Rassegna stampa 11 agosto

 

Salerno: Radicali denunciano pestaggio nel carcere di Fuorni

 

Agenzia Radicale, 11 agosto 2005

 

In merito alle notizie di stampa secondo cui è stata presentata, presso la stazione dei carabinieri di Pontecagnano una denuncia per il pestaggio di Mario Fortunato - detenuto presso la casa circondariale di Fuorni - da parte di agenti di polizia penitenziaria, Michele Capano, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, ha dichiarato: "La denuncia per il pestaggio del 4 agosto a carico di Mario Fortunato è l’ennesimo capitolo del "libro"-carcere di Fuorni, che a Salerno da troppi anni si va scrivendo. Le parole di Ida Landi (madre di Mario Fortunato ed autrice materiale della denuncia) secondo cui il figlio Mario (oltre ad essere stato ferocemente picchiato) è stato denudato e rinchiuso in cella di isolamento e minacciato di impiccagione se avesse rivelato il pestaggio ai familiari, impegnano da oggi la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ad un urgentissimo e scrupoloso accertamento dei fatti.

Com’è noto Venerdì 5 Agosto (il giorno successivo al denunciato pestaggio) mi sono recato in visita a Fuorni con Daniele Capezzone, Segretario Nazionale di Radicali Italiani, e Gennaro Mucciolo, Vicepresidente del Consiglio Regionale per lo SDI. C’eravamo (una volta di più per quanto mi riguarda) resi perfettamente conto del clima di abusi ed intimidazioni, chiaramente riferitoci dai detenuti (spesso "in grado" di parlare solo fuori dalla portata d’orecchi dei nostri premurosi accompagnatori).

La Provincia di Salerno manda a Roma una quindicina di parlamentari: nessuno di essi -a cominciare dall’ex sindaco Vincenzo De Luca (DS) - trova il tempo di fare uno straccio di visita a Fuorni, uno straccio di colloquio con i responsabili della casa circondariale (magari con il Direttore Alfredo Stendardo). Mentre non perdono una processione o un taglio di nastro. Sono uomini che umiliano l’alto ruolo (anche in relazione alla vigilanza sulla dignità delle condizioni di vita e sulla legalità del trattamento dei detenuti) delle Aule Parlamentari dove siedono.

A proposito della vicenda della mancata distribuzione di metadone ai detenuti tossicodipendenti, fui costretto a rivolgermi a Roberto Giachetti, Deputato del Lazio iscritto al Partito Radicale Transnazionale, per ottenere un’interrogazione parlamentare che spianò la strada alla risoluzione del problema. Mi auguro di non essere costretto a fare altrettanto -considerato che i compagni dello SDI con i quali collaboriamo anche su questi temi non hanno deputati eletti nella Provincia.

Se non provenissi dalla scuola politica e civile radicale, che non me lo consente, dovrei essere scoraggiato rispetto alla richiesta di giustizia alla Procura della Repubblica di Salerno. Continuerò, invece, ad impegnarmi con i miei compagni radicali e - sono certo - con i compagni socialisti - a che sia resa giustizia per ciò che accade a Fuorni. Giustizia per ciò che è accaduto a Mario Fortunato il 4 agosto. Giustizia per ciò che accadde a Rosina Marotta in una notte di marzo del 2004".

Saluzzo: detenuto taglia orecchio ad agente, 28 punti di sutura

 

La Stampa, 11 agosto 2005

 

Aveva chiesto di uscire dalla cella per ritirare alcuni effetti personali custoditi in un armadietto della sezione, all’improvviso si è scagliato contro l’agente che lo stava scortando nel corridoio ferendolo con una lametta da barba. È accaduto ieri mattina, poco prima di mezzogiorno nel carcere della Felicina, di regione Bronda. La guardia è stata medicata all’ospedale cittadino dove i medici gli hanno applicato ventotto punti di sutura. "Ha una lunga ferita dall’orecchio al collo - racconta Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria che ha denunciato l’aggressione -: pochi millimetri e sarebbe stato un taglio mortale.

