Visita all'O.P.G. di Barcellona P.G.

 

Inchiesta sull'O.P.G. di Barcellona Pozzo di Gotto (MS)

 

 

Incontro con Nunziante Rosania, Direttore dell’O.P.G. di Barcellona Pozzo di Gotto


Barcellona Pozzo di Gotto, con oltre quarantamila abitanti, è il Comune più popoloso della provincia di Messina, da cui dista circa cinquanta chilometri. Cittadina solare e mediterranea della costa nordorientale della Sicilia, di fronte alla quale si stagliano le isole Eolie, è ricca di testimonianze archeologiche ed artistiche, con ville, palazzi, torri e splendide chiese del XVI e del XVII secolo. Un patrimonio pregevole e in gran parte poco conosciuto che solo da pochi anni è oggetto di studi e di un’attenta rivalutazione. L’elegante costruzione in tardo stile Liberty, che ospita l’O.P.G., realizzata nel 1925, era a suo tempo un modello sia sotto il profilo strutturale che scientifico, con un ingegnoso sistema alle finestre che, mimetizzando le sbarre, garantiva una completa visione dell’esterno. Voluto da Vittorio Madia, che fu anche il primo direttore e al quale oggi l’istituto è intitolato, e da alcuni illuminati politici del tempo, dal 1997 è diretto dal dottor Nunziante Rosania, originario di Salerno, 48 anni, specializzato in criminologia clinica e in psichiatria e perfezionatosi in psicoterapia e psicanalisi.

"Quando nel 1988 sono entrato nell’Amministrazione penitenziaria, - racconta - ho cominciato a prestare servizio presso il carcere di Reggio Calabria, dove sembrava potesse avviarsi l’esperienza di alcuni reparti di osservazione psichiatrica in loco, evitando di trasferire alcuni personaggi malavitosi negli ospedali psichiatrici giudiziari. Il tentativo non ebbe, però, esiti positivi e fui assegnato all’O.P.G. di Barcellona. Quando arrivai mancava il direttore, perché sospeso, così mi trovai improvvisamente a dover gestire una realtà che non conoscevo. Questo accadeva nel 1989. C’erano allora gravi problemi nella gestione del personale, c’era la necessità di ridefinire profili, ridefinire soprattutto un modo di collaborazione all’interno della struttura. Tutto questo perché si veniva fuori da un lungo periodo di interregno, in cui era mancata una direzione continuativa. Più tardi, rientrato il vecchio direttore, sono stato vicedirettore fino al 1997, anno in cui ho assunto la direzione. Per un lungo periodo ho lavorato senza la figura del vicedirettore, poi, finalmente, un anno e mezzo fa è arrivata la dottoressa Carmen Salpietro".

Dottor Rosania, quale deve essere, a suo giudizio, il ruolo degli O.P.G.?
"Gli ospedali psichiatrici giudiziari come sono intesi adesso, praticamente non hanno più nessun significato nei confronti di quelle persone che hanno commesso un reato nella incapacità di intendere e di volere, per ognuna delle quali bisogna seguire dei progetti individuali di terapia, di riabilitazione e di reinserimento sociale. Questo obiettivo in un’istituzione totale, come è ovviamente l’O.P.G., nonostante i tanti passi avanti che abbiamo fatto in questi anni, non si può raggiungere. Non è infatti possibile tenere il malato “in vitro”, e poi immaginare che all’improvviso possa uscire e quindi avere emendato in questa maniera i suoi comportamenti. Le strutture pubbliche devono darsi un’organizzazione più idonea in tutti i casi che prendono in carico. E allora se c’è un soggetto che ha delle irregolarità comportamentali, anche gravi, in relazione al decorso di malattia, nell’ambito del servizio sanitario nazionale, occorre creare delle strutture protette, dove la fase acuta viene affrontata nella maniera adeguata, con idonei servizi di diagnosi e cura. Una volta superata la fase acuta, bisognerà passare ad ulteriori momenti di trattamento, attraverso una rete di servizi".

