Schiaffo europeo al carcere in Italia

 

Schiaffo europeo al carcere in Italia

 

Il Comitato UE per la prevenzione della tortura avverte: il sistema penitenziario italiano a un passo dalla condanna per violazione dei diritti umani. Sotto accusa anche questure e centri per immigrati

 

Il Manifesto, 12 luglio 2003

 

Celle sotterranee, detenuti che camminano a testa bassa lungo le pareti del penitenziario, "schiaffi pedagogici" per i minori, commissariati come luoghi di maltrattamento. A proposito di condizioni di detenzione, l’Italia rischia una grave condanna da parte dell’UE. L’avvertimento arriva dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), che ieri ha presentato a Roma il suo rapporto su "Il collasso delle carceri italiane. Sotto la lente degli ispettori europei" (edizione Sapere, curata dall’associazione Antigone).

Un volume che raccoglie le raccomandazioni rivolte al governo italiano dal CPT basate su ispezioni compiute da una commissione di medici, giuristi e psichiatri in penitenziari, questure, comandi dei carabinieri, ospedali psichiatrici e centri di permanenza temporanea per immigrati sparsi sul territorio nazionale. Tutte visite "a sorpresa", poiché il comitato è dotato di poteri di accesso in qualsiasi momento o luogo di detenzione e a qualsiasi fascicolo giudiziario. Unico limite, l’impossibilità di imporre allo stato in questione la pubblicazione dei risultati dell’indagine, cosa che spesso costringe a terribili ritardi.

Come nel "caso Italia", dove le autorità hanno dato l’autorizzazione a rendere pubbliche le visite solo qualche mese fa, nonostante esse si siano svolte tra il gennaio e il febbraio 2000. "Un ritardo - secondo Patrizio Gonnella, coordinatore nazionale di Antigone - che rientra nella tradizione del nostro governo, e che priva il rapporto della forza dell’attualità, senza riuscire però a cancellare le violazioni a lungo termine".

Tra le situazione analizzate, il comitato europeo punta il dito sulla fase di arresto e fermo: "Un momento delicato a rischio di violazioni dei diritti - fa notare Gonnella - durante il quale spesso non sono garantite visite mediche, difesa o i tre pasti quotidiani". Se i centri di permanenza temporanea per immigrati sono di fatto terra di nessuno, dove le condizioni di vita restano legate alle discrezione di chi li gestisce, il problema più grave per il comitato rimane quello del sovraffollamento degli istituti penitenziari in generale: su 42mila posti disponibili, nel 2000 i detenuti erano oltre 53mila e oggi sono 56.700.

Una situazione insostenibile, che il governo formalmente risolve con un gioco abbastanza scoperto, innalzando periodicamente la cosiddetta "soglia di tollerabilità" (dai 48mila posti si passa agli attuali 60mila): un parametro a piena discrezionalità di chi lo diffonde, per nulla riconosciuto dallo stesso comitato. Mentre quest’ultimo suggerisce una ridefinizione delle stesse sanzioni penali. Passando ai casi specifici, una delle situazione di possibile "trattamento inumano e degradante" è quella riscontrata dal comitato nel carcere di Secondigliano (Napoli), "dove - spiega Mauro Palma, rappresentante italiano del CPT - i detenuti sono abituati a camminare a testa bassa, radenti il muro, in presenza delle guardie carcerarie"; mentre nelle carceri minorili "le regole somigliano troppo a quelle applicate agli adulti".

Senza contare che secondo il comitato la prassi consolidata dell’isolamento per motivi disciplinari è oltremodo pericolosa se applicata ad un minore. Tirando le somme ciò che maggiormente preoccupa il comitato europeo è la strada intrapresa dal governo italiano. Infatti, seppure segregate fino ad oggi, le sollecitazioni del CPT furono a già rese note alla coalizione di centro-sinistra. La quale, in chiusura di legislatura, rispose con alcuni progetti decaduti con il cambio di potere. Per questo oggi "non si parla più - ricorda Palma - di sanità carceraria in mano al sistema nazionale o di nuovi regolamenti penitenziari, ma solo di smantellamento del codice che riguarda i minori, una delle poche cose in cui l’Italia ha da insegnare".

 

 

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