Rassegna stampa 6 agosto

 

Sofri: parere negativo a grazia da procura generale Milano

 

Reuters, 6 agosto 2004

 

La procura generale di Milano ha espresso parere negativo sulla concessione della grazia ad Adriano Sofri, ex-militante di Lotta continua accusato dell’omicidio del commissario di pubblica sicurezza Luigi Calabresi.

Lo ha riferito una fonte giudiziaria, spiegando che la decisione, controfirmata dal procuratore generale Mario Blandini, è stata depositata oggi dal sostituto PG Maria Elena Visconti.

"Mancano i presupposti per la concessione della grazia, tra questi il pentimento e il risarcimento del danno", ha spiegato la fonte, aggiungendo che Milano è competente sul caso poiché nel capoluogo lombardo è avvenuto l’omicidio e sono stata emesse le sentenze che hanno portato Sofri in carcere.

Si tratta in ogni caso di un parere tecnico, visto che Sofri - che si trova in carcere a Pisa - non ha mai chiesto personalmente la grazia, poiché ha sempre negato di avere la responsabilità della morte di Calabresi, per la quale è stato invece condannato a 22 anni di reclusione.

La questione della grazia a Sofri è terreno di polemica da tempo. In aprile, il leader dei radicali Marco Pannella intraprese lo sciopero della fame e della sete affinché il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi concedesse la grazia a Sofri.

Il capo dello Stato può concedere la grazia su proposta del ministero della Giustizia, ma il Guardasigilli attuale Roberto Castelli si è sempre dichiarato contrario alla clemenza verso l’ex-leader di Lotta continua.

L’artico 87 della Costituzione assegna al presidente della Repubblica il potere della Grazia, ma l’articolo 89 spiega che nessun atto è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti che se ne assumono la responsabilità.

Un progetto di legge che faciliterebbe il ricorso alla grazia da parte del capo dello Stato è stato bocciato in Parlamento nei mesi scorsi.

Milano: la Procura generale boccia la grazia a Sofri

 

Rai News 24, 6 agosto 2004

 

Il sostituto procuratore generale Maria Elena Visconti, dopo essersi consultata anche con il responsabile dell’ufficio, Mario Blandini, ha reso pubblico oggi il parere negativo della Procura Generale di Milano sulla concessione della grazia ad Adriano Sofri. La decisione rende ancora più flebili di fatto le speranze di un provvedimento di clemenza nei confronti dello stesso Sofri da parte del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi senza iniziativa del primo.

L’apertura di una procedura di istanza di grazia era stata disposta dal ministro della Giustizia Roberto Castelli, dopo che lo scorso aprile lo stesso Ciampi aveva chiesto di svolgere un’attività istruttoria sul caso. Sofri, condannato a 22 anni di reclusione per l’omicidio del commissario di pubblica sicurezza Luigi Calabresi avvenuto il 17 maggio 1972, si è sempre proclamato innocente, ma non ha mai fatto richiesta di grazia. Gemma Calabresi, vedova del funzionario ucciso, ha sempre sostenuto che non si sarebbe opposta se la procedura fosse stata avanzata.

Il parere della Procura generale di Milano era necessario poiché l’omicidio Calabresi avvenne proprio nella città lombarda. La decisione non è vincolante; la stessa Procura aveva espresso parere negativo anche sulla posizione del coimputato di Sofri, Ovidio Bompressi.

L’altro ufficio che deve dare il parere è il Tribunale di sorveglianza di Pisa, perché e nel carcere della città toscana che Sofri sta scontando la pena.

Toscana: approvata legge su assistenza sanitaria in carcere

 

Redattore Sociale, 6 agosto 2004

 

La Giunta regionale ha approvato la proposta di legge per la tutela del diritto alla salute dei detenuti negli istituti penitenziari della Toscana. Con questo provvedimento la Regione Toscana, nel pieno rispetto dell’art. 117 della Costituzione, riconosce la parità di trattamento, in tema di assistenza sanitaria, tra i cittadini liberi e gli individui detenuti e individua gli strumenti per dare compiuta attuazione a questo diritto: un protocollo di intesa con i vertici dell’amministrazione penitenziaria e l’inserimento di questa problematica nel piano sanitario regionale attraverso uno specifico progetto obiettivo triennale.

Gli altri articoli della legge, che verrà presto sottoposta al vaglio del Consiglio regionale, riguardano tra l’altro la definizione dei compiti della Asl e delle Aziende Ospedaliere, che opereranno sulla base di apposite linee guida, e i provvedimenti in materia di personale. "La situazione sanitaria delle carceri italiane - afferma Enrico Rossi, assessore per il diritto alla salute - è disastrosa: è per questo che si è reso indispensabile il riordino della situazione a livello regionale".

L’impegno su questo fronte tra l’altro non è nuovo alla Regione Toscana che per prima, già lo scorso anno, ha messo a disposizione delle strutture penitenziarie i farmaci del servizio sanitario pubblico con un notevole risparmio di risorse finanziarie. Tutto questo a fronte di una progressiva e pesante riduzione degli investimenti governativi (- 20% negli ultimi anni), mentre ogni anno il numero dei detenuti in Italia cresce in media di circa 7.500 unità.

In Toscana, sono 21 le strutture carcerarie presenti: dalla casa circondariale agli ospedali psichiatrici giudiziari, all’istituto minorile e alle carceri di grandi, medie e piccole dimensioni. La popolazione carceraria complessiva è di circa 4.100 detenuti, senza contare le reclusioni di breve o brevissimo periodo che si attestano sulle 15.000 unità.

Questo significa che se ogni singola struttura ospita in media 300 detenuti, in realtà ne vede transitare in un anno almeno 1.500. Per garantire ai carcerati le stesse opportunità e gli stessi diritti che hanno i cittadini liberi in fatto di salute, la legge regionale propone tra l’altro l’adozione di una cartella clinica informatizzata per ogni detenuto all’ingresso in istituto, che se utilizzata a fini statistico - epidemiologici permetterebbe lo studio di una adeguata organizzazione sanitaria.

Quanto all’accesso ai servizi specialistici, diagnostici e di ricovero, la proposta di legge interviene svincolandosi da una serie di aspetti burocratici: se l’accertamento diagnostico non può essere effettuato presso la stessa struttura penitenziaria, sarà effettuato in idonea struttura del servizio sanitario nazionale cui il detenuto sarà condotto grazie al contatto diretto tra la struttura penitenziaria e gli addetti al servizio sanitario senza che sia più necessario ad esempio l’attestato dell’esenzione dal ticket. Il personale infermieristico verrà potenziato nell’organico, e soprattutto aggiornato professionalmente.

