Rassegna stampa 29 aprile

 

Sulmona: dopo i suicidi 5 ispezioni e nessun responsabile

 

Ansa, 29 aprile 2005

 

"È da escludere qualsiasi responsabilità degli operatori penitenziaria". Così si sono concluse le cinque indagini ispettive avviate dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nel carcere di Sulmona per far luce su altrettanti suicidi che si sono verificati negli ultimi diciotto mesi. La sesta ispezione è imminente, all’indomani del suicidio in cella di Francesco Vedruccio.

Nelle relazioni che accompagnano le conclusioni delle ispezioni che hanno fatto seguito ai suicidi di Diego Aleci, Francesco Di Piazza, del sindaco di Roccaraso Camillo Valentini, di Guido Cercola e Nunzio Gallo, viene sottolineato che tutti e cinque i detenuti avevano "a disposizione la normale dotazione di oggetti consentiti dalla normativa vigente e dal regolamento di istituto". Questi oggetti sono nella maggior parte dei casi i lacci delle scarpe o la cinghia dei pantaloni della tuta, "utilizzati - si legge nelle relazioni - per l’insano gesto".

Il caso che fece più scalpore fu quello del sindaco di Roccaraso, arrestato il 14 agosto del 2004 per concussione. Due giorni dopo si tolse la vita infilando la testa in un sacchetto di plastica stretto intorno al collo da un laccio da scarpe. L’ispezione del Dap arrivò alla conclusione che Valentini, non appena arrivato nel carcere di Sulmona, non diede alcun "segno di disagio, né mentale né sanitario", tant’è che "il colloquio di primo ingresso con il sanitario giudicava basso il rischio suicidario". Il sindaco, però, si tolse la vita. Anche in quel caso venne esclusa qualsiasi responsabilità a carico dei vari operatori penitenziari. Anche in quel caso, il detenuto aveva "a disposizione la normale dotazione di oggetti consentiti dalla normativa vigente e dal regolamento interno d’istituto, tra cui appunto i lacci delle scarpe e la busta di plastica utilizzati per l’insano gesto".

Sulmona: Castelli; per risolvere situazione prenderemo misure forti

 

Ansa, 29 aprile 2005

 

"Il carcere di Sulmona, per come è costruito e per come è organizzata la vita dei detenuti, non merita sicuramente la nomea di carcere maledetto". Ha parlato di "situazione paradossale" il ministro di Giustizia, Roberto Castelli, che questo pomeriggio ha visitato il supercarcere di Sulmona, all’indomani del suicidio - l’ennesimo avvenuto nella struttura penitenziaria abruzzese - del detenuto 36/enne Francesco Vedruccio, pugliese con condanne per estorsione e furto aggravato da scontare fino al 2010.

Dopo aver annunciato all’arrivo "misure molto forti" e dopo aver parlato di "situazione intollerabile", all’uscita dalla visita, durata circa un’ora e mezza, Castelli ha mostrato una situazione diversa, descrivendo il carcere di Sulmona come "un penitenziario modello, molto al di sopra della media nazionale per quanto riguarda gli indicatori che si verificano in questi casi: sovraffollamento, organico, possibilità dei detenuti di lavorare e studiare". Eppure "in altri penitenziari in condizioni enormemente peggiori non capitano gli episodi che accadono qui". Per questo, secondo il ministro "occorrerà intervenire soprattutto sull’aspetto psicologico: evidentemente - ha spiegato - non sempre buone abitabilità e vivibilità delle strutture corrispondono ad un buono stato psichico degli uomini".

Un vero e proprio "blitz", quello di questo pomeriggio del ministro Roberto Castelli, accompagnato nella visita dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Giovanni Tinebra, sull’onda dello sconcerto per il sesto suicidio nell’arco di un anno e mezzo, il terzo dall’inizio del 2005: il più eclatante quello del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini, impiccatosi con i lacci delle scarpe il 16 agosto del 2004, mentre quest’anno c’erano gia¿ stati, il 3 gennaio, quello di Guido Cercola, braccio destro di Pippo Calò, coinvolto nella strage del Rapido 904, e il primo marzo quello del pentito napoletano Nunzio Gallo, impiccatosi a una grata, come Vedruccio, con il cordoncino della tuta.

Una situazione diventata sempre più esplosiva per un carcere di massima sicurezza che ospita reclusi particolari, anche con vicende di disagio psicologico. Tanto che ora lo stesso Tinebra ha ipotizzato di intervenire anche attraverso il trasferimento di detenuti. Intanto il Dap ha avviato un’ulteriore ispezione amministrativa, che si affianca all’inchiesta giudiziaria aperta dal sostituto procuratore di Sulmona, Aura Scarsella, che nel fascicolo contro ignoti ha formulato l’ipotesi di "istigazione al suicidio". Sentito, in quest’ambito, il compagno di cella di Vedruccio, agenti di polizia penitenziaria, funzionari dell’istituto di pena, mentre si attende ancora l’autopsia.

A far scattare la volontà suicida di Vedruccio, entrato nel carcere nell’agosto scorso, considerato elemento a rischio, sottoposto a frequenti colloqui con lo psichiatra e mai trasferito in una cella singola, sarebbe stata una telefonata di un parente ricevuta nel pomeriggio di ieri, nella quale si sarebbero riacutizzati i suoi problemi nel rapporto con la famiglia: Vedruccio non accettava che la moglie non volesse più saperne di lui e che gli impedisse di vedere il figlio.

E mentre il direttore del carcere, Giacinto Siciliano, rivendica per la struttura di Sulmona un’immagine diversa da quella di "carcere dei suicidi" ("qui i detenuti lavorano, fanno molte attività, persino iniziative di beneficenza", come verificato positivamente anche da Castelli), il responsabile dell’area medica, Fabio Federico, solleva un’ipotesi inquietante, confermata dal racconto di un detenuto recentemente salvato per miracolo: sarebbe proprio la formidabile eco che riceve sulla stampa un gesto autolesionistico compiuto nel carcere di Sulmona ad incentivare i numerosi tentativi di suicidio. Una spirale perversa, un vero e proprio "effetto domino", come lo definisce la direzione del carcere, innescata dal suicidio della direttrice Armida Miserere, che nell’aprile del 2003 si uccise nel suo ufficio sparandosi un colpo di pistola.

