Rassegna stampa 10 novembre

 

Il caso Brusca e i benefici "facili" ai collaboratori di giustizia:

tanta indignazione, poche spiegazioni…

 

Il "triplo binario" dell’esecuzione penale: sulla linea veloce corrono i collaboratori, su quella di mezzo transitano i condannati estranei alla criminalità organizzata, poi c’è il binario morto, dove stanno coloro che non collaborano… o perché non vogliono… o perché non sanno niente!

 

Francesco Morelli - Ristretti Orizzonti, 10 novembre 2004

 

Giovanni Brusca viene arrestato il 20 maggio 1996. È un sicario della mafia siciliana e sa molte cose. Decide di "collaborare", si autoaccusa di un centinaio di omicidi e indica i mandanti e gli esecutori di decine di altri delitti. Viene istruito e celebrato un maxi-processo, che si conclude con la condanna all’ergastolo di tutti i principali accusati. Brusca ottiene lo sconto di pena previsto per chi "collabora" e se la cava con 20 anni.

Il 12 ottobre 2004 la notizia che Giovanni Brusca sta per uscire in permesso-premio: nemmeno è il primo, ne avrebbe avuti altri 8, a partire dal dicembre 2002. Monta uno scandalo e sotto accusa finisce tutto il sistema dei benefici penitenziari: l’informazione che "passa" è quella di un famigerato assassino che torna libero dopo pochi anni di carcere. In realtà Brusca è uscito grazie al trattamento particolare riservato ai "pentiti", ma questo fatto rimane a margine, tra l’imbarazzo dei commentatori politici e dei magistrati.

Non è la prima volta che il "baratto" tra la collaborazione con la legge e l’impunità (o una pena ridotta) diventa notizia e suscita scalpore e indignazione: molti ricorderanno la storia di Felice Maniero, l’ex capo della "mala del Brenta", che dopo aver ottenuto un programma di protezione e una nuova identità rilasciava interviste alla televisione, esibendo oltretutto uno stile di vita dispendiosa… quando il "pentimento" dovrebbe comportare anche restituzione dei beni accumulati con l’attività illegale.

Però il caso di Giovanni Brusca è troppo clamoroso: ha ucciso il giudice Giovanni Falcone, ha strangolato Giuseppe Di Matteo (il figlio di un "pentito"…) e poi ne ha sciolto il corpo nell’acido. Episodi che hanno impressionato e continuano a impressionare. A Roma un’associazione di vittime della criminalità, la "Domus Civitas", avvia una raccolta di firme per l’abrogazione dei benefici penitenziari.

Nei giornali iniziano a comparire titoli del tipo "Le vacanze del signor Brusca", "Brusca non si accontenta, vuole anche il telefonino!". Perché l’uso del "cellulare" gli è proibito, come di solito avviene ai detenuti in permesso premio. Ed il 29 ottobre Brusca viene "sorpreso" proprio ad usare un telefonino, nell’albergo di Roma dove alloggia con la famiglia. Il permesso è subito revocato, l’opinione pubblica ha ciò che voleva ed i mass-media smettono di occuparsi di lui.

Pierluigi Vigna, Procuratore nazionale antimafia, rilascia questa dichiarazione: "Brusca ha commesso una violazione comportamentale, ma non vuol dire che sarebbe tornato a delinquere". Forse non ha torto, comunque l’impressione che si ricava dalla vicenda è che Brusca sia stato in qualche modo "incastrato" per tacitare le polemiche prima che andassero a toccare la gestione dei collaboratori di giustizia.

Proprio lì sta il punto dolente, nella necessità (inconfessabile) dello Stato di avere lo strumento investigativo supplementare della delazione, in particolare nella lotta alla criminalità organizzata. I dati diffusi nella recente relazione della Procura nazionale antimafia sono chiari: i "collaboratori di giustizia" sotto protezione sono 1.100, mentre i "testimoni di giustizia" soltanto 65. Questo significa che l’omertà continua ad essere diffusa tra chi subisce le violenze e, dall’altro versante, il "pentimento" è utilizzato per ottenere sconti di pena e benefici anzitempo. Con il "caso Brusca" è finita sotto accusa la legge 45/2001, però la normativa riguardante la criminalità organizzata e le relative delazioni ha iniziato a costruirsi nell’ormai lontano 1991, all’indomani e sull’onda emotiva degli attentati a Giovanni Falcone ed a Paolo Borsellino.

 

Nasce la "legislazione di emergenza"

 

Dapprima la legge 203/91, poi la legge 356/92, infine la 296/93, andarono a formare la cosiddetta "legislazione di emergenza" contro la mafia: divieto di ottenere benefici e misure alternative alla detenzione per chi non collabora, condanne mitigate e accesso agevole ai benefici per chi collabora. Nasce l’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario. Dal diritto a "tacere", riconosciuto agli imputati nel processo, si passa all’obbligo di "parlare"… per non restare in carcere fino alla morte. Invece dell’ergastolo, in caso di collaborazione, viene comminata una pena che può variare dai 12 ai 20 anni (quindi Brusca ha avuto la pena massima prevista, stante la sua condizione).

