O.P.G. di Castiglione delle Stiviere

 

Inchiesta sull'O.P.G. di Castiglione delle Stiviere (MN)

 

Incontro con Michele Schiavon, direttore dell'O.P.G. di Castiglione delle Stiviere

 

Un tempo si chiamavano manicomi criminali. Oggi, in pieno clima di politically correct, sono gli ospedali psichiatrici giudiziari. La realtà, in sostanza, non cambia, delitto e malattia mentale (ma probabilmente più esatto sarebbe definirla dell'anima), in entrambi i casi vanno a braccetto. Tuttavia, anteporre già nella dicitura il regime sanitario rispetto a quello custodiale, se di primo acchito può sembrare una formalità squisitamente linguistica, nel caso dell'O.P.G. di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova e a una ventina di chilometri da Desenzano del Garda, esprime una netta modalità di approccio, e ancor più di metodo, nei confronti degli internati. Qui considerati a tutti gli effetti pazienti anziché reclusi, con buona pace di una diffusa opinione pubblica mai sazia di cronache nero-rosa, per cui simili infelici altro non sono che dei folli violenti "assassini, stupratori e pericolosi malfattatori"; gente, per farla breve, da togliere semplicemente dalla circolazione.
"Ci sentiamo molto più ospedale che prigione", afferma Michele Schiavon, direttore dell'O.P.G. mantovano, che dirige dal 1992. Originario di Verona, laurea in Medicina con specializzazione in Psichiatria e Medicina Legale, Schiavon, mettendo l'accento sul verbo "sentire", evidenzia come a formare la struttura più che il luogo fisico, sia soprattutto la collettività delle persone che vi lavorano: in questo caso medici, educatori, psicologi, infermieri, operatori tecnici ausiliari e assistenti sociali coadiuvati da consulenti e docenti convenzionati per seguire specifici progetti riabilitativi, ricreativi, di ludo-ergoterapia e corsi educativi che vanno dall'istruzione scolastica all'orientamento socio-lavorativo e culturale. Si parla di personale in stragrande maggioranza sanitario, insomma, selezionato secondo funzionalità e criteri che si rifanno all'organizzazione dei Servizi Sanitari Ospedalieri. Nella fattispecie, l'azienda ospedaliera "Carlo Poma" di Mantova, che per questo suo presidio circondato dal verde nelle colline a sud del lago Benaco, appena fuori dal centro di Castiglione, ha stipulato una convenzione con il Ministero della Giustizia per l'accoglienza di un numero oscillante tra i 170 e 200 rei di delitto e prosciolti a causa di problemi di natura psichiatrica.

