Scelta o costrizione?

 

Prostitute per scelta o per costrizione?

 

Storie di ragazze dell’Europa dell’est e della Nigeria immigrate per finire poi sulle strade di tutta Italia

 

I giornali e la televisione ultimamente ne parlano sempre più spesso, le vediamo di giorno, di notte lungo le nostre strade, donne, ragazze, bambine che si vendono, chi per scelta e chi perché costretta da qualcuno. Livia Turco, ministro della Solidarietà Sociale, dice che l’80% di loro sono costrette, mentre il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute sostiene che la maggior parte lo fa per propria scelta.

In Italia le prostitute che lavorano sulla strada sono in prevalenza nigeriane, albanesi e dei paesi dell’Est; tutte provengono da situazioni economiche, politiche, sociali molto diverse fra loro, ma arrivano qui con un’idea che le accomuna: fare soldi, e se possibile farli in fretta.

I motivi che spingono queste donne a prostituirsi variano a seconda del paese di origine, della cultura, del livello di miseria che si ritrovano addosso. Insomma i loro sono paesi con un alto tasso di povertà, dove spesso le donne non hanno un futuro decente che le attenda, o dove il loro futuro è già stato programmato da altri (la famiglia), o peggio ancora dove a prevalere è la cultura maschilista: l’uomo comanda, la donna subisce. Per queste donne l’unica via d’uscita è scappare, andarsene dalla propria terra, da sole o con qualcuno. Per farlo bisogna pagare un prezzo molto alto; ma il prezzo non è mai troppo alto quando si cerca il benessere, vivere meglio, avere un po’ più di niente. E’ vero che si va incontro a qualche cosa che non si conosce, ma si pensa che sia sempre meglio di quello che si lascia.

 

Branka viene dalla Croazia e mi racconta che da loro le donne vengono attirate in Italia a volte con l’inganno, altre consapevolmente. Sta di fatto che a spingerle sono il lusso, la bella vita. Vedono arrivare nei loro paesi uomini italiani con belle macchine, bei vestiti e tutto il resto, che le incontrano senza fare loro capire che è tutto già programmato. L’incontro deve sembrare invece casuale: "Tu mi piaci, voglio conoscerti!". Ti fanno stare bene, a tuo agio, e poi ti propongono di partire con loro in Italia; puoi avere tutto quello che hai sempre voluto, fare una bella vita, e allora parti. Tutto comincia così.

Arrivi in Italia, e lui ti fa capire che per avere belle cose devi darti da fare. Per invogliarti ti compera dei vestiti firmati, ti fa frequentare bei ristoranti etc... e alle volte ti racconta anche che è per avere un futuro assieme che devi cercare di collaborare; tu sei già presa di lui, ti ha dato tanto in così poco tempo, sarà gratitudine, affetto, amore e così ti dici che per lui, per te stessa e per non tornare ai disagi e alla povertà di prima, puoi fare certamente quello che ti chiede. Lui naturalmente ha la sua vita, alle volte anche una famiglia, ma tu questo non lo sai.

Non tutte però sono sprovvedute, ci sono quelle che sanno da subito cosa succede, ma va bene così per avere il benessere, perché no? E ci sono quelle che ci arrivano con il tempo, imparando la lingua capiscono che le promesse fatte all’inizio, di una vita assieme, rimarranno un sogno, diventano gelose, si ribellano, ma in risposta ricevono botte, alla fine lui si stanca e la lascia o viceversa; alcune vorrebbero tornare a casa, ma poi nessuna lo fa, non vogliono tornare a vivere come prima o peggio ancora, e così continuano a prostituirsi, e chi non ce la fa da sola, si trova pure un altro uomo, simile al primo.

 

Ma alla Giudecca ci sono anche ragazze nigeriane, e ne trovo due disposte a raccontarmi come arrivano in Italia, e come cominciano il lavoro di prostitute tante loro connazionali. Partono subito all’attacco Caro e Lisi, le due ragazze nigeriane, dicendomi, prima di tutto, che in Nigeria il lavoro di prostituta non è neppure nominato, e la prostituzione è vista come una malattia contagiosa, e la persona che viene colpita viene allontanata dalle altre.

In realtà, mi raccontano, molte donne in Nigeria vengono aiutate ad entrare in Italia dalle loro stesse amiche, amici o conoscenti, che sono già immigrati e tornano per una vacanza. Succede che durante un viaggio a casa per trovare la famiglia, queste ragazze vengono notate da quelle che ancora vivono là, naturalmente le notano per il loro abbigliamento, i soldi o i gioielli e le invidiano; capiscono che in Italia non se la passano poi tanto male, certamente stanno meglio di loro, che ogni giorno devono lottare contro la povertà, a volte la fame, o contro i continui divieti dei genitori.