Con l’articolo 4 bis i benefici e le misure alternative alla detenzione diventano più difficili da ottenere anche per chi non faceva parte di organizzazioni criminali, ma è condannato per reati di una certa gravità. L’elenco di questi reati "ostativi" si allunga ogni qual volta nel Paese si verifica un nuovo allarme: gli ultimi arrivati sono il contrabbando di sigarette, il "traffico" di immigrati, i reati a sfondo sessuale. Va pure detto che la nascita del sistema "a doppio binario" ha causato dei mutamenti nelle strategie della criminalità: i sequestri di persona a scopo di estorsione sono quasi scomparsi e le mafie italiane hanno dovuto mimetizzarsi (lasciando visibilità a quelle straniere).

Come spesso accade, le "leggi emergenziali" con il passare del tempo diventano irrinunciabili e perciò, a dieci anni di distanza, è arrivata la legge numero 45 del 13 febbraio 2001, a definire e stabilizzare le regole del binario "ad alta velocità", quello riservato ai collaboratori… La detenzione domiciliare (articolo 47 ter Ordinamento penitenziario) e la liberazione condizionale (articolo 176 Codice penale) vengono concesse anche in deroga alle disposizioni relative ai limiti di pena. I permessi-premio, invece, dopo un quarto di pena.

Il Magistrato di sorveglianza deve chiedere il parere del Procuratore generale che, da parte sua, può autonomamente proporre il beneficio o la misura alternativa. In caso di parere negativo del Procuratore generale, il Magistrato di sorveglianza può ugualmente concedere quanto richiesto ma deve "specificatamente motivare" la sua decisione. Altrimenti, sembra che non sia neppure necessaria una formale motivazione…

I pareri raccolti dal Magistrato riguardano comunque l’entità della collaborazione prestata, prima che la condotta o la pericolosità sociale del condannato: il "trattamento" e la rieducazione, principi basilari dell’espiazione della pena, contano poco, in questi casi! Ormai il "doppio binario" dell’esecuzione penale è definitivamente diventato triplo: sulla linea veloce corrono i collaboratori, su quella di mezzo transitano i condannati estranei alla criminalità organizzata, poi c’è il binario morto, dove stanno coloro che non collaborano… o perché non vogliono… o perché non sanno niente!

Finanziaria: Sappe, emendamento su carceri è inadeguato...

 

Ansa, 10 novembre 2004

 

"Auspichiamo che la prossima Legge Finanziaria 2005 riservi particolare attenzione al sistema carcerario del Paese e ai poliziotti penitenziari. L’approvazione, questa mattina alla Camera, di un emendamento per lo stanziamento di 5 milioni di euro a favore dell’Amministrazione Penitenziaria (destinati alla Sanità) non è sufficiente e non riguarda comunque uno degli aspetti più importanti del sistema carcere nazionale: quello della sicurezza": lo si legge in una nota della segreteria Generale del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria.

"Non si può pensare di aprire nuovi penitenziari nei prossimi anni senza prevedere, in Finanziaria, un adeguato aumento di organico; - prosegue il comunicato - riteniamo debbano essere previsti adeguamenti stanziamenti per retribuire i fondi incentivanti del Personale di Polizia Penitenziaria".

Il Sappe chiede in particolare "una deroga al blocco delle assunzioni che permetta di mantenere in servizio i circa 500 Agenti ausiliari in servizio di leva nel Corpo di Polizia Penitenziaria che altrimenti saranno costretti a tornarsene a casa".

Finanziaria: Sappe, vogliamo più fondi per la sicurezza...

 

Ansa, 10 novembre 2004

 

Adeguati stanziamenti per i fondi incentivanti del personale di polizia penitenziaria e una deroga al blocco delle assunzioni che permetta di mantenere in servizio i circa 500 agenti ausiliari in servizio di leva nel corpo di poLizia "che altrimenti saranno costretti a tornare a casa".

È quanto chiede il sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe) affermando che "l’approvazione questa mattina alla Camera di un emendamento al Bilancio per lo stanziamento di 5milioni di euro a favore dell’amministrazione penitenziaria, destinati alla sanità, non è sufficiente e non riguarda comunque uno degli aspetti più importanti del sistema carcere nazionale: quello della sicurezza".

"In assenza di adeguati interventi - avverte il Sappe in un comunicato - nel corso del 2005 l’organico della polizia penitenziaria potrebbe subire un decremento di circa 500 unità, a discapito della sicurezza delle carceri e, soprattutto, in controtendenza rispetto alle più volte ventilate aperture di nuovi istituti penitenziari".

"Non si può pensare di aprire nuovi penitenziari nei prossimi anni senza prevedere, in Finanziaria, un adeguato aumento di organico", afferma il sindacato,"è un dato di fatto che sono urgenti ed impellenti interventi di natura economica per il carcere e chi in esso lavora". "Auspichiamo - conclude il sindacato - che la legge Finanziaria 2005 tenga nel debito conto tali priorità".

