Manifestazione polizia penitenziaria

 

Manifestazione della polizia penitenziaria davanti a Regina Coeli

Sotto accusa la carenza di personale e la riduzione delle risorse

 

Liberazione, 7 ottobre 2003

 

"La vita in carcere si fa sempre più dura e noi, da anni sotto organico, non possiamo più garantire per la sicurezza dei cittadini e dei detenuti". Il megafono distorce la voce ma la denuncia del vice segretario regionale del sindacato di polizia penitenziaria (Sappe), Nicola Maselli, arriva comunque forte e chiara. Destinatario il ministro della Giustizia Castelli e l’amministrazione dell’istituto penitenziario Regina Coeli.

"Siamo stanchi di promesse, ci vogliono nuove assunzioni e fondi per evitare il tracollo". Gli agenti di "Regina", così come lo chiamano i romani, hanno risposto bene all’appuntamento indetto ieri dal Sappe. Per circa tre ore hanno "piantonato" l’ingresso del carcere distribuendo volantini ai cittadini che animavano il Lungotevere alle dieci di mattina. Alcuni agenti, poi, si sono ammanettati in segno di protesta fino a quando la direzione dell’istituto non ha ceduto alla richiesta di incontro. "Abbiamo bisogno di risposte concrete e non di chiacchiere, ci dice uno degli "agenti ribelli" mentre cerca di controllare la rabbia, ognuno di noi copre due servizi contemporaneamente. Se succede qualcosa poi se la prendono con noi". Che le carceri italiane fossero al collasso lo si sapeva. Certo non serviva la protesta degli agenti penitenziari per sollevare la questione, ma se qualcuno voleva una conferma in più allora questa è arrivata.

Celle sovraffollate, mancanza di personale, servizi inesistenti, assistenza sanitaria affidata alla buona volontà dei medici di servizio nelle carceri. È la fotografia di Regina Coeli, ma potrebbe esserla di qualunque altro istituto italiano.

Fabrizio Rossetti, responsabile nazionale Funzione pubblica della Cgil, comparto sicurezza, espone i numeri di un’altra vergogna tutta italiana: "Quarantaduemila agenti per 57 mila ristretti. Quattordicimila vengono dirottati verso servizi non istituzionali: settemila negli uffici amministrativi a fare da autisti o fotocopie per gli uffici amministrativi e l’altra metà per il servizio traduzione e piantonamento (prima svolto da 11 mila carabinieri)".

Il personale rimanente deve attualmente dividersi tra i 363 istituti più altri in costruzione. Turni doppi per un carico di lavoro insostenibile, servizi scoperti (come quello al cancello del carcere romano) e nessuna speranza di miglioramento. Neanche in questa finanziaria, dove non risultano voci in bilancio, nonostante le promesse sbandierate dal governo e dal ministro Castelli.

"Una situazione al limite del collasso - denuncia ancora Rossetti - Nelle ultime due finanziarie sono stati tagliati fondi per circa il 20%, andando a colpire settori chiave del sistema carcerario come: la sanità, i servizi di recupero, le attrezzature. In alcuni istituti non è più garantito neanche il vitto".

 

 

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