazione contrattuale ma di valenza sociale e di civiltà. Per venir fuori da questo stato di crisi, siamo pronti alla mobilitazione non escludendo di organizzare, entro la prima decade del mese di maggio, una manifestazione unitaria a Cagliari di fronte alla sede del Provveditore regionale". La vertenza interessa, oltre alle strutture territoriali, anche quelle regionali e nazionali, tutte attivate per promuovere i passi necessari presso la direzione centrale per l’avvio di una immediata azione risolutrice.

318: è il numero massimo di detenuti che può contenere il carcere di Badu ‘e carro se la struttura fosse pienamente efficiente, ma in questi giorni la cifra è stata quasi raggiunta perché la terza sezione, d’improvviso, è stata dichiarata nuovamente agibile. 50 È il numero dei detenuti presenti nella prima sezione, quella di massima sicurezza. Si tratta in gran parte di esponenti della malavita organizzata: mafia, camorra, ndrangheta, sacra corona unita. Sono quelli che protestano maggiormente contro le condizioni di vita interne al carcere. 200 È approssimativamente il numero dei detenuti della seconda sezione, quella che ospita anche chi sta scontando una pena definitiva e chi è in attesa di giudizio. Poiché stanno arrivando alla spicciolata in questi giorni, non si conosce ancora con precisione il numero degli ospiti della terza sezione. 15 È il numero delle detenute presenti attualmente nel penitenziario nuorese in locali angusti e poco funzionali. 200: è il numero di agenti di polizia penitenziaria in servizio attualmente. Ne occorrerebbero almeno 60 in più per garantire turni e ferie. Angelo Altea

Catania: i cappellani della Sicilia; in carcere non siamo soli

 

Avvenire, 28 aprile 2004

 

Coinvolgere di più le Chiese locali per risolvere i tantissimi e gravi problemi che presenta oggi la situazione carceraria in Sicilia. È l’obiettivo che si prefigge il convegno dei cappellani degli istituti penitenziari della Sicilia sul tema "Chiesa locale e carcere", che si conclude oggi pomeriggio a Viagrande, in provincia di Catania. Sempre oggi verrà diffuso un documento sul malessere in cui si trovano ad agire i cappellani siciliani, a cominciare dal problema del sovraffollamento degli istituti di pena per continuare con la tossicodipendenza, la pedofilia, le malattie, l’isolamento. "Un testo - spiega padre Enrico Schirru, delegato regionale per la pastorale carceraria - che consegneremo ai vescovi siciliani e nel quale verranno rappresentate le condizioni disagiatissime in cui ci troviamo ad operare ogni giorno. Si pensi soltanto che nelle diocesi siciliane, tranne che a Palermo, non esiste un ufficio per la pastorale penitenziaria".

Il cappellano a volte si sente solo con le sue grandi responsabilità. "Oggi in Sicilia - conclude Schirru - abbiamo dieci nuovi cappellani ed è opportuno fare un po’ di formazione: sarebbe interessante che i più anziani suggerissero ai nuovi come muoversi nell’ambito della pastorale penitenziaria". In alcune carceri dell’isola la situazione del sovraffollamento è ai limiti di guardia. Per fare solo due esempi, all’Ucciardone di Palermo i detenuti presenti sono 650, per una capienza regolamentare che ne prevede 433, e nel carcere di Piazza Lanza, a Catania, sono 386, di fronte ai 241 che può ospitare.

"Il sovraffollamento - spiega padre Luigi Settembre, cappellano del supercarcere di Bicocca - è solo uno dei problemi con i quali ci dobbiamo confrontare ogni giorno. Un altro è quello dei detenuti sottoposti a regime di 41/bis che, come ha affermato Giovanni Paolo II nel 2004, è una delle "misure inadeguate al raggiungimento di obiettivo recupero dei detenuti". Se si vuole veramente recuperare le persone detenute bisogna capire quali contraddizioni ci sono oggi all’interno delle strutture carcerarie e comprendere che, per esempio, un malato mentale o di epatite o di Aids non può vivere né tanto meno curarsi in carcere". Altro punto dolente è l’impiego del volontariato. "I volontari - ha spiegato padre Raffaele Landolfo, cappellano nel carcere di Piazza Lanza, a Catania - mancano perché dare una mano al cappellano di un istituto di pena non è una occupazione ambita dai giovani. Di dieci che me ne vengono promessi, ne arriva al massimo uno".