Come è organizzato l’O.P.G. di Barcellona Pozzo di Gotto?
"Abbiamo 6 reparti, che in parte sono oggetto di imminenti e necessari restauri. Alcuni sono a stanze singole e altri a stanze a più posti, con circa 200 degenti, provenienti per lo più dalla Sicilia e dalla Calabria. Naturalmente la distribuzione dei soggetti avviene sulla base del criterio clinico, cercando anche di disegnare, pur nelle ristrettezze attuali, l’ambiente a seconda della necessità del soggetto.
Possiamo contare inoltre su 8 psichiatri, con contratti di collaborazione professionale, 2 neurologi, 2 medici psicoterapeuti, 3 tecnici della riabilitazione psichiatrica, oltre ad altri 6 medici incaricati, che sono poi i medici che svolgono attività internistica all’interno dell’istituto e poi ancora 12 convenzioni specialistiche che operano a turno. Per quanto riguarda gli infermieri, 40 appartengono all’Amministrazione penitenziaria e 24 sono parcellisti, con un rapporto libero-professionale".

In questi ultimi anni sta cambiando qualcosa?
"Nonostante tutto negli O.P.G. si sono fatti dei passi avanti. A mio giudizio sta cambiando la mentalità, grazie anche alle nuove leve che hanno introdotto un nuovo rapporto con il paziente, anche se è mancata sinora una incidenza davvero importante sul piano della formazione. Bisogna riconoscere che il Dipartimento sta facendo un grosso sforzo in questo senso. Proprio nei prossimi giorni saremo a Roma, presso l’Istituto Superiore di Studi penitenziari, per organizzare un turn over formativo ampio e articolato che servirà a promuovere una maggiore maturazione professionale.
Negli ultimi anni è cambiato il decorso della malattia. In passato si assisteva a una cronicizzazione delle patologie che evolvevano molto spesso verso le cosiddette demenze o comunque le forme residue fortemente difettuali. Oggi, invece, abbiamo, grazie ai nuovi farmaci, la possibilità di raggiungere una fase di equilibrio, anche molto prolungata e con una discreta funzionalità sociale. Questo tipo di istituzione, invece, facilita la cronicizzazione e impedisce un fecondo e creativo rapporto con il mondo esterno".

Quali sono le soluzioni da adottare per andare nella direzione da lei auspicata?
"Dobbiamo aprire le porte, favorire i contatti con l’esterno, altrimenti falliamo completamente il mandato costituzionale. Stiamo cercando, anche con l’aiuto della Polizia penitenziaria, di cercare di spostare il baricentro trattamentale dall’interno dell’istituto all’esterno. Una miriade di attività sono state intraprese in questa direzione. Abbiamo in cantiere, ma alcune sono già state realizzate, una serie di iniziative promosse d’intesa con il Dipartimento di Salute Mentale di Barcellona e con l’ASL di Messina, insieme anche al volontariato organizzato, in particolare un’associazione che ci segue da tempo, la “Casa di Solidarietà e Accoglienza”, ma anche gruppi religiosi che fanno capo al Convento dei Francescani, o ancora con altre istituzioni di volontariato che, a vario titolo, accedono ormai regolarmente al nostro istituto. In questo protocollo d’intesa abbiamo coinvolto anche il Centro di Servizio Sociale per Adulti di Messina, il Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, proprio per creare delle sinergie che possano consentirci una serie di iniziative che facilitino il rapporto con l’esterno. Si pensi a un corso professionale che stiamo facendo sul territorio di cura del verde pubblico, che viene gestito da un ente professionale esterno e che si serve di 8 nostri internati. Si pensi, poi, alla grande cooperativa sociale di tipo B che abbiamo istituito, ripristinando una vecchia struttura dell’istituto dove vengono realizzate le nuove lavorazioni di falegnameria e di lavorazione del ferro. I nostri ricoverati ci potranno andare già adesso con l’articolo 21, ma lo potranno fare tra qualche settimana come semiliberi, o in licenza finale, come se fossero praticamente considerati in esterno. A proposito di strategie trattamentali, e allo scopo di coinvolgere sempre più la componente custodiale in questi progetti, abbiamo creato un Nucleo per le Attività Trattamentali, il NAT, selezionando gli agenti maggiormente coinvolti nella vita dell’istituto, non solo partecipando alle attività ordinarie ma anche proponendo iniziative che vengono poi intraprese".