Cagliari: non si farà più l’ospedale psichiatrico giudiziario

 

Sardegna Oggi, 10 novembre 2004

 

Non verrà più costruita a Ussana la struttura per la cura e la custodia giudiziaria dei malati psichiatrici. Accogliendo la proposta avanzata dall’assessore alla Sanità Nerina Dirindin, la Giunta Soru ha revocato oggi tutte le delibere adottate dal precedente esecutivo regionale e ha deciso di costituire una commissione composta da operatori ed esperti che dovrà formulare proposte per la cura e riabilitazione di soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria.

"Si trattava di un vero e proprio manicomio giudiziario", spiega l’assessore Nerina Dirindin, "progettato in contrasto con alcune recenti sentenze della Corte Costituzionale che prevedono, al posto del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario del sofferente mentale che abbia compiuto un reato, l’inserimento in una comunità psichiatrica caratterizzata da forme di terapia più intense e prive di custodia giudiziaria. Lo stesso Progetto Obiettivo Nazionale Tutela della salute mentale 1998-2000 rimarca come sia necessario superare il modello degli ospedali psichiatrici giudiziari. Ma l’aspetto più sconcertante è che per finanziare questa struttura la precedente Giunta aveva utilizzato fondi già destinati all’acquisto di un immobile da adibire a Casa Famiglia a Quartu Sant’Elena".

La Giunta Soru ha revocato tre delibere che finanziavano la Asl 8 per complessivi quattro milioni e mezzo di euro e ha revocato la delibera che approvava il protocollo di intesa tra il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione Sardegna per l’assistenza sanitaria a soggetti affetti da patologie psichiatriche e sottoposti a misure di sicurezza. La vicenda prende il via il 16 luglio del 2003. La Giunta di centrodestra approva un finanziamento di un milione 865 mila euro a favore della Asl 8 per il completamento delle opere di edilizia, impiantistica e arredi relativi alla Casa famiglia situata a Capoterra (in località Genn’e Murdegu), prevedendone però la destinazione a una struttura per la cura e custodia giudiziaria dei malati psichiatrici.

Sempre il 16 luglio 2003 la Giunta destina un ulteriore finanziamento pari a 1 milione 634 mila euro per la ristrutturazione e l’ampliamento della stessa struttura, con fondi originariamente destinati all’acquisto di un immobile da adibire a Casa famiglia nel Comune di Quartu Sant’Elena. Contestualmente, la Giunta approva il Protocollo di intesa tra il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione per l’assistenza sanitaria a soggetti affetti da patologie psichiatriche e sottoposti a misure di sicurezza.

Ma il 14 aprile 2004 il Direttore generale dell’Azienda Usl 8 comunica l’indisponibilità del Comune di Capoterra ad ospitare la struttura per la custodia giudiziaria dei malati psichiatrici e riferisce della disponibilità, invece, del Comune di Ussana. Nella stessa nota il Direttore generale evidenzia la necessità di uno stanziamento aggiuntivo, rispetto ai tre milioni e mezzo di euro già concessi, di un milione di euro per la realizzazione delle opere di edilizia, di impiantistica e di arredi. Il finanziamento aggiuntivo viene deliberato dalla Giunta il 27 maggio 2004, contestualmente alla modifica di localizzazione della struttura psichiatrica dal territorio del Comune di Capoterra al territorio del Comune di Ussana.

Il protocollo d’intesa fra la Regione con il Ministero di Grazia e Giustizia è stato invece sottoscritto dal Direttore generale facente funzioni dell’assessorato regionale alla Sanità il 30 giugno 2004, appena cinque giorni prima della nomina dell’attuale assessore.

Oggi è arrivata la delibera che revoca ogni decisione assunta in precedenza. Attualmente gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari presenti in Italia sono sei: Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere (femminile), Montelupo Fiorentino, Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto. La Magistratura, in collaborazione con i servizi psichiatrici competenti per territorio, tende a privilegiare l’aspetto riabilitativo rispetto alla misura carceraria, evitando per quanto possibile l’invio in OPG e privilegiando forme di cura e custodia alternative.

Ciò ha determinato una netta diminuzione della popolazione ricoverata: gli OPG accolgono attualmente una popolazione di poco più di 1.250 persone (di cui circa 80 donne) con un incremento in questi ultimi anni (nel 1998 erano 977); sul finire degli anni Ottanta erano 1.600 i soggetti ricoverati, più di 2000 negli anni Settanta. "I pazienti nati in Sardegna e ricoverati negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono 74", conclude l’assessore, "ma a loro vanno garantite cure in strutture che siano una vera risposta al disagio mentale e non nuove carceri mascherate da presiedi sanitari".

Milano: carcere e finalità rieducativa, esperienza a S. Vittore

 

Bollettino Università & Ricerca, 10 novembre 2004

 

Giovedì 11 novembre 2004, ore 14.30 Sala Crociera Via Festa del Perdono, 7 - Milano. Il Convegno, organizzato dalla cattedra di Diritto Penitenziario (prof.ssa Mariella Tirelli), presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, si prefigge di incrociare le riflessioni e le iniziative di esperti di diritto, operatori penitenziari e cittadini sull’obiettivo della rieducazione, indicato dalla Costituzione, cui deve tendere l’esecuzione della pena.