Al convegno è intervenuto anche l’ispettore nazionale monsignor Giorgio Caniato, che ha ribadito come lo Stato non possa rispondere al male del reato, che è sempre violenza e distruzione, con un altro male, il castigo, e che a base dell’amministrazione della Giustizia andrebbe posta la filosofia della riparazione del reato e del recupero del reo.

Giustizia: Andreotti lancia un appello in Senato per i carcerati

 

Vita, 28 aprile 2004

 

Nel suo intervento in Senato per la discussione sulla fiducia al nuovo governo, Andreotti chiede un provvedimento di clemenza per i detenuti, e avverte non cambiate la Costituzione. "Stiamo rischiando la tubercolosi delle istituzioni". Giulio Andreotti prende la parola nel dibattito sulla fiducia al governo Berlusconi e attacca la maggioranza sul tema della riforma della Costituzione. "Non è questo - dice il senatore a vita - il modello votato quasi all’unanimità dall’assemblea costituente nel dicembre 1947. Vorrei pregarla, signor presidente del Consiglio - aggiunge rivolgendosi a Berlusconi - di riflettere attentamente: varare a maggioranza semplice una ristrutturazione della Costituzione rischia di spaccare il Paese".

Andreotti evoca i "giorni caotici del 52", quelli della cosiddetta "legge truffa". Poi passa a parlare delle sue preoccupazioni di fronte alle parole del premier sul partito unico. "Può darsi che noi vecchi - dice - indugiamo troppo nei ricordi, ma spesso non si tratta di meditazioni inutili. Quando vedo la proposta di un soggetto unico destinato a segnare la storia d’Italia per molti anni avverto una fortissima preoccupazione, che vale tanto se sarà lei a guidare questa Italia diversa o se la erediterà Romano Prodi o qualsiasi altro. Dobbiamo invece difendere questa nostra repubblica parlamentare".

Infine Andreotti chiede di approvare presto un provvedimento di clemenza per i carcerati. "Quando ce ne parlò Giovanni Paolo II alla Camera l’applauso fu lungo e unanime. Non possiamo continuare a disattendere quell’appello". Andreotti si rivolge al ministro Castelli affinchè sblocchi la Costituzione: "Tra l’altro - osserva - il ministero della Giustizia da anni definisce intollerabile l’affollamento delle prigioni".

Enna: corso organizzato dall’Inner Wheel per i detenuti

 

La Sicilia, 28 aprile 2004

 

Nella casa circondariale, in una simpatica atmosfera, si è concluso il corso di legatoria organizzato dall’Inner Wheel e tenuto, a titolo gratuito come sempre, dai titolari della tipografia Di Salvo. Il corso è stato seguito con particolare interesse dai detenuti, i quali hanno realizzato album porta foto e diari degni delle più eleganti cartolibrerie. L’Inner Wheel, da vari anni, come ha ricordato la presidente del club, Edda Sicurezza, si occupa dei detenuti, soprattutto se giovani. "Noi innerine - ha affermato - siamo perfettamente convinte, e non siamo le sole, che la punizione per chi ha commesso un reato non dabba essere fine a sé stessa, ma avere lo scopo di rieducare chi ha sbagliato per consentirne il reinserimento nella società con la stessa dignità e le stesse possibilità lavorative di tutti". Questo è lo spirito con cui le innerine si sono impegnate anche in armonia con il tema dell’anno: "Lavorate insieme e donate speranza", per l’occasione così modificato: "Lavorate insieme rilegando". Il corso di legatoria è stata una felice esperienza per tutti: per gli organizzatori, per coloro che lo hanno tenuto e per quanti lo hanno seguito. Gli ospiti della casa circondariale si sono specializzati in una attività che non esige grandi attrezzature e grandi costi ed offre la possibilità di un lavoro autonomo.