Quali sono i corsi di formazione in questo O.P.G.?
"I corsi di formazione sono quattro: un corso di decoratore, uno di alfabetizzazione informatica, uno di irrigazione e di addetti agli impianti idraulici e uno di vivaisti. Poi abbiamo i corsi di scuola elementare, di scuola media e uno per geometra, che nasce da un’intesa con l’Istituto Tecnico Commerciale per Geometra di Barcellona ed è al suo secondo anno di vita".

Cosa pensa dei tagli ai budget operati in questi ultimi anni dall’Amministrazione penitenziaria?
"Quando arrivano i tagli di budget, per carità indispensabili, tutto diventa più difficile. Occorre tener conto che qui abbiamo dei soggetti che proprio su questo piccolo cespite fondano in gran parte la loro capacità di rimanere al mondo. Spesso crisi anche di natura psicotica, con alterazioni comportamentali gravi, sono causate da questa privazione. Il taglio del budget sanitario ha determinato inoltre una situazione critica anche nell’acquisto dei farmaci. Ciò è tanto più incomprensibile in quanto noi ci confrontiamo quotidianamente con persone che sono malate, malate tutti i giorni, per tutto il periodo che stanno in questo istituto, ma soprattutto nel confronto con Castiglione delle Stiviere. Lì c’è una struttura totalmente ospedaliera che è il prodotto di convenzioni con la ASL di Mantova e con il Ministero, nella quale i soggetti che sono ricoverati, che sono tali e quali ai nostri, godono di trattamenti le cui differenze però nei nostri confronti sono davvero abissali".

Quali sono le altre attività che vengono svolte?
"Si parla di custodia attenuata ed è quello che noi stiamo cercando di fare: una custodia intelligente, capace di leggere i bisogni dei soggetti, modulando il proprio intervento, rendendolo flessibile a seconda dei casi. Settimanalmente organizziamo poi delle gite in esterno gestite dal nostro personale dell’area trattamentale e disponiamo di un enorme numero di licenze e di permessi. Possiamo contare anche su un circolo Arci all’interno, di cui sono il presidente, ma che in ampia misura è gestito dagli stessi ricoverati. Alcuni gruppi, soprattutto quelli più svantaggiati, vengono portati fuori, per dare luogo ad attività ludiche, artistiche, teatrali. All’interno invece svolgiamo attività sportiva, coordinata da personale specificatamente dedicato. Abbiamo un campo di calcio, e delle salette con attrezzi ginnici. Abbiamo, inoltre, un progetto teatrale che già l’anno scorso ha dato ottimi risultati e che quest’anno verrà ripetuto: un recital di poesie di autori classici e di componimenti lirici e in prosa degli stessi ricoverati".

Quale deve esser il futuro degli O.P.G., secondo lei?
"Io vedo l’O.P.G. come una struttura prevalentemente ospedaliera, con un organico professionalmente attrezzato ad operare con questo tipo di malati. Una struttura che si apre sempre più all’esterno, presupposto di qualsiasi intendimento di natura riabilitativa. Spesso mi domando: perché tutte le riforme falliscono o almeno non danno i risultati sperati? Perché tutte rispondono a una visione in cui viene prima l’istituzione, e poi, dopo, l’uomo malato, con tutte le sue articolazioni individuali. È qui che si gioca la partita. Il malato mentale è un soggetto che ha fallito un progetto di adattamento alla realtà. Ma è una realtà umana, profondamente umana. Occorre avere consapevolezza del fatto che sono persone che in larghissima misura possono essere trattate, e in ampia parte recuperate, e possono costituire una risorsa per la società".

