Commenti alle dichiarazioni di Castelli

 

Commenti all’intervista del Ministro della Giustizia, Roberto Castelli,

pubblicata sulla rivista "Le due città"

 

Dall’intervista letta sulla Rivista dell’Amministrazione Penitenziaria, emergono alcune riflessioni sulla delicata questione del lavoro per i detenuti ed ex detenuti:

Il Ministro non parla dei lunghissimi tempi morti della legge "Smuraglia", recentemente approvata da tutte le forze politiche. È vero, questa legge c’è, ma per essere applicata ha bisogno dei decreti attuativi, che non sono stati ancora fatti, e di questo si lamentano molti addetti ai lavori. Il Ministro in questa intervista avrebbe potuto cogliere l’opportunità per dare alcune informazioni in proposito.

Un altro tema trattato è quello delle isole utilizzate come colonie penali, uno dei luoghi in cui l’innesto di nuove esperienze lavorative può aprirsi ad importanti prospettive. Castelli esprime il suo personale interesse per l’istituzione o il ripristino delle colonie penali sulle isole e critica lo smantellamento di strutture, a suo dire perfettamente funzionanti e moderne. Difficile comprendere cosa intenda il Ministro per strutture "perfettamente funzionanti e moderne": vogliamo sperare che queste strutture le abbia visitate, perché sono state dismesse ben prima che lui assumesse l’incarico di Ministro sella Giustizia. Parla anche di eventuali contrasti, che potrebbero emergere con gli Enti Locali, per il ripristino di queste Colonie Penali.

A quanto c’è dato di sapere, in passato i detenuti erano molto più felici di trascorrere il loro periodo di detenzione nelle Colonie Penali, piuttosto che negli Istituti di pena tradizionali. Al punto che molti detenuti, per loro scelta, facevano espressa richiesta di potervici andare. Purtroppo la disponibilità di posti era esigua, dunque solo pochi potevano accedervi. Questa richiesta di recarsi nelle Colonie Penali era stimolata dal fatto che, in dette località, oltre che sentirsi meno ristretti, tutti i detenuti avevano una mansione che li occupava. È ovvio che questa scelta era anche dettata dal fatto di non avere grandi necessità di colloqui visivi con i propri famigliari e, nello stesso tempo, d’avere una pena alquanto lunga da scontare. Se queste Colonie Penali venissero ripristinate, noi tutti ci auguriamo che l’esserci assegnati non sia un’imposizione ma una scelta del detenuto.

 

Il Dott. Tamburino (l’intervistatore), pone al Ministro la seguente domanda: "In quasi tutti i Paesi europei, il lavoro penitenziario è remunerato molto meno che in Italia. In compenso, i detenuti che lavorano sono percentualmente molti di più. Vi è chi pensa che quella sia la ricetta giusta. È anche la sua opinione?"

A nostro parere bisognerebbe aggiungere che, all’estero, i detenuti sono pagati meno che in Italia ma il fatto di lavorare per l’Amministrazione Penitenziaria fa ottenere loro riduzioni di pena sostanziose. In Spagna, ad esempio, ogni giorno di lavoro, oltre che essere retribuito, conta come due giorni di detenzione effettiva. Anche in Svizzera il lavoro penitenziario fa ottenere sostanziose riduzioni di pena e più accettabili condizioni di vita detentiva.

Il Ministro considera che il lavoro è un ottimo strumento educativo per il nostro reinserimento nella società, ma dice anche che il lavoro può essere una forma di risarcimento nei confronti della collettività e, pertanto, per lui diviene giusto il principio per cui questo lavoro è meno remunerato rispetto ai contratti dei lavoratori liberi (attualmente, chi lavora in carcere percepisce un compenso pari ai due terzi della paga minima sindacale).

Ci pare giusto che un condannato debba risarcire anche economicamente la società, ma già gli vengono applicate delle pene accessorie, oltre alla detenzione: multe, ammende, risarcimenti alle vittime del reato. Il lavoro mal pagato costituirebbe una ulteriore pena aggiuntiva.