L’iniziativa è stata molto apprezzata dalla direttrice della casa circondariale, dott. Letizia Billello, la quale, sensibile ai problemi dei reclusi, cerca di affrontarli, risolverli e di rendere meno duro il periodo di detenzione, perché solo in un ambiente sereno è più facile riacquistare fiducia e guardare con speranza al futuro. Angioletta Giuffrè

Novi: Erika compie 21 anni e lascia il "Beccaria" per Verziano

 

Giornale di Brescia, 28 aprile 2004

 

Sarà la sezione femminile della casa di reclusione di Verziano a ospitare Erika De Nardo. Ormai è ufficiale: Erika, la ragazzina dal caschetto biondo, infagottata nel piumino crema, capace di uccidere la madre e il fratellino e subito dopo di incolpare "i soliti albanesi" finirà nel carcere bresciano. Condannata a 16 anni per aver ucciso con oltre cento coltellate la madre Susy Cassini e il fratellino Gianluca, Erika ha scontato fino ad ora la pena nell’ istituto minorile Beccaria di Milano. Oggi Erika compie 21 anni e, come stabilisce la legge, deve essere trasferita in un carcere per adulti. Nel carcere di Verziano dovrebbe arrivare domani. Per il primo periodo non dovrebbe avere compagne di cella.

Al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria assicurano che ad Erika sarà assegnata una cella singola, e che non le sarà fatta mancare l’assistenza psicologica che aveva quando era al Beccaria. La decisione di trasferire Erika a Brescia è stata presa ieri: fino a mercoledì pareva possibile anche un trasferimento più vicino a Novi Ligure, ma il dipartimento ha scelto la sezione femminile del carcere bresciano che ospita un centinaio di detenute.

Il cambiamento spaventa la ragazza, ritenuta colpevole di un delitto efferato. Un salto nel buio. Così Erika De Nardo vive il trasferimento a un carcere per adulti dall’istituto minorile Beccaria di Milano, dove sta scontando la condanna a 16 anni A rivelarlo è l’ avvocato, Mario Boccassi. "Erika ha paura - dice il legale -: me lo ha ripetuto più volte, ma non si sa in che cosa consista questa paura. Andare in carcere potrebbe rappresentare la chiave per una svolta, perché lì non potrà avere il supporto psicologico di cui necessita". Ma al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria assicurano che l’aiuto psicologico continuerà. Ieri il padre di Erika, Francesco De Nardo, è andato, come fa regolarmente da anni, a trovare la figlia al Beccaria per festeggiare il compleanno.

Alta, capelli lunghi scuri, dopo essersi diplomata lo scorso anno geometra, la giovane ha partecipato alle attività del carcere, seguendo corsi di computer, cucina, teatro e danza. È una bella ragazza, diversa dalla sedicenne dal caschetto biondo che nel febbraio 2001 i flash dei fotografi e le telecamere degli operatori immortalarono all’uscita dalla villetta teatro del massacro, nel quartiere Lodolino di Novi Ligure. "Sono stati gli albanesi", aveva cercato di far credere la ragazza. "Non ci scopriranno mai", ripeteva all’allora fidanzatino Omar, complice nell’efferato delitto, in una stanza della caserma dei carabinieri, senza sapere di essere intercettata. Per i periti Erika era lucida e perfettamente consapevole, per i consulenti di parte malata e "borderline". Una patologia psichiatrica che spiegherebbe la mancanza di movente di un duplice omicidio premeditato.

Sulmona: Castelli visiterà carcere; "c’è qualcosa che non va..."

 

Repubblica, 28 aprile 2004

 

