Il carcere entra a scuola

 

è giusto far conoscere ai ragazzi anche i lati oscuri della vita

 

È sempre molto emozionante essere il centro dell’attenzione, specialmente se la platea è composta da 50 ragazze e ragazzi sui 12-13 anni. Per la seconda volta, dopo l’esperienza dell’anno scorso, sono tornato nella scuola media statale Beato Arnaldo di Limena, nell’ambito del progetto: "Prevenzione alla devianza giovanile".

Abbiamo parlato coi ragazzi dei perché della devianza, della percezione che hanno di cosa è legale e cosa no, dei rischi della droga, dell’alcol. Mi sono piaciuti quei visi vispi, attenti che scrutavano me e andavano oltre il detenuto che era seduto davanti a loro, cercando la persona.

Parlare della mia storia segnata da 25 anni di galera, descrivere gli episodi che quando ero molto giovane parevano normali avvenimenti, storie comuni di periferia, e che invece hanno rovinato la mia esistenza, travolgendola in maniera irreparabile, mi dà sempre una certa emozione mista ad una buona dose di rabbia e di rimpianto per non aver capito nulla al momento giusto.

Ho parlato dello spirito di emulazione che c’è quando si è molto giovani, della voglia di affrontare le sfide, del carisma a volte negativo che può avere un giovane leader a cui, per sentirsi forti, fighi, si tenta d’assomigliare. Se il tipo "tosto" del gruppo è un balordo, e per procurarsi i soldi per la moto, per la discoteca, per i vestiti firmati, commette qualche furtarello, probabilmente qualcuno del gruppo lo seguirà nella sua strada che porta verso la devianza, i piccoli reati e poi quelli più grandi, dunque il carcere.

Ho spiegato ai ragazzi com’è il carcere, il penale come il nostro, dove ci stanno i detenuti con pene lunghe, e i giudiziari, dove ci stanno le persone appena arrestate o con pene brevi, e dove lo spazio vitale è minimo, dove se uno si alza, l’altro deve restare in branda, dove c’è il turno per lavarsi, per pisciare, per radersi, le celle pensate per due persone ne contengono sei, i cameroni sono stipati all’inverosimile. Ho anche parlato delle attività che si riescono a fare in carcere, della nostra voglia di riscatto, del nostro desiderio di libertà, dei nostri affetti bistrattati, trascurati. I primi commenti che con un po’ di fatica sono giunti hanno dato il via ad una serie di domande e curiosità che ho cercato di soddisfare al meglio.

Il problema della detenzione minorile, e la proposta avanzata da alcuni parlamentari di portare la punibilità a dodici anni, ha attirato senz’altro l’attenzione di tutti e suscitato molti commenti. La speranza è che questa proposta resti sulla carta.

Dall’incontro con i ragazzi porto con me quella sana curiosità, quella voglia di capire che rende ogni domanda, anche le più spinose, accettabile; e se le nostre parole domani faranno riflettere un solo ragazzo prima di fare un errore, questi incontri hanno avuto senso. Ed in ogni caso ne hanno, perché la formazione dell’individuo passa anche attraverso la conoscenza dei "perché del male". Conoscere, sapere, essere informati oggi, è un’arma per poter dire un no convinto domani, se ti propongono qualcosa che può rovinarti la vita come è successo a me.

 

Nicola Sansonna

 

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