Bollettino n° 15

 

Osservatorio Calamandrana sul carcere di San Vittore

"per la trasparenza e l’umanizzazione in carcere"

 

Bollettino n° 15 – gennaio 2005

continuiamo l'osservazione sul carcere

 

Morire di carcere. Il caso Lonzi

Progetto In & Out a San Vittore

Posta dei detenuti: lo smarrimento non è un’eccezione

 

Morire di carcere. Il caso Lonzi

 

Il carcere è diventato da tempo un deposito di "vite a perdere": tossicodipendenti, immigrati, senza dimora, disagiati psichici. Forse per questo, troppo spesso vi avvengono morti considerate leggere come piume. Quella di Marcello Lonzi, 29 anni, rischia di essere una di queste. Tossicodipendente, detenuto per tentato furto, con soli 4 mesi di reclusione ancora da scontare, il suo corpo è stato rinvenuto l’11 luglio 2003, riverso in un lago di sangue sul pavimento della cella numero 21, sezione sesta, padiglione "D" del carcere Le Sughere di Livorno.

Pochi giorni fa, il 10 dicembre 2004 è arrivata la parola giudiziariamente conclusiva: il GIP ha archiviato il caso. Abbiamo fiducia nella correttezza formale della sua decisione, anche perché questo stesso giudice, nel settembre scorso, aveva respinto una prima e immediata richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero. In seconda istanza, la richiesta è stata invece accolta, poiché gli elementi raccolti sarebbero serviti "a escludere ipotesi diverse da quelle che riconducono la morte del Lonzi a cause naturali". Nell’autopsia il medico legale parla di "un’aritmia maligna instauratasi su una ipertrofia ventricolare sinistra".

Una conclusione che non pare però sufficiente ad allontanare tutti i dubbi, e le domande sono molte, come scrive la testata d’informazione locale che ha riepilogato il caso: "Le ricostruzioni della vicenda che si susseguono scandiscono una cronologia dei fatti che apre una serie di interrogativi" ("Il Tirreno", 10 dicembre 2004).

La nostra conoscenza del carcere e le nostre quotidiane attività di volontariato e impegno su queste problematiche, ci hanno abituato a evitare sempre giudizi frettolosi o superficiali, in un senso o nell’altro. La medesima esperienza ci ha portato a conoscere e tenere presente una faccia oscura del carcere, quale pozzo nero in cui non di rado precipitano i diritti e la dignità delle persone.

Il carcere, per propria natura e tradizione, è spesso insofferente rispetto agli sguardi esterni (si vedano, ad esempio, le difficoltà, lentezze e ostruzionismi che ha incontrato la proposta di legge tesa a istituire un Garante nazionale delle persone private della libertà, da tempo ferma in Parlamento). Come fosse un sistema a sé, autoreferenziale e autosufficiente.

Sul sito del ministero della Giustizia è contenuta una sezione che si chiama, curiosamente ma significativamente, "Pianeta carcere". Noi crediamo che le prigioni non possano e debbano essere mai considerate un mondo a sé stante.

Perché ciò sia possibile, occorre la garanzia della massima trasparenza, necessaria allo stesso controllo di legalità. Occorre l’obiettiva ma tenace ricerca della verità, quale che sia.

Noi, nel rispetto delle decisioni del GIP di Livorno, conserviamo un dubbio, dopo aver visionato le foto del cadavere, dove si evidenziano contusioni, ferite ed ecchimosi. Le alleghiamo qui, per offrire a tutti un elemento diretto di valutazione, con l’avvertenza di non farle visionare a persone impressionabili, stante la loro crudezza.

Se vi sono state percosse, come l’esame delle fotografie potrebbe indurre a ritenere, può essere che non abbiano relazione diretta, di causa ed effetto, con il decesso. Ma se vi sono state, occorre comunque sapere come, quando, perché e da chi sono state poste in essere. Perché l’incolumità e i diritti di una persona sottoposta a privazione della libertà devono essere sempre e comunque garantiti.

La domanda che insomma vogliamo porre a questo punto, ulteriore a quelle cui ha risposto il GIP di Livorno con l’archiviazione, è se Lonzi se abbia mai subito violenze durante la sua permanenza in carcere.

Non ci sembrano sufficienti e convincenti le risposte del ministro della Giustizia ad alcune interrogazioni avanzate da parlamentari di opposizione nei mesi scorsi, laddove il ministro riferisce di percosse e lesioni denunciate da Lonzi e riscontrate dai medici al momento dell’arresto. L’arresto infatti è avvenuto il 3 marzo 2003, mentre le foto qui accluse sono riferite all’autopsia, avvenuta dopo l’11 luglio 2003. Difficile credere che le lesioni evidenziate a luglio siano le stesse del marzo. Noi speriamo e chiediamo che ai dubbi che questa vicenda lascia in molti vengano date risposte nette da parte di chi ne ha il potere e il dovere istituzionale.