"Abbiamo giocato a carte fino a un’ora prima. Sembrava tranquillo. Poi l’ho trovato in bagno, impiccato con la cinghia della tuta". Il compagno di cella di Francesco Vedruccio è stato il primo ad accorgersi del suicidio, il settimo nel carcere di Sulmona negli ultimi due anni. Vedruccio aveva 36 anni. Sarebbe stato scarcerato nel 2010. Secondo il compagno di cella avrebbe avuto problemi famigliari, in particolare con un figlio che sembra non volesse più saperne di lui. La Procura della Repubblica ha comunque aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. Il ministero della Giustizia ha annunciato una visita al carcere: "Forse oggi stesso o al massimo la prossima settimana andrò a Sulmona per vedere cosa sta succedendo in quel carcere. Non è possibile - ha aggiunto il Guardasigilli - che ci sia un così alto numero di suicidi in un carcere. È ormai chiaro che c’è qualcosa che non va. Di certo, comunque, manderò gli ispettori". È un carcere di massima sicurezza quello di Sulmona, in provincia dell’Aquila, che ospita detenuti sottoposti al regime duro del 41 bis, imputati di associazione a delinquere mafiosa. Tra le sue mura, una lunga e inquietante serie di suicidi. Due anni fa, a togliersi la vita era stata la direttrice del supercarcere, Armida Miserere, che si sparò con una pistola nel suo studio. Il 16 agosto scorso, venne trovato morto Camillo Valentini, sindaco di Roccaraso, arrestato solo 24 ore prima. L’ultimo caso, appena due mesi fa: un pentito di 28 anni, Nunzio Gallo si impiccò alla grata della cella.

"Quel carcere va rivisto nel suo insieme - spiega il segretario generale del Sappe, il sindacato di Polizia penitenziaria - e va potenziato il servizio di educatori e psicologi. Andrebbe creata una task force capace di trovare soluzioni sia per l’utenza che per il personale".

Sulmona: Valentino; facciamo di tutto per evitare i suicidi

 

Agi, 28 aprile 2004

 

Sulla triste catena di suicidi che sta investendo il carcere di Sulmona, solo qualche giorno fa il sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Valentino, ha tenuto un’audizione alla Commissione Giustizia della Camera nel corso della quale ha spiegato ai componenti il lavoro che sta facendo la direzione del carcere e il Dipartimento per aprire la struttura carceraria alla società civile. Ma anche una serie di iniziative che rendano meno pesante, dal punto di vista psicologico, la detenzione.

"Si tratta - ha detto il sottosegretario Valentino - di una serie di interventi mirati che teoricamente non giustificano minimamente questo momento di frattura dell’equilibrio rappresentato dal suicidio. Credo pertanto che sia per l’amministrazione penitenziaria sia per le strutture locali non si possa nella maniera più assoluta dire che non si sia tentato tutto ciò che avrebbe potuto evitare quegli eventi. Tutto ciò che si poteva fare per rendere vivibile e coerente con i principi costituzionali il momento carcerario è stato fatto, con grande rigore e profusione di impegno e di mezzi".

Sulmona: Pistone (Pdci); Castelli indaghi e chiuda carcere

 

Adnkronos, 28 aprile 2004

 

"Dopo il nuovo suicidio, il settimo per l’esattezza, è più che mai evidente la necessità di e l’urgenza di chiudere il carcere di Sulmona". Ne è convinta la parlamentare del Pdci Gabriella Pistone, che sull’argomento ha presentato un’interrogazione parlamentare urgente al ministro della Giustizia Roberto Castelli. "In quel carcere, evidentemente da troppo tempo qualcosa non funziona ed i tanti suicidi dei detenuti ne sono la prova provata", sostiene.

Giustizia: nelle carceri 551 educatori per 56mila detenuti

 

Vita, 28 aprile 2004

 

Si è aperto oggi all’Hotel Moevenpick di Via Moscati a Roma il Convegno Nazionale "Pandora: esperienze di supervisione", che chiuderà i lavori domani. Promosso dall’Istituto Superiore di Studi Penitenziari del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, su iniziativa del Direttore dell’ISSP Luigia Mariotti Culla, il Convegno sarà dedicato alla presentazione dei risultati del "Progetto Pandora".

Il "Progetto Pandora" è un’innovativa esperienza di riorganizzazione del lavoro carcerario attraverso lo strumento della supervisione che dal 2001 al 2004 ha coinvolto direttamente 17 istituti penitenziari italiani. Tre anni di impegno e sperimentazione per cercare di fornire risposte concrete ai problemi di coloro che svolgono in carcere compiti di osservazione e trattamento dei detenuti, in una realtà penitenziaria contrassegnata nel nostro paese da sproporzioni numeriche sempre più critiche, frammentarietà e gravi difficoltà di collegamento e collaborazione tra operatori.