Sulmona: 6 detenuti e la direttrice suicidi  in meno di 2 anni...

 

Ansa, 29 aprile 2005

 

Una lunga serie di suicidi di detenuti ha segnato negli anni il carcere di Sulmona: una decina negli ultimo decennio, ma con una forte accelerazione dei casi nell’ ultimo biennio. Sono stati infatti sei i detenuti che si sono tolti la vita tra le sbarre del supercarcere dall’ ottobre del 2003. E pochi mesi prima era stata la stessa direttrice del carcere ad uccidersi: Armida Miserere, che nel venerdì santo di due anni fa si sparò un colpo di pistola alla tempia destra nell’alloggio interno all’istituto di pena. Il penitenziario sulmonese è entrato in funzione nel 1992; sorge vicino a quello vecchio adattato in un convento benedettino del XII secolo. È composto da 13 fabbricati; le sezioni di detenzione sono dieci per complessive 250 celle in grado di ospitare 500 detenuti, mentre ve ne sono 400, la maggior parte dei quali in regime di alta sicurezza, mentre una ventina sono sottoposti al 41 bis, cioè il carcere duro riservato a chi è stato condannato per reati di associazione di stampo mafioso. La serie dei suicidi comincia il 16 dicembre 1994, con una rivolta dei detenuti.

Dieci agenti sono indagati per presunte violenze sui rivoltosi. Il primo morto è di poche settimane dopo, il 19 gennaio 1994: Luigi D’ Aloisio, 37 anni, di Barletta (Bari), malato di Aids, si impicca con il lenzuolo legato alla finestra della camera di sicurezza. Il 18 giugno 1999 Cosimo Tramacere (26) di Mesagne (Brindisi), alla vigilia del ritorno in carcere dopo un permesso di tre giorni, si getta sotto a un treno. Il 12 Luglio 1999 si impicca in cella con il lenzuolo Antonio Miccoli (30), di Foggia. Il 23 gennaio 2000 l’ergastolano Luigi Acquaviva si impicca nel carcere ‘Badu ‘e carros’ di Nuoro: era da poco arrivato da Sulmona dove aveva tentato di uccidere un compagno di cella. Il 2 luglio 2001 le guardie sventano un tentativo di suicidio. Poi la serie ravvicinata: 19 aprile 2003, si uccide la direttrice; 14 ottobre successivo si impicca in cella, con i lacci delle scarpe legati a una grata, Diego Aleci (41), mafioso di Marsala (Trapani); 28 giugno 2004, allo stesso modo, si uccide Francesco Di Piazza (58 anni), del clan di Giovanni Brusca.

Il 16 agosto 2004 il sindaco di Roccaraso (L’Aquila) Camillo Valentini - arrestato due giorni prima per concussione - si soffoca nella cella di sicurezza mettendo la testa in una busta di plastica. Cinque giorni dopo un pedofilo assassino si taglia le vene, ma viene salvato. Il 3 gennaio 2005, con i lacci delle scarpe si impicca Guido Cercola, braccio destro di Pippo Calò, coinvolto nella strage del "Rapido 904". Il primo marzo scorso si impicca alla grata della sua cella singola nella sezione alta protezione il pentito Nunzio Gallo, 28 anni, di Torre Annunziata (Napoli). Quindi l’ ultimo della serie, il suicidio di ieri, quello di Francesco Vedruccio, 36 anni, che si è tolto la vita nel bagno della cella che condivideva con un altro detenuto.

Sulmona: Brutti (Ds), subito un’indagine parlamentare

 

Asca, 29 aprile 2005

 

"È evidente che nel supercarcere di Sulmona sta accadendo qualcosa di estremamente grave. Quello di ieri sera è il settimo suicidio in due anni, il terzo dagli inizi del 2005 ad oggi. Tra quelle mura si è tolta la vita anche la direttrice della struttura penitenziaria. Si tratta di una successione inquietante che deve allarmarci tutti. Credo che sia doveroso avviare al più presto un’indagine conoscitiva del Parlamento per conoscere la situazione di quel penitenziario, comprendere a fondo le condizioni di vita dei detenuti e le condizioni di lavoro degli operatori penitenziari". Lo sottolinea in una dichiarazione il senatore Massimo Brutti, responsabile Giustizia dei Democratici di Sinistra. "Solo così sarà possibile capire quali interventi adottare per voltare pagina. Il ministro Castelli oggi dice che andrà a Sulmona stasera stessa. Va bene. Attenzione, però, non basta una visita, non bastano iniziative emergenziali o superficiali, occorrono un’indagine e un’analisi approfondite che consentano di intervenire in modo radicale. Questa catena di suicidi deve essere spezzata, ci auguriamo che quello di ieri sera rimanga l’ultimo".

Sulmona: Testa (Radicali): situazione carceri è vergognosa

 

Agenzia Radicale, 29 aprile 2005

 

Dichiarazione di Irene Testa, segretario dell’Associazione il Detenuto ignoto e membro della giunta di Radicali Italiani. Il super carcere di Sulmona, dove questa notte si è tolto la vita Francesco Vedruccio, ennesimo caso di suicidio nel giro di pochi mesi, non è affatto un’eccezione rispetto a numerose altre realtà carcerarie. Si immagini quale grado di disperazione e di annientamento della persona umana, diluito nella gamma dei 206 istituti nazionali, per arrivare alla orribile e scandalosa punta dell’iceberg del carcere di Sulmona, dove i detenuti arrivano a suicidarsi sempre più spesso. Del resto, come si sa, i campanelli d’allarme sulla condizione delle carceri italiane suonano ogni giorno più numerosi da ogni angolo d’Italia, denunciando una realtà di manifesta illegalità, inumanità e ingiustizia nella gestione delle pene; una vergogna per il Paese, per il suo senso civico e umano. Il ministro Castelli, che nelle ultime ore ha fatto sapere che se avrà tempo si recherà a visitare quello che è stato definito "carcere della morte" si renda conto del fallimento della sua gestione della Giustizia, fatta di interventi e politiche sbagliate nei momenti sbagliati, e pensi, insieme ai politici di ogni schieramento, a collaborare per una urgente calendarizzazione, votazione e approvazione di un provvedimento di amnistia, come richiestogli anche oggi dal Senatore Giulio Andreotti.