Livorno: caso Lonzi alla Corte Europea per i diritti dell’Uomo

 

Il Tirreno, 6 agosto 2004

 

L’avvocato Vittorio Trupiano, per conto della madre di Marcello Lonzi, Maria Ciuffi, ha inoltrato un ricorso alla Corte Europea per la difesa dei diritti dell’uomo di Strasburgo e alla Commissione Anti - Tortura, in seno alla stessa (inviando copia di tutto il fascicolo pendente presso il Tribunale di Livorno), lamentando la lesione dei fondamentali diritti dell’uomo, quali quello alla vita e ad un trattamento non umiliante e degradante.

Lo scorso 30 luglio l’avvocato aveva depositato l’opposizione alla richiesta di archiviazione del fascicolo aperto sulla morte del ventinovenne, deceduto nel carcere di Livorno l’estate scorsa, chiedendo la riesumazione del cadavere di Marcello Lonzi, per accertare l’esistenza o meno di lesioni ossee.

Trupiano ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di "voler disporre nuovi accertamenti, anche autoptici sul corpo del Lonzi", ma anche di voler autorizzare la pubblica udienza in merito all’opposizione.

Forlì: allarme per il carcere, interrogazione senatore Turroni

 

Corriere Romagna, 6 agosto 2004

 

Il senatore Sauro Turroni si scaglia contro l’incuria della Casa circondariale di Forlì. L’esponente del partito del sole che ride, infatti, nei giorni scorsi si è recato al carcere forlivese riscontrando numerose disfunzioni che incidono negativamente sulla vita dei detenuti. Disfunzioni che sono diventate oggetto dell’interrogazione al Ministro della Giustizia.

"L’assenza di risorse ha di fatto azzerato ogni attività lavorativa - si legge nel documento - mentre la carenza di personale di custodia rende difficili numerose attività e costringe la sospensione di altre fra le quali le stesse attività ricreative, l’uso della palestra e restringe temporalmente e fisicamente gli spazi di socializzazione. Il direttore è purtroppo presente solo alcuni giorni della settimana perché impegnato anche a gestire un’altra struttura carceraria.

Risultano poi particolarmente gravose le attività di traduzione dei detenuti, la sorveglianza in caso di ospedalizzazione nonché le attività di sorveglianza a vista. Si sono inoltre verificati alcuni casi di violenze e minacce nei confronti di detenuti che destano preoccupazione per il loro ripetersi nel tempo. A ciò si aggiunge l’assenza di ogni risorsa economica per l’acquisto dei materiali di consumo sia per gli uffici sia per la stessa igiene personale dei detenuti fra le quali addirittura l’impossibilità di acquisto di carta igienica".

Fatti gravi quelli denunciati dal senatore dei Verdi che chiede un pronto intervento al Ministro: "Intendiamo sapere se il ministro sia a conoscenza dei fatti descritti e quali iniziative intenda assumere al fine di diminuire i disagi e migliorare l’efficienza e il buon funzionamento della casa circondariale; se vorrà impegnarsi per aumentare il numero delle guardie carcerarie di almeno dieci unità modificando una pianta organica assolutamente inadeguata e approvata secondo criteri assolutamente discutibili; se non ritenga di dovere assicurare alla casa circondariale di Forlì una dirigenza permanente anziché ricorrere costantemente a supplenze che di fatto non consentono anche con il migliore degli impegni un’adeguata gestione della struttura; se non ritenga di dover mettere in atto tutte le misure necessarie al fine di contrastare e reprimere gli episodi di violenza ai danni di alcuni detenuti verificatisi nell’ultimo periodo mettendo in atto tutti i meccanismi di prevenzione e controllo necessari in queste circostanze". Accuse dure che ora attendono una risposta.

Cagliari: per non tornare in carcere tenta due volte suicidio

 

L’Unione Sarda, 6 agosto 2004

 

Ha tentato due volte il suicidio per non ritornare in carcere. E per altrettante volte è stato salvato da un sacerdote della Caritas che gli sta dando una mano per uscire dal tunnel dell’emarginazione. Poi, ieri mattina, colto da una nuova crisi di disperazione, si è incatenato al corrimano della scala del Municipio.

Marco Congia, 27 anni, precedenti per furti, scippi e oltraggio a pubblico ufficiale, chiede una casa per evitare di essere nuovamente rinchiuso in una cella di Buoncammino. A convincerlo a desistere dalla protesta sono stati i carabinieri. Ma la rabbia è rimasta. "Sono un detenuto in affidamento ai servizi sociali, ma se non ho un alloggio ritornerò dietro le sbarre. Il Comune mi deve aiutare".

Fino a poco tempo fa l’uomo la casa l’aveva, ma costava troppo. E così è rimasto con un tetto fatto di stelle. La pena Congia finirà di scontarla il 26 giugno del ‘95. Il Comune ha però ottenuto che la cooperativa San Lorenzo (azienda che ha ottenuto diversi lavori dal Comune) gli desse un’opportunità lavorativa. E, quindi, col lavoro il carcerato ha avuto la possibilità di riacquistare la libertà. Che ora sta rischiando di perdere. "Anche noi come parrocchia l’abbiamo aiutato più volte - dice don Salvatore Benizzi, parroco della chiesa di San Pio X di Serra Perdosa -; nonostante non sia del nostro quartiere l’abbiamo aiutato a pagare l’affitto, che era davvero esagerato".

Il proprietario pretendeva 400 euro al mese. Quando non ha pagato più è stato sfrattato. "Il Comune mi deve aiutare, da solo non ce la faccio più". Nella sede della Caritas ha trovato ospitalità, ma non può certo restare sempre lì. E così in questi ultimi due giorni è scoppiato il dramma. Prima il giovane ha cercato di tagliarsi le vene, e si è ferito gravemente a un braccio con un coltello. In ospedale gli hanno applicato decine di punti per suturargli la ferita. Ieri si è impiccato. I segni sono ancora evidenti sul collo.

Don Roberto Sciolla, responsabile della Caritas, se n’è accorto e l’ha salvato in extremis con l’aiuto di altri volontari. "Devo ringraziarlo come devo ringraziare la cooperativa San Lorenzo. Ma è inutile che mi abbiano fatto uscire dal carcere se non vengo aiutato. Se avessi un alloggio potrei ricrearmi una vita con la mia ragazza. Chiedo solo di vivere una vita normale".