A partire dal tema centrale, i punti nodali del confronto fra persone che vivono situazioni diverse saranno la responsabilità reciproca fra cittadino ed istituzioni, gli strumenti e i metodi volti a promuovere il senso ed il piacere della responsabilità nello stato di detenzione.

Accanto ai contributi teorici di giuristi, rappresentanti dell’amministrazione penitenziaria e della magistratura di sorveglianza, il convegno ospiterà un lavoro del "Gruppo della Trasgressione"su un dipinto di Rembrandt, "Il ritorno del figliol prodigo".

Nato fra le mura di San Vittore nel 1997, il gruppo della trasgressione (coordinato dal dott. Angelo Aparo) è stato costituito per i primi 4 anni principalmente da detenuti. Tre anni fa, una quarantina di studenti della Facoltà di Psicologia della Bicocca partecipava a un convegno sul tema della sfida organizzato all’interno del carcere milanese. Fra studenti e detenuti nasceva una proficua collaborazione che dura tutt’oggi e che ha portato diversi risultati (fra i più eclatanti, nell’ottobre 2002, il convegno multi disciplinare sulla sfida, organizzato in collaborazione con la fondazione Prada, e il recente lavoro con l’istituto ITIS di Carate Brianza, dove detenuti e studenti del "Gruppo Trasgressione" hanno interagito con gli allievi su alcune delle problematiche che maggiormente toccano gli adolescenti: la trasgressione, l’imperfezione, le maschere).

Negli ultimi tre anni, il gruppo ha anche avuto all’interno di San Vittore numerosi incontri con filosofi, musicisti e docenti di diverse discipline. (Per facilitare la consultazione, riportiamo i link alla pagina degli incontri avvenuti negli ultimi tre anni dentro e fuori San Vittore http://www.trasgressione.net/pages/main_incontri.html e alla Home-page del sito che raccoglie il lavoro del gruppo: http://www.trasgressione.net.)

Da quella data, si è attivata una riflessione costante sulle condizioni che rendono più difficile orientare costruttivamente le proprie scelte e su quelle che possono contribuire a "nutrire" il senso di responsabilità personale e il piacere di costruire con gli altri. Con il contributo di diversi detenuti, si giungeva a identificare nella parabola e nel dipinto del "ritorno del figliol prodigo"un "desiderabile interlocutore".

Nel marzo del 2004 è venuto al gruppo un docente di storia dell’arte, Stefano Zuffi, per parlare del famoso dipinto di Rembrandt. Dopo l’incontro (forse il più fertile degli ultimi tre anni) c’è stato un fiorire di scritti sui conflitti, le lacerazioni, il degrado correlati ad una condotta distruttiva e, poi, sul tema del rientro e sulla difficoltà di ricomporre ferite, fiducia e collaborazione.

Fra le numerose considerazioni e questioni emerse sul tema proposto, una rimane aperta: basta il ritorno del figliol prodigo e l’accoglienza del padre per avere un cittadino responsabile?

Brasile: crisi delle carceri, nascono detenuti-pipistrelli

 

Swiss Info, 10 novembre 2004

 

La situazione carceraria in Brasile è così grave che sono sorti casi di "detenuti-pipistrelli", che devono dormire legati alle sbarre delle celle perché non c’è un centimetro quadrato libero sul pavimento. Lo denuncia oggi un’inchiesta del Consiglio di politica criminale e penitenziaria (Cnpcp) del governo.

Celle previste per sei persone ne ospitano spesso più di trenta, e quelli che stanno lì da più tempo non lasciano spazio ai nuovi arrivati, che quindi per poter dormire devono appendersi dove possono, e spesso chiedono di essere legati alle sbarre dagli agenti carcerari solo per non dover rimanere in piedi per tutta la notte. Il problema è particolarmente grave in buona parte dei commissariati, distretti di polizia e in particolare nei penitenziari di San Paolo e Minas Gerais. Molti detenuti rimangono nelle celle dei commissariati e dei distretti perché non c’è posto nelle carceri.

I detenuti, condannati o in attesa di giudizio, sono oggi in Brasile oltre 200 mila, mentre i penitenziari e distretti sono previsti per accogliere 57 mila persone. Con 108 detenuti ogni centomila abitanti, il Brasile ha un tasso di incarcerazione relativamente basso, e non per mancanza di delinquenza o di repressione: molti condannati non finiscono in carcere semplicemente perché non c’è posto dove metterli.

Mesina: ex primula rossa banditismo sardo scrive a Vita

 

Vita, 10 novembre 2004

 

Il pluriergastolano Graziano Mesina, rinchiuso nel super carcere di Voghera (Pv) vuole essere dimenticato per sempre. L’ex primula rossa del banditismo sardo scrive alla nostra redazione per annunciare la sua volontà di non rilasciare più interviste, "voglio rimanere nell’oblio", si legge in conclusione della sua missiva.