Parlano i medici

 

Il dottor Antonino Levita, neurochirurgo, responsabile dell’area medica dell’O.P.G. dal 1991 illustra così i problemi con cui si deve confrontare ogni giorno: "Le emergenze che riguardano l’area sanitaria sono tutte le emergenze che possono essere contemplate in una situazione ospedaliera esterna: dalla semplice lipotimia all’infarto, dall’ictus al caso traumatologico. Considerando che abbiamo una popolazione chiusa di circa 200 persone, la cui stragrande maggioranza è malata, la possibilità di incidenza di patologie gravi e urgenti non è infrequente. Noi abbiamo un presidio interno con una strumentazione che garantisce una prima assistenza. È ovvio che qualsiasi situazione di emergenza esuberante le possibilità interne deve essere affrontata in esterno, soprattutto quando questo necessiti di presidi particolarmente specialistici. A turno abbiamo le branche specialistiche che ci garantiscono anche l’emergenza, ovviamente in forma di reperibilità. Noi dobbiamo considerare che queste strutture devono andare verso una sanitarizzazione sempre maggiore. Posso dire che in questi ultimi anni è migliorata la qualità di assistenza, anche se stiamo cominciando a pagare lo scotto dei tagli di budget che rischiano di farci fare dei passi indietro giganteschi. L’utilizzo di nuovi farmaci, di nuovi protocolli medici, di nuovi programmi terapeutici riabilitativi, hanno consentito, in qualche modo, di far ritornare alla vita persone che erano, con i vecchi farmaci, con le vecchie metodologie, praticamente perdute. Ma con questi tagli rischiamo di nuovo la cronicizzazione delle malattie. Spesso siamo costretti a decidere a chi dare il farmaco ad alto costo, buono, senza effetti collaterali e a chi invece dobbiamo dare il farmaco ormai datato, che ha molti effetti collaterali". br> Antonio Franco Gambadauro, medico incaricato all’O.P.G. dal 1985, punta il dito sulla struttura, e dichiara: "Se l’ospedale psichiatrico, all’epoca in cui è stato realizzato, era all’avanguardia, oggi non è più confacente alle richieste di uno stazionamento dei ricoverati, perché con ambienti troppo angusti e difficili da pulire. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che gli internati oltre ad essere dei malati di mente, sono soggetti sottoposti a regolamenti carcerari che non sono certo in linea con quelli ospedalieri. Quindi abbiamo una normativa carceraria che non risponde più a un’esigenza moderna. Se vogliamo recuperare almeno una parte di questi pazienti, questi regolamenti vanno modificati. Se si potesse dividere idealmente una struttura di questo tipo in tre parti, prevederei una prima sezione in cui arrivino i nuovi giunti, che hanno bisogno di custodia perché ancora scompensati; una seconda, dove trasferirli, appena passata l’acuzia e una terza in cui completare il trattamento di recupero, che dovrebbe essere completamente aperta".
Il dottor Carmelo Gitto, dal 1986 a Barcellona, originario della stessa città, è consulente psicoterapeutico e si occupa dei programmi di riabilitazione dei pazienti psichiatrici, analizza la tipologia dei pazienti a lui affidati: "La tipologia delle patologie dei pazienti forse mostra un certo cambiamento negli ultimi anni, nel senso che ci sono meno psicotici cronici residuali, e più patologie legate a disturbi di personalità. Per migliorare il nostro lavoro la linea potrebbe essere quella di aumentare ulteriormente la sinergia fra adattamento farmacologico, psicologico, riabilitativo e di tipo psicoterapico e potenziare ulteriormente quell’interazione con l’ambiente esterno che già in qualche modo si fa".
Anche il dottor Biagio Marzullo, medico incaricato a Barcellona dal 1975, dichiara che sono tante ancora le difficoltà per ottimizzare il suo impegno: "Quello che rende tutto più difficile è la carenza di personale, anche se, nonostante tutto, riusciamo quasi sempre a fare bene il nostro lavoro, grazie a un grande senso di abnegazione. Debbo anche aggiungere, però, che quello che è caratteristico di questo istituto è soprattutto l’apertura verso il mondo esterno, la partecipazione di personale volontario, con il quale operiamo in simbiosi, che ha veramente promosso una grande svolta e che riesce a sopperire anche alla carenza di personale".