Marco Congia è dall’età di 14 anni che ha problemi con la giustizia. È rimasto per tanto tempo ai margini della società. Più volte è finito in carcere. Poi le condanne si sono accumulate e ora la detenzione è diventata davvero lunga. Ora però è arrivata la classica ciambella di salvataggio offerta dal giudice di sorveglianza.

Belluno: fine dei lavori al carcere, c’è un’ala nuova per i pentiti

 

Il Gazzettino, 6 agosto 2004

 

Battute finali per i lavori al carcere di massima sicurezza di Baldenich iniziati nel febbraio del 2003, in applicazione del Decreto presidenziale del giugno 2000 emesso da Carlo Azeglio Ciampi dopo le proteste che infuocarono l’inizio estate dello stesso anno. L’intervento, costato in lire due miliardi e mezzo, è servito a rimodernare la struttura e rendere le celle più vivibili per i detenuti secondo quanto stabilito dal Decreto.

Fra le innovazioni, la dotazione di finestre più luminose, luci soffuse per i controlli notturni del personale di guardia, acqua calda e interruttori della luce in cella e spazi di preghiera per tutte le religioni. Ci sarà anche una sezione più ampia rispetto alla precedente destinata unicamente ai collaboratori di giustizia, i cosiddetti "pentiti", in grado di accogliere 13 - 15 detenuti di questa natura. Ma il numero potrebbe salire anche fino a una trentina se fosse stabilito di sistemarne due per ogni cella.

Questa non è una novità assoluta per il carcere bellunese, che si è trovato anche in passato ad ospitare sia pentiti, sia detenuti "eccellenti", come i boss mafiosi Raffaele Cutolo e Giovanni Brusca. Fra i bellunesi noti, l’attuale commissario alle opere strategiche del Nordest Bortolo Mainardi, arrestato in piena stagione di Tangentopoli, ha passato ben cinquanta notti in isolamento a Baldenich, per poi essere assolto.

I lavori all’istituto penitenziario necessitano ancora di qualche ritocco, quindi si potrà procedere al collaudo e al trasferimento dei detenuti, una trentina dei quali (compreso Cutolo), erano stati spostati in altre sedi con l’inizio della ristrutturazione.

Il clima in cui si inaugurerà il "nuovo" carcere di Baldenich, evento previsto fra uno o due mesi, nonostante gli interventi strutturali, non appare del tutto tranquillo. "Ci sono infatti gravi problemi di carenza di organico e di direzione - dice Roberto Agus, rappresentante sindacale Cisl -.

A metà luglio abbiamo inviato una lettera a tutti i nostri referenti, dal Provveditore per il Veneto fino al Prefetto di Belluno, che ancora non ha ricevuto alcuna risposta, in cui chiediamo che venga rivisto l’organico prima dell’apertura dell’ala destinata ai collaboratori di giustizia. Altrimenti per noi si tratterà di un ulteriore carico di lavoro che fra l’altro va a toccare un po’ tutti i settori, da quello amministrativo, a quello della sicurezza, a quello dedicato alle traduzioni che necessità di un gran numero di automezzi e personale in base alla pericolosità del tradotto".

 

Cisl: "Organico carente almeno del 20 per cento"

 

I problemi a Baldenich non sono solo strutturali o legati alla presenza di alcune tipologie di detenuti. "Il disagio più grave è essenzialmente di organico - dice il rappresentante Cisl Roberto Agus(nella foto)- che è già carente del 20 per cento. Se aumentano i detenuti serve anche una maggiorazione di organico. Sinceramente mi preoccupa molto il fatto che la sezione possa essere aperta senza un organico sufficiente, sia dal punto di vista amministrativo sia da quello della sicurezza". A dire la verità la questione dell’organico a Baldenich è un po’ più complessa.

"Nel ‘99 - continua Agus - mi è stato chiesto di fare un’ipotesi dell’organico occorrente in base alla distribuzione dei carichi di lavoro. Il risultato fu di 175 unità, fra agenti penitenziari di entrambi i sessi. Nel 2000 il Dipartimento, non tenendo in alcuna considerazione queste valutazioni, ne ha confermati 122.

Oggi l’organico è di 110 unità ma, fra distacchi e missioni, i presenti sono 103. Considerato che le unità devono essere distribuite su quattro turni giornalieri, è un numero impossibile. E infatti qua produciamo 28mila ore di straordinari all’anno, con l’esclusione il più delle volte di riposi e recuperi. Se ci sono malattie o altro il collega non viene sostituito.

C’è stato un periodo nel quale il 30-40 per cento del personale era assente per malattia. C’è poi il caso di 4-5 agenti che sostituiscono amministrativi in carenza di organico. E la sezione collaboratori che dovrebbe avere 5 unità, ne ha una". Oltre alla Cisl a Baldenich sono rappresentati la Cgil e tre sindacati autonomi, Sappe, Cnpp e Osapp.

 

In stato di agitazione da oltre un anno

 

Le proteste dal carcere di Baldenich non arrivano solo in seguito alla situazione dell’organico carente. Secondo i sindacati, ci sarebbero infatti gravi condizioni di incompatibilità ambientale sia con il direttore della struttura Immacolata Mannarella, sia con il comandante del reparto facente funzioni.

"Della direttrice - dice Agus - non si sa se sarà trasferita o no. Il comandante era stato sostituito per alcuni mesi, ma proprio in questi giorni è tornato, creando una situazione di disagio sia per i lavoratori che per lui". Quali sarebbero i problemi nei confronti di queste persone? "In pratica si dimentica che è entrata in vigore la riforma carceraria e viene portato avanti il lavoro in maniera autoritaria con una serie di problemi proprio nell’utilizzo delle unità". Dal 5 febbraio del 2003 i dipendenti di Baldenich sono dunque in stato di agitazione.

"In passato abbiamo preso diverse iniziative in segno di protesta: dall’autoconsegna all’interno dell’istituto per tre giorni non consecutivi (che significa restare all’interno del carcere per 24 ore di fila), al sit-in davanti al penitenziario". "Purtroppo - conclude Agus - l’ispezione del provveditorato non ha rilevato le necessarie risposte sul clima negativo vigente all’interno. Abbiamo interessato anche un parlamentare bellunese, Italo Sandi, che ha fatto presente la nostra situazione a Roma. Ma ancora niente. E ora siamo in agosto, tutti gli uffici di riferimento sono chiusi, per cui abbiamo anche difficoltà a parlare con chi dovrebbe prendere visione della nostra situazione".