Il motivo? "la risposta negativa in merito alla risoluzione della mia vicenda". L’ex bandito coinvolto come mediatore nel caso di Farouk Kassam, fa riferimento all’intromissione del Dap che avrebbe impedito che la sua domanda di grazia giungesse sul tavolo del presidente della Repubblica. Da qui la sua decisione "di rimanere nell’oblio"

Rovereto: tre in celle singole, in tutto 70 uomini e 15 donne

 

L’Adige, 10 novembre 2004

 

L’assessore alle politiche sociali della Provincia Marta Dalmaso ha visitato il carcere di Rovereto assieme al vicepresidente del Consiglio regionale Herbert Georg Denicolò. Accolta dal direttore della Casa circondariale di via Prati Antonella Forgione, dall’ispettore superiore comandante Giovanni Sanna e dall’educatore Giuseppe Stoppa, la delegazione ha visitato la struttura al fine di raccogliere informazioni e richieste sia del personale sia dei detenuti e delle detenute.

Tutto ciò anche in vista della revisione del Protocollo d’intesa sottoscritto nel 1993 fra la Provincia autonoma e il Ministero di grazia e giustizia, che è già in fase avanzata di elaborazione. "Il carcere di Rovereto - ha spiegato la dottoressa Forgione - ospita una settantina di detenuti uomini e una quindicina di donne.

È l’unico carcere della regione ad avere una sezione femminile, e molti detenuti sono in prigione per reati a sfondo sessuale, commessi in gran parte all’interno delle mura domestiche. La maggior parte dei detenuti, infine, è originaria da fuori provincia, e una percentuale oscillante fra un terzo e la metà è straniera".

La tipologia della popolazione carceraria dell’istituto roveretano pone dunque tutta una serie di problematiche assai delicate, sul versante dell’assistenza psicologica, della rieducazione, del reinserimento sociale. I problemi, per contro, sono quelli di molte altre carceri italiane. "In primo luogo - spiega ancora la direttrice - il sovraffollamento, soprattutto nella sezione maschile, dove le celle che potrebbero occupare una sola persona ne ospitano fino a tre. A fronte di ciò, il personale è insufficiente: servirebbero oltre una ventina di poliziotti penitenziari, ma servirebbe anche più personale educativo".

Sarebbe auspicabile - spiegano i responsabili del carcere - sperimentare sistemi alternativi alla custodia cautelare, come è stato fatto in altri paesi europei, evitando ovviamente l’aumento del tasso di criminalità. Il sovraffollamento, tra l’altro, impedisce di concentrarsi sul recupero e la riabilitazione dei detenuti, cosa particolarmente grave per chi ha commesso reati sessuali. A Rovereto attualmente il sostegno psicologico si limita a 13 ore al mese, "spalmate" su tutta la struttura. Nonostante ciò, l’impressione generale della delegazione è stata positiva, specie se confrontata con quella di altre realtà

Un settore nel quale si è ipotizzata una crescita della collaborazione anche con le strutture dell’assessorato provinciale alle politiche sociali è quello della formazione e del reinserimento degli ex-detenuti nella società. Reinserimento che passa soprattutto attraverso il lavoro.

Nel carcere di Rovereto viene fatta attività di formazione professionale, con il sostegno finanziario del Fondo sociale europeo e la collaborazione di alcuni enti esterni, attualmente il Canossa di Trento, l’Istituto Veronesi di Rovereto e il consorzio di cooperative sociali Consolida. Gli strumenti per irrobustire il rapporto fra il carcere e il mondo esterno, anche giuridici, ci sarebbero. Ma bisogna sensibilizzare il territorio.

L’assessore Dalmaso a questo proposito ha assicurato la disponibilità della Provincia ad esplorare strade nuove per sostenere maggiormente la funzione riabilitativa propria del carcere. Prima del rinnovo del Protocollo d’intesa con il Ministero ci sarà un ulteriore momento di consultazione con le realtà interessate per mettere meglio a fuoco i passi da compiere.

Latina: nuovo carcere più lontano, 39° in ordine di priorità

 

Il Messaggero, 10 novembre 2004

 

Sono numeri da brivido quelli che descrivono la situazione all’interno del carcere di Latina. 150 detenuti in tutto, quando ne entrerebbero al massimo 94. Tre detenuti in una cella di appena 9,9 metri quadrati, quando ne sarebbe previsto uno solo. In alcuni casi, le celle di 16 metri quadrati ospitano sei detenuti, ma sono state progettate solo per due.

Ieri mattina i consiglieri comunali dell’Udc Giancarlo Palmieri, Enrico Della Pietà e Massimiliano Carnevale, si sono recati in visita nella casa circondariale di via Aspromonte per verificare la situazione. "I problemi sono numerosi - spiega Giancarlo Palmieri - e in alcuni casi sono anche molto gravi. Il direttore del carcere Piccari ci ha illustrato nel dettaglio la condizione del carcere. Il problema fondamentale è il personale sottodimensionato.

Sulla carta il problema sembra non esserci visto che l’organico previsto è di 154 dipendenti, e quello reale è di 152. In realtà, tuttavia, l’organico previsto non considera alcuni, numerosi, nuovi servizi che il carcere deve garantire. Si tratta di servizi che impegnano un gran numero di dipendenti. Di conseguenza, anche se sulla carta i problemi di organico non ci sono, nella realtà sono piuttosto gravi".