La vittima è un agente di 37 anni, in servizio a Saluzzo da cinque. Qualche giorno fa, aveva subito minacce e chiesto al comandante di essere trasferito in un altro reparto. Ma nessuno lo ha ascoltato". L’aggressore sarebbe un ergastolano appartenente alla criminalità organizzata campana, un certo Tammaro, condannato con pena definitiva e sottoposto a un regime di sorveglianza speciale, il 14 bis, che si applica ai carcerati che possono compromettere la sicurezza e l’ordine del penitenziario.

L’episodio riporta alla ribalta il problema della carenza d’organico all’interno delle carceri. La direttrice dell’istituto di pena, Marta Costantino, è in ferie; il comandante della polizia penitenziaria è irreperibile. Parla l’Osapp: secondo il sindacato, alla Felicina il personale di sorveglianza è ridotto a 215 persone contro le 290 previste a fronte di 380 detenuti. "A Saluzzo - spiega Beneduci - il personale lamenta scarsa tutela, condizioni di rischio e tensione, e protesta per l’eccessiva libertà concessa ai reclusi. L’agente ferito aveva chiesto di essere destinato a un’altra sezione: non è stato preso sul serio e solo per caso non ci ha rimesso la vita".

Perugia: manca personale, detenuta non può tornare a Roma

 

Garante regionale dei detenuti, 11 agosto 2005

 

Il Garante Regionale dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni: "In estate la carenza di agenti penitenziari causa situazioni tragiche. A decine di detenuti lesi i loro diritti fondamentali". Visite mediche prenotate da tempo saltate, colloqui con i parenti rinviati, trasferimenti congelati per mancanza di mezzi e personale. Sono queste alcune delle conseguenze della mancanza di agenti di polizia penitenziaria nelle carceri del Lazio.

Una carenze che d’estate, con le ferie, ha conseguenze a volte drammatiche per i detenuti. La vicenda è denunciata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni che, come emblema della situazione, ha rivelato il caso di una detenuta cilena di Rebibbia Femminile da oltre un mese ricoverata, senza cure, nel centro clinico di Perugia. "La donna, 53 anni, è stata trasferita dall’11 luglio a Perugia - ha detto Marroni - per cure specialistiche e ora attende inutilmente di poter tornare a Roma. Il suo trasferimento è rimandato per la mancanza degli agenti penitenziari e la donna starebbe pensando allo sciopero della fame".

La cilena è detenuta da 13 anni e sta scontando una condanna di 20. Fino a poco tempo fa, fanno sapere dall’Ufficio del Garante, "ha vissuto la sua condizione in carcere con estrema dignità" lavorando, fra l’altro, anche nella sartoria di Rebibbia. Negli ultimi mesi l’aggravarsi delle sue condizioni le hanno causato problemi di vertigini con perdita di peso e impossibilità di lavorare.

Grazie all’interessamento del Garante nei mesi scorsi la donna - che non può camminare, ha perso 15 chili ed è piantonata tutto il giorno - è stata trasferita a Perugia, dove, per altro, la struttura sanitaria specializzata in chirurgia, nulla ha potuto fare per la sua patologia. "Oltre al danno per questa donna c’è anche la beffa - ha detto Marroni - In Umbria le detenute sono chiuse 23 ore su 24 in cella perché il personale è insufficiente. E dopo più di un mese di ricovero, in cui le sono state concesse solo 2 telefonate al mese invece di cinque ai cinque figli in Cile, non può essere riportata a Roma perché non c’è personale sufficiente alla traduzione. A Perugia sta dunque occupando un posto che potrebbe essere vitale per un’altra detenuta".

La cronica carenza di agenti di polizia penitenziaria nel Lazio era stata denunciata tre mesi, fa anche da Cisl, Cgil e Uil penitenziari, Sappe, Osapp e Sialpe. Secondo i sindacati nei cinque dei più importanti istituti carcerari della regione, mancano all’appello oltre settecento agenti fra cui 237 a Rebibbia Nuovo Complesso, 121 a Regina Coeli e 62 nel carcere femminile di Rebibbia. "Una carenza che d’estate, con le sacrosante ferie del personale - ha aggiunto Marroni - provoca lesioni evidenti ai diritti dei detenuti alla salute, agli affetti, alla cultura, alla difesa, a vivere il carcere in condizioni dignitose. Abbiamo segnalato l’urgenza del caso della detenuta cilena al Dap e siamo in attesa di risposte. È un caso limite, ma d’estate, più che in ogni altro periodo dell’anno, il carcere finisce nel dimenticatoio. Centinaia di reclusi non possono pagare le ferie d’agosto della società".

