Vita - 19 marzo 2004

 

Il reato è anagrafico, per il reo e tutti i parenti

 

Una sorella vive fuori, all’estero, l’altra è in Italia, in carcere. E se l’esperienza della detenzione è traumatica per chiunque, quella di diventare improvvisamente parenti di un detenuto, e affrontare la galera da "visitatori", non è molto meno desolante. Ce la racconta, su Fuori Binario, il giornale di strada dei senza dimora di Firenze, una donna che per la prima volta si è trovata a dover andare a colloquio con la sorella detenuta, e ad affrontare tutte le umiliazioni che caratterizzano questi incontri in carcere, così brevi, tristi e angoscianti.

 

Ornella Favero

 

Quando per la prima volta nella mia vita ho varcato le soglie del carcere come parente in visita, mi sono da subito resa conto che stavo per venire in contatto con qualcosa che non avevo mai sperimentato prima. Le mie gambe tremolanti sembravano non reggere la prova. Non posso parlare della condizione detentiva all’interno del carcere poiché non ne conosco i dettagli. Ma posso certamente testimoniare che in quanto parente di una detenuta io ho percepito e vissuto la punizione su di me. (…) Le mura disadorne della stanza accoglievano quel sabato mattina circa trenta parenti. Troppi per essere rinchiusi in quei pochi metri quadri. Per terra, vicino alla macchina che controlla i contenuti dei pacchi per i detenuti, erano depositate una ventina di buste contenenti cibo e vestiario. Cibi, vestiti, parenti, tutti aventi gli stessi diritti. Due panche di legno erano l’unico segno di diritto: quello di potersi sedere a turno.

La gente aumentava, così come la confusione, così come gli odori emanati dai nostri corpi e dai pacchi contenenti cibi. Per un istante mi sono ritrovata a chiedere a me stessa quali crimini avessi commesso per meritare una simile accoglienza. No, non occorre commettere un reato per assaporare il sapore del sistema carcerario. Il reato è anagrafico. La colpa dei padri che cade sui figli e quella dei figli sopra i padri per estendersi con effetto alone ai vari gradi di parentela. Come novizia della situazione mi ritrovo a commettere "errori" dovuti alla non conoscenza di specifiche regole, regole tutte interne. Il regalino che desideravo poter donare arnia sorella viene ritenuto "inadeguato" per poter passare. Io non vivo nei pressi del carcere, vivo addirittura all’estero e poter venire a far visita è uno dei grandi avvenimenti dell’anno sia per me che per mia sorella.

Il nostro stato d’animo, nel momento in cui ci si vede, è quello di potersi dare tutto il possibile: i racconti, i sorrisi e i pianti, e, perché no, un piccolo presente che faccia percepire a mia sorella la presenza costante di qualcuno vicino a lei. Tutto ciò non ha alcun significato all’interno delle regole del carcere. (…) Vedo mia sorella per la durata di un’ora in una stanzina alla presenza di altre famiglie. C’è un senso di sovraffollamento, mancanza di intimità. La nostra ora di colloquio termina su un "cosa hai detto?".

 

 

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