Proposta Lega: carcere per chi elemosina fingendosi invalido

 

Redattore Sociale, 6 agosto 2004

 

Manette per chi chiede l’elemosina fingendo di essere invalido. È la proposta del capogruppo della Lega in regione Lombardia, Davide Boni. Nel progetto di legge che Boni ha depositato, è previsto appunto l’arresto immediato per chi simula deformità, malattia o utilizza altri mezzi "fraudolenti" per destare pietà. Il documento leghista è stato presentato anche in seguito alla scoperta a Milano del fenomeno degli anziani, soprattutto romeni, costretti all’accattonaggio ai semafori.

Fabio Parenti del Naga, associazione milanese per la salute e i diritti degli immigrati - non è tenero con la proposta leghista: "Si tratta della consueta politica demagogica che colpisce la povertà estrema e trasforma in una colpa lo stato di povertà. Se si trattasse di colpire gli sfruttatori ovviamente saremmo favorevoli.

Ma la possibilità di arrestare chi già è vittima dello sfruttamento in realtà incentiva l’accattonaggio, perché rende coatto il vincolo tra sfruttato e sfruttatore, spinge alla clandestinità e a un omertà forzata. Il principio è lo stesso della Bossi Fini, dove l’irregolare che denuncia il proprio datore di lavoro rischia l’espulsione. Se mai passasse -il diritto penale è comunque competenza dello stato- ne chiederemmo l’immediata abrogazione, e non saremmo certo soli in questa battaglia".

Franco Giorgi, segretario regionale della Cisl, aggiunge con fermezza: "Il fenomeno della presenza ai semafori delle nostre città continua e segnala la presenza di un disagio grave rispetto al quale ci vogliono politiche di intervento dociale le misure della lega sono accettabili solo si riferiscono a coloro che organizzano il racket dello sfruttamento della marginalità.

Ma sono incivili se invece colpiscono solo chi vive già un disagio e finisce per strada. Occorre dalle istituzioni l’organizzazione di una rete che intercetti i nuovi bisogni a cui dare risposta e politiche che creino accoglienza e non che la negano. Il gruppo della lega in Regione Lombardia è tra l’altro fra quelli che hanno stravolto le norme all’accesso delle case popolari e che hanno escluso i cittadini come gli homeless dal diritto alla casa. Invece bisogna dare dignità a una società che deve fare dell’accoglienza uno dei suoi obiettivi".

 

Clun (Piazza Grande): Così si fa guerra ai poveri, non alla povertà

 

"Chi chiede la carità non è un criminale. Così si fa guerra ai poveri, non alla povertà". È questo il commento di Paolo Clun di Piazza Grande, associazione che da 10 anni aiuta i senza fissa dimora a Bologna, alla proposta di legge di arrestare chi chiede l’elemosina in strada fingendosi invalido o malato, fatta dal capogruppo leghista in Regione Lombardia Davide Boni.

"Da quando l’accattonaggio è stato abrogato come reato, proposte di questo genere si commentano da sole – continua Clun -: sono anacronistiche, tragiche nella loro ignoranza e rozzezza, di stampo nazista e fascista, ma che alcune forze politiche ancora oggi ogni tanto avanzano, come ad esempio la legge che vieta a cittadini immigrati e barboni di dormire sulle panchine in alcune città d’Italia. Si tratta di proposte che seguono una logica da pulizia etnica: chi non considera decoroso per la vita pubblica vedere persone elemosinare per strada non può essere definito in altro modo che razzista".

L’associazione Piazza Grande, che già qualche anno fa combatté la sua battaglia per depenalizzare il reato di accattonaggio, non può che essere "contraria e disgustata" da un progetto di legge che mette in manette chi è costretto a chiedere le elemosina ai semafori degli incroci, agli angoli delle vie o sotto i portici dei palazzi.

 

Perego (Caritas): è una politica che non cerca di vedere i problemi

 

"L’ennesima illusione di risolvere tutto con il carcere e la reclusione: è una politica che non cerca di vedere i problemi e non mette al centro la dignità delle persone, ma quella delle strade". Così don Giancarlo Perego, della Caritas italiana, definisce la proposta di legge formulata dal capogruppo della Lega in Regione Lombardia che prevede l’arresto di chi si finge malato o disabile mentre chiede l’elemosina. "Nel volume ‘Cittadini invisibili’ abbiamo indagato in una ricerca 80 tipi di accattonaggio, in cui compare anche il fenomeno dell’inganno – prosegue -. Occorre uno studio attento e preciso del fenomeno in Italia e in Europa, ma il problema non si risolve aprendo le galere alle persone che spesso sono diverse da come le immaginano i politici; è vergognoso pensare di poter risolvere i problemi sociali con il bastone". Secondo don Perego – che in questi giorni si trova in Romania, per visitare le realtà nate grazie ai progetti avviati dalla Caritas italiana – "la politica italiana, invece di dimenticare il sociale e tagliare i fondi destinati ai paesi in via di sviluppo, cieca e incapace di guardare in faccia i problemi, deve puntare alla dignità delle persone, che molte volte sono in grande difficoltà, abbandonate, non sane; spesso si tratta anche di minori senza famiglia". Priorità, dunque, allo studio approfondito del problema e all’intervento sul campo, dice don Perego, ribadendo un deciso "no alle nuove galere e alle pulizie delle strade, analogamente a quello che si voleva fare con le prostitute".

 

Furlan (City Angels): appoggio una sanzione giusta…

 

"Mi sento di appoggiare una sanzione giusta nei confronti di chi prende in giro – fingendosi storpio, mutilato o malato – il buon cuore e la solidarietà di tante persone, valori importanti per i singoli e per un intero popolo".

È la posizione di Mario Furlan, presidente nazionale dei City Angels, riguardo alla proposta di legge formulata dal capogruppo della Lega in Regione Lombardia, Davide Boni, che prevede l’arresto immediato per chi pratica accattonaggio simulando deformità, malattia o utilizzando altri mezzi "fraudolenti".

"Qualche tempo fa ho dissentito dalla proposta del consigliere Mascaretti di Forza Italia, al Comune di Milano, che suggeriva di non dare l’elemosina indistintamente; non ero d’accordo perché c’è chi spilla i soldi e non ne ha bisogno ma altri vanno aiutati", argomenta Furlan, precisando: "Un discorso a parte riguarda i minori: i soldi dati a loro vanno a chi li sfrutta, genitori, parenti o racket. Trovo vergognoso da parte delle famiglie sfruttare i bambini per raccogliere elemosine".

