Newsletter n° 29 di Antigone

 

Newsletter numero 29 dell'Associazione "Antigone"

a cura di Nunzia Bossa e Patrizio Gonnella

 

L’Editoriale di Patrizio Gonnella: Cambiare si può

Indietro tutta, di Stefano Anastasia

La criminalizzazione del consumatore di droghe leggere

L’Osservatorio regionale dell’Umbria, di Francesca Mottolese

Le iniziative di Antigone, a cura della Redazione

L’Editoriale: Cambiare si può, di Patrizio Gonnella

 

"Tanto destra e sinistra sono uguali". "Non saranno mai capaci di governare". "Non dureranno mai cinque anni". "Si limiteranno a evitare l’arresto di Berlusconi e Previti". "Così si ricompatta la sinistra". "Tutto sommato sono garantisti". "Quanto meno libereranno Sofri."

Il governo delle destre ha smentito ogni luogo comune, ha governato, deciso, cambiato il volto del paese e della giustizia. E’ rimasto in carica cinque anni. Ha usato il pugno di ferro contro i piccoli criminali, gli immigrati, i tossicodipendenti. Ha ridotto le garanzie. Non ha liberato Sofri, anzi. La destra che governa ha mostrato il suo volto illiberale, liberticida, duro, proibizionista.

Una destra che senza tentennamenti non si è limitata a curare i fatti propri ma, purtroppo, si è occupata anche dei fatti di tutti gli altri. La metafora della giustizia nel quinquennio di governo berlusconiano è tutta racchiusa in una gag delle "Iene". Il senatore Melchiorre Cirami - quello della legge sul legittimo sospetto - viene a lungo inseguito da una Iena con in mano la proposta di legge per l’istituzione del garante delle persone private della libertà. "Senatore, lei che è così veloce a far approvare le leggi, perché non cerca di far approvare anche questa?". Un lungo inseguimento in autobus tra sguardi innervositi, silenzi e risposte evasive. In questi anni la giustizia penale è finita nel tritacarne, è stata usata per proteggere i colletti bianchi e violentare le classi subordinate.

Da un lato in sequenza sono state approvate le leggi sulla depenalizzazione del falso in bilancio, sulla legittima suspicione, sulle rogatorie internazionali, sulla revisione dei tempi di prescrizione per i reati contro l’economia e la pubblica amministrazione. Dall’altro sono state introdotte numerose nuove fattispecie penali, è stata amputata la legge Gozzini, oramai inapplicabile ai recidivi, è stata modificata la causa discriminante della legittima difesa aumentando le possibilità di reazioni armate a tutela della proprietà privata, è stata cambiata la legislazione sugli stupefacenti parificando di fatto consumatori di droghe leggere a spacciatori di droghe pesanti. È stata approvata una riforma dell’ordinamento giudiziario che risente del pregiudizio contro la magistratura più volte manifestato dal presidente del consiglio.

Ad aprile 2001 i detenuti erano 54.930. A fine gennaio 2006 erano quasi 61 mila. Una crescita di mille persone l’anno su cui ha inciso poco e niente l’indultino del 2003, unica misura in controtendenza. I detenuti crescono, eppure i delitti diminuiscono. Nel 2005 sono stati denunciati 2.855.372 delitti, l’1% in meno rispetto all’anno precedente.

In questi cinque anni l’opposizione di centrosinistra ha reagito molto duramente contro le leggi ad personam, ma molto blandamente contro le leggi penali classiste e restrittive delle libertà fondamentali. Con il voto favorevole di buona parte dell’Unione è passata la stabilizzazione del regime di cui all’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario ed è stato approvato il mandato di arresto europeo. In particolar modo, con il contributo dei Ds e dei Dl è stata affossata l’amnistia.