Tunisia: la Croce rossa ammessa nei luoghi di detenzione

 

Vita, 29 aprile 2005

 

Un accordo relativo alle attività umanitarie del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) in favore delle persone private di libertà è stato firmato tra le autorità tunisine e il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr). Lo ha comunicato oggi a Ginevra la Croce Rossa. Secondo l’accordo, firmato martedì scorso, il Cicr sarà autorizzato a visitare regolarmente tutti i luoghi di detenzione in Tunisia. L’obiettivo delle visite è valutare le condizioni di detenzione e il trattamento riservato ai prigionieri. I rapporti stilati dopo le visite saranno trasmessi soltanto alle autorità tunisine e serviranno per stabilire un dialogo destinato a garantire ai prigionieri un trattamento che rispetti la dignità umana. Tra breve saranno organizzate le prime visite dalla delegazione regionale del Cicr a Tunisi.

Iglesias: contributi economici e vestiti per gli ex carcerati

 

L’Unione Sarda, 29 aprile 2005

 

Non ha fatto mancare il suo sostegno quando, nei mesi scorsi, i detenuti del carcere di Iglesias hanno protestato per rivendicare condizioni migliori. Sovraffollamento, mancanza di acqua calda, pochi incontri con gli assistenti: questi i problemi principali lamentati all’inizio dell’anno dalle persone recluse nel carcere di Sa Stoia. E padre Adrian è stato vicino a loro in uno dei momenti più difficili. La sua missione, tuttavia, non si ferma qui.

"Il problema principale - spiega il francescano - si presenta quando queste persone escono dal carcere. Soprattutto chi non ha famiglia è costretto a fare i conti con situazioni molto difficili. Questa è una domanda che io mi pongo spesso: cosa faranno?" La diocesi, attraverso l’apporto dei volontari, cerca di fare il possibile per rendere meno complicato il ritorno dei detenuti alla vita normale: qualche contributo economico, acquisto di capi di vestiario e ospitalità nella casa Santo Stefano, il centro di accoglienza che si trova lungo la strada per la chiesa del Buoncammino. Tra queste mura trovano ospitalità, per una o due notti, gli ex detenuti che si affacciano verso una nuova vita. (c.s.)

Iglesias: Adrian, il francescano che ascolta i musulmani

 

L’Unione Sarda, 29 aprile 2005

 

Il telefonino cellulare è sempre acceso, a portata di mano sotto la tonaca nera. Ma non è una moda o un capriccio "è che in un certo senso devo essere sempre reperibile, perché per molti di loro sono l’unico punto di riferimento". Loro sono i detenuti del carcere di Sa Stoia, alla periferia della città, lungo la provinciale per Carbonia. Mentre lui è Adrian, frate francescano non ancora trentenne diventato da alcuni mesi il cappellano della struttura di pena. Ma è molto più che un semplice sacerdote: padre Adrian, originario di Bacau, una cittadina della Moldavia a 350 chilometri da Bucarest, assieme ai volontari che prestano il loro servizio in carcere, è l’unica speranza per i detenuti. Soprattutto quelli extracomunitari, e sono la maggioranza, che non hanno nessuno con cui parlare nelle ore di colloquio riservate ai familiari, nessuno cui potere fare una telefonata ogni tanto. "La mia attività principale - racconta parlando in ottimo italiano mentre è seduto in una delle stanze del convento francescano di via Crispi dove vive la comunità dei frati - riguarda la parte spirituale. Il che non significa soltanto pregare o celebrare la messa la domenica, ma anche dialogo e scambio di esperienze. La cosa meravigliosa è che in carcere ci sono tanti musulmani, sono la maggioranza e io dico loro ecco questa è la croce cristiana, ora parlate voi, ditemi cosa avete nella vostra religione". Sarà un caso - San Francesco e il mondo musulmano, è stato l’argomento della sua tesi. E chissà se ci pensava padre Adrian che, da lì a qualche anno, quel tema scelto per concludere gli studi in teologia gli sarebbe stato utilissimo nella sua missione di frate francescano. Quattro giorni alla settimana, questa la media delle sue visite in carcere. "Molti detenuti non hanno familiari o amici con cui poter parlare e io, assieme ai volontari della Caritas (una realtà bellissima che mi ha colpito quando sono arrivato in Italia quella del volontariato), cerco di dare qualcosa. Non hanno bisogno soltanto di aiuti economici o vestiti per quando escono, ma soprattutto di un sostegno morale. L’altro giorno un detenuto italiano mi ha detto: anche se sono qui dentro mi sento tranquillo perché ho l’amore dei miei familiari che mi fa andare avanti. Ecco, io cerco di dare questo amore a chi non ha una famiglia come punto di riferimento". Nessuna imposizione, ognuno ha la propria religione, la propria fede. Ma molti momenti di confronto, di dialogo e durante gli incontri qualcuno "in particolare i sardi", gli chiedono di parlare nella sua lingua, il rumeno. Anche questa può essere un’occasione di arricchimento culturale. Non è sempre facile, qualcuno talvolta si mostra ostile "ma non perché io sia un religioso, piuttosto perché creano una specie di muro con l’esterno, si chiudono. E allora, in quei casi, mi piace dire che bisogna cesellare la pazienza". Alla fine i risultati arrivano: come quando, un detenuto particolarmente ostile, una volta finita di scontare la pena gli ha detto "grazie per quello che hai fatto per me". Cinzia Simbula

Mamone: tappa del rally Italia Sardinia nella colonia penale

 

L’Unione Sarda, 29 aprile 2005

 

La prova speciale denominata Mamone, di 18,57 km, della prima tappa del Supermag Rally Italia Sardinia, in programma oggi si svolge in parte all’interno dell’area della Casa di Reclusione di Mamone. La speciale verrà ripetuta due volte e 2,94 km del percorso si correranno all’interno dell’area del carcere. Il Rally Italia Sardinia attraverserà quindi i confini della Casa di Reclusione. L’Aci, l’Europe Team e l’Amministrazione Carceraria hanno deciso di far passare una prova speciale della prima tappa, all’interno del comprensorio carcerario.