L'O.P.G. di Castiglione delle Stiviere è l'unico in Italia a contemplare, oltre ai due reparti maschili, segnatamente l'"Aquarius" e il "Virgilio", anche un padiglione separato da una rete in ferro (ma a pochi metri di parco dagli altri corpi edilizi) con due reparti riservati alle pazienti femmine, qui da alcuni anni una percentuale di pochissimo inferiore a quella degli uomini. I "condomini" delle donne sono l'"Arcobaleno" e il "Morelli", quest'ultimo intitolato come in passato gli altri a un medico del posto, ed è ora il solo ad aver conservato l'appellazione originaria, ovvero risalente a quando, nel 1939, nasceva l'O.P.G. di Castiglione come sezione giudiziaria dell'Ospedale Psichiatrico. I rimanenti tre li hanno ribattezzati con nomi di fantasia gli "inquilini", dice col suo dolce sorriso Lise Mulvad Bro, danese, la quale vi presta il proprio contributo come caposala nel settore infermieristico. Grazie alla lunga esperienza acquisita nei vari "campi", Lise si muove con disinvoltura in tutti e quattro: in questo nosocomio lombardo infermieri e infermiere al pari dei medici vengono destinati nei reparti tenendo conto di variabili non solo legate ai rispettivi sessi ma in virtù dell'oggettiva utilità del loro dislocamento. "Talvolta il contatto "controllato" tra maschi e femmine, siano essi assistenti o pazienti dell'altro sesso residenti, può risultare positivo o addirittura parte integrante della terapia", osserva, infatti, la dirigente di assistenza infermieristica (in gergo DAI) Santina Sansoni, all'uscita dalla visita all'"Arcobaleno". Quest'ultimo è un complesso a un piano con al centro gli spazi comuni ("portineria", sala pranzo, cucina, infermeria, piccolo bar con annesso spaccio di generi di prima necessità) da cui si dipartono i corridoi per accedere alle stanze, distribuite nel rispetto del grado di autonomia delle alloggianti e concepite come altrettante "villette a schiera" individuali o da due, al massimo tre posti letto, alcune fortemente personalizzate e tutte con accesso diretto al giardino.
A ulteriore differenza dagli altri cinque istituti psichiatrico-giudiziari attualmente presenti sul territorio nazionale, qui le divise blu della Polizia penitenziaria sono poche. La sicurezza, oltre che dalla grande professionalità degli operatori, stavolta è garantita da mezzi "banali" , vale a dire porte e cancelli chiusi. Ma dietro il recinto, l'accesso a cortili e giardini è libero, le camere e i saloni da Tv e biliardo (per fumatori e non) sono aperte tutto il giorno, come del resto il bar, un'ampia sala distaccata dai reparti "residenziali" con soffitto a volte di legno, gestito dall'O.P.G. e l'impiego di alcuni internati in ergoterapia, dove vengono organizzate lotterie, tombolate, gare di briscola, pomeriggi musicali con karaoke, castagnate e, in estate, anguriate.

"Nel bar tutti rispettano il divieto del fumo e la fila ordinata alla cassa, pagando il dovuto di tasca propria", afferma con soddisfazione Giuseppe Gradante, medico responsabile di "struttura complessa" assegnato al femminile, che si unisce alla visita della struttura. Così si scopre anche l'esistenza di una piscina olimpionica, in funzione da giugno a settembre, e a cui possono accedere a turno ambo i sessi. O che in mensa si mangia con forchette e coltelli "veri", e che è consentito persino un bicchiere di vino a pasto. "Lo ammetto, anche sotto il profilo del consueto problema di sovraffollamento, rappresentiamo un'"isola felice" - sottolinea Schiavon - o meglio, e per favore non mi si fraintenda, un modello sanitario alternativo sul fronte del pur sempre ambiguo e contestato rapporto tra cura e custodia in condizioni costrittive. Anche se forse non estendibile all'intera popolazione O.P.G.", ravvisa, ben consapevole che la società civile debba essere comunque tutelata dalle potenziali, devastanti conseguenze provocate dal disagio psichico di alcuni suoi membri. 