Caltanissetta: Cgil-Polizia Penitenziaria su problemi del carcere

 

La Sicilia, 11 agosto 2005

 

Considerati i numerosi e pesanti problemi che da tempo assillano il personale in servizio presso la casa circondariale di Caltagirone, dove lavorano 70 agenti niscemesi, la Cgil polizia penitenziaria locale, ha diramato ieri un documento che il segretario regionale del sindacato Rosario Di Prima ha indirizzato al Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria di Palermo, al capo ed al vice capo del Dap di Roma, alla direzione generale del personale, alla segreteria nazionale funzione pubblica del sindacato ed al Direttore della casa circondariale di Caltagirone.

Nel documento tra l’altro si legge. "L’impegno ed i sacrifici del personale li abbiamo visti sfumare in un attimo, le aspettative di molti sprofondare nel nulla e l’entusiasmo di chi ha creduto nel cambiamento, si è trasformato in sfiducia totale verso l’Amministrazione". Espressioni, quelle del segretario della Cgil polizia penitenziaria, che lasciano presagire quanto possa essere ormai dilagante il disagio fra il personale che opera nell’istituto: "non possiamo continuare ad assistere - prosegue ancora il documento - ed a subire l’inefficienza di chi non ha la capacità di fare applicare le regole democratiche a suo tempo stabilite e non possiamo neanche assistere a momenti che si caratterizzano con simpatia ed antipatia che fa in modo di trattare il personale in modo iniquo.La discriminazione e l’agevolazione di alcune unità di polizia penitenziaria non può definirsi comportamento democratico, corretto e trasparente".

Ci sarebbero, quindi, disparità di trattamento quindi fra gli agenti, che hanno indotto Rosario Di Prima a prendere una posizione forte ed a segnalare quanto accade nell’istituto di Caltagirone. "Il sindacato - ha detto Di Prima - non può rimanere inerte sul malessere che serpeggia fra il personale, ed in mancanza di adeguati interventi risolutivi da parte degli organismi superiori dell’Amministrazione penitenziaria, ci riserviamo di proclamare lo stato di agitazione. Non siamo disposti - conclude il documento - a differenziazioni di trattamento ed a permettere che il personale prima venga chiamato a svolgere funzioni delicate di responsabilità e poi, senza alcuna motivazione ne viene escluso, forse per agevolarne altro e sminuendo chi tali funzioni le aveva svolte con impegno competenza e professionalità. Forse ciò accade per agevolare qualcuno o qualcosa?".

Catania: in mostra i prodotti dei laboratori dell’Icatt di Giarre

 

La Sicilia, 11 agosto 2005

 

Un ruolo importante all’interno della Met lo avrà la Casa Circondariale di Giarre, riconosciuta dal Ministero della Giustizia come Istituto a Custodia Attenuata per detenuti tossicodipendenti. Sotto la guida della direttrice, la dottoressa Milena Mormina l’istituto a Randazzo mostrerà il risultato di alcuni laboratori che i giovani tossicodipendenti hanno frequentato. L’Istituto, infatti, si propone, attraverso un percorso caratterizzato da opportunità scolastiche, lavorative, culturali ed interventi psicologici mirati, di fornire all’ utenza strumenti idonei al reinserimento sociale ed al superamento della problematica tossicomanica.

I detenuti provengono da una selezione effettuata negli altri Istituti di pena e devono avere particolari requisiti dei quali il più importante è rappresentato dalla motivazione al cambiamento e dalla volontà di allontanarsi dalle logiche della devianza e marginalità sociale. Ed in collaborazione con il Centro di Servizio Sociale Adulti di Catania diretto dalla dottoressa Patrizia Garofano e con il Servizio Tossicodipendenze Asl 3 di Giarre, del direttore Dotto Di Dio, si cerca di portare avanti una politica di interventi centrati sulla persona, tenendo conto dei suoi problemi, aspettative, potenzialità e risorse. Così gli operatori penitenziari hanno avviato progetti come l’ attività florovivaistica, quella della lavorazione della creta e il laboratorio di editoria. Tutto grazie anche all’impegno dei direttori trattamentali, Mariangela Guaraci e Flavia Cocuzza e del comandante della Polizia penitenziaria ispettore capo Claudio Gullotto.

