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Proposta di legge Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori
Presentazione
La proposta di legge di seguito illustrata si pone lo scopo precipuo di dare una risposta concreta alle problematiche legate alla condizione delle detenuti madri con figli minori. In particolare, si è partiti dall’esame della legge n. 30 del 2001, nota con il nome dell’On. Finocchiaro, che seppur di portata innovativa, di fatto ha avuto scarsissima applicazione. Si è, infatti, potuto constare che le norme come congegnate hanno tagliato fuori un numero di detenute numericamente rilevante, lasciando la situazione del tutto inalterata. Per questo motivo l’art 1 della proposta incide sulla normativa già novellata dalla legge Finocchiaro, togliendo quel vincolo ("concreto pericolo della commissione di delitti") che all’art. 147 del codice penale rende di difficile applicazione il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena. Infatti, spesso la detenuta madre tipo è una donna proveniente da ceti molto poveri o comunque immersa in una cultura di microcriminalità che ha, seppur giovane, nel suo curriculum più di una condanna penale. Impedire concretamente a una grande maggioranza di madri la possibilità di vivere la propria maternità fuori dalle mura degli istituti penitenziari, significa da una parte ostacolare un processo di riabilitazione per la donna e dall’altra opporsi a che i bambini vivano la loro età in un ambiente sicuramente più confortevole rispetto a quello carcerario e più idoneo per la loro crescita psico-fisica. Conseguente a tale scelta è l’art. 4 contenente la modifica degli artt. 47-ter e 47-quinquies della legge relativa all’ordinamento penitenziario che si pone di eliminare gli ostacoli che impediscono la possibilità alle donne madri, per le ragioni di cui sopra, di espiare la propria pena o presso il proprio domicilio o in altro luogo. Come detto, però, la legge Finocchiaro è stata solo il punto di partenza: dall’esame della realtà carceraria si è voluto affrontare problematiche nuove. Il punto centrale della proposta è sicuramente rappresentato dalla ideazione e realizzazione di case-famiglia protette. Infatti, tanto in caso di custodia cautelare (art. 2) che nell’ipotesi di espiazione della pena (art. 5) ci si rende conto che, laddove non possa essere per vincoli di carattere giuridico disposta una forma di detenzione più favorevole per la madre e il figlio, non si può lasciar crescere un bimbo piccolo in una struttura che per natura è più orientata a dare una risposta puntuale ad esigenze di sicurezza che a prestare attenzione alla crescita del minore. Con questa proposta si intendono creare, pertanto, delle strutture che, a fianco della sicurezza, prendano in esame anche le necessità dei bambini e che ne garantiscano un sano sviluppo (art. 5). Si vuole inserire tanto nel codice penale quanto nell’ordinamento penitenziario un nuovo modo di regolare il regime detentivo della donna madre con figlio che, seppur sempre considerato quale extrema ratio, sia più "umano". In questa idea si iscrive anche la necessità di garantire alla madre detenuta di poter accompagnare il figlio qualora questo abbia la esigenza di essere portato al pronto soccorso o in caso di ricovero (art. 3): è inimmaginabile pensare che un bambino piccolo possa "affrontare" da solo un ospedale ed essere, di fatto, abbandonato a se stesso. Da ultimo, l’art. 6 propone delle norme volte ad incidere fermamente sulla Legge cd. Bossi-Fini: è ormai evidente a chi opera nel settore che vi è una sorta di automatismo del decreto di espulsione. Molti giudici ormai emanano questo provvedimento unitamente alla pena detentiva o viene emesso al termine dell’espiazione della pena. Nell’uno e nell’altro caso non si tiene in alcun modo conto di un eventuale percorso di risocializzazione estremamente positivo compiuto dal detenuto, della possibilità di collocare al lavoro lo straniero detenuto a fine pena o anche, semplicemente, se si tratta di detenute madri, che i loro bambini, nati in carcere o comunque che hanno percorso nell’istituto gran parte della loro breve vita, conoscono solo la lingua e la cultura italiana. Si vuole pertanto ovviare a tutto questo prevedendo una valutazione ad personam sulla realtà al momento del termine della espiazione della pena, ma al contempo si vuole riconoscere la possibilità di avviare l’iter per l’ottenimento del permesso di soggiorno, al momento del verificarsi delle condizioni necessarie, anche dalle mura del carcere. Infine, per garantire l’unità familiare, principio riconosciuto non solo nella nostra Costituzione ma affermato anche da disposizioni di trattati internazionali - quali artt. 8 e 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848; l’art. 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, ratificati e resi esecutivi dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881; artt. 9 e 10 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176 – si vuole con la presente proposta prevedere un permesso di soggiorno per i figli stranieri di detenute in Italia per poter ottenere il ricongiungimento e poter assicurare la continuità nella formazione psico-fisica del minore. Proposta di legge Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori
Art. 1 Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena
1. È abrogato l’ultimo comma dell’art. 147 codice penale [Il provvedimento di cui al primo comma non può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti]
Art. 2 Misure cautelari
1. L’art. 275, quarto comma, del codice di procedura penale è così sostituito: "4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; tuttavia, nell’ipotesi in cui sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza può essere disposta la custodia cautelare presso case-famiglia protette. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l’età di settanta anni." 2. All’art. 285, primo comma, del codice di procedura penale, dopo le parole istituto di custodia, sono inserite le seguenti parole:"o in caso di madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, presso la casa famiglia-protetta" . 3. Dopo l’art. 285 codice procedura penale è inserito il seguente: "Art. 285-bis (Custodia cautelare in casa-famiglia protetta). Se la persona da sottoporre a custodia cautelare sia una madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, il giudice, in luogo della custodia cautelare presso gli istituti penitenziari, deve disporre la custodia presso le case-famiglia protette."