Dopo cinque anni di governo della Casa delle Libertà siamo un po’ più americani di prima e un po’ meno liberi di prima. La ex Cirielli scimmiotta la three strikes law, tre reati e poi l’ergastolo. La legge Fini-Giovanardi sulle droghe è la versione bolognese della war on drugs. La legge sulla legittima difesa si poggia su una prospettiva di liberalizzazione del mercato delle armi leggere. Il sistema della giustizia americana è un sistema che prevede il massimo delle garanzie possibili nella fase processuale e il minimo delle garanzie possibili nella fase penitenziaria. Cauzione e pena di morte sono i due poli della giustizia all’americana. Se hai i soldi puoi evitare la custodia cautelare. Se sei colpevole scatta la vendetta di Stato. Tutto è misurabile con parametri rigorosamente economici. I detenuti per dirla alla Negri sono la moltitudine in eccesso. Una volta dentro si getta la chiave e il sistema non si deve premunire di essere legale, umano e risocializzante. Così la riforma del 2000 in Italia del regolamento penitenziario è rimasta lettera morta. I detenuti continuano a non fare colloqui all’aria aperta, a non avere doccia in cella, a non avere privacy etc. etc. . Castelli è stato il peggior ministro della giustizia del dopoguerra.

Su questo terreno le destre hanno assecondato i sentimenti securtari dell’opinione pubblica e non hanno trovato opposizione vera né nelle forze del centrosinistra, né a livello dei media, né negli operatori della giustizia. "L’attuale ordinamento penitenziario, risalente al 1975, ha finito per dissolvere la certezza della pena, perché oggi vi è la certezza che nessuna pena verrà eseguita nei termini in cui è stata dal giudice disposta, tali e tanti essendo i benefici e le misure alternative introdotte nel pur vano tentativo di ridurre la popolazione carceraria. Del resto lo stesso procedimento di sorveglianza ha finito per assumere i caratteri di un quarto grado di giudizio, il cui effetto è stato quello di rendere virtuale qualsiasi condanna." Così il procuratore generale presso la Corte di cassazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario. La Cirielli-Vitali, nelle norme sulla recidiva, non è altro che la risposta coerente a tale alta sollecitazione

Ora i cinque anni - grazie a Dio - sono passati. Passerà, però, veramente la nottata? Destre e sinistre non sono tutte uguali. Era sbagliato dirlo nel 2001. Sarebbe sbagliato dirlo oggi. Dobbiamo, però, essere consapevoli che non sarà facile ottenere un’inversione di tendenza, un ritorno a un glorioso passato di diritti e libertà universali. Ci saranno resistenze e tentazioni a lasciare in piedi le norme illiberali targate Cdl. È necessario costruire un movimento culturale non minoritario che spinga le forze politiche dell’Unione a non accontentarsi del buon governo tecnico della giustizia, ad andare oltre, a misurarsi con la post-modernità, a superare la centralità del penale, a ricostruire un legame tra sinistra e garantismo. Se la modernità è segnata dal passaggio dalle pene corporali alla prigione, la post-modernità deve essere segnata dal superamento della necessità della prigione come punizione. Per questo, pur nella consapevolezza che i primi passi dovranno essere le abrogazioni delle leggi oscurantiste delle destre, i passi successivi dovranno essere tutti nel segno della mitezza e della equità della giustizia penale. Amnistia e indulto, nuovo codice penale, abrogazione dell’ergastolo, previsione di nuove sanzioni non carcerarie, decriminalizzazione della vita dei tossicodipendenti e degli immigrati, difensore civico per le persone ristrette o limitate nella libertà. E che sia approvato un solo nuovo reato. La legislatura berlusconiana si è aperta con i fatti di Genova. La prossima si apra con l’introduzione nel codice penale del crimine di tortura.

 

L’articolo è tratto da Fuoriluogo (Febbraio ‘06)

 

Indietro tutta, di Stefano Anastasia

 

La notizia del Congresso nazionale dell’Associazione nazionale magistrati che si è chiuso domenica a Roma non è che vi è stato messo in scena un nuovo conflitto tra Governo e magistratura italiana. Quanto a questo, nulla di nuovo sotto il sole. La notizia (la novità, cioè) è che la riforma dell’ordinamento giudiziario - voluta e imposta dalla maggioranza al Parlamento e al Presidente della Repubblica, che l’aveva rimandata alle Camere dopo la prima approvazione - non ha più né padre né madre. Dopo che Berlusconi ebbe tuonato contro la corporazione repressiva, la sua bestia nera sulla strada del potere assoluto; dopo che il Ministro ebbe smesso la camicia verde e riscoperto le virtù del dialogo di fronte a una platea per un quinquennio dileggiata e offesa; ecco che, uno dopo l’altro, i responsabili giustizia di An, Fi e Udc attaccano a parlare della opportunità di qualche ritocco alla - fino a ieri insindacabile - riforma. L’on. Mazzoni (Udc), come vuole il gioco delle parti, si spinge fino a dire che l’efficacia di alcuni decreti attuativi potrebbe essere sospesa. Una vera e propria Caporetto per la politica della giustizia della Casa delle libertà. Così sembra; così solo in parte è.

