Vita - 26 marzo 2004

 

I figli dei detenuti: "papà quando diventerai maturo?"

 

C'è amore, ma a volte anche rabbia nelle lettere che scrivono ai padri detenuti quei figli che sono diventati grandi e ormai in grado di capire e giudicare da soli. Ed è una scelta difficile quella di pubblicare le loro lettere, come ha fatto Sosta Forzata, il giornale della casa circondariale di Piacenza da cui è tratta la testimonianza che segue.

Una scelta difficile, ma importante, perché richiama alle proprie responsabilità i padri detenuti, ma non solo: è una sollecitazione salutare, per i padri in genere, sentire le riflessioni di figli che sembrano a volte più maturi e responsabili di loro.

 

Ornella Favero

 

Caro papà, so che oggi per te è un giorno speciale e pertanto ho deciso di farti un regalo, anzi due: interromperò il silenzio che mi sono imposto quando sono stato informato del tuo arresto e ti descriverò, con sincerità, cosa ho pensato in tutto questo tempo. Durante gli anni del liceo e dell'università, le molte e pesanti discussioni tra te e la mamma mi avevano portato alla convinzione, forse fondata, forse no, che noi fossimo una delle principali cause delle tue vicissitudini (gli arresti, l'alcol, le cattive frequentazioni, la vita sregolata).

Alla fine, visti i risultati drammatici che stavano assumendo gli eventi, ho deciso di imboccare l'unica strada percorribile: maturare definitivamente assumendomi tutte le mie responsabilità e andando a lavorare. Anche Paolo, sebbene con un percorso diverso, ha fatto lo stesso. Questa scelta ha comportato delle grosse rinunce, ma ha permesso alla nostra famiglia di diventare indipendente economicamente e ha sgravato te e la mamma di qualche obbligo di sostentamento. In tal modo, pensavo ingenuamente, papà dovrà provvedere solo a se stesso e quindi non dovrà più delinquere per causa nostra.

Mi sbagliavo! Chi commette certi reati è giusto che paghi, che paghi caro. Altro che padre onesto. È proprio vero "Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ma di una cosa sono certo: questa volta non era stato per colpa nostra. Decisi quindi di chiudermi in me stesso e di seppellire il tutto. Più volte in questi anni mi è capitato di pormi delle domande:"Come starà in questo momento? Come starà passando tutto questo tempo? Quando me lo ritroverò davanti, cosa gli dirò? Cosa farò?". E soprattutto... "Avrà messo la testa a posto?". Non ho mai trovato una risposta perché ogni volta ho subito cambiato l' oggetto dei miei pensieri. Preferivo non pensarci ed evitare di riaprire una ferita che non si è mai rimarginata completamente. Come hai visto sono stato molto colpito nel rivederti, ti confesso però che sono molto preoccupato. Quando uscirai cosa farai? Tra me e me penso: "Anche l' altra volta aveva detto di essere sinceramente pentito eppure c' è ricascato".

In ogni caso è fondamentale che, quando uscirai, tu riesca subito a fare ciò che io e mio fratello abbiamo fatto anni fa: andare a lavorare.

 

 

Home Su Successiva