Comunque il presidente dei City Angels condanna "chi approfitta del buon cuore delle persone, che spesso si sentono in dubbio di fronte a chi pratica accattonaggio, chiedendosi se si tratti di un bisogno reale". Secondo Furlan occorre andare alla radice del problema: "Se uno si finge storpio, si tratta di una truffa, un raggiro; altrimenti è una vittima e va colpito chi lo costringe a elemosinare".

Più che il carcere, però, bisognerebbe pensare a "sanzioni opportune: la punizione deve essere esemplare ma va commisurata al reato. Il carcere mi sembra un po’ eccessivo, anche perché i penitenziari sono già pieni.

Occorre punire chi sfrutta il bisogno e la spinta ad aiutare gli altri, mentre non si può punire chi chiede l’elemosina se lo fa per necessità". Come arginare il fenomeno? Per Furlan "bisognerebbe innanzitutto potenziare i servizi sociali. Noi andiamo in giro tutte le notti con due furgoncini distribuendo cose materiali, ma soprattutto calore umano, solidarietà e affetto.

Obiettivo dei volontari è togliere le persone dalla strada, ma è molto difficile: non c’è posto nelle strutture. Si dovrebbero individuare le aree abbandonate dove sorgono già dormitori incontrollati e bonificarle, darle in gestione alle associazioni di volontariato, farci arrivare acqua e luce; così si potrebbe dare una sistemazione decorosa, un tetto, a chi si trova sulla strada per problemi di alcolismo, di salute, mentali, o per la perdita del lavoro".

Proposta legge della Lega: "Gli accattoni: mandiamoli in galera!"

 

Corriere della Sera, 6 agosto 2004

 

Il capogruppo della Lega in regione Lombardia, Davide Boni, ha fatto una "pensata". Per lisciare il pelo al perbenismo italico, come se le carceri non fossero già sul punto di scoppiare, ha depositato un progetto di legge che prevede l’arresto immediato per i mendicanti, in particolare chi simula deformità, malattia o utilizza altri mezzi "fraudolenti" per destare pietà.

 

Cause ed effetti

 

Sia chiaro: il progetto di legge leghista non nasce come i funghi sotto gli alberi, ovvero a casaccio. Anzi: è stato avanzato in seguito alla scoperta, nel capoluogo milanese, di un poderoso racket degli anziani extracomunitari costretti all’accattonaggio ai semafori cittadini. Chiedere l’arresto dei finti mendicanti equivale però a confondere le cause con gli effetti, le vittime del racket con chi lo gestisce, le prostitute schiave con i papponi, quelli che pagano il pizzo con quelli che lo fanno pagare. Insomma: non c’azzecca.

 

Quadro a tinte fosche

 

Il quadro che dipinge Davide Boni è quello di una città ostaggio di orde di accattoni extracomunitari che simulano gravi deformità per suscitare compassione tra gli automobilisti milanesi, quelli, si sa, "con il coeur in man", al fine di scucir loro qualche euro per poi consegnarlo ai loro "protettori".

Dichiara Boni: "Nonostante l’inchiesta che, un paio di mesi fa, portò alla scoperta di un racket delle elemosine ai semafori, il fenomeno delle persone anziane ferme agli incroci delle vie milanesi non accenna a diminuire. Non è difficile, purtroppo, anche in questi giorni agostani, imbattersi in vecchietti, probabilmente di origine rumene, ferme per parecchie ore, anche sotto il sole, a mendicare agli automobilisti di passaggio". Ma, al di là delle reali dimensioni del fenomeno, il punto è sulla scorciatoia "forcaiola" che indica questa proposta "agostana" della Lega: proposta, sia chiaro, che difficilmente avrà seguito quando cominceranno a spirare i primi venti refrigeranti d’autunno sui vertici lombardi delle camice verdi.

 

Pietà l’è morta

 

Prosegue il Boni: "Anche in questi casi il buonismo non porta da nessuna parte, se non quella di incoraggiare la delinquenza a continuare in questo tipo di sfruttamento. In altri paesi non troppo lontani, come la Svizzera, l’accattonaggio è praticamente impossibile per il fatto che la legge elvetica prevede l’arresto immediato per chi viene sorpreso a mendicare".

La conclusione è pirotecnica: "Per ridare dignità alle nostre strade e stroncare questo genere di criminalità - conclude Boni - occorrono quindi norme più severe che permettano alle forze dell’ordine di intervenire efficacemente. A tal fine abbiamo depositato un progetto di legge che prevede, fra le altre cose, l’arresto immediato per chi simula deformità per destare pietà". È il caso di dirlo: pietà l’è morta.

Catania: evade per farsi arrestare, meglio carcere che comunità

 

La Sicilia, 6 agosto 2004

 

"Voglio andare in carcere. Meglio stare in prigione che agli arresti in una comunità terapeutica". Una scelta singolare, quella di un acese di 23 anni, autore nel giro di una settimana di due evasioni dai domiciliari. La prima volta, con gli esterrefatti carabinieri di Santo Pietro che, in compagnia di un amico, lo sorpresero in un bar, si giustificò dicendo: "C’era troppo caldo, non potevamo dormire e abbiamo deciso di prenderci una bibita fresca".

In quella circostanza il giudice, dopo la convalida dell’arresto e in attesa del processo, lo rimise agli arresti domiciliari nella struttura riabilitativa. Ma, evidentemente, questo stato di detenzione è davvero indigesto per il giovane, che ha nuovamente cercato e trovato il modo di farsi ammanettare, violando ancora una volta gli obblighi connessi agli arresti domiciliari.

Stavolta, però, mentre lo stesso Pm d’udienza, avv. Enzo Giannone, aveva richiesto i domiciliari per il ventitreenne acese, il giudice Michele Forziati, lo stesso che una settimana prima aveva deciso di riportarlo in comunità, lo ha "accontentato", disponendo per lui la misura cautelare in carcere e, nel contempo, una perizia per verificare la compatibilità del detenuto con il regime carcerario. Il processo, avendo il legale del giovane, avv. Enzo Di Blasi, chiesto i termini a difesa, si farà in settembre.

Cosenza: l'associazione Libera-Mente, dalla parte dei detenuti

 

Quotidiano di Calabria, 6 agosto 2004

 

Nei giorni scorsi durante una riunione tenutasi a Cosenza si è costituita una nuova associazione di cui presto sentiremo parlare per il fine che persegue: agire in favore dei detenuti. Presidente dell’associazione "Libera-Mente" è Francesco Cosentini; vicepresidente, Erminia Aloe; segretario, Maria Luisa D’Amelio e coordinatrice Anna Lucia Magliaro.