Sicurezza: Pisanu convoca Comitato nazionale a ferragosto

 

Agi, 11 agosto 2005

 

Il giorno di Ferragosto il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu presiederà un Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica. A darne notizia è il Viminale. Il Comitato - comunica il ministero in una nota - seguirà le tradizionali celebrazioni di Ferragosto che quest’anno prevedono un incontro al Viminale tra lo stesso Pisanu e "una rappresentanza dei reparti che nella giornata garantiranno la sicurezza degli italiani e dei numerosissimi turisti stranieri presenti nel nostro Paese". Faranno parte della rappresentanza donne e uomini della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, dei Vigili del fuoco, della Polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello stato, delle Capitanerie di porto e della Polizia municipale di Roma. I fotocineoperatori che intendono partecipare alla rassegna dei reparti ed al giro di tavolo della riunione potranno accreditarsi presso l’ufficio stampa del ministero dell’Interno inviando una specifica richiesta nominativa su carta intestata a mezzo fax entro le 17 di domani al numero 06/46549598-9 o via mail agli indirizzi segreteriaufficiostampa@interno.it e segreteriaamministrativa@interno.it

Droghe: negli Stati Uniti 1.500.000 di arresti ogni anno

 

Redattore Sociale, 11 agosto 2005

 

Politiche antidroga negli Usa ridotte nell’ultimo decennio ad una "guerra alla marijuana". Questa la denuncia del rapporto sulle politiche antidroga negli U.S.A. dagli anni 90 ad oggi, curato da Ryan S. King e Marc Mauer, e pubblicato recentemente da Sentencing Project, organizzazione non-profit che si occupa di giustizia penale.

Nel 2002 1.500.000 arresti per droga, 450.000 in più del 1990. Incremento dovuto per l’82% all’arresto per possesso o traffico di marijuana, per il 79% all’arresto per solo possesso della sostanza. Gli arresti dei consumatori di marijuana costituiscono oggi il 45% degli arresti per droga, di questi l’88% è arrestato per il solo possesso della sostanza. Pochi arresti per marijuana hanno serie imputazioni: dei 734.000 arresti nel 2002, solo 41.000 (6%) condanne per reati gravi. Gli arresti per possesso o traffico di marijuana sono aumentati del 113% tra il 1990 e il 2002. La sola città di New York ha registrato un incremento dell’882% degli arresti per consumo o traffico di marijuana, che diventa del 2.461% se si considera solo il reato di possesso della sostanza. Afro-americani arrestati in misura sproporzionata: pur rappresentando il 14% dei consumatori di marijuana, costituiscono il 30% degli arrestati. Un terzo delle persone arrestate per abuso di marijuana condannati a pene detentive. Uno su quattro è in prigione per piccoli reati.

Dal 1990 al 2002, gli arresti per reati contro la legge antidroga negli Usa sono aumentati del 41%, da 1.089.500 a 1.538.800. Nello stesso periodo il numero totale di arresti per marijuana è più che duplicato, passando da 327.000 a 697.000, con un aumento del 113%. Tutti gli arresti per droghe diverse dalla marijuana sono aumentati solo del 10%. Dal 1990 ad oggi 6.200.000 persone arrestate per possesso di marijuana e 1.000.000 per traffico illegale della stessa. Se gli arresti per traffico di marijuana sono diminuiti dal 6,1% nel 1990 al 5,4% nel 2002, quelli per il possesso sono aumentati di due terzi, dal 24% nel 1990 al 40% nel 2002.

Paradossalmente nel periodo 1990-2002 il totale degli arresti è sceso del 3% ed i crimini più gravi sono diminuiti del 24%, raggiungendo un minimo storico che gli Usa non registravano dagli anni Settanta. Di fronte a questi dati come si spiega l’aumento vertiginoso degli arresti dei consumatori di marijuana? Dato che il mercato delle droghe è pressoché stabile (nel 1992 il 5,9% degli adulti faceva uso di droghe, nel 2002 il 6,6%) l’aumento è da considerarsi il risultato di precise politiche repressive. Le stesse politiche che agli inizi degli anni Ottanta negli Usa lanciarono la guerra alle droghe pesanti, eroina e cocaina, quando la marijuana era la causa del 72% degli arresti per reati di consumo e traffico di droghe illegali. Nel 1992, gli arresti per marijuana erano scesi al 28%, mentre quelli per eroina e cocaina erano saliti dal 13% (1982) al 55%. Nel 1996 la marijuana ha sorpassato di nuovo eroina e cocaina per poi arrivare ai valori attuali.