In realtà, la riforma dell’ordinamento giudiziario è stato il cemento ideologico di una scollacciata politica della giustizia ossessionata dalle pendenze giudiziarie del Presidente del Consiglio e dei suoi compagni di merende. La conclusione del Congresso dell’Anm, la ripetuta e vibrante polemica contro il Governo del Presidente della Cassazione, Marvulli, ci dicono che il cemento non tiene, non essendo riuscito a fare breccia neanche nei settori più conservatori della magistratura. Resta però un deposito di scorie: i decreti attuativi della riforma dell’ordinamento giudiziario; le leggi ad personam; quelle illiberali da ultime approvate per far contenti gli alleati (droghe, legittima difesa, Cirielli). Non basterà la manutenzione già concessa dai plenipotenziari della Cdl; servirà la ripulitura del sistema e la sua riforma, per garantire giustizia e diritti uguali per tutti.

 

La criminalizzazione del consumatore di droghe leggere, di Gennaro Santoro

 

Potremo iniziare parlando di isterie di fine legislatura, di un iter anticostituzionale adottato per approvare la controriforma sulle droghe: si legifera su materie eterogenee (delle quali una, quella concernente le droghe, non urgente e complessa) con lo strumento del decreto legge. Oppure potremo iniziare facendo facile ironia sul fatto che anche chi ha scritto o sostenuto la controriforma ha ammesso di essersi fumato una canna, da Fini in Giamaica (dove è vietato il consumo) a Casini in un prato del Belpaese.

Ma la conversione in legge del decreto legge sulle (olimpiadi, usura, antiterrorismo, segni distintivi forze di polizia, contraffazione marchi.. e le) droghe è cosa seria e drammatica, perché concretizza il rischio di trascinare nel baratro di un inedito circuito - direttamente o indirettamente penale - milioni di persone, meri consumatori occasionali o finanche alla loro prima esperienza.

Quella sola volta può ora costare cara, molto più cara di quanto sarebbe potuta costare - ad onorevoli e non - prima della conversione in legge della controriforma. Eppure - senza ironia - alcuni autori di tale aberrazione giuridica hanno ammesso di aver fumato una canna e non sono passati all’eroina quanto piuttosto alla guida del paese. Ma ora lasciamo da parte i luoghi comuni e cerchiamo di sciogliere lo sfacciato nodo della matassa.

Tabella Unica - Una tabella unica per le sostanze stupefacenti, cancellata la distinzione tra droghe leggere e pesanti; pene da 6 a 20 anni per i reati di spaccio e traffico di qualunque tipo di sostanza; rispetto alla vecchia normativa, a fronte di una diminuzione del minimo edittale (dagli otto ai sei anni) per spaccio di droghe pesanti (cocaina, eroina etc., punite nella vecchia normativa con pena dagli 8 ai 20 anni di carcere) notiamo un forte inasprimento per lo spaccio e traffico di droghe leggere (dai 2 ai 6 anni, nella vecchia normativa).

Chi è il destinatario della sanzione penale? - Chi "coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope"; ma anche per chi "importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene" sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità - se superiore ai limiti massimi, che saranno indicati con un successivo decreto del Ministero della salute - o "per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale".