A 56.000 detenuti corrispondono oggi 42.539 unità di polizia penitenziaria, ma appena 551 educatori (rispetto ai 1.376 previsti nella Pianta organica ministeriale), 1.223 assistenti sociali (rispetto ai 1.630 previsti dalla Pianta organica e per la maggior parte impegnati a seguire i detenuti in espiazione esterna) e circa 400 psicologi (una media di 2 per ogni istituto impegnati, in quanto esperti esterni, per un numero molto limitato di ore al mese). Alla manifestazione, che sarà aperta dal Capo del Dipartimento Pres. Giovanni Tinebra, è prevista la partecipazione dei Sottosegretari al Ministero della Giustizia Jole Santelli, Giuseppe Valentino e Luigi Vitali.

Progetto Pandora: ruoli, risorse, competenze per il carcere

 

Redattore Sociale, 28 aprile 2004

 

L’Istituto Superiore di Studi Penitenziari ha ritenuto che fosse condizione indispensabile e vincolante per la nascita del progetto la sua accettazione e condivisione da parte degli operatori. Una prima fase - ottobre/dicembre 2001 - è stata quindi dedicata al confronto, alla sensibilizzazione e all’informazione sul concetto di supervisione. Giorgio Concato dell’Università di Firenze, referente scientifico del progetto, affiancato da un gruppo di lavoro costituito presso l’Issp, ha predisposto un questionario iniziale che rispondesse ad una concreta richiesta formativa.

Due operatori per ogni Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria - individuati tra quelli a capo dell’area trattamentale e/o addetti alla formazione nei Provveditorati, negli istituti penitenziari, nei Centri di Servizio Sociale - sono stati identificati come tutor di progetto e responsabili in sede regionale. Hanno poi avuto il compito - dopo un percorso formativo di sessanta ore svoltosi presso l’Issp - di presentare il progetto in tutti gli istituti del proprio Provveditorato e proporre il questionario agli effettivi componenti dei gruppi di osservazione.

Dai risultati della ricerca - il questionario è stato somministrato a 1.339 unità - è emersa la proposta dei percorsi di supervisione. In base ad autocandidatura, caratteristiche geografiche e di rappresentatività delle diverse tipologie di istituti, sono state scelte come sedi pilota per la sperimentazione le Case circondariali di Pescara, Matera, Cosenza, Benevento, Modena, Frosinone, Genova Pontedecimo, Vigevano, Torino Le Vallette, Foggia, Trapani, Verona e Perugia; le Case di reclusione di Augusta, Carinola e Fossombrone; l’Opg di Montelupo Fiorentino. Una seconda scheda di valutazione delle diverse e specifiche criticità che gli operatori incontrano nel loro lavoro, ha permesso di individuare i supervisori per ogni sede. A partire dal settembre 2002 i componenti delle equipe sono stati quindi impegnati per un anno in regolari incontri con il supervisore 2 volte a settimana per 5 ore al mese, per un totale di 60 ore.

La seconda fase del progetto - seguita ad una riunione di tutti i soggetti coinvolti nella sede dell’Istituto Superiore, con la partecipazione del prof. Concato - si è focalizzata in parte anche sulle singole professionalità, con ulteriori ore di lavoro di gruppo assegnate alle varie sedi, ed incontri mono professionali a seconda delle esigenze emerse. Da marzo ad agosto 2004 è stato infine svolto il lavoro di raccolta della documentazione e degli atti, da cui è nato il libro: "Supervisione per gli operatori penitenziari - Il Progetto Pandora con i gruppi di osservazione e trattamento", di Luigia Mariotti Culla e Giorgio Concato (Franco Angeli, 2005).

Il Progetto Pandora ha sperimentato la supervisione professionale nei gruppi di osservazione come metodologia utile ad accrescere consapevolezza e potenzialità operative, al fine di stimolare una riflessione sistematica sui ruoli, le risorse, le competenze, le relazioni interpersonali e interprofessionali, sui metodi di lavoro e di valutazione dei risultati, e di facilitare la comunicazione e la circolazione delle competenze. Migliorare il lavoro trattamentale fornendo ai detenuti un’organizzazione più efficiente, e conseguentemente migliori opportunità di reinserimento, significa conseguire risultati di enorme impatto sociale. Al risparmio economico che deriva alla collettività scongiurando le cadute nella recidiva; si aggiungono la crescita della sicurezza sociale e vantaggi incalcolabili direttamente connessi al miglior funzionamento del sistema carcerario. Dall’evitare i rischi di burn-out per gli operatori, al miglioramento delle difficili condizioni di vita dei detenuti, al significato e valore civile rappresentato dalla tensione reale all’essere fino in fondo una società che rispetta appieno i contenuti e gli ideali della sua stessa Costituzione.

