Romanzo criminale

 

Romanzo criminale

 

Una miscela esplosiva di realtà e fantasia, che per tutta la durata del libro ti tiene con il fiato sospeso

 

A cura di Nicola Sansonna

 

"Là fuori stanno perdendo la testa. Succede sa? È come un’ubriacatura… prima o poi finirete per ammazzarvi tutti l’un l’altro…". Quando si sta dentro una "Batteria" (quella che nel mondo "regolare" si chiama banda) la voglia di emergere, la vita con il carcere sempre sullo sfondo dell’esistenza quotidiana, il potere, i soldi, danno spesso alla testa. E quando poi la Batteria diventa forte, dominante, può capitare che anche quelli che consideravi amici si trasformino in potenziali rivali, e non rivali da quattro soldi, "due pugni e via…", ma rivali mortali. Conoscono tutto di te, le tue abitudini, i tuoi punti di forza e quelli di debolezza. Se la Batteria decide che devi morire, sei morto e basta.

Questo è "Romanzo Criminale" di Giancarlo De Cataldo: 628 pagine d’azione, d’intrighi politici, malavita, trame nere. Tre serate di lettura veramente intense! Non capita spesso di desiderare conoscere lo sviluppo della storia raccontata con bramosia, quasi con ansia.

 Questo romanzo è riuscito a catturare, con la sua narrazione serrata e precisa, la mia attenzione, nonostante certe logiche criminali facciano ormai parte del mio passato.

Ho atteso però una settimana, dopo averlo letto, prima di scrivere qualcosa su questo libro. Di solito le recensioni le scrivo a caldo, appena terminata la lettura, questa volta non ho potuto farlo. Perché non ho potuto scrivere subito questa recensione? È semplice. Da balordo, quale sono stato per tanto tempo, avevo timore di essere troppo generoso. Le mie recensioni a romanzi di genere noir hanno la caratteristica che spesso ne traggo dei parallelismi con la mia vicenda personale e la mia esperienza di vita. Il rischio era quello di risultare, in questo caso, poco obiettivo.

Lo scenario in cui si districa la trama è la Roma che va dalla fine degli anni 70 ai giorni nostri. L’autore, De Cataldo, essendo un Giudice di Cassazione, di storie criminali ne ha lette, studiate, giudicate tante. In questo libro ha messo sulla carta emozioni, sentimenti, sete di potere, passioni, con grande forza ed efficacia, forse proprio perché ha attinto a piene mani dai voluminosi fascicoli processuali con cui ha avuto a che fare, rimpolpando con massicce dosi di storie criminali autentiche quella che è una storia frutto della fantasia. Della quale a volte la realtà quotidiana riesce a essere più straordinariamente ricca e imprevedibile.

"Quelli dentro gridavano, imploravano. Il Freddo pensò che se li avessero voluti uccidere sarebbero bastati tre o quattro colpi ben indirizzati. Tutto quello spreco di tiri era la coreografia imposta dal Libanese. ‘Sta spedizione contro i miserabili faceva un po’ schifo. Ma era una cosa che andava fatta, maledetto Bufalo…

Il Libanese era stato categorico: - Ogni offesa ha un valore. Non si deve mai esagerare. Se si comincia a esagerare, si muore presto". Questi sono i protagonisti, ragazzi di borgata che sfidano la sorte con le armi in pugno. La strada è il loro regno. Loro, i re assoluti. Chi si oppone al loro dominio muore. Un cedimento, un accenno di debolezza, e sarebbero spacciati. E spesso per mano dei loro stessi compagni.

Quindi, sono condannati dalle loro scelte iniziali a proseguire, sino ai livelli più alti, sin dove l’élite malavitosa si fonde con frange di potere assoluto e senza scrupoli. Malavitosi, fascisti, servizi deviati, poliziotti corrotti, ognuno fa il suo gioco, ognuno persegue il suo obiettivo, ma spesso si intravede un "burattinaio": affiliazioni massoniche, "fratelli" che soccorrono "fratelli". Omertà, silenzio, segreti portati sin nella tomba: "Il Vecchio non avrebbe parlato. E questo lo rendeva un po’ triste un po’ allegro. Se la sarebbe portata nella tomba, questa gioia crudele di sapere, e di sapere di essere l’unico a sapere…"

Ma quando, in quel mondo, pensi di essere arrivato, quando credi che è ora di voltare pagina, lasciare le armi, il gioco d’azzardo, i traffici, uscire "in bellezza" insomma, il destino ha già disegnato la tua strada e per molti solo una pallottola metterà la parola fine.

In questo romanzo non c’è "solo" la capacità narrativa dell’autore, ci sono anche storie dell’Italia appena passate e ancora poco studiate, dagli omicidi eccellenti, al caso Moro, alla strage della stazione di Bologna. La parte più buia di anni pesanti e segnati da molti delitti, che scandiscono le vicende narrate in un romanzo che sembra "rubato alla cronaca nera", dove agiscono personaggi anche loro arrivati dritti dritti dalle pagine dei quotidiani di quegli anni, con sullo sfondo una specie di potere unico, quasi onnipotente,senza sbocchi, un potere "anarchico" ma che non ammette ripensamenti.

De Cataldo è un magistrato prestato alla letteratura, o forse piuttosto uno scrittore prestato alla Magistratura. Certo è uno che ha fuso bene in sé questi due ruoli, attingendo dalla sua professione di magistrato la conoscenza profonda e dettagliata del mondo della criminalità organizzata e dal talento di scrittore la capacità di partire da fatti di cronaca ed "entrarci dentro" per dar loro forza, profondità e vita propria.

 

 

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