Se prima la "guerra alle droghe" colpiva i consumatori di eroina e cocaina (droghe ritenute pesanti, costose e pericolose), oggi colpisce quelli di marijuana. I difensori di questa "guerra alle droghe", tra cui John Walters (direttore Ufficio Nazionale Politiche Controllo Droga) e John Ashcroft (ex Procuratore Generale), hanno sempre rivendicato l’ efficienza dell’attuale approccio delle politiche antidroga. Secondo Walters chi protesta perché le prigioni sono piene di consumatori di droghe leggere che non hanno commesso reati, non farebbe altro che distorcere il dibattito sulle politiche antidroga. (Gabriele Del Grande)

 

Aumentano gli arresti (+113%), ma il prezzo diminuisce del 16%

 

Che impatto ha avuto la pratica indiscriminata di arresti per marijuana sui tassi di consumo e sui prezzi di vendita della sostanza negli Usa? In teoria un alto tasso di arresto dei trafficanti dovrebbe ridurre le forniture e quindi far lievitare i prezzi, e un aumento degli arresti dei consumatori dovrebbe, ridurre i consumi per paura di incorrere nell’arresto. In pratica dal 1992 il prezzo reale è caduto del 16% mentre la purezza è aumentata del 53%. Dal 1990 al 2002 l’uso giornaliero di marijuana degli studenti più grandi nelle scuole superiori è triplicato, passando dal 2,2% al 6%, ritornando al livello del 1975. La frequenza degli arresti per marijuana non agisce da deterrente, in quanto solo in 1 caso su 18 segue una condanna detentiva.

Nel 1990 l’84,4% degli studenti più grandi nelle scuole superiori affermava che fosse "molto facile" trovare la marijuana, nel 2002 lo sosteneva l’87,2%, stesso livello del 1975. Un recente rapporto suggerisce che l’aumento del prezzo della marijuana ha un impatto significativo sul suo uso, ma la repressione non ha causato alcun aumento dei prezzi. Nonostante l’aumento degli arresti (+113%), i costi della marijuana sono diminuiti consistentemente dal 1991 ad oggi ed è aumentata la disponibilità e la purezza della sostanza.

La "guerra alla droga" era stata predicata dall’ex Procuratore Generale John Ashcroft come un’operazione di arresto dei grandi narco-trafficanti. Al contrario i dati indicano che il giro di vite ha interessato piuttosto i consumatori di droghe leggere. Alcuni funzionari giustificano queste operazioni all’interno di una strategia cosiddetta della "qualità della vita", o del mantenimento dell’ordine pubblico attraverso la sorveglianza della polizia. Questo approccio favorisce la pratica degli ufficiali di polizia di fermare e perquisire la gente in strada come operazione di routine, con l’assunto che ciò possa agire da deterrente per potenziali criminali. Insomma controllare il maggior numero di persone e arrestare preventivamente al minimo sospetto, per scoraggiare i veri criminali dal commettere crimini.

Droghe: Usa; spesi 9,5 miliardi di dollari l’anno per la repressione

 

Redattore Sociale, 11 agosto 2005

 

All’aumento degli arresti per possesso e traffico di marijuana cui assistiamo negli Usa dagli anni Novanta corrisponde un aumento delle spese per fronteggiare i costi delle operazioni delle forze dell’ordine, dei processi e della detenzione dei condannati. Nel 1991 il 42% del Fondo federale antidroga era impiegato in operazioni di "law enforcement", ovvero di imposizione della legge. Nel 2002 la percentuale è aumentata del 107% e vale oggi 9.500.000.000 di dollari, il 51% del Fondo. All’aumento delle risorse per la repressione è seguito un incremento esponenziale degli arresti per marijuana (+113% rispetto al 1990). Almeno 2,1miliardi di dollari spesi per la repressione del consumo di marijuana. 430milioni per gli arresti dei trafficanti e 1,7miliardi per gli arresti dei consumatori. All’aumento dei costi della repressione del consumo di marijuana è corrisposta una diversa distribuzione di risorse nella lotta ai crimine più gravi.