In altre parole, milioni di consumatori - anche giovanissimi e/o in occasione della loro prima esperienza - possono vedersi imputato tale reato (ribadiamo, pena dai 6 ai 20 anni) a totale discrezione delle forze dell’ordine. In particolare tale discrezionalità troverà fondamento nelle clausole generali della "modalità di presentazione" e, ancora di più, sulle non ulteriormente specificate "altre circostanze dell’azione". Si tratta di norme in bianco che equiparano di fatto le condotte degli spacciatori ad azioni tipiche del detentore e consumatore di sostanze stupefacenti: passare, consegnare per qualunque scopo, acquistare, ricevere, detenere sostanze stupefacenti. Si viola, in particolare, il criterio di ragionevolezza desumibile dall’art. 3 della Costituzione, ovvero la legge deve trattare in maniera differente condotte differenti, quindi deve regolamentare le condotte di spaccio in maniera diversa dal mero consumo (in questo senso, vedi Corte Costituzionale sentenze n. 333/1991 e n. 360/1995); così come, ad esempio, è punito con sanzione penale chi pone in vendita prodotti con il marchio contraffatto e non anche l’acquirente consapevole di acquistare tale tipologia di merce. Ancora, le modifiche de quo sono contrarie al principio di determinatezza (o determinabilità) delle condotte di rilievo penale e, di conseguenza, violano il principio cardine dello stato di diritto secondo cui il cittadino deve poter conoscere la fattispecie astratta che comporta la violazione della prescrizione penale.

Lieve Entità - La legge prevede poi l’eventualità che, trattandosi di "fatti di lieve entità", le pene applicate possano scendere: da uno a sei anni di carcere - o di lavoro di pubblica utilità anche presso strutture private autorizzate ai sensi dell’art. 116 T.U. sulle droghe. Rispetto alla vecchia normativa, anche in questo caso, la controriforma inasprisce la pena edittale per i fatti di lieve entità legati alle droghe leggere (prima, dai sei mesi ai quattro anni), lasciando inalterata la previsione rispetto le droghe pesanti. Da ricordare, inoltre, che a seguito dell’entrata in vigore della c.d. Legge Cirielli, l’attenuante della lieve entità non potrà essere applicata ai recidivi. Da quanto detto consegue che un consumatore che ha già subito una condanna per aver superato il quantitativo di droga definito uso personale, o che per le circostanze dell’azione comunque venga etichettato e condannato al pari di uno spacciatore, sconterà almeno 6 anni di carcere senza poter accedere al beneficio del lavoro di pubblica utilità.

Sanzioni Amministrative - Fuori dai casi sopra esposti - ovvero chi detiene un quantitativo di droga nei limiti di quello che sarà definito uso personale, e a patto che tale uso non appaia destinato, per modalità di presentazione ovvero per altre circostanze dell’azione, ad uso non personale (leggi, discrezionalità assoluta) - sono previste una serie di sanzioni amministrative. Quelle immediate sono: il ritiro della patente per chi, al momento dell’accertamento, "abbia la diretta e immediata disponibilità di veicoli a motore"; inoltre "Qualora la disponibilità sia riferita ad un ciclomotore, gli organi accertatori ritirano anche il certificato di idoneità tecnica, sottoponendo il veicolo a fermo amministrativo". Tali misure hanno la durata di un mese e sono eseguite nell’immediatezza dei fatti. Ci sono poi sanzioni di ‘media’ entità (da un minimo di un mese al massimo di un anno - anche in questo caso inasprendo, rispetto alla vecchia normativa, le sanzioni nei confronti dei consumatori di droghe leggere) irrogabili singolarmente o congiuntamente: dalla sospensione della patente, del passaporto o del porto d’armi alla sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo se si tratta di cittadini stranieri extra Ue.

L’iter sanzionatorio prevede che:

a) "Il prefetto, se ritiene fondato l’accertamento, adotta apposita ordinanza convocando, anche a mezzo degli organi di polizia, dinanzi a sé o a un suo delegato, la persona segnalata per valutare, a seguito di colloquio, le sanzioni amministrative da irrogare e la loro durata" e per formulare l’invito a sottoporsi, a seconda delle esigenze, a "programma terapeutico e socio-riabilitativo di cui all’articolo 122 o altro programma educativo e informativo personalizzato" anche presso struttura privata autorizzata;

b) "La mancata presentazione al colloquio comporta l’irrogazione delle sanzioni" sopra menzionate. (Hai letto bene: la mancata comparizione comporta l’irrogazione di tutte le sanzioni sopra menzionate, senza prevedere cause giustificative della mancata presentazione). Resta comunque in vita la facoltà attribuita al Prefetto - limitatamente alla prima volta, "nel caso di particolare tenuità della violazione", e a patto che "ricorrano elementi tali da far presumere che la persona si asterrà, per il futuro, dal commetterli nuovamente" - di definire il procedimento senza applicare le sanzioni sopra menzionate invitando l’interessato a non fare più uso delle sostanze stesse.

