Bollettino n° 14

 

Osservatorio Calamandrana sul carcere di San Vittore

"per la trasparenza e l’umanizzazione in carcere"

 

Bollettino n° 14 – novembre 2004

Continuiamo l'osservazione sul carcere

 

Carceri: degrado insostenibile e mobilitazione pacifica

La piattaforma dei detenuti

Come si svolge la protesta

Il commento di Luigi Manconi

Le proposte della Conferenza volontariato e giustizia

Alcuni appoggi alle rivendicazioni

A San Vittore

 

Carceri: degrado insostenibile e mobilitazione pacifica

 

I mezzi di informazione ne parlano pochissimo, ma nelle carceri italiane è in corso una mobilitazione, partita da Rebibbia il 18 ottobre. Le condizioni sono drammatiche per il sovraffollamento, la malasanità, la mancanza di personale per la rieducazione e il reinserimento. Di carcere si muore; i suicidi crescono in modo esponenziale. Sono ormai 120 le carceri italiane in cui i detenuti hanno aderito alla protesta pacifica, ma fra queste non c’è San Vittore.

 

La piattaforma dei detenuti

 

"Lanciamo un appello ai presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato e al presidente del comitato Carceri della Camera affinché si stabilisca un calendario certo per riprendere la discussione sull’ipotesi di un provvedimento di indulto e amnistia, affinché siano avviate al più presto le procedure necessarie per immediate modifiche legislative che consentano una limitazione degli abusi che si compiono nell’uso della custodia cautelare; e per immediate modifiche legislative che impongano un’applicazione piena ed integrale della legge Gozzini e di tutte le misure alternative in tutti i tribunali di Sorveglianza e per tutti i detenuti, siano essi italiani o stranieri, malati o in buona salute, ristretti nelle sezioni normali o in quelle speciali."

 

Come si svolge la protesta

 

La mobilitazione viene portata avanti, oltre che con lo sciopero della fame e la battitura delle sbarre, anche attraverso lo strumento giuridico delle istanze al Tribunale di Sorveglianza e alla Procura della Repubblica. La scorsa settimana sono state infatti presentate oltre 2000 istanze: Per ogni istanza rigettata, i detenuti hanno deciso e già iniziato a presentare reclamo presso il Tribunale della Libertà. Attendono risposta. Consapevoli che il crescente sovraffollamento degli istituti di pena determina una violazione quotidiana dei diritti dei reclusi. La protesta continua.

 

Il commento di Luigi Manconi

 

Così Luigi Manconi, garante per i diritti dei detenuti del Comune di Roma, commenta questa protesta (l’Unità del 31 ottobre scorso): "E’ una mobilitazione particolarmente onerosa per chi la attua, in quanto chi è privato della libertà personale quando sciopera non fa che rinunciare a quei diritti minimi (l’ora d’aria, la spesa, il cibo, la televisione, il colloquio con gli avvocati o con ì familiari ... ) che rendono appena sopportabile la sua detenzione: e la cui fruizione è spesso ardua, talvolta negata, sempre faticosa. E’ un atto di radicale rinuncia, quello dei detenuti, teso a denunciare la gravità delle condizioni della vita in carcere, attraverso una pratica di lotta che trova nell’autoprivazione la sua principale forma espressiva. Si intende, così, evidenziare l’eccezionale insostenibilità di una situazione già insostenibile di norma. I detenuti assumono, in tal modo, un ruolo di tutori di un bene collettivo (la giustizia, appunto) e la loro azione acquista il senso di un gesto di pubblica moralità."

 

Le proposte della Conferenza volontariato e giustizia

 

Dal ‘90 il numero dei detenuti è cresciuto di circa 1000 unità all’anno. Un drammatico sovraffollamento a cui il governo risponde con il progetto di costruire 13 nuovi penitenziari, spendendo 320 milioni di euro. "Ecco invece come, con molto meno, si potrebbero risolvere molti problemi del carcere" dice la Conferenza volontariato e giustizia, che ha presentato le sue proposte in un’affollata assemblea nazionale a Roma:

"L’unico vero rimedio sta in una diversa politica penale, volta a evitare la recidiva (che porta, ovviamente, a riempire le carceri di persone che entrano ed escono senza prospettive) e a puntare a un effettivo re-inserimento (o inserimento, per chi inserito non lo è stato mai). Per questo bisogna: creare le condizioni "materiali" affinché i condannati con pene inferiori a tre anni possano scontarle fuori dal carcere (le leggi che lo consentono ci sono già, ma sono migliaia i detenuti che non accedono alle misure alternative per mancanza di un lavoro o di un alloggio); sostenere effettivamente i percorsi di reinserimento dei condannati ammessi a misure alternative alla detenzione e degli ex detenuti, in modo da ridurre le recidive.

Con quei 320 milioni di euro (o anche meno) si possono fare tante cose per la reintegrazione sociale dei detenuti ed ex detenuti, cominciando dal rafforzamento degli Uffici di Sorveglianza, dei C.S.S.A., degli educatori penitenziari (potrebbe anche essere l’occasione per riattivare i fantomatici Consigli di Aiuto Sociale, istituiti nel 1975 per garantire un minimo di assistenza penitenziaria e post-penitenziaria ma mai resi operativi per mancanza di risorse, ma ancor più per disattenzione sia dell’amministrazione che degli enti locali, al pari di tante altre parti della riforma carceraria)".