L’associazione, con sede a Cosenza in via Mortati, ha lo scopo di operare in favore di coloro che sono ammessi a misure alternative, degli ex detenuti e prestare loro assistenza morale e materiale, allo scopo di facilitare il loro inserimento sociale e lavorativo; sostenere le famiglie dei carcerati, favorendone, dove è possibile e necessario la relazione con il detenuto; promuovere e verificare che le famiglie usufruiranno di tutte quelle forme di assistenza previste dalle pubbliche istituzioni.

"Vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica ­ spiega Erminia Aloe, vicepresidente dell’associazione ­ verso la realtà della detenzione e verso i problemi che questa crea al detenuto e alle persone coinvolte, con particolare riguardo alle famiglie. Promuoveremo incontri aperti a tutti gli interessati e collaboreremo con tutte le forme di associazionismo di volontariato per meglio cogliere e rispondere alle esigenze del nostro territorio".

Spagna: detenuto per protesta si "incolla" alla propria fidanzata

 

Corriere della Sera, 6 agosto 2004

 

Un detenuto di nazionalità tedesca recluso nel carcere madrileno di Valdemoro, accusato di traffico di esseri umani, si è letteralmente attaccato per la mano alla sua compagna, utilizzando mastice da carrozzeria, durante un incontro "vis a vis" all’interno del penitenziario.

Dopo oltre 24 ore , informa l’agenzia Europa Press, è risultato vano qualsiasi tentativo di separare la coppia, trasferita nel frattempo sotto scorta in un ospedale della capitale spagnola. Fonti giudiziarie indicano che si sta cercando di identificare il tipo di mastice o colla, in genere utilizzato per le carrozzerie d’auto, per trovare il dissolvente appropriato. In caso contrario, ai due inseperabili amanti non resterà altro rimedio che ricorrere al bisturi dei medici.

Il sospetto è che la colla sia stata introdotta in carcere dalla donna, dal momento che i familiari dei detenuti ammessi una volta al mese all’incontro sono sottoposti solo a una perquisizione sommaria. A un funzionario del ministero di Giustizia, il detenuto tedesco, Uwe Dieter Krone di 39 anni, ha spiegato che l’espediente di attaccare la sua mano sinistra alla destra della sua compagna, Micaela Nolte, è una forma di protesta per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul suo caso giudiziario.

Catturato lo scorso 30 aprile a San Fernando (Cadice), Krone è reclamato in Germania per traffico di esseri umani finalizzato alla prostituzione, ma non è stato ancora estradato avendo un altro procedimento penale pendente a Cadice per tentato omicidio.

Centri Permanenza Temporanea: veri e propri centri di detenzione

 

Liberazione, 6 agosto 2004

 

Si chiama Centro di Permanenza Temporanea Assistita un luogo in cui gli stranieri privi di permesso di soggiorno vengono detenuti con un provvedimento da parte del questore. Sono luoghi in cui le persone trattenute non hanno commesso nessun reato, sono, quindi, luoghi della sospensione dei diritti.

E nonostante la legge prevede la possibilità di ricorrere all’assistenza legale, in questi posti uomini, donne, giovani e bambini di paesi diversi da quelli dell’Unione Europea, vengono trattenuti, picchiati, fermati, costretti a dormire in container con altri detenuti, senza aver commesso nessun reato se non quello di voler vivere in un paese che non è il loro.

Nella società del 2000 tutto è libero tranne le persone. La globalizzazione economica, dei mercati, la circolazione dei prodotti, lo sfruttamento delle risorse, gli investimenti finanziari. Tutto, ma proprio tutto si fonda sulla circolazione dei denari, delle merci, dei prodotti, delle ricchezze. Le persone no! Eppure gli articoli 13 e 14 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, riconoscono a tutti gli uomini e a tutte le donne il diritto a emigrare.

Ma la decantata politica dei flussi controllati diventa uno spartiacque inaccettabile sulla possibilità di circolare. E nemmeno l’allarme terrorismo e criminalità, motivo forte della destra e della sinistra di governo, diventa una motivazione seria per l’istituzione dei Centri di Permanenza Temporanea. I Cpt nascono grazie all’articolo 12 della legge 40 del 1998, la famosa Turco - Napolitano.

Le ragioni per il trattenimento sono previste per l’impossibilità nel riconoscere l’identità dello straniero; mancanza del vettore; mancanza dei documenti di viaggio. Già da allora sono apparse evidenti le ragioni di incostituzionalità nei confronti di limitazioni delle libertà personali per soli cittadini stranieri senza neanche un reato e per ragioni a loro non imputabili.

Non si può nascondere che la Corte Costituzionale investita di molte questioni (sentenza 105/2001), espressamente preoccupata dell’ipotesi di un aperto conflitto con il legislatore, dichiarò che non poteva intervenire sull’esistenza stessa dei centri di permanenza temporanea, ma non poté esimersi nel dichiarare che si trattava di veri e propri carceri.

La legge Bossi-Fini, che modifica la legge 40 del 1998, a proposito di Cpt richiedeva 62 milioni di euro di finanziamento per la costruzione di 10 nuovi Cpt. Un numero piuttosto esiguo rispetto ai 50 richiesti dall’onorevole Turco (Ds), in una intervista rilasciata al quotidiano "La Repubblica" sabato 24 luglio, a margine della triste vicenda dei profughi della Cap Anamur.

Un rapporto datato 26 gennaio del 2004 a firma di Medici senza frontiere, vincitrice del premio Nobel per la Pace nel 1999, denuncia che allo stato attuale i Centri di Permanenza Temporanea in Italia: "Sono edifici inadeguati, dove manca un contatto con il servizio sanitario nazionale. All’interno dei Cpt vi è una insufficiente assistenza psicologica e un abuso nella somministrazione di psicofarmaci".

Inoltre, Msf denuncia che spesso si sono verificati, all’interno del centro, eccessi negli interventi da parte delle forze dell’ordine. A tal proposito si è aperto a Lecce il processo denominato "Lo Deserto + 18" che vede imputati per vari reati (abuso, violenza, falso, ecc.) il direttore, appunto Don Cesare Lo Deserto, lo staff del Centro di Permanenza Temporanea Regina Pacis, dieci carabinieri e due medici che prestano servizi nel centro.