"Ciò non toglie che le regole, all'occorrenza ferree, abbiano qui come altrove la loro importanza. O che nonostante i "nostri" internati (età media dai 30 ai 40 anni, ndr) non presentino di solito acuzie relative alla loro psicopatologia, i casi "difficili" o cronicizzati non mancano. Ma dobbiamo riconoscere che siamo dei privilegiati, perché esonerati dal gravoso compito di una doppia vigilanza, vale a dire clinica e insieme carceraria", prosegue il direttore. "Pertanto siamo nella possibilità di concentrarci sulla personalità disturbata - precisa - avvalendoci soltanto degli strumenti messi a disposizione dalla psichiatria, che - per inciso - non sono da sottovalutare. Seppure, beninteso in stretta collaborazione con la Magistratura di sorveglianza, nel nostro caso particolarmente collaborativa, e con i Centri di servizi sociali per l'indispensabile inquadramento criminologico e psichiatrico-forense, nonché per l'altrettanto necessario quanto costante monitoraggio delle variabili determinanti la pericolosità sociale dei singoli soggetti. Tutte informazioni che previa consultazione integrata tra le figure professionali preposte alla loro assistenza vengono inserite in una banca dati gestita da un sistema informatico ad elevata capacità, appositamente creato e sempre aggiornato non solo per fornire quadri completi, dallo status socio-anagrafico di ogni paziente alla sua diagnosi clinica e risposta ai trattamenti, bensì utile a costituire delle linee guida condivise e condivisibili secondo un linguaggio comune. Ma anche per elaborare griglie statistico-sanitarie, epidemiologiche e criminologiche di riferimento attendibili".
Nel frattempo, Schiavon invita a partecipare all'incontro con "Le Due Città" un consesso di operatori specializzati, tra cui, oltre a quelli già menzionati, Barbara Vida, assistente santitaria, Roberta Rasio, educatrice laureata in Pedagogia, Filippo Nocini, psicoterapeuta e consulente psicologo, l'assistente sociale Paola Melluzzo, Enrico Vernizzi, dirigente medico del reparto "Aquarius" e Antonino Calogero, responsabile di "struttura complessa" maschile. In altre parole, i rappresentanti le diverse funzioni interne chiamate a svolgere un'attività sinergica, dapprima nella fase di osservazione per stabilire lo stato effettivo e di conseguenza il processo terapeutico più idoneo per ciascun ricoverato, e successivamente per fornire il proprio supporto alla sua realizzazione.

Oppure, nel caso dei nuovi arrivati, "per individuare entro circa 30 giorni eventuali cosiddetti simulatori o simulatrici, che fingono cioè di essere malati per uscire di prigione, o, più precisamente, per ricorrere all'applicazione delle misure di sicurezza detentive decrescenti come previsto dal nuovo codice di procedura penale nel caso di detenuti affetti da turbe psichiche", spiega Alberto Mendini, membro dell'équipe medica che si occupa del reparto "Arcobaleno". "Quindi, - afferma ancora Mendini - per mettere a punto i percorsi da seguire allo scopo di una riabilitazione psico-sociale degli interessati in virtù delle precipue aree di disabilità".

"Si tende a un tipo di trattamento il più possibile individualizzato e multi-professionale" puntualizza Enrica Chiaravalle, anche lei dirigente medico di primo livello, sempre nello stesso reparto. "Premesso che gli obiettivi finali auspicati consistono nella riacquisizione dell'autonomia psicofisica da parte dei o delle pazienti nei confronti a) della propria persona, b) del proprio spazio vitale e c) di quello comune, ma anche di un loro reinserimento il più possibile "indolore" nel contesto socio-territoriale, le vie per raggiungerli variano di volta in volta e di passaggio in passaggio in base al quadro clinico e la sua evoluzione", precisa la dottoressa, chiarendo che oltre alla psicoeducazione e adeguate terapie farmacologiche "a dosaggio mediamente basso", esse possono includere interventi, appunto, di ergoterapia, e la formazione teorico-pratica con sbocchi lavorativi sia all'interno che all'esterno dell'ospedale.

"Nell'iter riabilitativo si passa da degenti con evidenti deficit personali e interpersonali, completamente disorientati nell'organizzare il proprio quotidiano sia pure ai livelli più ordinari, tipo il vestire per presentarsi in pubblico, o la gestione dei soldi, intendendo quelli per pagarsi magari un caffè al bar, fino ad arrivare a quelli in grado di uscire, accompagnati o in certi casi da soli in paese e al supermarket, previa ovviamente autorizzazione del magistrato", insiste la dottoressa Chiaravalle, sottolineando che la tendenza terapeutica è quella rivolta all'"umanizzazione" e al ripristino delle capacità relazionali: il contatto, dunque, prima col sé e poi con l'altro, a cominciare dai congiunti, facilitato da un elevato numero di visite possibili in aree appropriate. Fondamentale ai fini di qualunque trattamento, le fa eco Mendini (e in coro gli altri), rimane il "consenso informato", un diritto cardine della persona di esserne partecipe in modo consapevole, anche per quanto riguarda l'eventuale somministrazione di farmaci. "Che peraltro non vanno affatto demonizzati", ribadisce dal canto suo Schiavon.