Rimedi Giurisdizionali – A) "Avverso l’ordinanza con cui il prefetto ritiene fondato l’accertamento e convoca la persona segnalata può essere proposta opposizione al giudice di pace, entro il termine di dieci giorni dalla notifica all’interessato"; B) "Al decreto con il quale il prefetto irroga le sanzioni di cui al comma 1 e eventualmente formula l’invito di cui al comma 2, che ha effetto dal momento della notifica all’interessato, può essere fatta opposizione entro il termine di dieci giorni dalla notifica stessa, davanti al giudice di pace". Altri Rimedi - "Se risulta che l’interessato si sia sottoposto, con esito positivo, al programma" terapeutico o educativo/informativo (a seconda dei casi e anche presso strutture private) il "prefetto adotta il provvedimento di revoca delle sanzioni". Apparentemente la norma potrebbe essere salutata come un esempio di mediazione penale. Al contrario, amplifica a dismisura il controllo sociale di condotte potenzialmente innocue trasformando il diritto costituzionale alla salute in dovere alla salute, ovvero o ti curi (e le cure hanno un prezzo…) o puoi vederti patente, passaporto etc. sospesi fino ad un anno.

Provvedimenti a tutela della sicurezza pubblica - Analizziamo ora l’art. 75 bis introdotto della nuova normativa. Preliminarmente, bisogna tenere presente che i provvedimenti previsti nell’articolo menzionato vengono irrogati nei confronti dei consumatori (ovvero nei confronti di chi detiene un quantitativo di droga nei limiti di quello che sarà definito uso personale, e a patto che tale uso non appaia destinato, per modalità di presentazione ovvero per altre circostanze dell’azione, ad uso non personale). "Qualora in relazione alle modalità od alle circostanze dell’uso [...] possa derivare pericolo per la sicurezza pubblica, l’interessato che risulti già condannato, anche non definitivamente, per reati contro la persona, contro il patrimonio o per quelli previsti dalle disposizioni del presente testo unico o dalle norme sulla circolazione stradale, oppure sanzionato per violazione delle norme del presente testo unico o destinatario di misura di prevenzione o di sicurezza, può essere inoltre sottoposto, per la durata massima di due anni, ad una o più delle seguenti misure:

a) obbligo di presentarsi almeno due volte a settimana presso il locale ufficio della Polizia di Stato o presso il comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente;

b) obbligo di rientrare nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, entro una determinata ora e di non uscirne prima di altra ora prefissata;

c) divieto di frequentare determinati locali pubblici;

d) divieto di allontanarsi dal comune di residenza;

e) obbligo di comparire in un ufficio o comando di polizia specificamente indicato, negli orari di entrata ed uscita dagli istituti scolastici;

f) divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore."