Il movimento dei movimenti ha sempre contestato questi edifici che diventano terre di nessuno abitate da non persone. Delle vere e proprie zone franche per il rispetto e la dignità di esseri umani che hanno commesso il solo reato di essere poveri o di voler fuggire da scenari di guerra come la Sierra Leone o il Darfur. Comitati No Cpt sono nati ovunque.

Vari sit in di protesta sono stati inscenati davanti a tutti i 20 centri di permanenza temporanea dello stivale, ultimi quelli di Agrigento e di Bari Palese. Ma ora nasce una forte urgenza: quella di unire in un unico coordinamento nazionale contro Cpt, le varie esperienze e forme di protesta fatte da ogni singolo coordinamento contro i centri di permanenza temporanei.

Esigenza percepita dall’esecutivo dei Giovani Comunisti di Rifondazione, che ha organizzato un tavolo ad hoc per mercoledì 31 agosto in occasione el settimo Campeggio nazionale dei Giovani Comunisti. Un coordinamento che non può fermarsi nel denunciare la contrarietà alla presenza dei Cpt sul territorio nazionale, ma che deve impegnarsi nel far conoscere, valorizzare e accettare le differenze per dichiarare, verificare e perseguire l’uguaglianza poiché come scrive Don Luigi Ciotti: "Ognuno è diverso da ciascun altro: questo ci rende uguali. Uguali nella diversità. Differenti dunque uguali".

 

Giuseppe Galantino, coordinatore No Cpt Foggia

Una nuova moda: per le ferie i turisti vanno al carcere

 

Libero News, 6 agosto 2004

 

Un ostello in un ex penitenziario, o una visita alla colonia penale della Gorgona: va di moda una vacanza alternativa che sa di gattabuia.

Celle con letti a castello al posto delle camere e ospiti che indossano i tipici pigiami a righe: se siete giovani, amanti del turismo un po’ fuori dagli schemi e avete una forte vocazione sociale, sta per aprire i battenti un posto che fa per voi. Un ostello della gioventù all’interno di un ex carcere, con le stanze dentro le celle dotate ancora di porta blindata, spioncino e inferriata alla finestra. La struttura sta sorgendo a Gualdo Tadino (Pg) per iniziativa del Comune. I lavori di sistemazione sono ormai terminati e l’apertura è prevista entro settembre.

L’ex carcere fu inaugurato nel 1985 e destinato ad accogliere detenuti considerati non pericolosi, a fine pena o che potevano usufruire della semilibertà. Funzionò però per poco e nel 1993 venne chiuso definitivamente. "L’ala dove si trovano le celle - ha spiegato l’assessore comunale ai servizi sociali Gianluca Graciolini - non è stata volutamente toccata". L’idea di realizzare lì un ostello (la cui apertura è prevista per la fine del mese prossimo) fu dell’ex sindaco gualdese Rolando Pinacoli, poi sviluppata dall’attuale amministrazione comunale. Nelle sette celle destinate a camere potranno essere ospitate complessivamente 50 persone. Ogni locale è dotato di bagno, dispone di letti a castello e di mobili completamente nuovi. "L’obiettivo - spiega ancora Graciolini - è di riuscire a inserirsi nella rete del turismo sociale. L’idea dalla quale siamo partiti è infatti quella di far vivere ai giovani la vita del carcere perché comprendano meglio l’importanza della libertà e di comportarsi sempre correttamente". Per questo si sta pensando anche a pacchetti turistici veri e propri nell’ambito dei quali mettere a disposizione degli ospiti anche il pigiama a righe, tradizionale simbolo dei detenuti.

Ma in Italia è anche possibile visitare luoghi che ospitano tuttora colonie penali. Succede alla Gorgona, la più piccola isola dell’Arcipelago toscano. Anche se ora il servizio è temporaneamente sospeso e dovrebbe riprendere a breve (per info chiamare la Cooperativa del Parco Naturale Isola Gorgona, 0586-899760), fino a qualche mese fa i turisti, in piccoli gruppi, potevano effettuare un minitour dell’isola, partendo col traghetto da Livorno e toccando i punti più suggestivi dell’isola, vero paradiso naturale. Poiché l’isola è tuttora abitata da qualche decina di detenuti, gli interessati al tour devono chiedere con un certo anticipo il permesso alla Direzione del Carcere, comunicando i dati del proprio documento di identità.

Sono veri e propri Parchi naturali protetti, visitabili con specifiche modalità, ma fino a qualche anno erano carceri di massima sicurezza, l’isola dell’Asinara, e Pianosa. La prima è un gioiello a Nord Ovest della Sardegna, di fronte a Stintino: il suo ultimo detenuto ha lasciato l’isola nel ‘98. Pianosa è invece nell’Arcipelago Toscano. Il suo carcere di sicurezza è stato chiuso nel ‘98, e da allora l’isola è visitabile (un vero paradiso preservato dallo sfruttamento turistico), anche se non è attualmente possibile alloggiare a Pianosa e bisogna fare base all’Isola d’Elba, da dove poi partire in escursione. Si può visitarla con tour guidati e a numero di partecipanti limitato (circa 400 persone al giorno). Non è invece ammessa la visita libera ed è richiesto un comportamento rispettoso del patrimonio ambientale.

Roma: vi racconto la mia vita da ladro professionista

 

Corriere della Sera, 6 agosto 2004

 

Er secco, di soldi, se n’è mangiati tanti, in vita sua. Tutti quelli che ha rubato in carriera sono presto finiti - "in uno spazio breve come tra Natale e Capodanno" - tra night e belle donne, macchine e vestiti. Ma soprattutto avvocati. Per uscire dalle prigioni. Lui ha fatto il conto: dei 53 anni che ha, ne ha passati 14 in galera. Non tutti di fila, ma a rate: una volta si è beccato 3 mesi, un’altra volta 6, poi 9, poi un anno e così via. Si è fatto il giro dei penitenziari: Latina, Ferrara, Viterbo, Chieti ("il migliore, piccolo e confortevole"), San Vittore, Rebibbia, Regina Coeli ("il peggiore, i letti a castello arrivavano al soffitto...").

Il suo primo furto è stato a 16 anni: rubò una 500 con un amico maggiorenne, ma rimasero per strada senza benzina e finirono "bevuti" (in gergo vuol dire arrestati) dai carabinieri. Oggi, però, è un uomo libero, ha pagato il debito con la giustizia e giura di aver cambiato da tempo attività. Per incontrarlo, abbiamo chiesto aiuto a un vecchio maresciallo che lo conosce bene e - proprio per questo - pur trattandolo con simpatia, continua a tenerlo d’occhio.