"La psichiatria anche in questo segmento ha fatto passi da gigante - aggiunge il direttore - e la nuova generazione di antipsicotici normalmente qui utilizzati, per quanto impegnativi dal punto di vista economico, oltre che ridurre notevolmente l'insorgere di disturbi collaterali, possono rivelarsi degli ottimi alleati. L'importante - conclude - è cercare di contenere responsabilmente il periodo di degenza, che secondo la tipologia di reato è fissata in due, cinque o dieci anni, mentre proporzionalmente inversi rimangono i tempi reali di attuazione di un efficace programma di recupero.

"Altrettanto importante è avere la convinzione professionale-etica e medica che i malati dimessi, compresi coloro con una storia clinica pregressa di dipendenza da farmaci, una volta fuori non cadano in recidiva", rincara Mendini. "Perché alla fine, più che la "dimissione tout court", conta la "buona" dimissione". Conta, insomma, che la compensazione acquisita "tenga nel tempo", a prescindere dall'istituzione successiva cui saranno demandati, che può essere tanto un altro ospedale psichiatrico piuttosto che - preferibilmente - il proprio domicilio; qualora, va da sé, e dopo attenta verifica, le premesse della situazione familiare lo consentano", fa notare. E con una punta di fierezza espone un dato statistico confortante e insieme interessante: tra i pazienti dimessi negli ultimi cinque anni dall'ospedale di Castiglione, la maggior parte è tornata a casa, e soltanto il 3,7% è dovuto rientrare in O.P.G..

Appunti di vita quotidiana

 

A mezzogiorno e mezzo avevano già sparecchiato, anche se qualcuno stava ancora seduto a tavola a chiacchierare. E che diamine, parlarsi è importante, nella vita non esiste mica solo il lavoro! Anche se di cose da fare ce ne sono parecchie nella palazzina a due piani in fondo al giardino che circonda i padiglioni centrali dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, superato il grande bar centrale della struttura e la palestra. C'è per esempio da passare l'ultima mano di vernice a quel comò fine '800 in noce del Piemonte restaurato nel mese scorso nell'apposito laboratorio allestito in un capannone pochi metri più in là, o finire di colorare il carretto ortofrutticolo in miniatura fabbricato in quello di falegnameria su commissione dell'asilo nido del paese; perciò dev'essere a tinte vivaci, spiega C., bisogna ricordare che ci giocheranno dei bambini. Altrimenti si può salire al piano di sopra per aiutare a sistemare la modulistica del SCR (Servizio di Continuità Riabilitativa) e le sue comunicazioni interne, oppure dare un punto a quel grembiule cucito un giorno fa in "sartoria".

Inoltre, anche il corredo di tovaglie per la sala da pranzo comune comincia a scarseggiare, meglio provvedere in fretta, perché almeno due volte a settimana qui si mangia maison, tipo self-service. Ognuno prepara cioè nella piccola seppur attrezzata cucina della "casa" il proprio pasto, e volendo, semmai, lo condivide. Va aggiunto che l'elaborazione di certi piatti, frutto dello scambio di memorie di sapori familiari e per così dire casalinghi tra i "residenti" - comunque apprezzati anche dagli ospiti esterni -, è stato foriero di un ricettario intitolato Buoni Mangiari "per i giorni di lavoro e per i giorni di festa", pubblicato in un fascicolo con tanto di sommario, introduzione e presentazione per i tipi del Servizio.

Gli stessi che hanno stampato il volumetto Viaggi, raccolta di esperienze individuali raccontate in seguito a gite effettuate un po' più lontano da Castiglione (o nella propria fantasia) prima o durante il ricovero (nel qual caso previa concessione dei necessari permessi), in altre parole escursioni "fuori dai cancelli", come lo sono le brevi vacanze-premio in località d'interesse turistico organizzate per i gruppi operativi del SCR (ovvero la "casa"), puntualmente tradotti in preziosi momenti di svago per conoscersi meglio e rafforzare lo spirito di gruppo tra pazienti e operatori al di là dei rispettivi ruoli istituzionali.