Sulmona: Gonnella (Antigone); quel carcere va chiuso…

 

Redattore Sociale, 28 aprile 2004

 

"Lo avevamo detto due mesi fa, lo ribadiamo oggi quel carcere andava e va chiuso". È il commento di Patrizio Gonnella, coordinatore nazionale dell’associazione Antigone, dopo l’ennesimo caso di suicidio nel carcere di Sulmona. "Quel poco che è stato deciso dal Ministero poteva essere fatto prima che ci fosse il settimo morto ha aggiunto. Troppi suicidi sono indice di qualcosa che non funziona, di qualcosa di molto pericoloso. Sembra che lì i detenuti abbiano perso ogni speranza e ogni fiducia. Speriamo che ci sia un’indagine sia amministrativa sia della Procura che investighi su tutti i morti fino all’ultimo di ieri. Non sappiamo ovviamente qual è il legame, ma sappiamo che quello è un carcere tragico. Per questo va chiuso".

Roma: a Rebibbia trasmissione "Demo: l’acchiappatalenti"...

 

Redattore Sociale, 28 aprile 2004

 

Per la prima volta una trasmissione radiofonica interamente registrata in carcere. L’evento, sostenuto e patrocinato dall’Assessorato per le Periferie, lo Sviluppo Locale, il Lavoro del Comune di Roma, prevede la registrazione di una puntata della trasmissione radiofonica "Demo: l’acchiappatalenti" ideata e condotta da Michael Pergolani e Renato Marengo, in onda tutti i giorni su Radio 1 Rai nella Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso. Uno special di un’ora direttamente in carcere; lo show sarà poi trasmesso nelle prossime settimane. Protagonisti nell’occasione saranno i "Presi per caso", un gruppo musicale costituito da detenuti ed ex detenuti formatosi proprio a Rebibbia. Allo straordinario concerto parteciperanno: A67 (gruppo di Scampia recentemente scoperto da Demo), Red Wagons, Awa, Dopolavoro Ferroviario. Si esibirà, inoltre, Teresa de Sio, cantautrice da sempre attenta a tematiche legate al sociale.

"È la prima volta che un programma radiofonico musicale verrà interamente realizzato all’interno di un carcere. Tengo particolarmente a partecipare al concerto di questo pomeriggio a Rebibbia - dichiara l’Assessore Paolo Carrazza -.

È importante che il carcere non rimanga un luogo chiuso e isolato dal mondo. Nelle scorse settimane si è parlato ripetutamente di amnistia poi, come sempre, è calato il sipario sulla vicenda, senza che si sia concretizzato nessun provvedimento di clemenza – e conclude - Noi oggi andiamo a Rebibbia per portare fuori dal carcere una nota positiva: la musica di un gruppo di detenuti che si esibirà insieme ad artisti affermati, attraverso i microfoni di Radio 1 Rai".

Sulmona: dopo il nuovo suicidio ora si indaga sull’istigazione

 

Agi, 28 aprile 2004

 

È stata fissata per domani l’autopsia sul corpo di Francesco Vedruccio, il detenuto di 37 anni nativo di Squinzano (Lecce), che la scorsa notte si è tolto la vita nel supercarcere di Sulmona. La data per l’esame autoptico - sostengono ambienti della Procura di Sulmona - è ancora sottoposta a conferme in quanto si stanno registrando difficoltà nelle notifiche di rito per l’atto irripetibile. È stato comunque confermato che il fascicolo aperto contro ignoti ha in sé l’ipotesi di accusa di istigazione al suicidio, necessaria per avviare formalmente l’inchiesta.

