Giovanna Franzò

 

La morte di Giovanna Franzò (Ragusa, 1 maggio 2000)

 

Procedimenti avviati

Reati ipotizzati

A carico di

Esito

Procura di Ragusa

Omicidio colposo

11 medici penitenziari

Sconosciuto

Ministero della Giustizia

-

-

Sconosciuto

 

 

1 maggio 2000: Giovanna Franzò, 28 anni, muore per le complicanze di un’infezione da ascesso dentario.

2 ottobre 2002: Il Gip di Ragusa, Vincenzo Saito, accogliendo la richiesta del Pm Nicoletta Mari, ha rinviato a giudizio, per concorso in omicidio colposo, undici medici che a titolo diverso avrebbero avuto responsabilità nella drammatica fine di Giovanna Franzò.

24 aprile 2003: Davanti al giudice monocratico del tribunale di Ragusa si tiene la prima udienza dibattimentale del processo a carico dei medici.


Rassegna stampa sul caso di Giovanna Franzò

 

Detenuta morta a Ragusa, Fassino dispone un’inchiesta

 

Giornale di Sicilia, 1 giugno 2000

 

Il ministro della Giustizia Piero Fassino ha disposto un’inchiesta ministeriale sulla morte della giovane detenuta nel carcere di Ragusa, Giovanna Franzò. Un ispettore si è già recato a Ragusa. Arrestata per furto e condannata a sette mesi di reclusione, Giovanna Franzò, 28 anni, colpita da ascesso dentario, non sarebbe stata curata bene, tanto che il malanno si sarebbe trasformato in medistinite necrotizzante.

 

Omicidio colposo, undici rinvii a giudizio. Riguardano tutti medici che devono rispondere della morte di Giovanna Franzò. La donna, detenuta per reati contro il patrimonio, morì il primo maggio 2000 per le complicanze di un’infezione da ascesso dentario

 

La Sicilia, 3 ottobre 2002


Il giudice delle udienze preliminari presso il tribunale, Vincenzo Saito, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Nicoletta Mari, ha rinviato a giudizio, per concorso in omicidio colposo, undici medici che, a titolo diverso, avrebbero avuto responsabilità nella drammatica fine di una giovane ospite della casa circondariale di contrada "Pendente", a Ragusa, la siracusana Giovanna Franzò, 28 anni al tempo del decesso.

La donna, che stava scontando una condanna a sette mesi di reclusione per reati contro il patrimonio, è morta il primo maggio del 2000 a seguito di un’infezione da ascesso dentario che poi, non curata adeguatamente, aveva interessato la trachea e un polmone.

Sono stati rinviati a giudizio, per l’udienza (davanti al giudice monocratico del tribunale di Ragusa) del 24 aprile 2003, i seguenti medici: Giovanni Occhipinti, Concetta Brugaletta, Ignazio Ruffino, Giovanni Rizza, Giuseppe Moscuzza, Giovanni Campo, Giuseppe Campione, Giuseppe Moltisanti, Salvatore Criscione, Francesco Cannì, Emanuele Boncoraglio.

Tutti, a turno, avevano prestato servizio presso l’infermeria della casa di pena iblea e tutti, secondo l’accusa, non si sarebbero resi conto della gravità delle condizioni della giovane donna. Ieri, nel corso dell’udienza preliminare, i legali della difesa (gli avvocati Carmelo Di Paola, Enrico Platania, Cecilia Licitra, Antonino Francone, Saverio La Grua, Maurizio Catalano, Enzo Galazzo) avevano chiesto l’archiviazione, di non doversi procedere cioè perché il fatto non sussiste o, in subordine, perché il fatto non costituisce reato.

Gli eredi della Franzò (la donna era madre di due bimbi) si sono costituiti parte civile tramite gli avvocati Giuseppe Rizza e Massimo Milazzo. Giovanna Franzò, una volta tratta in arresto, era stata assegnata al carcere di Ragusa perché in quello aretuseo mancava la sezione femminile. Sin dai primi giorni della sua detenzione la ragazza ebbe a dire di avere dei disturbi ai denti, di accusare cioè dei forti mal di denti che gli provocavano dei dolori fortissimi.

Dopo qualche tempo alla detenuta veniva estratta una radice dentaria; sembrava che il problema fosse stato risolto ed invece la Franzò continuava ad accusare malesseri, che cercava di lenire con degli analgesici. La situazione precipitava alla fine di aprile del 2000. La donna veniva ricoverata il 26 aprile all’ospedale Maria Paternò Arezzo e veniva sottoposta a due interventi operatori alle vie respiratori, ma ormai era troppo tardi. Il primo maggio spirava. Il caso aveva ripercussioni nazionali e venivano ordinate anche delle inchieste da parte di ispettori ministeriali.

 

 

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