Il servizio di stampa e legatoria, sempre autogestita, cura anche il mensile di "cultura, informazione e relax" Surge et Ambula redatto dagli internati e diretto dalla dottoressa Rosa Perosi, oggi giunto al suo terzo anno di vita. La veste editoriale è povera, d'accordo, d'altronde il laboratorio di legatoria nel 2001 è stato parecchio impegnato nel restauro e rilegatura di vecchi volumi in dotazione all'Istituto psichiatrico e altri testi didattici forniti da privati. Ma i contenuti ci sono, le informazioni pure, compresa la cosiddetta agenda, per chi volesse frequentare i corsi di scuola media nelle materie d'italiano, storia, geografia, matematica e inglese previsti nelle aule dell'ospedale, anziché il corso di canto o di chitarra sotto l'egida di un'insegnante di musica appartenente all'associazione territoriale "Massimo Riva". Insomma, basta sfogliare un numero qualsiasi del periodico per sapere cosa bolle, come usa dire, in pentola.

Su quello datato gennaio 2002 si va dalle poesie grondanti sentimento e reclamanti amore raccolte nella rubrica "Pensieri in libertà" alla pagina umoristico-satirica sui "farmaci che…ci fanno guarire" (della serie "Prozac: uguale a sospensione liquida che ammortizza la carcassa in caso di asperità, d'assumersi esclusivamente al posto della contenzione", e con "eventuale dipendenza, ma solo in casi eccezionali piaghe da decubito", piuttosto che il "Tenormin, farmaco consigliato ai tenori perché fa cantare sotto la doccia", e con effetto collaterale "uno strano senso di euforia che può indurre a tentazione"). Seguono più seri brani critici su Friedrich Nietzsche e Wolfgang Amadeus Mozart, infine brevi pagine di diario e di riflessione sulla propria condizione, nonché una parabola ispirata alla storia di Troia e del suo re Laomedonte.
Scrivere e dipingere, ma anche cucinare, cucire, cantare, suonare, piallare, pulire, fare giardinaggio o decorare col metodo stencil le pareti per abbellire i propri spazi vitali dopo averli imbiancati con la tempera sono modi per esprimersi e per comunicare, oltre che per imparare a volersi bene. Fa dunque parte della routine quotidiana dei pazienti che partecipano regolarmente e con una certa assiduità ai programmi di ergoterapia messi a punto dalla Direzione e portati avanti in collaborazione con le due associazioni Onlus attive all'interno del nosocomio: la prima si chiama "La Luna" e si avvale di cinque soci volontari nel campo della riqualificazione professionale e dell'avviamento al lavoro, a integrazione e sostegno (specialmente nei quattro mesi a cavallo dell'estate) del trattamento operato dal personale O.P.G. e dell'ENAIP provinciale.

La seconda è A.L.C.E in r.o.s.s.o, una sigla lunga che sta per "Atelier Libera Creatività Espressiva - ricerca, organizzazione, studio, sviluppo, opere", nata allo scopo di salvaguardare i lavori eseguiti dagli internati presso l'Atelier di pittura e di promuovere eventi culturali, mostre e convegni sul pregnante tema di arte e psicoterapia. La segue un gruppo ancora di volontari (fra cui insegnanti, educatori e psicologi) che oltre a supportare e divulgare l'attività interna mantiene i contatti con i circuiti nazionali di Art Brut e Artiterapia.