C’è da dire anche che il carcere non è popolato di persone che hanno commesso gravissimi reati: come è stato più volte sottolineato, da chi il carcere lo conosce bene, è popolato da "poveri cristi": tossicodipendenti, malati con varie patologie, spesso gravi, persone avanti con l’età, minorati fisici, stranieri senza nessun riferimento sociale. Persone sicuramente già condannate ad una vita ai margini della società, oltre che alle condanne penali subite.

Chi lavora, anche se è detenuto, e produce quello che è nelle sue possibilità, va retribuito come ogni altra persona, non sfruttato con paghe irrisorie, come purtroppo sta accadendo da anni negli istituti di pena italiani… altro che avere le "paghe" più alte d’Europa!

Chi è addetto alle lavorazioni interne, in questo carcere, guadagna non più di 600.000 al mese, se capita che ci sia lavoro in maniera continuativa, altrimenti la busta si aggira sulle 400.000 lire mensili. Anche chi lavora come portavitto, o addetto alle pulizie, non guadagna più di 400.000 lire al mese, da cui vengono pure detratte le spese di mantenimento in carcere, quindi alla fine gli rimangono 320.000 mila delle vecchie lire.

 

Le opinioni di Renzo P. & Claudio M. sul lavoro con funzione "risarcitoria"

 

Il ministro, tra le altre cose, affronta due importanti questioni: la possibilità di riaprire le Colonie Penali e l’ipotesi di un lavoro carcerario con finalità risarcitorie. Per quanto riguarda la riapertura delle Colonie Penali, non si può che essere d’accordo.

Infatti, quando queste erano attive, i posti disponibili in esse erano molto ambiti, specialmente da chi aveva parecchi anni da fare, perché in quelle strutture c’è la possibilità di lavorare tutti i giorni, spesso all’aria aperta, a tutto vantaggio dello stato psicofisico. Lavorando con regolarità, inoltre, si riesce ad essere economicamente autosufficienti e anche ad aiutare la propria famiglia.

Se fosse possibile scegliere credo che in pochi rifiuterebbero quest’ipotesi: "scegliere" dovrebbe essere la parola da usare, perché anche andare nelle Colonie Penali dovrebbe essere una scelta.

Se ci sono parecchi fattori positivi, non si deve dimenticare che dietro ogni detenuto c’è una famiglia, spesso anche dei figli, ed i disagi per effettuare i colloqui con i famigliari su un’isola sono evidenti a tutti: di solito, le Colonie Penali sono attivate su isole. Sarebbero certamente mete ambite da chi non ha forti legami famigliare e non necessita di effettuare colloqui.

Il secondo punto, quello del lavoro risarcitorio, è piuttosto complesso. In sentenza, oltre alla condanna detentiva, abbiamo anche pene pecuniarie e risarcitorie, spesso elevate, tanto che sono in pochi quelli che le possono pagare.

Sempre con una finalità di risarcimento, poi, sono stati introdotti i lavori socialmente utili, che funzionano grazie a delle convenzioni tra i Tribunali di Sorveglianza e i Comuni (o altri enti locali): alla fine della pena, chi non ha soldi per pagare multe e ammende risarcisce la società tramite il suo lavoro, quindi già questa è una collaudata forma di risarcimento.

Senza contare che si innescano comunque delle forme di disparità, perché chi ha i soldi paga e non lavora… essere poveri è sempre una colpa…

Alcuni anni fa fu fatta un’interessante proposta da Sergio Cusani e Sergio Segio, che prevedeva di far svolgere ai detenuti una sorta di lavoro risarcitorio che, però comportava anche uno sconto sulla pena: ogni due giorni di lavoro veniva detratto un giorno di galera (in aggiunta a quelli normalmente scontati): con questo sistema certamente non si potrebbe più parlare di "sfruttamento", perché il beneficio sulla pena compenserebbe il minore compenso economico percepito.

Quando fu fatta quella proposta non tutti erano d’accordo, e noi eravamo tra coloro che erano contrari, ma da allora abbiamo molto rivisto le nostre posizioni. Se ci fosse la volontà politica di cercare una soluzione per dar lavoro ai detenuti, questa potrebbe essere una strada da tenere in seria considerazione. In altri stati europei è attuata, sia pur con modalità diverse, e sembra funzionare bene: al detenuto basterebbe percepire una cifra sufficiente per arricchire un po’ la dieta quotidiana passata dall’amministrazione e per comperarsi le sigarette.

 

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