Legge contro la tortura

 

Difficoltà in Parlamento per il disegno di legge contro la tortura

 

Il Manifesto, 14 dicembre 2003


A favore della tortura non c’è "giusta causa" che tenga. Ci si aspetterebbe che su un tema tanto grave i politici di tutti gli schieramenti accorrano come un sol uomo a tutela dei diritti umani e della legalità. Al contrario è accaduto ieri che una nutrita schiera di onorevoli si sia precipitata ad avanzare mille perplessità sull’introduzione della tortura nel nostro ordinamento, un reato specifico che la camera sta finalmente per approvare dopo anni di lotte e campagne di sensibilizzazione. Dubbi bipartisan: i Ds, seguiti a ruota da An e Lega, si opporranno alla sede legislativa per un rapido via libera alla legge antitortura.

Perché mai una simile levata di scudi? Il testo dello "scandalo", messo a punto dal forzista Antonio Mormino, prevede una pena da 1 a 10 anni per il pubblico ufficiale che con violenze o minacce gravi infligge sofferenze fisiche o mentali allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da una persona sottoposta alla sua autorità.

Il profano si aspetterebbe una rapida approvazione. In fin dei conti si tratta del testo del trattato di New York firmato dall’Italia 19 anni fa. Non è così. Infatti sono tutti favorevoli a punire la tortura, però "dobbiamo evitare che attività legittime e ispirate da fini giusti vengano trasferite nell’area dell’illegalità" (Francesco Bonito, Ds, ex pm), però non si possono "prevedere dieci anni di carcere per chi cerca di investigare" (Antonio Di Pietro, ex pm), però "le pene, per una non meglio precisata violenza psichica, risultano sproporzionate" (Antonio Cirielli, An, ex poliziotto), però "bisogna stare attenti a distinguere" (Carolina Lussana, Lega). Si tratta di lapsus freudiani o alla camera c’è un virus giustizialista?

 

 

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