Lettera a Verziano

Alle gentili "ragazze di Verziano"

 

Innanzi tutto vi ringrazio per la cortese lettera che mi avete inviato, precisando però che i personal computer sono stati donati, tramite questa Associazione, dall'Amministrazione Provinciale che ha dimostrato grande sensibilità e signorilità, compiendo un gesto di grande significato che, di colpo, ha colmato trent'anni di inerzia dell'amministrazione penitenziaria, dotando per la prima volta i nostri istituti penali di mezzi tecnologici avanzati che possono dare e danno un significato concreto all'impegnativo, ma per lo più teorico, termine di “trattamento rieducativo”. Sono certo che scriverete al Presidente Arch. Cavalli ed al vice Presidente on. Saglia, mandando loro il Giornalino “Zona 598” ed invitandoli nel contempo a visitare la Sezione, cosa che farebbe piacere anche a me e, sono certo, anche alla dott.ssa Manzelli.

Complimenti, poi, per la vostra fatica e per quella di Sandro, che ha scritto cose toccanti. I vostri scritti sono sinceri, semplici ed immediati e danno un 'idea precisa dei vostri problemi, di quelli “interni" ma soprattutto di quelli “esterni" - i più difficili da risolvere - perché dipendono in gran parte da altri, da una società libera che si ostina a non capire che la punizione deve tendere al recupero del colpevole, che la pena deve essere, almeno tendenzialmente, uno strumento utile a tutti e non un danno che si aggiunge ad altro danno.

Ma tant'è, già  tre secoli addietro Tommaso Moro ha scritto che la società “costruisce” apposta i delinquenti per il gusto poi di impiccarli. Ci vuole molta pazienza, ma le cose cambieranno se non per noi, per i nostri successori.

Noi ci dobbiamo accontentare dell'amnistia e dell'indulto che sono istituti non in linea con le idee nuove, ma sono un rimedio vecchio, da usare eccezionalmente, di cui fino a dieci anni fa si è purtroppo abusato largheggiando e di cui oggi si abusa a rovescio, stringendo la cinghia, ammassando 55 mila detenuti dove ce ne stanno al massimo 40 mila e poco o nulla facendo dal punto di vista trattamentale - educativo. E' uno strumento squisitamente politico, non giudiziario, che deve essere deciso dal Parlamento neo eletto con una maggioranza qualificata. I partiti che i cittadini hanno fatto prevalere largamente quando erano all'opposizione, a certe condizioni ed in via di massima, non erano contrari ad un provvedimento di generale clemenza. Vedremo presto se hanno cambiato idea o intendano fare un gesto di pacificazione e di giustizia sostanziale, anche per solennizzare un vittoria elettorale direi unica nella recente storia della nostra Repubblica.

Pertanto, chiedete, bussate e chissà che la porta venga aperta. Devo dirvi però con molta franchezza che, vorrei proprio sbagliarmi, non sarà facile ottenere un risultato positivo a causa dell'allarme sociale diffuso, che è proprio quello che ha determinato la vittoria e che quindi sarebbe in questo momento impopolare (anche se il vincitore è in posizione di tale forza da non dover temere più di tanto).

D'altronde fra le molte promesse della campagna elettorale, direi che non ho notato qualcosa del genere. Anzi, semmai è emerso un forte impegno per il ripristino della legalità, per usare la solita frase ad effetto. Il che significa uso del bastone tradizionale più che della carota, ed uso delle maniere "forti", cioè la solita repressione con buona pace per la prevenzione che dovrebbe essere invece in cima al pensiero ed alla preoccupazione di tutti. Se volete la controprova, pensate che sono sia stati depositati centinaia di disegni di legge, ritenuti urgente ma nessuno riguarda la concessione di clemenza. Ve ne sono soltanto due che propongono la modifica delle condizioni necessarie (art. 79 cost.).

Lo ripeto: in questa società è ancora troppo diffusa l'idea che il retribuzionismo puro sia la soluzione dei problemi e che soltanto un carcere segregato e segregante sia l'arma vincente. Ma non è cosi: l'idea di cui sopra è storicamente dimostrato  essere fallimentare, perché ottiene, direi in netta prevalenza, il risultato di ampliare progressivamente l'area  dell'emarginazione e quindi del disagio sociale, fenomeni strettamente legati tra di loro, creando una spirale negativa avvolgente, un circolo vizioso di cui la nostra società non si libererà mai se non si decide a cambiare idee ed atteggiamenti.

Mi chiedete anche un giudizio sulla "legge Simeone", la nota 165 del 1988 che ha modificato l'articolo 656 del codice di procedura penale in tema di esecuzione delle pene detentive. Non fatevi troppe illusioni: è una legge civile, di tipo avanzato ma che va contro la corrente di cui sopra ho detto e che pertanto ha la vita difficile. Ne parleremo più a fondo in altra occasione... per ora posso dire che non interessa coloro che sono in carcere, nel senso che è di difficile applicazione nei loro confronti. Ha invece un certo peso per i soli condannati per reati non gravi a pena non superiore a tre anni, che siano liberi al momento dell'esecuzione della sentenza e godano di un situazione socio–familiare–lavorativa buona o almeno passabile. Soltanto costoro possono rimanere liberi fino a quando il Tribunale di Sorveglianza abbia deciso per l'affidamento in prova al Servizio Sociale. Per tutti gli altri il destino è quello di sempre. Cordiali saluti a tutte, "in bocca al lupo" ed a ben risentirci.

 

 

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