Il carcere aspetta da tempo una nuova sede, più periferica, una struttura ampia in grado di garantire condizioni migliori per i detenuti e per chi ci lavora. Ma la strada sembra sempre più difficile. Proprio ieri il ministero della Giustizia ha inoltrato alle amministrazioni penitenziarie il decreto con la graduatoria delle carceri che attendono uno spostamento in una sede migliore. Latina, nella graduatoria, risulta al 39^ posto con il livello di priorità più basso. Questo significa che nell’imminenza sarà difficilissimo ottenere un impegno concreto per trovare una nuova sede al carcere di Latina.

I problemi della sede attuale devono quindi essere affrontati con determinazione e rapidità, visto che si dovrà attendere ancora molto prima di poter trasferire la struttura. I problemi riguardano anche il settore sanitario, sono stati infatti soppressi molti servizi: rimangono attivi solo quello odontoiatrico e cardiologico. I turni dei dipendenti sono massacranti, si arriva anche a 14 ore di lavoro consecutivo.

La popolazione carceraria è formata per il 60% da italiani e per il 40% da stranieri, di cui moltissimi sono extracomunitari di origine romena. I consiglieri comunali dell’Udc hanno annunciato che presenteranno un ordine del giorno al prossimo consiglio comunale per chiedere un rapido intervento del ministro della Giustizia a favore del carcere di Latina.

Calderoli: bene la castrazione chimica per i pedofili

 

La Provincia di Sondrio, 10 novembre 2004

 

Nel 1980 le persone che avevano commesso reati sessuali erano in Francia 1.100, il 5% della popolazione carceraria. Oggi sono 8.200, il 22%, tre quarti dei quali colpevoli di stupri su minori. Cifre preoccupanti che hanno spinto il governo a sperimentare nel 2005 la castrazione chimica - una delle soluzioni spesso invocate per contrastare i reati sessuali - su 48 pazienti ex detenuti (tutti condannati per questo tipo di crimini, recidivi), che si sottoporranno come volontari.

Verranno somministrati farmaci che contengono due sostanze - l’acetato di ciproterone e la leuprorelina - che hanno la proprietà di neutralizzare e di impedire la secrezione del testosterone, l’ormone che agisce sul desiderio sessuale e la capacità fisica dell’ erezione. L’obiettivo finale della sperimentazione è quello di ottenere l’autorizzazione per mettere sul mercato questi medicinali. "Certe sostanze - ne è certo il ministro della giustizia, Dominque Perben - sono efficaci per prevenire il pericolo di recidiva nei pedofili".

La Francia s’ incammina così su una strada che in Europa è stata aperta dalla Danimarca, dove i delinquenti sessuali possono scegliere fra lo scontare la condanna in carcere fino alla fine o accettare di seguire un trattamento medico, beneficiando così di una liberazione anticipata. Altre esperienze di castrazione chimica, sempre su base volontaria, sono state avviate in Germania e in Svezia. E naturalmente non mancano reazioni anche in Italia.

È soprattutto la Lega a commentare con parole "forti". "Tre anni fa, quando proposi la castrazione per i pedofili e i maniaci sessuali, fui considerato un pazzo; oggi, il ministro della Giustizia, Dominique Perben, annuncia che in Francia si darà il via alla sperimentazione della castrazione chimica per i medesimi reati", dice il ministro Roberto Calderoli, giudicando positivamente l’iniziativa del ministro francese rilanciando anche la proposta della castrazione chirurgica per i pedofili.

"Forse allora ha proseguito Calderoli - il pazzo non ero io, ma chi ha dileggiato la mia proposta che, tra l’altro, con la castrazione chirurgica avrebbe escluso le sempre possibili recidive della castrazione chimica". "Sarei pertanto disposto - ha concluso Calderoni - a seguire la strada francese e quindi quella della castrazione chimica per i reati sessuali ai danni di maggiorenni, ma non rinuncerei mai comunque al colpo di forbice per i pedofili".

Castrazione chimica: no di Sirchia; sì di Mussolini e Calderoli

 

L’Adige, 10 novembre 2004

 

Nel 1980 le persone che avevano commesso reati sessuali erano in Francia 1.100, il 5% della popolazione carceraria. Oggi sono 8.200, il 22%, tre quarti dei quali colpevoli di stupri su minori. Cifre preoccupanti che hanno spinto il governo a sperimentare nel 2005 la castrazione chimica - una delle soluzioni spesso invocate per contrastare i reati sessuali - su 48 pazienti ex detenuti (tutti condannati per questo tipo di crimini, recidivi), che si sottoporranno come volontari. Verranno somministrati farmaci che contengono due sostanze - l’acetato di ciproterone e la leuprorelina - che hanno la proprietà di neutralizzare e di impedire la secrezione del testosterone, l’ormone che agisce sul desiderio sessuale e la capacità fisica dell’ erezione. L’obiettivo finale della sperimentazione è quello di ottenere l’autorizzazione per mettere sul mercato questi medicinali.