Per il presidente della Conferenza, Livio Ferrari, "spesso i percorsi di reinserimento sociale non riescono a partire, oppure falliscono, perché gli operatori dell’area trattamentale e i magistrati di sorveglianza sono pochi e oberati di lavoro: costruendo nuove carceri bisogna necessariamente assumere nuovi agenti, invece puntando alla decarcerizzazione e al reinserimento dei detenuti le stesse risorse economiche possono essere destinate all’assunzione di assistenti giudiziari e magistrati e, soprattutto, di assistenti sociali e educatori, da sempre la "cenerentola" degli operatori penitenziari".

"Sul versante del lavoro - continua - servono incentivi alle aziende che assumono detenuti ed ex detenuti (gli sgravi fiscali previsti dalla "Smuraglia", già di per sé assai ridotti, non si applicano per chi è finito in carcere dal luglio 2000 in poi e le cooperative sociali, che hanno delle particolari agevolazioni contributive, non possono offrire posti di lavoro a sufficienza per tutti). L’altro problema su cui intervenire è quello dell’abitazione: servono strutture per la fruizione dei permessi premio, centri-diurni per i semiliberi, ma soprattutto alloggi per gli ex detenuti e per le detenute-madri, per la fruizione dell’affidamento e della detenzione domiciliare (da una recente ricerca, realizzata nella Casa di Reclusione di Padova, risulta che il 25% dei reclusi non ha un luogo dove andare ad abitare all’uscita dal carcere)".

"Utilizzando il budget previsto per il programma di edilizia penitenziaria - si conclude -, proviamo a stendere una proposta alternativa, quantificando la spesa per gli interventi sopra descritti. Per un carcere più umano e più rispondente alle leggi esistenti e alla Costituzione non c’è bisogno di grandi rivoluzioni: basterebbe cominciare con un diverso utilizzo delle risorse".

 

Alcuni appoggi alle rivendicazioni

 

In questo fine ottobre alcuni uomini politici e direttori di carcere stanno appoggiando queste rivendicazioni con visite e dichiarazioni per portare all’attenzione delle autorità nazionali e dell’opinione pubblica questa mobilitazione.

A Potenza: l’On. Enrico Buemi visita il carcere di Potenza.

A Roma Luigi Nieri assessore al Lavoro, alle Periferie e allo Sviluppo Locale del Comune di Roma e Laura Astarita, collaboratrice di Luigi Manconi, sono tornati in visita nel carcere femminile di Rebibbia.

Il presidente del consiglio comunale di Firenze Eros Cruccolini ha incontrato il 29 ottobre nell’istituto penitenziario di Sollicciano il comitato dei detenuti ed i docenti delle scuola media e superiore "Una situazione molto critica - ha spiegato il presidente - occorre intervenire immediatamente, a partire dal problema del sovraffollamento e dell’assistenza sanitaria ai detenuti."

A Como la direttrice del carcere Francesca Fabrizi ha lanciato un appello alla città, una risposta indiretta ai detenuti che protestano picchiando, di sera, sulle sbarre: richiamano interventi su condizioni al limite, sul degrado, sul sovraffollamento, sulla mancanza di aiuti per la rieducazione e il reinserimento. "Eppure, il recupero dei detenuti - ha ribadito la dottoressa Fabrizi - è un obiettivo comune, nell’interesse e a salvaguardia della società stessa".

"Il sistema penitenziario non può essere considerato una discarica sociale - ha detto il prefetto, Guido Palazzo Adriano - è un mondo dove il detenuto va accompagnato alla riabilitazione: per questo, istituzioni e società non possono essere indifferenti".

Si farà un vertice Comune - Provincia sui problemi del carcere a Bologna ( 29 ottobre 2004).

A Firenze si terrà il 13 dicembre prossimo un consiglio comunale straordinario sul problema del carcere, e il 3 e 4 dicembre si terrà un convegno della Fondazione Michelucci sul tema delle carceri.

 

A San Vittore

 

Anche a San Vittore si soffrono i drammatici problemi di sovraffollamento, assistenza sanitaria insufficiente e carenza di educatori , ma i detenuti che vorrebbero aderire allo sciopero non riescono ad agire e non sanno che decisione prendere. In realtà si sentono minacciati da altri pochi detenuti, che non hanno il minimo scrupolo a voler fare l’agente invece che il detenuto.

La colpa non è quindi direttamente degli agenti o del direttore, ma del clima di ricatto, paura, spionaggio che si è creato almeno in alcuni raggi.

Per informazioni, segnalazioni e adesioni rivolgersi a Gruppo Calamandrana

Presso Lega dei Popoli, via Bagutta 12 Milano tel. 02780811

e-mail gruppocalamandrana@libero.it

Sito internet: http://calamandrana.interfree.it

Gli originali degli scritti pervenutici direttamente da detenuti sono a disposizione presso la nostra sede.

Maria Elena Belli, Nunzio Ferrante, Augusto Magnone, Maria Vittoria Mora, Mario Napoleoni, Dajana Pennacchietti, Gabriella Sacchetti, Sandro Sessa. Le Associazioni: Naga, Lega per i Diritti dei Popoli - Sez. di Milano.

 

 

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