Per parte nostra, lavoreremo affinché vi sia informazione piena e corretta sulla vicenda, valutando al contempo la possibilità di un esposto o ricorso presso la Corte europea sui diritti umani. Ci aspettiamo un’informazione piena da parte dei media e chiediamo a tutti adesioni a questa richiesta.

(scrivere a gruppoabele.milano@fastwebnet.it)

 

Milano, 13 dicembre 2004

Sergio Segio (Gruppo Abele di Milano)

Patrizio Gonnella (Coordinatore nazionale di Antigone)

Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti di Firenze)

Ornella Favero (Ristretti Orizzonti)

Progetto In & Out

 

Siamo venuti a conoscenza, come progetto Ekotonos/Ekosalute, da diversi anni operante all’interno della Casa Circondariale di S. Vittore con iniziative di volontariato specificamente dirette, tra l’altro, all’informazione nell’ambito della tutela della salute delle persone detenute, dell’avvio del Progetto In&Out. Tale progetto si propone di incrementare il numero degli accessi al test Hiv (e ad altri) in carcere attraverso la definizione di un protocollo operativo specifico.

E’ sicuramente da considerare un fatto positivo il moltiplicarsi di iniziative di informazione e prevenzione rivolte alla popolazione detenuta, cosa che le Associazioni aderenti ad Ekotonos svolgono da diversi anni nell’ambito di un progetto promosso fin dal ‘92 dalla Direzione di S. Vittore. Ciò che non risulta del tutto chiaro, dalla consultazione del materiale di presentazione di In&Out, è come concretamente si pensi di realizzare le fasi del counselling mirato alle persone detenute che rifiutano di sottoporsi al test e contemporaneamente di garantire loro l’anonimato come previsto dalle leggi vigenti.

Il protocollo infatti prevede, in caso di reiterati dinieghi da parte del detenuto, di avvisare la Direzione dell’Istituto e la UOSP Regionale. Ci sembra che l’informazione e la prevenzione non debbano mettere in secondo piano la libertà dell’individuo di accedere al test per una raggiunta consapevolezza e non per timore di venire - in qualche modo - penalizzato.

Proprio a partire da una citazione contenuta nella premessa del Progetto In&Out, e che condividiamo, e cioè "alla persona in regime di detenzione devono essere garantiti i diritti umani e civili fondamentali......" e "deve essere garantito l’accesso al test come diritto primario da esercitare sulla base di informazioni complete ed adeguate; solo grazie a ciò il soggetto è in grado di formulare una scelta cosciente....", ci preoccupa l’idea che una prassi di questo genere, ove fossero effettivamente presenti elementi di pressione, finisca con l’essere considerata normale nei luoghi di reclusione, limitando in qualche modo una libera e davvero consapevole scelta dell’individuo.

Vi saremmo grati di un cortese chiarimento da parte Vostra in merito agli aspetti che evidenziamo sul progetto in questione e, nell’attesa, porgiamo distinti saluti.

 

Progetto Ekotonos

 

Per contatti:

ASA - Associazione Solidarietà Aids. Laura Viviani, 02.58107084

LILA - Lega Italiana Lotta Aids. Marco Alita, 02.89403050

Naga - Maria Vittoria Mora, 02.58301420

Posta dei detenuti. Lo smarrimento non è un’eccezione

 

Nel bollettino 12 (primavera 2004) avevamo scritto una nota sul diritto a ricevere la posta. Purtroppo constatiamo ancora che questo diritto fondamentale non viene rispettato, e assai spesso i detenuti non ricevono la posta che sanno essere loro stata inviata.

Protestare per la difesa di questo diritto non è facile, perché la scusa dei disguidi delle poste italiane è subito pronta. Tutti sappiamo o possiamo immaginare quanta ansia e sofferenza può causare ai detenuti non avere la certezza di ricevere quanto a loro viene inviato.

Per informazioni, segnalazioni e adesioni rivolgersi a Gruppo Calamandrana

Presso Lega dei Popoli, via Bagutta 12 Milano tel. 02780811

e-mail gruppocalamandrana@libero.it

Sito internet: http://calamandrana.interfree.it

Gli originali degli scritti pervenutici direttamente da detenuti sono a disposizione presso la nostra sede.

Maria Elena Belli, Nunzio Ferrante, Augusto Magnone, Maria Vittoria Mora, Mario Napoleoni, Dajana Pennacchietti, Gabriella Sacchetti, Sandro Sessa. Le Associazioni: Naga, Lega per i Diritti dei Popoli - Sez. di Milano.

 

 

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