Prima della corsa, nelle scorse settimane, una ventina di detenuti hanno partecipato ad un corso di formazione per commissari di percorso, in qualità di ausiliari, per affiancare, durante la gara, gli ufficiali di gara titolati, sempre e solo all’interno del comprensorio carcerario. Situata nell’alta valle del Tirso, a circa m. 900 di altitudine, la Casa Reclusione di Mamone si estende per una superficie di circa 2700 ettari dalla morfologia variabile. La vegetazione è tipica mediterranea, con oliveti, sughereti, frutteti e bellissime piante millenarie.

Cinque laghetti alimentati da sorgenti perenni costituiscono le risorse idriche naturali. La Casa di Reclusione fu istituita ai primi del 1900 e accoglie 180 detenuti di cui l’ottanta per cento extracomunitari, con una pena o con un fine - pena non superiore a quattro anni. Da qualche anno la Casa Reclusione di Mamone ha promosso la collaborazione e l’integrazione con la comunità esterna adottando provvedimenti formativi per il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro. Seguendo tale logica i detenuti hanno aiutare i paesi vicini al ripristino delle strade interrotte per l’alluvione e alla cura dei giardini pubblici. Attualmente Mamone è una delle più estese aziende agricole della Sardegna.

Sulmona: visita di Castelli nel carcere dei sei suicidi

 

L’Unione Sarda, 29 aprile 2005

 

"Il carcere di Sulmona, per come è costruito e per come è organizzata la vita dei detenuti, non merita sicuramente la nomea di carcere maledetto". Ha parlato di "situazione paradossale" il ministro di Giustizia, Roberto Castelli, che ieri pomeriggio ha visitato il supercarcere di Sulmona, all’indomani del suicidio (si è impiccato alla finestra del bagno della sua cella) del detenuto 36/enne Francesco Vedruccio, pugliese con condanne per estorsione e furto aggravato da scontare fino al 2010. Dopo aver annunciato all’arrivo "misure molto forti" e dopo aver parlato di "situazione intollerabile", all’uscita dalla visita, durata circa un’ora e mezza, Castelli ha mostrato una situazione diversa, descrivendo il carcere di Sulmona come "un penitenziario modello". Castelli era accompagnato ieri nella visita dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Giovanni Tinebra, sull’onda dello sconcerto per il sesto suicidio nell’arco di un anno e mezzo, il terzo dall’inizio del 2005. Intanto il Dap ha avviato un’ulteriore ispezione amministrativa, che si affianca all’inchiesta giudiziaria contro ignoti in cui si ipotizza l’"istigazione al suicidio".

Pescara: medico del carcere; non ho favorito i detenuti

 

Il Messaggero, 29 aprile 2005

 

Parla per due ore. È un fiume in piena. Vuole chiarire tutto e subito Vincenzo Giuliani, il medico del carcere San Donato di Pescara finito agli arresti domiciliari per aver rilasciato certificati medici di favore a detenuti e agenti di custodia, stando a quanto sostiene l’accusa. Falso, corruzione, e truffa ai danni dello Stato le accuse che gli vengono contestate in questa delicata inchiesta che vede il sanitario indagato insieme a quattro detenuti, tre agenti di custodia e l’infermiere del carcere.

Ieri, davanti al gip, al pm Varone e al suo legale di fiducia, Anna Maria Petrei Castelli, ha cercato di chiarire alcuni aspetti della vicenda e fornito la sua versione dei fatti, sostenendo comunque la sua completa estraneità alle accuse. Quanto ai quattro detenuti indagati con lui e che avrebbero beneficiato dei suoi certificati per uscire dal San Donato (è quello che sostiene la procura), Giuliani avrebbe riferito di aver fatto soltanto il suo dovere. Non è vero che avrebbe stilato certificati medici senza visitare i detenuti: "Per chi ad esempio aveva dei problemi psichici o di depressione - avrebbe detto in estrema sintesi - non potevo far altro che affidarmi alla documentazione clinica già esistente mentre in altri casi (quello del cardiopatico ndr) ho visitato e certificato".

Riguardo poi ad un caso specifico di un ricovero d’urgenza richiesto per una detenuta che in quel momento si trovava fuori dal carcere per un permesso, il medico avrebbe risposto che aveva studiato la sua cartella clinica e, conoscendo i suoi comportamenti, ne aveva disposto il ricovero in ospedale dove effettivamente rimase per circa un mese per poi passare in una clinica privata specializzata. La questione sarebbe stata fraintesa, dunque, nella intercettazione tra il medico e l’infermiere (anche lui interrogato ieri dal gip) quando quest’ultimo avrebbe detto a Giuliani "abbiamo sbagliato, questa è fuori in permesso", per poi andare a cancellare sul registro del carcere quella registrazione importante invece di tirarvi su una linea e lasciare il tutto ben visibile così come gli aveva detto lo stesso Giuliani.

Quanto agli agenti di custodia, sarebbero stati tutti suoi mutuati e dunque ben conosciuti dal professionista sotto il profilo medico. Giuliani avrebbe anche sostenuto che uno degli agenti, quello indagato per concorso in corruzione per aver effettuato gratuitamente dei lavori edili nella casa del medico (la moglie dell’agente è titolare di una piccola impresa), anche lui interrogato ieri dal gip, si sarebbe recato a casa sua ma non nei giorni in cui il professionista gli aveva rilasciato la certificazione medica per giustificare l’assenza dal lavoro.