"Certe sostanze - ne è certo il ministro della giustizia, Dominque Perben - sono efficaci per prevenire il pericolo di recidiva nei pedofili". Il ministro ha escluso che il dispositivo possa essere applicato su persone detenute. "L’ambiente carcerario - ha osservato - non ha nulla a che vedere con l’ambiente che un pedofilo o un delinquente sessuale trovano uscendo da prigione. E poi un detenuto potrebbe cercare di legare questo trattamento medico ad una possibile richiesta di sconto di pena. Una cosa che per noi è inconcepibile".

La Francia s’incammina così su una strada che in Europa è stata aperta dalla Danimarca, dove i delinquenti sessuali possono scegliere fra lo scontare la condanna in carcere fino alla fine o accettare di seguire un trattamento medico, beneficiando così di una liberazione anticipata. Altre esperienze di castrazione chimica, sempre su base volontaria, sono state avviate in Germania e in Svezia.

La sperimentazione nasce in Francia sulla base di un progetto comune fra ministero della giustizia e ministero della sanità. "Grazie alle sostanze contenute in questi farmaci - ha spiegato Serge Stoleru, ricercatore dell’Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica, responsabile del progetto - si arriva a tassi di recidiva di reati sessuali quasi nulli.

Ora resta da provare definitivamente la loro efficacia". Ma il successo di questa esperienza - si fa notare in ambienti medici - dipende innanzitutto dalla determinazione personale dei pedofili che si sottopongono al test: "Se non si ha la volontà di uscirne, l’esperimento non funzionerà". Ecco perché lo stesso Stoleru auspica che l’assunzione di farmaci sia accompagnata da un trattamento terapeutico.

Contro la castrazione chimica si è pronunciato il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, che considera questo trattamento una violazione del rispetto della persona. Contrari anche i Verdi: "È una misura che inaugura un’innovazione di fondo sulle qualità della sanzione, cioè quella della invasione diretta del corpo. Proprio su questo terreno dovrebbe essere condotta la riflessione, senza dare spazio a demagogie politiche". Favorevoli, invece, Alessandra Mussolini, esponente di Alternativa Sociale, e il leghista Roberto Calderoli.

Trapani: Commissione Giustizia Camera visita Favignana

 

La Sicilia, 10 novembre 2004

 

Comincerà questa mattina dal carcere di Favignana la "missione" trapanese della delegazione della commissione "Giustizia" della Camera dei Deputati. L’arrivo dei parlamentari – si tratta di un ristretto gruppo di cinque deputati – è previsto per le 10,30 sull’isola capoluogo dell’arcipelago delle Egadi e per un paio di ore la visita si protrarrà all’interno della casa di reclusione e del limitrofo "campo lavoro" della struttura penitenziaria.

Attorno alle 14,30 è, invece, previsto l’arrivo in quella che per adesso è la sede provvisoria del Palazzo di Giustizia del capoluogo, in via Libica, dove i parlamentari sono attesi dal presidente del Tribunale Mario D’Angelo. Poi è prevista l’ulteriore visita inserita nel programma della "missione", ossia quella all’interno della casa circondariale di San Giuliano.

La delegazione costituisce una delle sottocommissioni istituite all’interno dell’organo parlamentare presieduto dall’on. Gaetano Pecorella, ex presidente nazionale dei penalisti e eletto alla camera nelle ultime elezioni, appartenente al gruppo di Forza Italia.

È una missione che non è stata originata da eccezionali motivi, ma che rientra nella normalità dell’attività conoscitiva condotta dalla commissione parlamentare.

Grande attenzione è prevista venga dedicata alle condizioni intanto delle strutture penitenziarie. Favignana e Trapani da tempo si trovano al centro anche di particolari rivendicazioni sindacali a proposito della carenza di personale amministrativo e di quello comandato ai servizi di polizia penitenziaria. Resta sempre in piedi la questione legata alla costruzione di una nuova struttura a Favignana.

Non sono da meno i problemi di personale per gli uffici giudiziaria del capoluogo. Se i posti assegnati ai togati sono quasi tutti assegnati, restano delle carenze negli uffici amministrativi e delle cancellerie.

Cosenza: Provincia, ordine giorno sul carcere, proposta di Rc

 

Il Quotidiano di Calabria, 10 novembre 2004

 

Il gruppo consiliare del Prc ha proposto al consiglio provinciale un ordine del giorno sulla situazione delle carceri in provincia di Cosenza. Una situazione delicata, come dimostra la protesta, che dura da qualche giorno, dei detenuti del penitenziario di Castrovillari.

Gli esponenti di Rifondazione chiedono che la Provincia si faccia carico di chiedere al presidente del Consiglio dei Ministri e al Minsitro di Giustizia, di attuare in maniera incisiva una politica di ammodernamento dell’edilizia carceraria, di stanziare adeguati fondi per l’attivazione di progetti di inserimento e inclusione sociale dei detenuti che possono usufruire di pene alternative al carcere ed ex detenuti; di riconsiderare la concessione di un amnistia o un indulto per i reati minori che porterebbero sollievo al problema del svoraffollamento carcerario. Infine chiedono nuove assunzioni per potenziare gli organici di polizia penitenziaria.