Parlano gli infermieri

 

Paolo Pulvirenti, infermiere di ruolo dal 1978, lamenta il trattamento economico rispetto ai pari livelli delle ASL, aggiungendo: "Gravano su di noi tutti i problemi dei ricoverati. Ci interessiamo delle gite, delle attività ricreative, nonostante la carenza ormai cronica di personale infermieristico". Maria Scilipoti, infermiera a parcella da circa 13 anni, rincara la dose, affermando: "Mi sono trovata a lavorare sin dall’inizio con soggetti particolari, che hanno bisogno di un’assistenza individuale. E questo in una situazione di precarietà, di rinnovi biennali di contratto e con un dimezzamento di ore che non ci fa lavorare sereni. A volte mi sono trovata a fare anche da inserviente, a fare le docce ai ricoverati. Ma con la riduzione di ore, non è più possibile assicurare un’assistenza adeguata". L’infermiere Giuseppe Alberto, responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza sul lavoro, dichiara: " Le difficoltà sono quelle che la figura del datore di lavoro è individuata forse impropriamente nel direttore che non ha quindi un potere di spesa per provvedere alla miriade di adeguamenti da fare. Anche se abbiamo provveduto agli impianti antincendio, a quelli di climatizzazzione ed elettrici, molto resta ancora da fare".

Parla lo psicologo

 

Alfredo Sidoti, dal 1985 a Barcellona, assieme al dottor Luigi Caliri, uno dei due psicologi dell’O.P.G., purtroppo solo con 22 ore a disposizione, afferma sfiduciato: "Il mio lavoro è quello di seguire gli internati, ma a causa delle poche ore disponibili, posso seguire solo un numero limitato di casi, anche perché mi occupo di psicoterapia di sostegno per quelle persone che riescono ad elaborare di più degli altri. Per quelli che non ci riescono, ci sono altri tipi di riabilitazione che l’istituto mette a disposizione. Per le ore ridotte, possiamo seguire pochissimi casi. Ciononostante riusciamo a dare un servizio adeguato per i casi che possiamo seguire. Questo aspetto della riabilitazione che il direttore sta portando avanti è una condizione importante per quanto riguarda i nostri ricoverati, e anche questo collegamento con l’esterno è un grande passo avanti. Quindi mi sembra molto positivo implementare all’interno e all’esterno tutte le iniziative che vengono attuate".

Parlano gli educatori

 