"Potete fare tutti i riscontri che volete - avrebbe aggiunto l’indagato al giudice - su quanto ho detto oggi e vedrete che è tutto vero". Giuliani avrebbe anche detto di non capire perché la gola profonda di questa inchiesta, un detenuto con diversi precedenti, ce l’abbia tanto con lui visto che non gli avrebbe mai negato nulla. Questo detenuto avrebbe dato il via all’inchiesta facendo poi scattare una serie di intercettazioni telefoniche che ora costituiscono la base del castello accusatorio.

Sulmona: Castelli; questa è una struttura moderna e affidabile

 

Il Messaggero, 29 aprile 2005

 

"Il carcere del paradosso". Così il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha esordito incontrando i giornalisti dopo la sua visita al supercarcere abruzzese. Prima di entrare il ministro aveva detto "prenderemo decisioni drastiche"; poi durante la visita, l’incontro col direttore Giacinto Siciliano e tutto il personale, dai sanitari a quello di sostegno psicologico, agli educatori, è diventato diametralmente opposto all’idea che si era fatto di quello che era diventato il "carcere maledetto".

"Ho trovato tutti gli indici positivi al di sopra della media nazionale – ha detto il ministro Castelli – mi riferisco alla professionalità del personale ma anche al loro entusiasmo nel lavoro, alle condizioni lavorative nella struttura, alla vivibilità stessa del carcere, all’assenza di sovraffollamento. Insomma ho potuto constatare uno stato ottimale delle condizioni. E qui sta il paradosso di quanto è accaduto in questa struttura che si può definire senza dubbio una delle migliori che abbiamo in Italia". Dichiarazioni che tagliano cancellano le tante iniziative "punitive" che sono arrivate, e più volte addirittura a richiedere la chiusura del Supercarcere, com’è accaduto anche in questa occasione. Il ministro della Giustizia ha detto ancora "conosco molto bene le carceri italiane e ne esistono molte che stanno molto ma molto peggio di questa, eppure in quelle non accadono gli episodi che sono avvenuti qui". Il problema è adesso trovare iniziative valide a fermare questa catena di suicidi; e non è problema da poco perché, come ha sottolineato Castelli "si tratta di un problema tutto psicologico, e su questi non è facile intervenire senza riflettere bene. Sono in corso tante iniziative per una maggiore integrazione con la città, e la presenza del sindaco della Città non è casuale. Mi sembra giusto aggiungere – ha detto ancora – che il carcere di Sulmona non meriti proprio l’appellativo di "maledetto"".

Al ministro è stato chiesto se ci saranno i trasferimenti ipotizzati dallo stesso direttore Tenebra. La risposta è stata "prenderemo sicuramente delle misure rapide perché bisogna dare risposte a questa situazione. Qualche azione l’ho già in mente ma dovremmo discuterne a mente fredda. E questo perché in questa struttura ci sono detenuti particolari, ma non è certo un ospedale psichiatrico. Conosco altri penitenziari dove ci sono detenuti con pene detentive lunghe che sono in condizioni enormemente peggiori rispetto a questo, dove però non capitano questi episodi".

Anche sulle carenze del personale Castelli ha detto che Sulmona è al di sopra della media, mancano infatti 20 uomini e ci sono oggi più certezze che questo aspetto possa essere risolto. C’è un aspetto che il ministro non ha detto esplicitamente ma che ha fatto capire abilmente: la città, ecco la presenza del sindaco Franco La Civita, si deve aprire di più verso questa realtà. Sulmona, aggiungiamo, deve ritrovare la solidarietà di 60 anni fa quando aprì le case ai prigionieri alleati fuggiti dal "Campo 78".

Sulmona: Pagliarulo (Pdci); servono subito amnistia e indulto

 

Asca, 29 aprile 2005

 

"La vicenda dei suicidi nel carcere di Sulmona presenta troppi lati oscuri. È urgente un’inchiesta della magistratura sulla lunga serie di decessi. Ma i suicidi e gli atti di autolesionismo nelle carceri italiane rimettono drammaticamente all’ordine del giorno un provvedimento di clemenza che, escludendo i reati più gravi, consenta di diminuire il sovraffollamento carcerario". Lo sottolinea in una nota il sen Gianfranco Pagliarulo, direttore de La Rinascita della Sinistra, della Segreteria nazionale Pdci. "Se ne è parlato per qualche giorno un paio di mesi fa, poi il silenzio. Nel discorso di insediamento Berlusconi non ha neanche accennato all’argomento. Eppure sono già stati presentati i disegni di legge in merito. La politica carceraria di Castelli è stata un palese fallimento: fondi tagliati, personale carente. Occorre un’altra politica finalmente ispirata alla Costituzione. Ma occorre anche - conclude - che il Parlamento decida al più presto un provvedimento di clemenza, sconfiggendo le resistenze forcaiole e vendicative della Lega e di una parte di An".

Tinebra: nostro sistema penitenziario ammirato all’estero

 

Il Tempo, 29 aprile 2005

 

Negli ultimi 30 anni le carceri italiane "hanno fatto passi da gigante", tanto che nel 2004 "26 delegazioni da tutto il mondo sono venute a studiare il nostro sistema". Ma i problemi non mancano. Così il capo del Dap, Giovanni Tinebra, ha tracciato un bilancio del sistema penitenziario a margine del convegno di presentazione di Pandora, un progetto nato nel 2001 per il reinserimento dei detenuti Tinebra. Il capo del Dap si è limitato ad affrontare in generale le questioni ancora da risolvere: innanzitutto il sovraffollamento (ad oggi sono circa 56 mila i detenuti in 205 carceri) e la carenza di risorse finanziarie ("ma questo è un momento un po’ particolare per tutti, e anche noi ne risentiamo", ha osservato). "Siamo all’avanguardia nel trattamento dei detenuti. All’estero - ha detto Tinebra - ci invidiano soprattutto la cura che mettiamo nel seguire la realtà umana che c’è dietro ogni vicenda chiusa in una cella. A volte ci riusciamo, a volte un po’ meno".

