Vita - 19 settembre 2003

 

Fuori dal carcere devi vincere la paura della libertà. Ecco come

 

 

Un giornale "normale" che ospita un giornale in qualche modo "anormale", perché realizzato in carcere da "giornalisti" detenuti: cominciano a diffondersi nel nostro paese esperienze di questo tipo, che sono importanti, perché portano il carcere nel cuore della vita cittadina. È quello che fa anche la "Voce isontina", il settimanale dell’arcidiocesi di Gorizia che racchiude al suo interno "L’eco di Gorizia", un giornale che arriva direttamente dal carcere locale. Proponiamo parte dell’articolo, che è stato scelto come editoriale per spiegare ai lettori "normali" che neppure uscire dal carcere è facile, se non c’è qualcuno disposto ad accoglierti.

 

Ornella Favero

 

All’uscita del carcere c’era R., la mia donna. Ritornato al paese la cosa si complicava ulteriormente. Mi sentivo colpevole dei miei errori e provavo vergogna nell’incontrare la gente, avrei voluto aspettare che si facesse buio per avvicinarmi a casa ed entrarvi. Dissi alla mia compagna di continuare la sua vita di sempre che non avrei dato fastidio e rimasi tre giorni chiuso in casa a progettare in segreto la mia "fuga". Acquistai un biglietto per il traghetto Trieste-Patrasso. Quando tornai a casa R.

era andata come sempre a lavorare: lava le scale dei casamenti per arrotondare dato che non deve pensare solo a lei ma aiutare anche me e i suoi figli. La stessa sera vidi U., l’amico che aveva diviso con me la stessa cella per alcuni mesi. "Come te la passi, vecchio lupo?", mi chiese. "Male!, risposi. "Non ho il coraggio di uscire di casa perché non so cosa ne pensa la gente di me e di tutto il casino che ho fatto". Al che U. mi disse: "...devi uscire di casa, andare a lavorare e alla sera rientri per dormire, la gente noterà il tuo cambiamento e le cose si aggiusteranno". "Sai U", gli dissi "sono senza soldi e senza lavoro". Lui per niente scoraggiato mi rispose: "Domani mattina alle 7 fatti trovare pronto, andiamo al cantiere", poi si mise la mano in tasca e mi diede del denaro. Accettai.

La mattina seguente incontrai per le scale una vicina di casa, la Signora P., mi diede il buongiorno, io risposi a testa bassa, in quel momento si aprì la porta affianco e uscì la signora E., stessa storia, dissi: "Vi chiedo scusa per tutto quello che ho fatto ed anche per ciò che non ricordo". Finché la signora P: mi disse; Dino puoi guardare in faccia la gente e salutarla quando passi. Sei ritornato a casa bene in salute come tanto tempo fa, prima che cominciassi a bere. Se non bevi sei una brava persona.

Le ringraziai e andai a lavorare. Il biglietto per la Grecia è rimasto nel cassetto, mi sento un po' meno vigliacco perché ho il coraggio di raccontare la mia storia.

 

 

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