Amnistia, un appello accorato e solenne

 

Accorata e solenne...  

 

Accorata e solenne, ma solitaria ed inascoltata, si è levata la voce  del Pontefice per chiedere al mondo della politica un atto di generale clemenza. Ciò induce a riflettere seriamente ed a porsi delle domande.

Fino alla riforma dell’art. 79 della  Costituzione, avvenuta nel 1992, non vi è dubbio che in Italia si è gravemente abusato di amnistie e condoni, con risultati nettamente negativi quanto alla certezza della pena ed alla parità di trattamento di tutti i cittadini.

Ciò ha finito per danneggiare anche la credibilità della Riforma penitenziaria del 1975.

L’intervento suddetto fu  allora doveroso, ma l’esperienza dell’ultimo decennio ha dimostrato che nel concreto le conseguenze sono andate oltre i buoni propositi, che consistevano nel ridurre le concessioni. Infatti l’effetto è stato totalmente paralizzante: come dire dal troppo  al niente.

Ciò  è iniquo, perché la clemenza deve essere usata, sia pure con grande moderazione, non soppressa.

Eppure, le carceri scoppiano a causa di uno Stato neghittoso o distratto, in ogni caso per colpa, che non si è dotato di un sistema capiente ed occasioni eccezionali si sono presentate, ma inutilmente.

Si è pensato di allargare qualche misura alternativa per compensare la situazione, ma la legge relativa è ancora in sede referente in commissione Giustizia al Senato e tutto sembra preludere a tempi lunghi, mentre si avvicina rapidamente la fine della legislatura.

Ecco il punto: richiedere la maggioranza parlamentare di due terzi, significa che occorre un accordo tra maggioranza ed opposizione, evenienza di difficilissima realizzazione, soprattutto in campagna elettorale, trattandosi di una materia controversa. I partiti temono di perdere  il consenso degli  elettori contrari e giocano al rinvio (pensando anche agli elettori favorevoli che non sono pochi) , duellando sui contenuti e sui limiti della delega, in una cornice di chiara strumentalizzazione.

Tutto ciò emerge dalla situazione parlamentare: giacciono ben 12 disegni di legge, presentati da tutti i partiti, sostanzialmente favorevoli. Un altro disegno di legge, presentato – si noti - dall’opposizione, chiede addirittura il ripristino del vecchio art. 79.

Teniamo conto che anche dopo le elezioni, la situazione fin che sarà in vigore questo art. 79, non muterà, impedendo alla parte vincitrice, se non raggiungerà i due terzi (cifra veramente imponente), di celebrare la vittoria con un atto di generosità, per altro interessata.

In tal guisa è lecito chiedersi se valga la pena di trascinare la decisione alle calende greche e domandare a tutti un atto di intelligenza e di sensibilità politica (non parliamo certo di perdono giubilare).

L’art. 79, a tali condizioni, può anche restare, ma un periodo di digiuno assoluto di due lunghi lustri non costituisce una terapia ma una ferita mortale inferta al sistema giustizia e si pone contro un principio di valore  generale, valido anche per chi regge le sorti dello Stato: quello della ragionevolezza.

 

Giancarlo Zappa 

 

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