Quanto al progetto Pandora, Tinebra lo definisce "innovativo e strategico". Nata nel 2001 e realizzata dall’Ispp in collaborazione con l’Università di Firenze, l’iniziativa ha coinvolto per tre anni 17 carceri italiane con l’obiettivo di creare una supervisione analitica e anche psicologica per gli operatori carcerari. In altre parole, è stato messo in piedi un lavoro di squadra per il reinserimento dei detenuti, così da superare - ha fatto notare il direttore dell’Ispp, Luigia Mariotti Culla - la frammentarietà e le gravi difficoltà di collegamento e collaborazione tra chi lavora nel mondo carcerario.

Cagliari: amnistia, per rendere vita detenuti meno drammatica

 

Redattore Sociale, 29 aprile 2005

 

"L’amnistia rappresenta un’occasione unica in Sardegna per rendere la vita in carcere meno drammatica. Una riduzione del sovraffollamento, principale causa dell’inefficacia dei trattamenti di rieducazione, permetterebbe di restituire dignità ai detenuti, agli Agenti di Polizia e ai diversi operatori penitenziari". Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, consigliere regionale dello Sdi-Su, con riferimento alle iniziative in atto per chiedere l’amnistia organizzate dal Comitato Popolare di Base.

"Non mi sorprende - ha aggiunto Caligaris, componente della Commissione "Diritti Civili" del Consiglio regionale - che il Governo Berlusconi resti in silenzio, nonostante l’atto di clemenza sia stato sollecitato dal compianto Giovanni Paolo II e della questione se ne parli dall’anno del Giubileo. Il generale indirizzo di giustizialismo "a senso unico" che anima il Governo nazionale appare infatti in contrasto con il rispetto delle leggi vigenti e in linea con un sistema giudiziario che troppo spesso dimentica i cittadini "qualunque" dentro le carceri".

In attesa dell’amnistia, che mi auguro possa infine essere concessa, ha concluso al Ministro della Giustizia un intervento autorevole affinché si ponga termine al continuo trasferimento in Sardegna di detenuti, soprattutto extracomunitari, provenienti dalla Penisola. "Mi risulta che insieme alle persone arrivino nelle carceri isolane anche altre malattie non compatibili con celle sovraffollate, docce insufficienti e disturbi di vario genere". Diana Popescu

Parma: un’interrogazione parlamentare sul carcere

 

Emilia Net, 29 aprile 2005

 

La situazione degli Istituti Penitenziari di Parma è caratterizzata da un eccessivo sovraffollamento e da una cronica carenza di personale nelle varie categorie professionali che crea gravi problemi e forti disagi per i detenuti e gli operatori. In tale contesto il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziari - Direzione Generale dei detenuti e del trattamento - ha disposto l’apertura del Centro Diagnostico Terapeutico dal 30 aprile 2005: il Centro sarà destinato alla degenza di detenuti disabili, non solo ordinari ma anche soggetti a 41 bis, che necessitano di cure fisioterapiche.

Il Sen. Vicini sottolinea che l’apertura del nuovo reparto è stata disposta nonostante la grave carenza di personale (agenti, personale sanitario, educatori) e la mancanza delle necessarie risorse economiche e strumentali. La Direzione degli Istituti di Parma e le Organizzazioni Sindacali hanno fatto presente la situazione al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziari, dal momento che l’apertura della nuova struttura, per la quale è prevista una zona detentiva con nove celle, le zone ambulatoriali e terapeutiche, il cortile di passeggio, richiederà l’impiego di oltre 30 agenti di polizia penitenziaria e di diverse unità di personale sanitario specializzato.

"Senza un reale e concreto aumento dell’organico nei vari ruoli, - si legge nel documento presentato dal Sen. Vicini al Ministro - l’operatività del Centro Diagnostico Terapeutico comporterà un piano di riorganizzazione volto a peggiorare sensibilmente la situazione, già pesante, del carcere di Parma. Il 20 novembre 2003 il Sottosegretario

di Stato per la Giustizia, On. Giuseppe Valentino, rispondendo all’interpellanza urgente 2-00978 a prima firma On. Motta, aveva assicurato l’attribuzione di fondi integrativi al Provveditorato dell’Emilia Romagna per garantire in via prioritaria l’operatività del centro clinico di Parma e l’assegnazione di nuovo personale per la copertura delle carenze di organico presso la suddetta sede. È mia premura sapere se il Ministro Castelli sia a conoscenza della situazione sopra descritta e quali specifiche risorse, di personale ed economiche, intende destinare al carcere di Parma affinché sia garantita l’apertura del Centro Diagnostico Terapeutico".

Sulmona: primi trasferimenti di detenuti, forse una decina

 

Ansa, 29 aprile 2005

 

Verranno trasferiti già nelle prossime ore dal carcere di Sulmona i primi detenuti, circa una decina, individuati tra quelli più a rischio di atti autolesionistici, e comunque con le situazioni psicologiche più difficili. È il primo dei provvedimenti concordati dal Ministero di Giustizia e dal Dap - oltre alle indagini interne avviate già da ieri - dopo l’ultimo caso di suicidio nell’istituto di pena, con la morte, mercoledì sera, del detenuto pugliese Francesco Vedruccio.

Le procedure per i trasferimenti ad altri penitenziari, che diventeranno esecutivi tra oggi e domani, sono iniziate con la richiesta urgente da parte del Dap alla struttura carceraria abruzzese delle schede personali di una decina di detenuti, con le relazioni sugli aspetti medici e comportamentali, le terapie in atto, i trattamenti di ordine psicologico. Ieri pomeriggio il supercarcere di Sulmona è stato visitato dal ministro Roberto Castelli, che si è voluto rendere conto di persona della "situazione intollerabile" - così l’ha definita - creatasi nella struttura dopo il sesto suicidio in cella nell’arco di 18 mesi, il terzo dall’inizio del 2005.

