Arte terapia a Padova e Viterbo

 

Con la terapia artistica i suicidi calano del 20%

Uno studio nelle carceri di Padova e Viterbo

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 5 dicembre 2002


I detenuti delle carceri di Viterbo e Padova riscoprono i colori della vita col disegno e l’arteterapia: dopo tre anni di attività sono diminuiti del 20% i tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo. È quanto è emerso a Roma al convegno "Arteterapia e carcere" in cui sono stati illustrati i risultati del progetto sperimentale, voluto da Sebastiano Ardita e da Bruna Brunetti del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) del Ministero di Giustizia, e presentato dal prof. Vittorino Andreoli.

Per la prima volta nel mondo viene attuato un progetto di questo tipo, secondo quanto hanno spiegato gli esperti, in cui i detenuti scoprono una nuova forma di linguaggio. Il linguaggio del disegno e della scultura che, come ha spiegato lo psichiatra Vittorino Andreoli, è una forma di espressione che va privilegiata in una società tutta incentrata sul linguaggio parlato e scritto.

L’esperimento pilota ha coinvolto 300 detenuti delle carceri di Viterbo e Padova. L’esperimento è stato un successo, secondo il commento della dottoressa Anna Rita Giaccone della Asl di Viterbo la quale ha espresso la speranza che tale progetto continui nel tempo e sia esteso ad altre carceri.

Colori per dimenticare il tempo della droga

 

Il Mattino di Padova, 5 dicembre 2002 

 

Sono i detenuti tossicodipendenti del carcere di Padova, assieme a quelli di Viterbo, i protagonisti di un esperimento che non ha precedenti al mondo: grazie all’arteterapia, a un barattolo di colori e al disegno, hanno dato un nuovo senso alla vita. Dopo tre anni di attività, tra di loro sono diminuiti del 20% i tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo.

I risultati della ricerca sono stati presentati ieri a Roma al convegno "Arteterapia e carcere"; il progetto sperimentale è stato promosso da Sebastiano Ardita e da Bruna Brunetti del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) del ministero di Giustizia, e presentato dal professor Vittorino Andreoli. L’esperimento, coordinato dal dottor Daniele Berto coinvolgendo a Padova 150 detenuti, è stato reso possibile grazie al dottor Carmelo Cantone, all’epoca direttore del Due Palazzi (attualmente a Rebibbia) e dal suo successore Salvatore Pirruccio.

I detenuti sono stati accompagnati alla scoperta di una nuova forma di linguaggio: il linguaggio del disegno e della scultura che, come ha spiegato Andreoli, è una forma di espressione che va privilegiata in una società tutta incentrata sul linguaggio parlato e scritto. I detenuti (di cui quasi il 40% extracomunitari) di età media di 35 anni e un passato di tossicodipendenza e alcolismo, dovevano esprimere i loro disagi attraverso il disegno e la scultura. Le loro opere, decodificate da esperti, hanno evidenziato il percorso introspettivo degli autori. Alla fine i detenuti tornati in libertà, secondo quanto riferito dagli esperti, hanno avuto un miglior rapporto con il Sert nella delicata fase della prosecuzione delle cure.

La letteratura scientifica considera ormai la tossicodipendenza come un fenomeno prodotto da più fattori convergenti, di natura psicologica, educativa, sociale e culturale. Il fattore di rischio più determinante è individuato nella frattura precoce con il mondo emozionale. L’Arteterapia, secondo gli esperti, ha dato risultati così importanti perché disegno e colore rispondono al bisogno del tossicodipendente di entrare in contatto con il suo mondo emozionale mentre trasformare il "tempo di pena" in "tempo di vita" ha portato ricadute positive.

Nel carcere, l’Arteterapia si configura come uno spazio mentale vitale; è di facile applicazione e dunque può essere utilizzata a favore di qualsiasi soggetto tossicodipendente a prescindere dalla cultura, dallo status sociale e dalle provenienza: gli stranieri, in particolare, sono agevolati perché con questo tipo di terapia non devono superare l’ostacolo della lingua.

 

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