Giancarlo Cavallaro si occupa dell’attività di osservazione e trattamento, da 21 anni. Originario di Messina, arrivato all’O.P.G. 21 anni fa, afferma: "Siamo stati tra i primi educatori ad essere assegnati a un ospedale psichiatrico giudiziario, ci siamo subito resi conto che qui la figura dell’educatore era molto diversa rispetto agli istituti ordinari. I ricoverati erano dei soggetti per i quali bisognava affrontare un programma di riabilitazione trattamentale che in qualche modo riuscisse ad aiutarli nel processo di reinserimento sociale. Le difficoltà nascevano proprio perché noi eravamo i primi, non avevamo esperienza ed operavamo in un istituto che rappresentava una certa tradizione. Perché l’O.P.G. è un istituto che deve trattare, riabilitare e custodire soggetti con una patologia mentale, questo è molto difficile. I criteri che qui usiamo sono ancora in parte quelli classici che si usano in un penitenziario, il lavoro, la scuola, i corsi professionali, le attività religiose, quelle ricreative e sportive. Tutti aspetti importanti, ma l’aspetto che abbiamo considerato centrale in questi anni è stato quello di mantenere un contatto forte con l’esterno. Il progetto che stiamo realizzando in questo momento prevede una prima fase di formazione all’interno dell’istituto e poi la creazione di una cooperativa, con l’inserimento sociale e lavorativo all’esterno. Gli internati lavorano, quindi, in proprio, come falegnami e fabbri. I rapporti con la cittadinanza sono molto buoni, sia con il Comune di Barcellona sia con le associazioni di volontariato e il Dipartimento di salute mentale. Un protocollo d’intesa che è attivo ormai quasi da dieci anni, aggiornato circa quattro anni fa, prevede un’ampia collaborazione fra istituto e territorio".
Rosalia Biondo, educatore, a Barcellona da 21 anni, conferma: "Il nostro orientamento in questi ultimi anni è stato quello di implementare i rapporti con l’esterno, con l’inserimento familiare, lavorativo e sociale. Abbiamo i DSM, i Dipartimenti di Salute Mentale, competenti per territorio, presso i quali il trattamento continua una volta usciti dall’O.P.G. L’aspetto da implementare è quindi il lavoro all’interno, perché ci sono state delle riduzioni di fondi. Per i nostri pazienti anche piccole somme sono non solo una risorsa economica, ma anche fortemente terapeutica e trattamentale".
Anche Felice Spinella, addetto all’area educativa, collaboratore, a Barcellona dal 1985, proveniente da Messina, dichiara di essere molto impegnato, affermando: "Oltre ad occuparmi delle schede dei nuovi giunti da inserire nel computer, faccio attività teatrale assieme ai ricoverati. L’anno scorso è stato fatto all’interno dell’istituto un recital di poesie, che ha avuto molto successo. Poi i nostri ricoverati sono usciti e hanno rappresentato lo stesso recital in varie scuole di Barcellona e di Milazzo, prossimamente questa esperienza verrà ripetuta anche all’università di Messina".

Parla il cappellano

Padre Giuseppe Insana, cappellano dell’O.P.G. e coordinatore dell’Associazione di Volontariato “Casa di solidarietà e accoglienza” racconta così la sua esperienza religiosa e sociale: "Quando giro per i reparti sono sempre in un atteggiamento di ascolto, attento non solo alle esigenze religiose, ma anche ai bisogni e ai problemi dei ricoverati che hanno sempre un passato molto sofferto. Nonostante le loro patologie, essi hanno un punto di riferimento nella mia persona, perché mi pongo sempre con grande sincerità dinanzi alle loro richieste. Tanti non hanno famiglia o non hanno una famiglia accogliente e quindi il loro futuro è abbastanza buio: è importante dare anche a loro una speranza. Tanti hanno ripetute proroghe delle loro misure di sicurezza e spesso non per un’oggettiva pericolosità, perché vanno spesso in gita all’esterno con licenze e sanno autogestirsi, ma perché non hanno una famiglia che li accolga o un’istituzione all’esterno che possa farsi carico per riceverli. Ogni domenica c’è la celebrazione dell’eucarestia, dove si viene in modo spontaneo, e dove loro diventano parte attiva. Canti, letture della Bibbia, preghiere dei fedeli, sono sempre 70-80 ad ogni funzione. Dal 1986 molti sono i volontari che si sono associati per aiutarci nelle licenze all’esterno, per farli anche incontrare con i familiari. Abbiamo casi concreti di riavvicinamento alle famiglie, per le quali è oggi disponibile anche un appartamento in città, quando vengono da lontano".