Rieti: per il nuovo carcere la partenza è buona…

 

Il Messaggero, 10 novembre 2004

 

Entro il 2007 Rieti avrà il suo nuovo carcere. A Vazia, dopo un lungo contenzioso che ha bloccato le ruspe per due anni, sono iniziati i lavori per la realizzazione del penitenziario che andrà a dotare la città di una struttura moderna. Attualmente una ditta di movimento terra sta completando lo sbancamento dell’area (individuata dal consiglio comunale su un lotto di tre) e contemporaneamente sono in corso i sondaggi per verificare se nel sottosuolo sono presenti o meno residuati bellici.

Resta invece irrisolto il contenzioso tra il proprietario del terreno e il ministero per la definizione del prezzo di esproprio dell’area che sorge nella zona delle cave abbandonate, a nord dell’ospedale De Lellis. Il Tar non ha infatti concesso la sospensiva richiesta dagli avvocati del proprietario, ma neppure ha deciso nel merito rinviando l’esame della vertenza.

Nel frattempo è però intervenuto un accordo bonario tra il ministero e l’espropriato che ha concesso all’impresa vincitrice dell’appalto, la Iter di Bologna, di prendere possesso dell’area e cominciare i lavori. A questo punto sono rientrate così le preoccupazioni che la Camera penale di Rieti, visti i ritardi nell’avvio della costruzione, aveva sollevato nei mesi scorsi tanto che il senatore di Forza Italia, Angelo Cicolani, aveva presentato un’interrogazione al ministero della Giustizia.

La risposta è stata confortante, anche sul piano del reperimento dei fondi per portare a conclusione l’intervento che prevedono allo stanziamento di 6 milioni di euro per l’anno in corso, l’aggiunta di altri 11 milioni, mentre per il 2005 sono previsti oltre 5 milioni di euro. Queste cifre vanno ad aggiungersi ai fondi già destinati con gli esercizi finanziari 2002 e 2003 (oltre 24 milioni di euro).

Se non insorgeranno particolari difficoltà, il nuovo carcere - la cui costruzione fu ottenuta dal deputato dell’Ulivo Pietro Carotti ed ha poi visto i parlamentari del centro destra attivarsi sulla stessa strada - manderà definitivamente in pensione quello di Santa Scolastica entro i prossimi tre anni.

Non c’è dubbio che la realizzazione della struttura servirà da sostegno anche all’attività del tribunale, soprattutto dopo le indiscrezioni rimbalzate da Roma su un ipotetico declassamento a sezione distaccata di Tivoli. Un’ipotesi che ha spinto la Provincia e l’Ordine forense ad assumere iniziative ufficiali per scongiurare qualsiasi pericolo del genere. Ma di recente una prima risposta c’è già stata: gli avvocati del Foro di Tivoli hanno ufficialmente espresso il loro diniego a un accorpamento con Rieti

Parma: muore in carcere 77enne, tentò di uccidere la moglie

 

Ansa, 10 novembre 2004

 

È morto nel carcere di Parma, dove era detenuto, il 77enne altoatesino Max Wieser, accusato alcune settimane fa di aver tentato di uccidere la moglie Rosina investendola con un furgone e poi accoltellandola. Wieser era il padre del biker Hubert Wieser, ora sotto processo a Lana per l’omicidio del biker rivale Paul Weiss.

Frosinone: ottiene i domiciliari per accudire figlio disabile

 

Il Messaggero, 10 novembre 2004

 

Un bambino di dieci anni a casa, con grossi handicap. La mamma che da sola non ce la fa ad accudirlo. E il tribunale del Riesame che si pronuncia a favore del padre, in carcere per scontare un cumulo di pene. Mario (il nome è di fantasia per tutelare il minore) è tornato nella sua abitazione di Isola Liri dove sconterà il resto della pena (quattro anni di reclusione) agli arresti domiciliari. Una vicenda che poteva tramutarsi in una tragedia, ma che, invece, è terminata con un lieto fine.

Qualche mese fa il tribunale ordina l’arresto di Mario, 40 anni. Una serie di sentenze di condanna, per reati commessi in gioventù, vengono sommate e diventano sinonimo di galera. In casa resta la moglie, anch’essa quarantenne, con i tre figli.

Uno frequenta la scuola media, l’altro è iscritto alle superiori. Nonostante la loro buona volontà sono troppo piccoli per rappresentare un valido aiuto: il terzo figlio, di dieci anni, infatti, è costretto sulla sedia a rotelle. È invalido al 100%, non parla e necessita di continue cure. Il legale della famiglia, Lucio Marziale, tenta due strade: chiede la grazia al Presidente della Repubblica, e la commutazione della pena al Tribunale. Cita una sentenza della Corte Costituzionale che allarga le maglie della detenzione domiciliare. I giudici accolgono e rispediscono a casa l’uomo perché padre di figlio invalido e marito di una donna che, da sola, non riesce ad accudire il bambino.

 

 

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