Sulmona: dopo suicidio il Dap invia un medico e un educatore

 

Ansa, 29 aprile 2005

 

È stata ulteriormente rafforzata la squadra che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha inviato a Sulmona per l’ispezione straordinaria affidata al capo della direzione generale detenuti, Sebastiano Ardita, dopo i numerosi suicidi nel supercarcere abruzzese. Da Roma sono arrivati anche un medico e un educatore, per un totale di sei persone da ieri impegnate nel valutare i casi più a rischio. Ardita - secondo quanto si è appreso - ha parlato a lungo con numerosi detenuti. I primi trasferimenti avverranno presumibilmente già in giornata, o al massimo domani, e riguarderanno i detenuti con problemi psichiatrici o che in passato sono stati protagonisti di episodi di autolesionismo.

Sulmona: nel pomeriggio di oggi l’autopsia a Vedruccio

 

Ansa, 29 aprile 2005

 

Si svolgerà nel primo pomeriggio di oggi, presso la sala autoptica dell’ospedale di Sulmona, l’autopsia sul corpo di Francesco Vedruccio, il detenuto pugliese di 36 anni suicidatosi due sere fa nel carcere della città abruzzese. L’esame necroscopico è stato affidato dal magistrato all’anatomopatologo Ildo Polidoro, nell’ambito dell’indagine contro ignoti per l’ipotesi di "istigazione al suicidio". I familiari di Vedruccio - il detenuto aveva 12 fratelli - hanno rinunciato a presenziare all’autopsia tramite legali e periti di parte. I primi accertamenti hanno confermato che poche ore prima di mettere in atto il suo gesto, Vedruccio, detenuto con un quadro psicologico di particolare disagio e fortemente provato dalla separazione dalla moglie e dall’impossibilità di vedere il figlio, aveva ricevuto mercoledì pomeriggio una telefonata dalla madre. Da quel momento, come ha riferito il compagno di cella, aveva visibilmente cambiato umore. In serata, poi, la decisione di farla finita, chiudendosi nel bagno della cella e impiccandosi alla grata della finestra con il cordoncino del giubbotto. Vedruccio, originario di Squinzano (Lecce), condannato per estorsione e rapina, era entrato nel carcere di Sulmona nell’agosto scorso e avrebbe dovuto scontare la pena fino al 2010. Alle sue azioni criminose, secondo gli inquirenti, non sarebbero stati estranei contatti con la Sacra Corona Unita.

Caltanissetta: protesta al Malaspina per sollecitare l’amnistia

 

La Sicilia, 29 aprile 2005

 

I detenuti del carcere Malaspina di Caltanissetta, hanno annunziato che domani metteranno in atto una forma di protesta pacifica, rifiutando il vitto che passa l’amministrazione penitenziaria. Ne ha dato notizia l’associazione culturale Onlus Papillon per la difesa ed i diritti dei detenuti ed ex detenuti, retta da Alfredo Maffi.

La protesta dei detenuti nasce dalla mancata approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge sull’amnistia. "Il governo italiano - è scritto in un comunicato - ed in particolare il ministro della Giustizia, Castelli, hanno fatto scena muta di fronte alle richieste del Santo Padre Giovanni Paolo II. Proprio in questi giorni è stato presentato al Senato un disegno di legge per un anno di amnistia, per i reati fino a 4 anni di carcere ed un indulto per pene fino a 2 anni. L’on. Gaetano Pecorella ha annunciato che si impegnava a mettere all’ordine del giorno in Commissione Giustizia il provvedimento, ma così non è stato".

Alfredo Maffi sottolinea "il sovraffollamento nelle carceri dello Stato Italiano (59.000 detenuti), la carenza di risorse umane (563 educatori contro i 1.376 previsti in pianta organica e 180 magistrati di sorveglianza a fronte di migliaia di procedimenti pendenti) ed inoltre le risorse finanziarie sono inadeguate. Devo aggiungere che la proposta di Marco Pannella è una opportunità per onorare degnamente la scomparsa del Santo Padre andando incontro a chi soffre".

"Per questo motivo - continua Maffi - i detenuti del Malaspina in concomitanza con altri detenuti delle varie strutture penitenziarie della Sicilia, chiedono a tutti gli uomini politici, assessori comunali e provinciali, di recarsi in visita presso gli istituti penitenziari e raccogliere le testimonianze degli stessi detenuti. Ringrazio quanti raccoglieranno il mio appello ed in special modo mi rivolgo a tutti i parlamentari, di qualsiasi colore, verdi o rossi, di prendere iniziative in favore dei detenuti".

Bari: concluso il II° Incontro Unicef sulla giustizia minorile

 

Redattore Sociale, 29 aprile 2005

 

Questi i 15 punti compresi nel documento. "La mediazione in tutte le sue forme – si legge al primo punto - costituisce uno strumento di elevato valore sociale per la realizzazione (ad opera della stessa società) della pace sociale e per garantire la tutela dei diritti dell’infanzia. Tale valore si esprime in particolare nei conflitti sociali connessi a problematiche interetniche, nei conflitti emergenti in ambito scolastico, nei conflitti connessi a relazioni familiari e intergenerazionali e nei conflitti connessi a fatti di rilevanza penale o inerenti all’ordinamento penitenziario".

Secondo: "La mediazione, oltre a essere una nuova tecnica d’intervento, è l’espressione di una nuova cultura, tesa a considerare in modo "diverso" i conflitti tra le persone - in particolare se minori - e a "ricercare una soluzione" a tali conflitti, affiancando alla logica del procedimento giudiziario tradizionale soluzioni consensuali e responsabilizzanti, mediante l’intervento di un soggetto terzo, il mediatore, che operi in un contesto imparziale e informale".

Terzo: "Lo sviluppo che la mediazione sta assumendo in Italia rende oggi indispensabile l’intervento del legislatore per regolarne la disciplina - sia come servizio pubblico che come servizio privato - al fine di determinarne l’area d’intervento, le caratteristiche e definire il ruolo del mediatore. In particolare, la mediazione penale dovrebbe essere un servizio pubblico o comunque collocato nella sfera pubblica, essa dovrebbe essere accessibile gratuitamente alle parti".