Parla la Polizia Penitenziaria

 

L’Ispettore superiore Giuseppe Genovese, 44 anni, originario di Barcellona, ha prestato servizio nella Casa circondariale di Catania, quindi all’Ucciardone di Palermo, alla Casa circondariale di Cosenza e al supercarcere di Termini Imerese, prima di tornare a Barcellona nel 1988 dove, dal 1990, è comandante di reparto. Così ci parla della sua esperienza professionale: "Arrivato all’O.P.G. di Barcellona, ho incontrato qualche difficoltà. In questo istituto ho dovuto cambiare completamente mentalità, perché qui tutto è basato sul trattamento. Attualmente coordino 156 unità, compreso il Nucleo traduzioni e piantonamento che è composto da 10 unità. Tra le prime emergenze che ho dovuto affrontare c’è stata la manutenzione ordinaria del vecchio edificio. Con la scarsità delle risorse economiche che anno dopo anno vanno sempre più assottigliandosi, non abbiamo neanche i soldi per pagare i cosiddetti lavori domestici e in alcuni casi per acquistare le medicine. Abbiamo dovuto ricorrere a detenuti comuni, circa 15, che sono ospitati in una struttura a parte, per garantirci i lavori quotidiani necessari. Al di là delle risorse economiche insufficienti, sono convinto che, per migliorare il nostro lavoro, bisogna puntare sulla professionalità. Sono altresì convinto che questo tipo di strutture siano ancora necessarie, anche se i degenti vi dovrebbero stare solo per brevi periodi, durante la fase iniziale, per poi passare a strutture aperte. Il dramma è che qui abbiamo i cancelli che si aprono alle 8,30 e si chiudono alle 19,30, per riaprirsi solo l’indomani mattina. Purtroppo ci sono ancora persone che vengono portate in un O.P.G. solo perché la società non sa dove metterli. Mentre la misura di sicurezza ha un inizio e una fine, il dramma del degente qui è che non ha la certezza del tempo che deve stare chiuso qua dentro. Nonostante le nostre segnalazioni ai magistrati di sorveglianza riguardo ad alcuni internati che potrebbero benissimo andare via, questi finiscono invece per rimanere ancora per lunghi periodi di proroga. Autonomamente abbiamo dato vita, come ha già ricordato il direttore, ad un nucleo di 10 agenti, il NAT, Nucleo Attività Trattamentali, che sta dando un grosso contributo al miglioramento della qualità del nostro impegno. Uno sforzo di fantasia e di professionalità, un vero progetto pionieristico, di cui siamo orgogliosi, in attesa che venga modificato lo stesso ordinamento". Di modificare l’ordinamento penitenziario, si dichiara convinto anche il vicecomandante, l’ispettore capo Filippo Lanza, che aggiunge: "Molte volte troviamo difficoltà ad operare con la Direzione che vieta per legge tante cose. Ci dobbiamo allora adattare. Il nostro regolamento non ci permette di operare al meglio, riguardo al trattamento, perché abbiamo bisogno di una funzione aggiunta che non è ancora però disposta normativamente".