Intanto il sopralluogo effettuato la scorsa notte nei locali dove il giovane detenuto si è suicidato non ha fatto emergere situazioni particolari. Vedruccio, secondo una prima ricostruzione, si è ucciso impiccandosi alla grata della finestra del bagno con il cordone della tuta. A scoprire il corpo senza vita dell’uomo è stato il suo compagno di cella, insospettito per non averlo visto rientrare. L’allarme è stato lanciato immediatamente, ma gli agenti di polizia penitenziaria del supercarcere una volta raggiunto l’interno del bagno hanno solo potuto constatarne la morte, ufficialmente dichiarata subito dopo dal medico del carcere. Vedruccio, in carcere per associazione per delinquere, avrebbe finito di scontare la sua pena nel 2010.

L’ultimo suicidio nel supercarcere di Sulmona risale allo scorso primo marzo quando a togliersi la vita, con modalità analoghe, era stato il "pentito" Nunzio Gallo, di Torre Annunziata (Napoli). Il 3 gennaio 2005 ad impiccarsi era stato Guido Cercola, luogotenente di Pippo Calò, che a Sulmona stava scontando l’ergastolo per l’attentato al treno rapido 504. Quello di ieri sera è il sesto suicidio dal 14 ottobre del 2003. Qualche tempo prima, il 19 aprile 2003, venerdì Santo, a togliersi la vita, sparandosi un colpo di pistola, fu la direttrice dello stesso istituto di pena, Armida Miserere. Ma il caso più eclatante si è registrato il 16 agosto scorso con il suicidio del sindaco di Roccaraso (L’Aquila) Camillo Valentini finito in carcere nell’ambito di una vasta inchiesta su presunte irregolarità negli appalti per i lavori della Coppa del Mondo di sci a Roccaraso.

Rosarno: sindaco a detenuti Palmi, un gesto che vi fa onore

 

Ansa, 28 aprile 2004

 

Quello manifestato dai giovani detenuti del supercarcere di Palmi resisi disponibili a donare il midollo osseo a Silvia, la giovane rosarnese ricoverata a Milano in attesa di trapianto è un gesto che gli fa onore, poiché costituisce ulteriore motivo di speranza per chi soffre. Lo ha scritto il sindaco di Rosarno, Giacomo Saccomanno in una lettera ai giovani reclusi. Nella lettera, inviata per conoscenza al Procuratore della Repubblica di Palmi e al Presidente del Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, il sindaco del comune calabrese fornisce indicazioni circa il percorso burocratico da compiere per fa sì che i giovani reclusi possano ottenere l’autorizzazione ad effettuare l’esame ematologico nella struttura ospedaliera specializzata per questo tipo di analisi.

Sulmona: Manconi; il 60% dei suicidi riguarda i giovani

 

Vita, 28 aprile 2005

 

"L’ennesimo suicidio nel carcere di Sulmona (6 in diciannove mesi più quello della direttrice nell’aprile del 2003 ) richiede profondi e urgenti mutamenti nella politica penitenziaria". Lo afferma Luigi Manconi, responsabile del Dipartimento Diritti civili dei Democratici di Sinistra. "Nel corso del 2005 - continua - si sono tolti la vita già 20 detenuti: il dato generale dice che negli istituti di pena italiani ci si ammazza 17-18 volte più di quanto ci si ammazzi fuori dal carcere. Altro dato costante: oltre il 50% dei detenuti che si suicidano (il 54% nel 2004) si toglie la vita nei primi sei mesi di reclusione. Succede così anche nel 2005: la metà si è tolta la vita entro i primi 6 mesi di reclusione, 4 entro i primi 3 giorni".

"Rispetto all’età dei detenuti suicidi, ricordiamo che nel complesso della popolazione italiana oltre il 65% dei suicidi registrati riguarda persone sopra i 44 anni; in carcere solo il 13%: ma, tra i reclusi, il 60% dei suicidi riguarda persone tra i 18 e i 34 anni. Ancora: in carcere l’87% dei suicidi avviene tra i 18 e i 44 anni, mentre la media nazionale in quella fascia d’età raggiunge il 35% appena". "L’identikit del possibile detenuto suicida disegna, pertanto, il ritratto di un giovane alla prima detenzione, imputato di reati minore e di ridotto allarme sociale, che sceglie di togliersi la vita nel primo o primissimo periodo di reclusione".