Anche in questo caso la discrezionalità regna sovrana: non si comprende quali possano essere i parametri di riferimento per qualificare l’uso come pericoloso per la sicurezza pubblica. Ancora, viene sbeffeggiata la previsione costituzionale della presunzione di innocenza dell’imputato laddove si prospetta che i provvedimenti de quo sono applicati nei confronti di chi risulti già condannato "anche non definitivamente" per determinati tipi di reati, ma anche – e qui è il vero dramma – nei confronti di chi sia stato "sanzionato per violazione delle norme del presente testo unico". E quando la legge parla di sanzioni, allude non solo alle sanzioni penali, ma anche alle sanzioni amministrative più su analizzate. Un esempio concreto: Tizio viene colto mentre fuma una canna; il Prefetto applica la sanzione della sospensione della patente per un mese; dopo due mesi Tizio viene nuovamente colto mentre fuma una canna. In tale circostanza potrà essere sottoposto ad una o più delle misure sopra menzionate, per la durata massima di due anni. Il consumatore ‘recidivo’, in altre parole, potrà essere sottoposto ad una serie di misure limitative della libertà (obbligo di rientrare in casa ad una certa ora, obbligo di non uscirne prima di altra ora prefissata, divieto di allontanarsi dal comune di residenza etc.) che corrispondono alle prescrizioni proprie degli arresti domiciliari con qualche deroga per le necessità quotidiane. A differenza però del delinquente comune (compreso lo spacciatore!!!), l’interessato potrà ricorrere contro le misure limitative della libertà esclusivamente presso il giudice di pace e non presso il Tribunale per le libertà, organo giurisdizionale "togato", caratterizzato da procedure maggiormente garantiste. Viene infatti previsto che tali misure restrittive della libertà siano applicate dall’autorità amministrativa per poi essere comunicate entro 48 ore al Giudice di pace e dallo stesso convalidate entro le successive 48 ore. Anche qui il criterio di ragionevolezza viene calpestato: una condotta meno innocua (consumo ‘recidivo’) è punito con le stesse prescrizioni di condotte maggiormente offensive (spaccio) e con minori garanzie giurisdizionali (sic!). A ciò si aggiunga l’impatto del disposto del comma 6 dello stesso articolo il quale prevede che il contravventore alle prescrizioni imposte sia punibile con l’arresto da tre a diciotto mesi. Tali disposizioni, oltre a concretare il rischio di una "carcerizzazione di massa", prospettano soluzioni procedurali che non possono non suscitare forti perplessità dal punto di vista della loro legittimità costituzionale. Deve infatti sottolinearsi che l’articolo 13 della Costituzione prevede la possibilità di limitazioni della libertà personale sulla base di provvedimenti dell’autorità di pubblica sicurezza da sottoporre alla successiva convalida da parte dell’autorità giudiziaria, solo in casi eccezionali di necessità ed urgenza: è evidente che nell’ipotesi qui considerata viene prevista come soluzione procedurale ordinaria quella che invece dovrebbe, appunto, avere carattere eccezionale.

Altro che consumatori non puniti con il carcere, come asseriscono gli autori della controriforma. E giova ricordare che in questa sede sono stati evidenziati soltanto alcuni aspetti della legge, tralasciandone altri altrettanto gravi (certificazione dello stato di tossicodipendenza non più appannaggio esclusivo dei servizi pubblici ed altro).

Ci si è voluti soffermare esclusivamente sui concreti pericoli che la controriforma prospetta a danno dei consumatori perché quantitativamente potranno interessare milioni di persone. Siamo di fronte alla eutanasia dello stato di diritto: prima la legge Cirielli, poi la legge Fini.

Tale aberrazione giuridica deve essere abrogata subito all’inizio della prossima Legislatura se vogliamo evitare gli eventi drammatici consumatisi nel triennio ‘90-93, quando vigeva una disciplina non dissimile da quella reintrodotta dalla Legge Fini: raddoppio del numero dei detenuti, aumento esponenziali di suicidi e atti di autolesionismo nelle carceri.

 

L’Osservatorio Regionale dell’Umbria, di Francesca Mottolese

 

Adesso che la legislatura ha le ore contate, possiamo dire che il maestoso piano di edilizia penitenziaria sbandierato per cinque anni dal ministro Castelli ha partorito il topolino. Pensare di costruire nuove carceri per risolvere i problemi del sistema penitenziario significa mancare ogni livello di valutazione, da quello più alto della contestualizzazione sociale giù fino ad abbracciare una banale miopia amministrativa. Tuttavia, l’attuale maggioranza vede questa come unica via maestra, e il Parlamento, bocciando lo scorso Natale un provvedimento di clemenza e votando le varie leggi su recidiva e tossicodipendenze, ha dato mandato al Governo - se mai ce ne fosse stato bisogno - di muoversi lungo questa sola prospettiva. Dal ministro ingegnere e aziendalista ci saremmo aspettati allora un’efficienza fuori dal comune nel gestire la creazione di nuovi spazi detentivi.

Efficienza che pur avremmo criticata nei suoi intenti, ma facendo riferimento almeno al solo nostro punto di vista, e non, come invece ci costringe a fare, anche al suo proprio. La Dike Aedifica - società già sotto indagine, creata appositamente da Castelli per sviluppare il piano governativo di edilizia penitenziaria e rampognata dalla Corte dei Conti per non aver mai pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale la convenzione con il Ministero della Giustizia - non ha messo due mattoni uno sull’altro né riconvertito vecchie e fatiscenti strutture come era previsto nei suoi programmi. Pochissime le carceri inaugurate da questo Governo, che ha ereditato lavori in corso di durate decennali. Tra queste, il nuovo istituto penitenziario di Perugia, situato in località Capanne a 12 km dalla città e il cui nastro è stato solennemente tagliato il 7 luglio 2005 dopo quindici anni di lavori.