Sono 27.900 le persone incarcerate negli Usa con condanne per reati di uso o traffico di marijuana. Ciò equivale ad una spesa di 600.000.000 dollari all’anno. Il 23% dei condannati per marijuana sono incarcerati per reati di possesso, il 15% per possesso con intento di distribuzione, il 59% per traffico. Il 40% è in carcere per la prima volta, il 48% è recidivo senza gravi reati alle spalle, il 12% è recidivo con un passato criminale. L’88% dunque dei carcerati per reati di marijuana non hanno commesso reati pericolosi per la società. Ma sarebbero almeno 75.000 le persone sotto controllo tra persone condannate con la condizionale, detenuti in attesa di processo. Inoltre è sconosciuto il numero di detenuti incarcerati perché in condizionale o pena alternativa per un reato diverso, tornati in carcere dopo essere risultati positivi ai test per la marijuana.

Le condanne per reati di traffico e possesso di marijuana emesse dai tribunali statunitensi nel 2000 sono il 3,6% del totale, il 39% in più del 1990, ma comunque sotto la crescita del 113% degli arresti durante quello stesso periodo. I dati del Sistema giudiziario nazionale statunitense indicano un largo rilascio delle persone arrestate nella fase istruttoria del processo. Nel 2000 a 734.000 arresti per marijuana sono corrisposte 41.000 condanne nei tribunali. Solo 1 arresto su 18 porta a condanne di reati. Il 51% delle condanne per reati di possesso di marijuana portano alla prigione, come pure il 63% dei reati di traffico. Le pene durano in media 28 mesi per l’incarcerazione e 40 per la condizionale. La media per il traffico è di 27 mesi di carcere, o 39 di condizionale, per il possesso 31 mesi di carcere o 42 di condizionale.

La relativa stabilità dei dati dei tribunali, alla luce della crescita degli arresti, solleva questioni sull’allocazione delle risorse per la sicurezza. Mentre il numero degli arresti per marijuana è più che duplicato, facendo del consumo di marijuana il reato più perseguito dalle forze dell’ordine, nel complesso le condanne per questo tipo di reati sono aumentate in misura modesta negli anni Novanta. Il 3,6% (1.360.000.000$) del Fondo nazionale giudiziario e legale del 2001 (37.800.000.000$) è stato speso nei processi per reati di marijuana. Il fatto che l’aumento degli arresti non sia riflesso nell’aumento dei processi, né delle condanne, suggerisce che la "qualità" degli arresti sia precipitata.

 

A New York nel 2002 50.000 arresti per marijuana

 

Il caso di New York è paradigmatico della svolta repressiva delle politiche antidroga statunitensi dagli anni Novanta ad oggi. La svolta con l’elezione a sindaco di Rudolph Giuliani nel 1994 e la conseguente nomina di William Bratton come commissario di polizia. La promessa di una nuova "qualità della vita" nella "Grande mela" si tradusse in una strateglia di "tolleranza zero" e "sorveglianza aggressiva" dei reati minori, pressoché ignorati dalla precedente amministrazione. Secondo Giuliani e Bratton sottovalutare i piccoli reati avrebbe condotto al radicarsi di comportamenti criminali più gravi.

La polizia di New York fece dello stop-and-frisk ("ferma-e-perquisisci") il proprio metodo di controllo dell’ordine pubblico. Nel 1997 433 ufficiali del dipartimento di polizia della città fermarono e perquisirono circa 45.000 persone. La nuova strategia di sorveglianza aumentava la probabilità di arresto per tutti i reati, nell’idea che ciò potesse agire da deterrente sui potenziali criminali. Gli oppositori denunciavano già allora che questo approccio aggressivo produceva discriminazioni razziali e abusi della polizia. Un’analisi di più di 175.000 casi di persone fermate dalla polizia tra il 1998 e il 1999 indica che gli afro-americani e gli ispanici sono stati i più colpiti da questi provvedimenti, in misura decisamente sproporzionata rispetto alla reale presenza criminale nelle due comunità.