"Questo sottolinea ancor di più il ruolo drammaticamente insufficiente del "Servizio nuovi giunti", destinato a fornire un servizio specifico a questa fascia sensibile di popolazione reclusa. Istituito in un numero assai limitato di strutture (16 su 205), quel servizio non è assolutamente in grado, oggi, di tutelare il detenuto e di ridurre il rischio-suicidio. Tanto più che le ultime leggi finanziarie hanno drasticamente tagliato tutte le voci relative al trattamento dei detenuti".

"Non solo: va ricordato che nel corso del 2004, a dimostrazione di uno stato generale di disagio, si sono tolti la vita 8 agenti di polizia penitenziaria. Tutto ciò ha, evidentemente, molte cause: la prima rimanda all’affollamento degli istituti di pena (il 75% è sovraffollato) e al fatto che nel sistema carcerario italiano si trovano 16 mila detenuti oltre la capienza tollerabile. La prima misura da prendere è, dunque - conclude Luigi Manconi - quella di ridurre in maniera significativa il numero dei detenuti, attraverso provvedimenti adeguati: dall’amnistia alla depenalizzazione di alcuni reati al ricorso più ampio a sanzioni alternative".

Sulmona: Osservatore Romano; detenuti in condizioni inaccettabili

 

Vita, 28 aprile 2005

 

"Dolore e amarezza" per l’ennesimo gesto "disperato" di un detenuto che si e’ tolto la vita nel carcere di Sulmona. Un "nuovo dramma", scrive l’Osservatore Romano, ricordando che il suicidio di Francesco Verduccio avviene in un carcere in cui "tali episodi si sono ripetuti con una frequenza che non può non far riflettere". Ciò che ormai è "evidente - sottolinea ancora il quotidiano della Santa Sede - è che le condizioni di vita dei detenuti sono ormai da tempo, in molte carceri italiane, non più accettabili in un Paese civile".

Giachetti (Margherita); preoccupa allarme del Garante su Rebibbia

 

Ansa, 28 aprile 2005

 

"Il giorno dopo l’ennesimo suicidio avvenuto nel penitenziario di Sulmona, giunge tempestivo il preoccupante allarme del Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, sull’intollerabile situazione in cui versa il carcere romano di Rebibbia". Lo dichiara l’on. Roberto Giachetti, coordinatore della Margherita di Roma, che presenterà sull’argomento un’interrogazione al ministero della Giustizia. "Al ministro Castelli chiediamo di verificare la denuncia del Garante sulle gravi carenze registrate a Rebibbia, dall’assenza di uno dei magistrati di sorveglianza all’insufficienza dell’assistenza sanitaria, e soprattutto sui problemi legati al sovraffollamento delle celle", aggiunge l’esponente dielle. "Come sostiene giustamente Marroni, è inammissibile la violazione di diritti fondamentali non solo dei detenuti, ma degli esseri umani, come il diritto alla salute, al lavoro, allo studio, a condizioni di vita civili", afferma Giachetti.

"Invitiamo inoltre il Guardasigilli a raccogliere l’appello di un gruppo di detenute del carcere, pubblicato oggi in una lettera aperta da un quotidiano, affinché sia raggiunto dal Parlamento italiano un accordo in merito alla concessione dell’amnistia o dell’indulto, ancora più necessario a causa delle condizioni invivibili, riscontrate più volte, degli istituti di pena in Italia", conclude il deputato dielle.

Sulmona: Dalla Chiesa (Margh.); Castelli deve intervenire subito

 

Adnkronos, 28 aprile 2005

 

"Quando in un carcere, in meno di due anni, sei detenuti si tolgono la vita, vuol dire che quel carcere non è un albergo né a cinque, né a quattro, né a una stella. Chiuderlo di colpo senza sapere dove mandare i detenuti può rivelarsi una misura infelice, ma intervenire da subito sulle condizioni di vita e sulle relazioni sociali subite dai carcerati è un dovere immediato da parte del ministro". Così il capogruppo della Margherita in commissione Giustizia al Senato, Nando Dalla Chiesa, si rivolge al Guardasigilli Roberto Castelli dopo l’ennesimo suicidio di un detenuto nel carcere di Sulmona.

 

 

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