Le dieci di sera. Si presenta nervoso all’appuntamento. Dei giornalisti si fida poco. Ma durante il colloquio, davanti a una pizza, ecco che l’ex ladro pian piano si rilassa, si apre. Furti d’estate: l’argomento è questo. "Io non ho mai cronometrato, però ci mettevo sì e no dieci secondi per salire da terra al primo piano. L’Uomo Ragno? Lasciamo perdere. L’agilità comunque è sempre stata il mio forte. Questo si chiama furto da scavalco . Basta una grondaia oppure il tubo del gas, un amico che ti spinge ed è fatta. D’estate non si respira, le finestre sono aperte, in una notte puoi ripulire anche 3 o 4 appartamenti. Una volta dentro, però, ci vuole calma, freddezza: ci potrebbe essere, infatti, qualcuno che dorme. Ma alle 3, alle 4 del mattino, la gente ronfa e non si accorge di niente. A me nessuno m’ha mai scoperto.

Con la cechetta, una piccola lampadina, in pochi secondi inquadravo la situazione, ero bravo a spulciare, a capire subito dove fossero i soldi e i gioielli. Dentro un materasso, una volta, c’erano 5 milioni di vecchie lire. Li steccai a metà col mio socio e dopo due sere li avevo già spesi, tra il Piper, il Ciak e la Parolaccia ... Un’altra volta invece trovai solo formaggi e salumi: così decisi di fermarmi per cena... È vero, rubando mi sono molto divertito. Ma non mi sono arricchito".

Primo comandamento: un bravo ladro professionista la mattina si fa il giro dei palazzi, infila le biffe, che sono sottili linguette di carta nelle fessure delle porte, e passa la sera a vedere come stanno. Se le biffe sono cadute, vuol dire che qualcuno è rientrato. Secondo comandamento: "Nel nostro mondo occorre sempre portare rispetto. Dal più grande al più piccolo, perché il piccolo un giorno diventerà grande...".

Er Secco cominciò per fame : "Sono figlio di N.N., ho vissuto in collegio. Se avessi avuto una famiglia normale, un padre che mi gonfiava di botte, non sarei mai finito in mezzo alla strada. Oggi ho due figli e voglio che studino, se sapessi che vanno a rubare gli spezzerei le gambe. È un lavoro che non conviene, date retta a me".

A Roma, poi, la gente s’è fatta furba. Allarmi sofisticati, telecamere, ponteggi illuminati. "È vero. Per questo sempre più spesso le batterie di romani lavorano in trasferta - dice - . Vanno al Nord, dove i furti sono ancora regalati, cioè sono più facili, dove la gente ha meno veleno", cioè è meno attrezzata, meno agguerrita contro il popolo dei ladri. A lui comunque, nell’88, lo presero a Milano e finì a San Vittore.

Adesso c’è la tecnologia, c’è il denaro elettronico, c’è la concorrenza forte dei ladri stranieri. "È vero - ammette - col tempo bisogna adeguarsi. Le carte di credito, però, non sono mica da buttar via. Di solito, il codice segreto, il proprietario se lo annota su un foglietto che tiene custodito dentro il portafogli. E questo lo sanno tutti. Oppure lo memorizza sul cellulare. Tu trovi le cinque cifre e hai fatto Bingo".

D’estate si ruba in città, ma si ruba assai meglio al mare: Santa Marinella, Fregene, Santa Severa. Ai suoi tempi - ricorda - si andava "in villeggiatura" a Rimini, Viareggio, Sanremo, Castiglioncello. Logico: soldi e turisti partono sempre insieme ("Gli alberghi però me li pagavo di tasca mia"). Da una cosa sola, l’ex ladro di Centocelle s’è sempre tenuto distante: la violenza. Né rapine né omicidi.

Mai. "Ci vuole un’altra pompa per quelle cose lì", spiega. Un altro cuore, un’altra inclinazione. E poi le pene cambiano notevolmente. Si rischia davvero di passare tutta la vita in galera ("Anche se oggi ci sono mille scappatoie, ci sono gli arresti domiciliari, c’è l’incompatibilità dichiarata con la vita carceraria, dipende dall’avvocato che hai...").

Dopo due ore l’intervista è finita. Er Secco si alza. Ha 53 anni ma ne dimostra 10 di meno. Ha una forma invidiabile. Dice che in questi giorni sta aiutando l’ex moglie a fare un trasloco. "Non ho mai lavorato, questa è la prima volta". Sorride e se ne va.

Roma: a Ferragosto manifestazione polizia contro il Governo

 

Ansa, 6 agosto 2004

 

Sono "centinaia" le adesioni alla manifestazione indetta per il giorno di ferragosto dai sindacati di polizia contro le politiche di sicurezza del governo che stanno giungendo ogni giorno al Sappe, uno dei sindacati che ha promosso la protesta. Un dato "molto significativo per comprendere lo stato di disagio che vivono i poliziotti italiani" sottolinea in una nota l’organizzazione che rappresenta la polizia penitenziaria; tanto più "se si pensa, che il Ferragosto è, per chi è libero dal servizio, una giornata tradizionalmente da trascorrere con la famiglia".

La manifestazione, che si terrà davanti a Palazzo Chigi, è stata organizzata da tutti i sindacati che aderiscono alla Consulta Sicurezza - Sappe, Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria, SAP, sindacato autonomo di Polizia, e Sapaf, sindacato autonomo Polizia ambientale forestale - e dal Siulp, Sindacato italiano unitario lavoratori Polizia.

"Saremo in piazza, a Ferragosto, per rivendicare maggiore attenzione da parte di questa maggioranza parlamentare alle problematiche di tutti i poliziotti italiani e perché siano rispettate le mille promesse rese in campagna elettorale" spiega il Sappe.

I poliziotti accusano il governo di essere troppo "sbilanciato verso le rivendicazioni delle Forze Armate". Nel mirino c’è in particolare "la decisione dell’ Esecutivo Berlusconi di tagliare, da un lato, le già scarne retribuzioni degli agenti, assistenti, sovrintendenti ed ispettori delle Forze di Polizia e, dall’altro, di attribuire ai giovani sottufficiali delle Forze Armate benefici economici incidendo su un meccanismo (l’indennità operativa) che contribuisce in maniera rilevante alle voci stipendiali".

I lavoratori della polizia chiedono, inoltre, un "riordino delle carriere con finanziamenti adeguati alla perequazione del nostro personale rispetto alle Forze Armate e al restante pubblico impiego".

 

 

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