Vita - 6 febbraio 2004

 

Una cella ereditaria

La galera si tramanda da padre a figlio

 

Detenuti, e poi figli di detenuti che a loro volta finiscono in galera: la storia si ripete, e abbastanza di frequente. È quindi, una vicenda purtroppo "normale" quella raccontata da un ragazzo "ospite" della Casa circondariale Sant'Anna di Modena sulle pagine di Evafuori, un'antologia realizzata dagli studenti - detenuti dell'istituto Fermo Corni: la storia di un ragazzo che ripercorre a ritroso la sua vita per trovare, all'origine di un percorso che l'ha portato in carcere, un padre continuamente dentro e fuori dalla galera, una madre costretta a subire la sua violenza, e un figlio lì in mezzo, a guardare impotente.

 

Scrivo dal carcere e tanti sono i ricordi di quando ero un ragazzo libero, avevo all'incirca 8 anni e tanti problemi nella mia famiglia, mio padre entrava e usciva di galera come se quella fosse la sua seconda casa e per questo motivo mia madre soffriva molto quando mio padre mancava da casa, mia madre faceva tanti sacrifici per farci crescere nel migliore dei modi. Quando mio padre usciva, al posto di ringraziarla la maltrattava, litigavano sempre e lui le alzava contro anche le mani.

Io certe volte andavo verso mio padre e gli dicevo: perché fai tutto questo? Ed a quel punto si bloccava per qualche istante, poi picchiava anche me. A 10 anni mi stancai di assistete a tutte queste sofferenze, preparai la valigia con i miei vestiti e me ne andai via di casa dalla mia bisnonna in un'altra città. La mia vita incominciò a cambiare, però mi mancava sempre tanto mia madre, mi chiedevo ogni momento pecche la mia famiglia non fosse come le altre famiglie. Ma ero ancora troppo giovane, non resisterti più a stare senza mia madre, e ritornai a casa, e anche allora mio padre si trovava in carcere, ma questa volta con una grossa condanna. Non sapevo cosa fare, abbandonai gli studi, volevo diventare l'uomo di casa e mi misi a cercare un lavoro che trovai in poco tempo.

Purtroppo guadagnavo poco, i soldi non bastavano neanche per l'affitto e allora iniziai a constatare che la vita non era altro che sofferenza e ancora peggio, perché non riuscivo ad aiutare mia madre come volevo. Ed è così che iniziai frequentare quartieri malfamati e ragazzi poco affidabili, invece mia madre sapeva che andavo a lavorare. Stavo facendo brutte cose e guadagnavo molti soldi che sarebbero serviti a mia madre per affrontare le spese quotidiane e l'affitto a fine mese. Mi sentivo importante, ma quando un giorno diedi questi soldi a mia madre, lei per tutta risposta mi diede uno schiaffo e mi rimproverò, chiedendomi se anche io volevo seguire le orme di mio padre, entrare e uscire da un carcere. La fissai per cinque minuti e mi resi conto che aveva ragione. Ma continuai su quella brutta strada e non pensavo più a niente e a nessuno, ma ora mi trovo dietro le sbarre, in galera!

 

 

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