Governo e magistratura 2

 

Ancora sul conflitto tra il Governo e la magistratura

 

Il ministro della Giustizia non ha mancato, nelle considerazioni finali della relazione presentata in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario a Roma, di ritornare sull'argomento del giorno, che vede sempre più aspro il conflitto tra la maggioranza di governo ed una parte non certo insignificante della magistratura (per intenderci, la Procura ed il tribunale penale di Milano e gli organi direttivi della Associazione nazionale magistrati).

Si comprende perché in contendenti non ascoltano autorevoli voci che li invitano alla moderazione ed al dialogo costruttivo: il ministro usa toni ultimativi, che non lasciano spazio al confronto, quando afferma esplicitamente

  1. Che egli rappresenta il popolo che a maggio scorso gli ha dato con larga maggioranza un mandato preciso che non ha alternative: quello non già di ridare efficienza alla giustizia ma quello - assolutamente pregiudiziale - di portare la magistratura al "recupero del senso delle istituzioni democratiche" perché la magistratura stessa in questi ultimi anni si è delegittimata in quanto ha usato in senso politico lo strumento dell'azione penale per favorire i partiti della sinistra a danno degli avversari che a maggio 2001 hanno vinto la battaglia elettorale. Ergo, la magistratura ha violato il principio della divisione dei poteri, che il Ministro difende a spada tratta, ma sulla base di un'interpretazione non condivisibile che lascia perplessi. Infatti l'azione penale è obbligatoria, sempre e nei confronti di tutti i cittadini, nessuno escluso, dal più potente al più insignificante. Tanto più che è caduta l'immunità parlamentare dopo la modifica attuata con legge cost. n. 3/93 (uno degli effetti più notevoli di "mani pulite", ma molti si stanno già... pentendo di aver perduto simile, comodo riparo). Siamo d'accordo che l'obbligo dell'azione penale per il PM è e deve essere asettico, imparziale nel senso che dipende soltanto dalla legge. Il ministro sembra non tenere conto che commette reati il PM che omette di dare inizio al processo e che il punto dolente del nostro sistema non è assolutamente costituito dall'iperattivismo delle Procure, bensì dall'esatto contrario, in quanto tradizionalmente i PM si limitano a sviluppare le notizie di reato provenienti dalla polizia giudiziaria, con la conseguente mancanza dell'iniziativa. In altre parole, il nostro PM sarebbe troppo "adagiato" sulla polizia giudiziaria.

  2. Si insiste da parte della maggioranza che vi è stata una vera e propria persecuzione giudiziaria a danno dell'on. Berlusconi, oltre tutto - almeno fino ad oggi - con risultati negativi per l'accusa.
    Orbene, a parte la considerazione che l'inizio dell'azione penale è legittimo quanto (art. 50 CPP) non sussistono presupposti per chiedere al GIP l'archiviazione (li che si verifica ex art. 408 CPP allorché la notizia di reato "si presenta infondata"). Perciò l'esito del procedimento, anche se favorevole all'imputato non ha nulla a che vedere con l'azione penale, che è fondata su presupposti affatto diversi.
    Resta il fatto che l'on. Berlusconi si è presentato alla ribalta quale uomo forte e nuovo, chiedendo un mandato ampio che ha ottenuto, in forza della preminente posizione socio economica acquisita, essendo il più ricco ed il maggior contribuente italiano, a capo di una serie di imprese, con almeno 50.000 dipendenti, molte delle quali strategiche (è il signore assoluto dell'informazione possedendo i tre più importanti canali televisivi privati e prestissimo controllerà anche i tre canali pubblici della RAI, nonché buona quota di carta stampata). Ha fondato un partito, di cui è capo indiscusso, partito senza storia, fondato soprattutto su una serie di abili slogan che, sostenuto da una campagna elettorale mai prima da noi conosciuta, ha conquistato un terzo degli elettori e la maggioranza (grazie ad una alleanza innaturale, che non potrà durare a lungo sul piano politico ed ideologico, con la destra moderata e la Lega: una pura e semplice anche se abile, operazione di potere).
    Il caso Berlusconi, primo ed unico nel suo genere, passerà alla storia e non solo quella italiana: a parte il macroscopico, inestricabile e scandaloso conflitto di interessi in cui l'interessato si è cacciato, occorre chiedersi come si poteva pensare che un personaggio del genere non finisse per subire numerosi ed attenti controlli da parte della polizia giudiziaria. Anzi, se così non fosse stato, saremmo di fronte ad un ulteriore e più grave scandalo. Si è invece verificato che la Procura competente e le forze di polizia hanno dimostrato di possedere indipendenza e niente di più.
    Il Governo, in tema di riforma della giustizia, ha deciso di accelerare i tempi, dopo l'esperienza del mandato di cattura europeo. Quando ha visto con preoccupazione che l'Italia è l'unico Stato fra i quindici membri dell'Unione che non ha alcun potere sul PM: un'ancora di salvezza insperata che si presta bene ad appoggiare la richiesta di sempre: togliere il PM dalla magistratura in nome di una equivoca indipendenza, isolarlo, per poi agganciarlo con qualche nodo al carro del Governo. Il ministro ha detto chiaramente che a questo punto la semplice distinzione delle funzioni non basta più. Bisogna separare le carriere, rompendo l'unità della magistratura, una grande conquista italiana, invisa all'Europa.

Si inizierà dal CSM che si rinnoverà entro luglio 2002: ai PM saranno riservati soltanto 4 posti su 20. E' il preludio dell'operazione di accerchiamento che precede la separazione. Il magistrato elettore potrà votare un solo candidato per ognuno dei tre collegi unici nazionali previsti (quello per i magistrati di legittimità - 2 posti) e per quelli merito (14), oltre ai PM.

Il nuovo sistema elettorale proposto tende a colpire al cuore l'Associazione Nazionale Magistrati e le sue correnti interne perché elimina le liste ed allarga la possibilità di autocandidature personali, isolate, prive di un programma preciso, dibattuto e conosciuto. La battaglia sarà spostata sul piano locale, non più sulle idee e su programmi condivisi, in nome della "spoliticizzazione" del CSM che certo ha degli inconvenienti ma che assicura un certo indirizzo ideologico unitario che con il nuovo sistema finirà, perché avremo un Consiglio composto da grandi nomi, ma isolati e divisi, legati alle promesse fatte ai propri elettori, con idee difficili da conoscere, valutare e coordinare... Fortunatamente le correnti potranno continuare ad operare per far convergere i voti su autocandidati, legati in qualche misura al "vecchio" sistema che almeno è già conosciuto e meno ricco di - brutte - sorprese.

Bisogna riconoscere che il disegno coincide perfettamente con le idee di chi vuole dividere e depotenziare la magistratura, minandone in tal modo la autonomia e la dipendenza.

 

Giancarlo Zappa, 29 gennaio 2002

 

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