Complessivamente, conferma con un pizzico di orgoglio Aldo Pavesi, "dipendente volontario" e molto motivato de "La Luna" in servizio stabile presso l'SCR, l'esercizio 2002 ha visto coinvolti venti pazienti ambosessi provenienti dai quattro reparti dell'O.P.G., dei quali quattro non avevano mai sperimentato direttamente i percorsi riabilitativi proposti dall'Istituto. "I programmi di rieducazione del Centro sono stati strutturati di volta in volta in modo da rendere possibile l'accesso ai laboratori in base all'interesse dei rispettivi utenti, facendo appello alla maturità di ciascuno affinché gli addetti non disertassero non appena emergesse la circostanza di un maggiore impegno fisico. Si è così stabilito che il piano di lavoro e relative presenze e turni di riposo venisse concordato settimanalmente, previa tempestiva comunicazione da parte degli interessati all'operatore responsabile con scadenza il giorno del venerdì", prosegue Pavesi, che osserva con interesse come a tale proposito le inadempienze rispetto al calendario siano state del tutto sporadiche.

L'Istituto in cifre

Tipo: Ospedale Psichiatrico Giudiziario (maschile e femminile)
Indirizzo: località Ghisiola, Castiglione delle Stiviere (MN)
Anno di costituzione: 1939, con sede fino al 1998 in un ex-convento nel centro storico di Castiglione, quindi trasferito nella campagna a circa due chilometri dal paese, direzione nordovest, in un'area precedentemente occupata dal locale Ospedale Psichiatrico.
Modello architettonico: struttura moderna a padiglioni, in cui s'individuano quattro distinte sezioni ricavate in parte dalla ristrutturazione di quelli già esistenti e in parte di nuova costruzione, dotata di un sistema di recinzione che offre le sufficienti garanzie di custodia sanitaria e sicurezza.
Capienza complessiva internati: da 170 a 200
Presenza effettiva: 218, di cui 88 donne - e con un relativamente rapido turnover
Numero sezioni: quattro, equamente divise tra maschili e femminili
Numero di celle: circa 230 posti letto

Strutture


Strutture sportive: palestra, piscina olimpionica, campi da tennis
Ricreative: sale biliardo e televisione, grande bar centralizzato con karaoke, ampi spazi comuni all'aperto
Lavorative: falegnameria e restauro (con committenze anche esterne), laboratori di informatica, giardinaggio, taglio e cucito, grafica, atelier di pittura tre volte a settimana (di cui uno dedicato ai murales), redazione del giornale interno Surge et Ambula, "mensile di cultura, informazione e relax" redatto dagli alunni della scuola dell'O.P.G.
Spazi sociali: salette comuni distribuite nei vari corpi, cortili per il passeggio, salette-colloqui e aree esterne per l'incontro con i familiari

Rapporti con l'esterno


Volontariato: organico e consolidato, soprattutto con l'associazioni "La Luna" che si avvale dell'opera volontaria di soci che all'interno lavorano nel campo della riqualificazione professionale e dell'avviamento al lavoro, e "A.L.C.E. rosso Atelier Libera Creatività Espressiva".
Enti locali: buono, soprattutto con ENAIP (Ente Nazionale Avviamento ed Istruzione Professionale) di Mantova e con il reparto di Magistratura di Sorveglianza di riferimento

Attività


Scolastiche: classi di alfabetizzazione e di scuola elementare e media, formazione ri-educativa o risocializzanti per un'integrazione stabile del gruppo, di orientamento socio-lavorativo e culturale
Culturali: corsi di cultura generale e di storia della poesia e del teatro
Ricreative: idro
-ginnastica presso la piscina coperta di Desenzano del Garda, gare di bocce e tornei di tennis, ping-pong e calciobalilla, organizzazione di lotterie, "tombolate", gare di briscola, castagnate etc, secondo stagione.

 

Dati relativi al personale


Addetti area sanitaria: 11 medici, 1 assistente sanitario, 1 psicologo, 3 assistenti sociali, 4 educatori, 41 personale infermieristico (compreso il dirigente), 60 operatori tecnici adibiti all'assistenza e 34 ausiliari socio-sanitari.

 

 

Precedente Home Su Successiva