Art. 3 Ricovero del minore
1. Dopo l’art. 30 ter della L. 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni è inserito il seguente: "Art. 30 quater (Ricovero ospedaliero di minore) In caso di invio al pronto soccorso e/o di ricovero in una struttura ospedaliera di minore affidato alla madre detenuta, quest’ultima deve essere autorizzata, con provvedimento da adottarsi con urgenza, ad accompagnare il figlio nonché a soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il periodo di ricovero. In ipotesi di necessità ed urgenza il provvedimento può essere disposto dal Direttore dell’istituto penitenziario e successivamente convalidato dal magistrato competente."
Art. 4 Detenzione domiciliare
1. Al comma 1-bis dell’art. 47- ter della L. 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni vengono abrogate le parole: "e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati". 2. Al primo comma dell’art. 47- quinquies della L. 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni vengono abrogate le parole: "se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza dei figli"
Art. 5 Case famiglia protette
1. Dopo l’art. 47 sexies della L. 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni è inserito il seguente: "Art. 47 septies (Detenzione case-famiglia protette). Le madri di prole di età non superiore ad anni dieci devono espiare la propria pena, qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole, nelle case-famiglia protette. 2. Dopo l’art. 67 della L. 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni è inserito il seguente: "Art. 67 bis (Case-famiglia protette) Le case famiglia-protette devono essere realizzate fuori dagli istituti penitenziari e organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza da adottare, tengano conto principalmente delle esigenze psico-fisiche dei minori.
Art. 6 Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizioni dello straniero e successive modificazioni, D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni
1. Dopo l’art. 9 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni è inserito il seguente art. 9 bis: "Art. 9 bis (Straniero detenuto) Lo straniero detenuto, fuori dai termini previsti nel presente capo, può, al verificarsi delle condizioni richieste dalla presente legge, far richiesta del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno anche dall’istituto penitenziario" 2. All’art. 16 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni è aggiunto il seguente comma 10: "10. Fuori dai casi precedenti, l’espulsione non può mai essere disposta quale pena accessoria alla condanna" 3. Dopo l’art. 16 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni è inserito il seguente art. 16 - bis: "Art. 16 – bis (Revoca in casi particolari) Nell’ipotesi in cui l’espulsione sia disposta e/o debba essere eseguita al termine dell’espiazione di una pena detentiva, il giudice competente, su ricorso di parte o in sede di convalida, fuori dai termini previsti per l’impugnazione, può disporre la revoca del decreto qualora accerti il reinserimento sociale a seguito di lavoro di recupero effettuato durante la detenzione o vi sia una promessa di contratto di lavoro, anche temporaneo. Inoltre il giudice adito, fuori dai casi precedenti, qualora l’espulsione riguardi madre con figli minori ovvero padre, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, può comunque disporre la revoca del decreto di espulsione ogniqualvolta accerti che corrisponda all’interesse precipuo del minore. Il provvedimento di espulsione rimane sospeso fino alla decisione del giudice adito". 4. Al comma 1 dell’art. 30 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni inserita dopo la lettera d): "e) al figlio minore della madre straniera ovvero del padre, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, nei casi in cui nei confronti della stessa sia stata disposta una misura cautelare e/o debba espiare una pena detentiva e/o una misura alternativa per potersi garantire l’unità familiare. Il permesso di soggiorno è rilasciato della durata della misura cautelare e/o detentiva e/o alternativa."
Art. 7
La presente legge si applica anche alle madri stranieri i cui figli sono nel Paese di origine per i quali si dispone, in ossequio al principio dell’unità familiare, un permesso di soggiorno.
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