Il nuovo carcere vuole essere una struttura ad alta vivibilità, moderna, funzionale e proporzionata per numeri e servizi, tale da assicurare condizioni più umane per i detenuti e condizioni di lavoro meno stressanti per gli agenti di Polizia Penitenziaria. Esso si estende su una superficie complessiva di circa 40 ettari, di cui 17 sono occupati dagli immobili, mentre i rimanenti sono adibiti ad aree verdi. Proprio per sfruttare queste particolarità, viene annunciato che partirà a breve un progetto per destinare 12 ettari ad orticoltura, per una piantagione di ulivi, un frutteto e per l’attività di apicoltura. Al progetto parteciperanno quattordici detenuti, solo dopo aver seguito specifici corsi professionali tenuti da diverse cooperative aderenti all’iniziativa. Sono previsti anche corsi professionali di giardinaggio peraltro finalizzati alla manutenzione delle aiuole del carcere.

Nell’ambito della struttura penitenziaria, l’istituto femminile ha una capienza regolamentare di 70 posti (attualmente vi sono detenute 53 donne) ed è dotato di una "sezione nido". L’istituto maschile dispone di 200 posti, tanti quanti sono attualmente i detenuti maschi. Ciascuna sezione di detenzione è dotata di servizi propri: cappella, palestra, sala per la socialità, biblioteca, cinema, sala teatro, lavanderia, cortile passeggi che, nell’istituto maschile, consiste in un grande recinto (con una cancellata al posto del muro, che vorrebbe seguire la logica dell’umanizzazione della pena), e un parco giochi per i bambini purtroppo presenti con le madri nel reparto nido. Sono stati creati anche spazi per la scuola, le sale colloquio e luoghi all’aperto per poter incontrare i familiari, dotati di giostre per i figli dei detenuti. Tutte le celle sono dotate di servizi igienici comprensivi di bidet e di doccia. Sono anche dotate di riscaldamento e citofono per poter comunicare con il personale e per le chiamate di emergenza. I detenuti sono suddivisi in celle per fumatori e non fumatori. Il carcere di "Capanne" vuole essere all’avanguardia anche per altre dotazioni previste, come i campi da gioco, che tuttavia attualmente restano – secondo una logica alquanto bizzarra - inutilizzati visto che, con la prossima estate, inizieranno i lavori per la semina del prato. Tra le novità del nuovo istituto troviamo una sezione per disabili e, per gli spostamenti interni degli agenti, anche piccoli veicoli elettrici.

Durante la discussione alla Camera sulla legge ex-Cirielli, Castelli aveva invitato la sinistra a basarsi sul metodo galileiano dell’esperienza e a convincersi dunque, guardando il modello americano, che le norme sulla recidiva funzioneranno. Aveva poi aggiunto che il fiero prezzo da pagare è l’aumento della popolazione carceraria, che prevedeva arrivare fino alla cifra – vertiginosa o, in alternativa, solo verbosa – di 400.000 detenuti. Lo stesso giorno, il capo dell’Amministrazione Penitenziaria Tinebra, sempre di poche parole quando si tratta di denunciare condizioni di disagio nelle carceri da lui dirette, si era invece spinto a dichiarare: "Non stiamo con le mani in mano, visto che abbiamo un nuovo carcere a Perugia e un nuovo reparto a Pescara". La sezione di Pescara, esperimento di "carcere moderno" voluto da Castelli, è dotata di modernissimi apparati di sicurezza elettronici che, imitando ancora l’avanguardia americana, vogliono rendere superflua la presenza di controllori - e contatti - umani. Forse sarebbe stato più utile spendere quei soldi per adeguare gli istituti alle prescrizioni di buon senso contenute nel nuovo regolamento penitenziario, ormai legge dal lontano 2000 e restato quasi del tutto lettera morta. Ora, senza dire che il nuovo carcere di Perugia è stato costruito con l’esplicito intento di chiudere la fatiscente struttura perugina di piazza Partigiani e di trasferirvi i 136 detenuti lì reclusi, e che dunque non fa guadagnare alcun posto letto all’Amministrazione Penitenziaria, cosa avrebbe detto Galileo dell’unico metro quadro che molti detenuti hanno a disposizione all’interno delle celle in cui sono chiusi per venti ore al giorno, delle sezioni senza riscaldamento, delle docce con l’acqua gelida, delle celle con poca aria e poca luce naturale, del water usato da sei o otto persone e collocato al centro della stanza a pochi centimetri dalle testiere dei letti?