Ma in Nigeria non succede solo che una donna chieda all’amica di entrare in Italia, alle volte è d’accordo anche la famiglia, è la famiglia stessa che si accorda per far partire la figlia. Una figlia che vive in Italia è un aiuto economico anche per la famiglia; naturalmente nessuno sa che i soldi li guadagni prostituendoti, altrimenti non permetterebbero mai alla figlia di partire, piuttosto la fame. Insomma, si raccontano tante bugie.

Mentre Lisi e Caro parlano (mi sembrano due vulcani che stanno per esplodere), le interrompo per far loro una domanda: "Ci sono protettori nigeriani di queste donne, che in Italia si prostituiscono?". Una delle due allora mi dice che secondo lei non ci sono protettori nigeriani, loro non permetterebbero mai alle proprie donne di vendersi, preferiscono piuttosto lavorare il doppio e mantenere la donna, e se una donna decidesse comunque di farlo per sua volontà, verrebbe allontanata e dimenticata. Quando vedono una prostituta nigeriana le sputano in faccia, la trattano come immondizia, ma se succede che uno si innamori veramente di una di loro, fanno tutto il possibile per farle smettere il mestiere.

Adesso stanno parlando tra loro, io prendo appunti e le guardo, mi metto a sorridere perché vorrei veramente descrivere le loro mani che gesticolano, i loro volti espressivi e le loro parole, il loro italiano faticoso, aiutarle a trovare il verbo o l’aggettivo giusto. Intanto mi raccontano che il prezzo per arrivare in Italia si stabilisce prima di partire; alle volte sono le famiglie delle ragazze che si accordano con le donne che fanno da intermediarie. Si decide il costo del viaggio più una garanzia, nel caso una volesse fare la furba e non pagare all’arrivo in Italia. La garanzia è qualcosa di appartenente alla famiglia, un pezzo di terra, la casa, etc... Succede raramente che una donna all’arrivo in Italia si rifiuti di pagare il viaggio, perché sa che a rimetterci poi è tutta la sua famiglia. Chi aiuta a venire in Italia persone che conosce bene, oltre al prezzo può farsi dare, come garanzia, una ciocca di capelli o qualche cosa di personale: se all’arrivo in Italia questa persona si rifiuta di pagare, si può sempre farle il malocchio. "Queste cose sappiamo farle e funzionano", mi dicono Lisi e Caro, mentre le guardo scettica.

Quando arrivi in Italia sai già quanto devi pagare, bisogna solo decidere come guadagnare il denaro. La scelta è tua, sei tu che deicidi che lavoro vuoi fare, come e in quanto tempo vuoi pagare; alla persona che ti ha aiutato interessa solo che tu la paghi. È naturale che la prima cosa che ti capita tra le mani è la prostituzione, per trovare un altro lavoro ci vuole del tempo, se non hai conoscenze che ti aiutano a trovarlo. Sai che devi pagare il viaggio, devi mantenerti e avere un tetto, la prostituzione ti permette di guadagnare abbastanza per pagare tutto ciò, quindi lo fai. È una tua scelta, nessuno ti costringe a farla, vuoi liberarti del debito, vuoi vivere bene, vuoi avere soldi: così ti prostituisci. Ci sono quelle però che non ce la fanno proprio a vendersi, mai e poi mai lo farebbero, allora si fa qualcosa d’altro, può essere un lavoro "pulito", onesto oppure no, il rischio comunque è tuo.

 

Per finire, la più vulcanica delle due mi dice che lei si arrabbia sempre quando sente dire da sue compaesane che sono costrette a prostituirsi con la forza: non è vero! Forse non sei proprio libera finché non hai pagato il viaggio, ma poi, puoi andartene dove vuoi. Se rimani è una tua decisione, ti va bene così. Se si aiuta una persona a venire in Italia, questa di solito non è costretta a dare né più né meno che il prezzo del viaggio. "Non siamo obbligate a fare niente che non vogliamo!".

Personalmente voglio aggiungere che non me la sento di giudicare le donne che si prostituiscono, che lo facciano volontariamente o meno, ma mi faccio solo una domanda: "Cosa farei io se volessi andare come loro in un paese straniero per vivere più decentemente e non trovassi in tempi brevi un lavoro dignitoso e onesto che mi dia da vivere?". Immediata mi viene la risposta che farei di tutto, tranne che prostituirmi. Ma è troppo facile rispondere così, tanto so che non mi trovo in quella situazione. Comunque fare di tutto può anche significare delinquere, con il rischio di "finire dentro", oppure lavorare 10 - 12 ore al giorno, e con quello che guadagni non riuscire ad andare molto più in là di come vivevi a casa tua. Allora forse bisogna capire queste donne, arrivano con un debito che devono saldare.

 

Le interviste a Branka, Caro e Lisi sono a cura di Patrizia

 

 

 

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