L’aumento dello stop-and-frisk ha prodotto un aumento degli arresti per reati di uso o traffico di marijuana, la maggior parte dei quali per uso piuttosto che per traffico. Nel 1990 erano stati 5.116 gli arresti per reati di marijuana, di cui il 34,5% (1.766) per possesso. Nel 2002 erano aumentati dell’882%: sono state più di 50.000 le persone arrestate a New York per possesso o traffico di marijuana nel 2002. Di queste il 90% (45.227 persone) per il reato di possesso, dato in aumento del 2.400% rispetto al 1990. L’aumento della repressione del consumo di marijuana nella città non corrisponde ad un aumento generalizzato del crimine o del traffico di droga. Al contrario, il totale degli arresti per tutti gli altri reati, è aumentato solo dell’8%. Gli arresti per crimini violenti sono addirittura diminuiti del 33% e quelli per gravi reati di traffico di droga calati del 39%. Non sorprende che gli arresti per reati contro la legge sulle droghe illegali siano aumentati del 143%, visti i dati sulla marijuana. Togliendo però il dato sull’aumento degli arresti per marijuana, il totale degli arresti per droga a New York è diminuito di 15.000 unità rispetto al 1990. Il che mostra come la campagna antidroga newyorchese degli anni novanta si sia concentrata essenzialmente sulla repressione dei piccoli consumatori di marijuana anziché sui trafficanti e sulle droghe pesanti.

New York rappresenta approssimativamente il 3% della popolazione nazionale degli Usa e il 2,1% degli arresti totali della nazione, ma il 7,2% degli arresti per marijuana degli Usa nel 2002 si sono avuti a New York (nel 1990 erano stati l’1,6%). Nel 1990 gli arresti per il solo possesso di marijuana avvenuti a New York erano lo 0,7% del totale degli Stati Uniti, nel 2002 dieci volte tanto, 7,4%.

Veneto: De Poli; 6 milioni per prestiti d’onore a famiglie povere

 

Asca, 11 agosto 2005

 

Il provvedimento regionale intende invece sostenere, l’autonoma capacità delle famiglie di risolvere alcune difficoltà. I requisiti per ottenere il prestito sull’onore a tasso zero sono i seguenti: essere famiglie in formazione o con prole numerosa (soprattutto se minorenni); riduzione del reddito di famiglia per disoccupazione, decesso, detenzione, disabilità di uno dei figli o di uno dei coniugi. Il prestito è ammesso per: sostenere spese mediche; affitto alloggio; acquisto di arredamenti ed elettrodomestici; ristrutturazione della casa d’abitazione; spese derivanti dall’inserimento lavorativo; mancata e tardiva corresponsione degli alimenti familiari da parte del coniuge; acquisto e riparazione di mezzi di trasporto utilizzato per lavoro o per altre necessità familiari; risoluzione di debiti precedenti relative alle voci precedenti; spese scolastiche e per la formazione professionale; acquisto d’ausili per migliorare l’abitabilità per figli disabili altrimenti non finanziabili dal servizio pubblico.

I criteri d’ammissione sono: residenza in Veneto dei richiedenti al momento della presentazione della domanda; cittadinanza italiana o di uno Stato appartenente all’Unione Europea, ovvero cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione Europea in possesso di un permesso di soggiorno o di carta di soggiorno la cui scadenza deve essere successiva alla restituzione del prestito; appartenenza dei richiedenti ad una famiglia con figli oppure giovane coppia in formazione che contragga matrimonio entro un anno dalla richiesta del prestito sull’onore, nuclei monogenitoriali; Isee (Indicatore Situazione Economica Equivalente) non superiore ai 40.000 Euro e non inferiore ai 7.000 Euro annui; assenza di altre agevolazioni simili erogate da soggetti pubblici e privati negli ultimi tre anni. L’entità del prestito varia da un minimo di 2.500 euro ad un massimo di 6.500 Euro commisurata al reddito annuo della famiglia beneficiaria. I moduli e l’assistenza per compilarli ci saranno in tutti i 112 consultori familiari pubblici. Durante l’incontro, l’Assessore regionale ha presentato anche i moduli informativi che divulgheranno alla cittadinanza e agli operatori i contenuti e le modalità del provvedimento: un opuscolo informativo e locandine rivolti alle famiglie, attivazione di un numero verde dedicato, un vademecum per gli operatori dei consultori che saranno i punti di riferimento operativo immediato per le famiglie.

 

 

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