"È peraltro indispensabile - si legge al quarto punto - che il legislatore indichi come una delle caratteristiche dell’intervento mediativo il protagonismo dei soggetti coinvolti nel conflitto e che sottolinei la necessità della sua consensualità e riservatezza. È inoltre necessario che si preveda, per il mediatore, il requisito dell’imparzialità e la necessità della sua iscrizione a un Albo pubblico, a conclusione di un idoneo corso di formazione e di un esame di abilitazione". Ed ancora: "L’intervento legislativo dovrà promuovere la diffusione sia della cultura che dei servizi di mediazione e prevedere un’attenzione particolare - soprattutto in ambito minorile - alle vittime e alla difesa della loro dignità anche nel caso di calamità naturali, in quanto molte volte le umiliazioni che le vittime subiscono non sono connesse a un fatto-reato".

"A tale fine - si legge al sesto punto - si ritiene fondamentale l’istituzione delle figure dei Garanti per l’infanzia, a livello nazionale e regionale, ai quali siano affidati effettivi poteri tesi al miglioramento del coordinamento e della sintonia tra i diversi soggetti istituzionali, politici e amministrativi che si devono occupare dei diritti dei minori, svolgendo un’efficace mediazione istituzionale; al contempo che essi diano il necessario impulso a servizi di mediazione minorile e promuovano il coordinamento a livello nazionale, europeo e internazionale, di ogni ulteriore iniziativa in materia di mediazione".

Settimo: "È necessario che anche i magistrati promuovano l’applicazione di modi alternativi di gestione e soluzione dei conflitti, per realizzare una giustizia effettiva e pacificatrice. È quindi indispensabile un’adeguata formazione dei magistrati all’esercizio di una giurisdizione di prossimità anche in ambito familiare e minorile, prestando particolare attenzione al tenere distinto il ruolo del giudice dal ruolo del mediatore". "È necessario che gli avvocati della famiglia e in particolare gli avvocati dei minori valorizzino lo strumento della mediazione e che pertanto possano beneficiare di un’adeguata formazione in materia".

In relazione ai minori si sottolinea: "La necessità che il legislatore introduca, nel nostro ordinamento, la previsione normativa che privilegi il ricorso alla mediazione ogni volta che la controversia riguardi minori di età, al fine di tutelare il loro superiore interesse ed evitare che essi vengano coinvolti in procedimenti giudiziari; la necessità che nella mediazione i minori siano correttamente e dovutamente informati sull’evolversi del processo di mediazione e siano ascoltati, anche indirettamente, con esclusione di quei procedimenti, contesti e casi nei quali ciò non risponda al loro superiore interesse. In ogni caso tale ascolto deve essere svolto con modalità che evitino situazioni per loro pregiudizievoli. Nella mediazione familiare deve essere valorizzato il ruolo attivo degli stessi genitori nell’ascolto e nell’informazione dei minori. Nella mediazione penale è indispensabile la partecipazione diretta e volontaria del minore, non solo di un suo rappresentante; la necessità di far conoscere e di tener conto non solo delle normative internazionali adottate in materia, in primis quelle dell’Unione Europea, vincolanti e non vincolanti, ma anche delle esperienze degli altri Paesi europei a partire dalle normative vigenti in questi ultimi, a livello nazionale o regionale". Ed ancora: " La necessità di promuovere e potenziare la ricerca sulle forme di mediazione che coinvolgono i bambini e gli adolescenti, e di incentivare il loro monitoraggio, al fine di armonizzare le prassi, di valorizzare le buone esperienze e renderne visibili gli esiti; La necessità che si emani un’apposita legge che disciplini l’esecuzione penale a carico di minorenni che, pur preannunciata nel 1975 con l’art. 79 della Legge n. 354 sull’ordinamento penitenziario, non è mai stata deliberata. Nell’ambito di tale legge dovranno trovare ampio spazio: la mediazione - ai fini della promozione della conciliazione del minore con la persona offesa dal reato - e la previsione di misure dirette a riparare le conseguenze del reato, in alternativa alle misure di custodia. In tale ottica, dovrà essere definita con particolare cura la formazione degli operatori penitenziari minorili ed il loro coordinamento con il territorio".

Infine, ultimi due punti, si auspica che: "La mediazione rientri al più presto nei Piani di offerta formativa, nell’ambito dell’educazione alla convivenza civile, onde fare apprendere ai giovani la gestione non conflittuale dei rapporti interpersonali; e che siano al più presto avviate adeguate campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei giovani, al fine di evidenziare l’importanza della mediazione nell’ambito della tutela dei diritti dei minori e per favorire lo sviluppo del rispetto di tali diritti e dei diritti umani in genere". Il testo completo del Documento d’indirizzo sarà disponibile da lunedì 2 maggio sul sito www.unicef.it.

Sardegna: lettera dei sindacati su "emergenza Nuoro"

 

Comunicato stampa Cgil-Fp; Cisl-Fps; Uil-Pa, 29 aprile 2005

 

Recentemente abbiamo sollecitato l’Amministrazione Penitenziaria ad aprire un tavolo di confronto sulle problematiche vissute dal personale delle Sedi della Sardegna. Purtroppo rileviamo che nessun adeguato intervento è ancora stato posto in essere per affrontare con la dovuta solerzia le difficoltà segnalate.

Frattanto la situazione degenera, tanto che la prossima mobilitazione del personale riguarderà la realtà nuorese della C.C. di Badu ‘e Carros. In quell’Istituto l’attuale condizione di estrema invivibilità sta ormai rasentando l’inverosimile ed il personale, stanco ed esposto eccessivamente ai rischi e all’inadeguatezza della risposta istituzionale, domani manifesterà pubblicamente tutta la propria insoddisfazione. Sulla questione, non bastano più le sole parole di circostanza già, e in più di un’occasione, elargite per procrastinare i tempi di intervento. Serve un segnale preciso, concreto e non più ulteriormente rimandabile. Alla luce dell’attuale gravissima situazione, inoltre, che investe tutta la regione Sardegna, Cgil Cisl e Uil chiedono di intervenire e convocare con estrema urgenza una specifica riunione nella quale ragionare compiutamente dei problemi che affliggono i lavoratori della Polizia penitenziaria e l’intero sistema penitenziario sardo.

In attesa si porgono distinti saluti.

 

 

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