Vita - 13 febbraio 2004

 

Fuga dalla famiglia. Quello che le donne non dicono

 

La storia che segue è di quelle dure, sgradevoli, angoscianti. Perché la voglio raccontare? Perché è una storia di violenza in famiglia, e in carcere di storie così ce ne sono tante, ma se ne conoscono poche. Se se ne parlasse di più, come ha avuto il coraggio di fare Christine, forse si riuscirebbe, poi a capire meglio certi comportamenti, certe scelte sbagliate, certi percorsi che portano alla tossicodipendenza e alla malattia mentale. E a capire anche che la famiglia, che rappresenta per molti in carcere la risorsa principale, la sicurezza, l’unica fonte di un sostegno concreto, per alcuni è invece il luogo da cui fuggire, da cui prendere le distanze il più possibile per non ritornarci forse mai più.

 

Ornella Favero

 

Vengo da un percorso di tossicodipendenza, e quando ti va tutto a pezzi e poi cerchi di rimettere assieme il "puzzle", ti accorgi che non puoi cominciare a ricostruirti, se non tiri fuori anche quelle cose che hai a lungo di rimosso perché ti fanno star male.

 

Avevo 11 anni, eravamo in Germania. Io ho una famiglia numerosa con quattro sorelle e due fratelli. Una mattina che mia madre era uscita sono scesa dalla camera da letto, ancora in camicia da notte, e mio fratello più grande, che aveva l7 anni, mi ha presa e trascinata per terra in cucina mentre io piangevo dicendogli di lasciarmi stare, senza capire cosa stava facendo. Ed è successo tutto lì, dopo lui se ne è andato. Quando è tornata a casa mia madre io ero in un angolo che piangevo disperatamente e lei mi ha chiesto cos’era successo, le ho raccontato tutto e lei mi ha risposto di stare zitta e di non dirlo a nessuno, di andare a lavarmi e vestirmi.

 

Sono passati dei mesi, dal paese siamo andati ad abitare in città, e non si è più affrontato questo discorso.

Con mio fratello non ci ho più parlato. Una domenica eravamo tutti quanti a tavola, io ho avuto un diverbio con mia madre, c’era anche mio padre, e lei davanti a tutti ha sostenuto che io avevo detto di essere stata violentata da mio fratello e che invece di sicuro ero stata io ad andare a cercarmela. Lì per lì ci sono rimasta da cani, avevo 11 anni e mezzo e dopo quel giorno mia madre non mi ha più vista piangere, ma questa cosa non gliel’ho perdonata.

 

È un crollo psicologico totale, quando vieni violentata. È strano, perché lui era un bel ragazzo e aveva tutte le ragazze che gli correvano dietro, non ho mai capito perché fosse andato a cercare proprio sua sorella. Qui di storie così ce n’è tante. E sempre in famiglia, dal padre, dallo zio, dagli amici del fratello.

Prima non ne parlavo mai, ma avevo capito che,finché non riesci ad affrontare questo argomento, vuoi dire che ti rimane dentro e non lo superi,e così mi sono fatta coraggio e ho smesso di tacere.

 

Christine dal carcere della Giudecca

 

 

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