 

Le Iniziative di Antigone, a cura della Redazione

 

Venerdì 3 marzo 2006 ore 9.00-18.00, presso la Sala Consiliare Provincia di Potenza, Piazza Prefettura, Potenza, si terrà la Conferenza Regionale: La femminilità negata "Le... non pari opportunità dietro le sbarre", promossa dal Consiglio regionale della Basilicata, Commissione Regionale per la Parità e le Pari Opportunità.

 

Programma

 

Ore 9.00

Saluti di: S. Altobello, Presidente Provincia di Potenza; V. Santarsiero, Presidente Anci Basilicata; M.A. Fanelli, Presidente Commissione Regionale Pari Opportunità. Introduce: R. Colangelo, Assessore Sicurezza e Solidarietà Sociale. Intervengono: C. Chiurazzi, Assessore Formazione e Lavoro; S. Ardita, Direttore generale Detenuti e Trattamento del Dap; S.F. De Martino, Direttore C.C. di Potenza. Relazione tematica di M.P. Giuffrida, provveditore regionale Basilicata.

 

Ore 11.00

Tavola rotonda "La detenzione femminile: esperienze e buone prassi". Presiede: O. Amodio. Intervengono: A. Roscioli, Direzione generale detenuti e trattamento Dap; N. Volpe, Ispettore Polizia Penitenziaria C.C. Rebibbia Femminile; P.P. Barbato, Presidente Comitato Telefono Azzurro, progetto Bambini e Carcere; L. Astarita, Associazione Antigone.

 

Ore 12.30

Interventi programmati: S. Lapenna, Vice-Presidente IV Commissione consiliare; A. Autilio, IV Commissione consiliare; P. De Franchi, I Commissione consiliare.

 

Ore 13.30

Conclusioni: E. Simonetti, Presidente II Commissione consiliare; G. Straziuso, Presidente IV Commissione consiliare.

 

Ore 14.15

Colazione di Lavoro.

 

Ore 15.30

Tavola rotonda "Il ruolo del territorio e delle istituzioni rispetto alle donne in esecuzione di pena. Quali ipotesi ed impegni praticabili per il loro reinserimento?". Intervengono: F. De Martino, Direttore C.C. di Potenza; L. Colicelli, Responsabile Ufficio Terzo Settore; G. Calvello; C. Marroccoli, Telefono donne; Suor L. Cima, Presidnete, Crvg Basilicata.

 

Ore 16.30

Interventi programmati e dibattito. Conclusioni: R. Mastrosimone, Vice-Presidente Consiglio regionale della Basilicata.

 

Giovedì 16 marzo 2006 ore 16.00

Sala Blu dell’Assessorato al lavoro del Comune di Roma, in Lungotevere dei Cenci, 5 Roma. I Seminari di Antigone: La Mediazione Penale. Intervengono: Francesco Di Ciò, Università di Milano; Maria Pia Giuffrida, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria; Francesca Vianello, Università di Padova.

 

Venerdì 17 marzo 2006 ore 18.30

Nell’ambito della Triennale di Milano (23 febbraio - 19 marzo 2006) che ha promosso il progetto "La rappresentazione della pena", per riconoscere e riconoscersi in quell’universo segregato, attraverso una mostra e molteplici momenti di riflessione si terrà la sessione "Gli altri modelli di carcere". Introduce e coordina: Vincenzo Ruggiero, docente di Sociologia, Middlesex University of London e Università di Pisa. Partecipano: Adolfo Ceretti, docente di Criminologia, Università degli Studi Milano Bicocca; Mauro Palma, presidente onorario Associazione Antigone.

 

 

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