Carmelo Condello, 40 anni, vicesovrintendente, originario di Agrigento, a Barcellona dal 1983 dove è addetto all’ufficio matricola, afferma che il suo è un lavoro impegnativo, in cui bisogna dedicare particolare attenzione ai documenti che arrivano dalle varie autorità giudiziarie. Contenta del suo incarico si dichiara l’agente scelto Francesca Fugazzotto, 43 anni, anche lei di Barcellona e da dieci anni impegnata nel servizio a turno. Le sue mansioni vanno dai colloqui dei familiari con gli internati al servizio perquisizioni sia delle persone che degli oggetti in entrata e in uscita. La Fugazzotto si dice, poi, convinta che per migliorare le proprie prestazioni professionali niente vale più dell’esperienza guadagnata ogni giorno sul campo. Antonino Grasso, 37 anni, assistente capo, da 5 anni all’O.P.G., lavora al servizio a turno, a stretto contatto con i ricoverati, racconta che dopo gli inizi difficili, perché proveniente dalle esperienze carcerarie, dove il lavoro era completamente diverso, con l’andare del tempo ha imparato a relazionarsi con i ricoverati, un lavoro che trova oggi molto gratificante. "Il nostro lavoro – afferma - potrebbe dare frutti migliori, se sviluppato in lavoro di gruppo e in sinergia con tutte le altre professionalità". Francesco Sottile, della provincia di Palermo, sovrintendente, 48 anni, da 27 all’O.P.G., è impegnato in portineria. Un ruolo impegnativo e delicato, dichiara, che non è per nulla inferiore a quello svolto nelle sezioni detentive. Tutto deve essere fatto con passione e grande sensibilità, per ottenere il massimo di riabilitazione da parte dei ricoverati.

L’Istituto in cifre

Tipo: Ospedale Psichiatrico Giudiziario
Indirizzo: via Vittorio Madia, 31 – 98051 Barcellona Pozzo di Gotto (Me)
Anno di costruzione: inizio 1913/14 – inaugurato 1925
Modello architettonico: Tardo Liberty
Capienza internati/detenuti: 304 ottimale – 361 massima
Presenza effettiva: 228
Numero sezioni: 8 di cui 1 chiusa e 2 con i primi piani chiusi,  in attesa di ristrutturazione
Numero di celle: 96 singole e 47 multiple

 

Attività


Scolastiche: corsi di scuola elementare la mattina, medie e commerciale per geometri la sera, 4 corsi professionali con enti esterni dalle ore 13.30 alle ore 18.00
Culturali: si è organizzata, con l’intervento di alcuni volontari, art. 17 O.P., una raccolta di poesie poi portate presso le scuole esterne
Ricreative: si sono organizzati, e si continuerà a farlo, spettacoli musicali, utilizzando gli stessi ricoverati con l’apporto di alcuni volontari esterni; specialmente nel periodo estivo vengono organizzate tante manifestazioni offerte gratuitamente da varie compagnie teatrali e musicali nonché tornei di calcetto con squadre interne (di ricoverati e di operatori) e squadre esterne
Altro: è stato formato un gruppo denominato N.A.T. della Polizia penitenziaria, composto da 10 unità, il quale collabora con l’area trattamentale e con l’Associazione ARCI “Papillon” interna all’istituto (il cui Presidente è il Direttore). La socialità serale dalle ore 18.00 alle ore 21.00 giornaliere, avviene sotto i portici davanti ai reparti dove si organizzano varie attività ricreative.

 

Rapporti con l'esterno


Volontariato: ottimi
Enti locali: buoni (siglati più protocolli d’intesa)
Altri enti: accettabili


Strutture


Strutture sportive: campo di calcetto, tennis, pallacanestro, palestra attrezzata
Ricreative: cortili passeggio annessi ai vari reparti, portici davanti ai 6 reparti per il periodo estivo e manifestazioni varie
Religiose: cappella annessa al 4° reparto
Lavorative: falegnameria e lavorazione del ferro al nuovo complesso, squadra m.o.f., cucina, sopravvitto, pulizia viali e reparti di degenza all’interno dell’istituto
Spazi sociali: scuole elementari, medie e commerciale serali, teatro e area verde per i colloqui con i familiari nel periodo estivo

 

Dati relativi al personale


Personale direttivo: 1 direttore medico coordinatore, 1 medico direttore C1
Personale di polizia penitenziaria:
Uomini: 153
Donne: 3
Personale area educativa: 3 educatori
Personale area sanitaria: 6 medici incaricati, 11 medici S.I.A.S., 42 infermieri professionali di ruolo, 23 infermieri professionali a parcella, 11 specialisti delle varie branche

 

 

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