Vita - 14 novembre 2003

 

Disabili in carcere. Le doppie pene nell’anno europeo

 

Siamo ormai negli ultimi mesi dell’anno delle persone con disabilità, e bisognerebbe ricordarsi che di disabili ce ne sono parecchi anche in carcere, e si ritrovano cosi a vivere sulla propria pelle una condizione, che è già in vivibile per una persona sana, immaginarsi cos’è per chi è portatore di handicap. Il fatto è che in un carcere ci sono infinite difficoltà, rappresentate da celle disagevoli, docce impraticabili, mancanza di aiuti, obbligo di arrangiarsi anche per chi proprio non è in grado di farcela da solo, scarpe comode negate per che "pericolose per la sicurezza". Quelle scarpe che sono state, per esempio, negate ad un detenuto tunisino, Kais Youssef; le uniche che gli permetterebbero di muoversi più agevolmente. Noi pubblichiamo la lettera di protesta di Kais, che è rivolta soprattutto a quei medici che, in tante carceri, non hanno il coraggio di prendere posizione, dicendo chiaramente che una persona disabile ha diritto ad un paio di scarpe decenti, forse "non regolamentari" ma indispensabili.

 

Ornella Favero

 

Ultimamente mi sono reso conto che per diventare un medico che si occupa di detenuti non ci vuole tanto. Basta saper dire: "Cosa c’è? Non hai niente! Semmai ti prescrivo una pastiglia antidolorifica". Ecco, se sai queste parole magiche, allora potresti anche tu diventare un medico e puoi guarire tutte le malattie, ad esempio di schiena, di denti, di testa, di cuore, etc.

Dopo un anno di promesse ricevute di qua e di là, non sono riuscito ancora a capire cosa devo fare per avere un paio di scarpe, di quelle che dicono non Sono consentite, ma io oggi ho bisogno di quelle scarpe più che mai, perché solo con questi tipi di scarpe posso camminare tranquillamente e anche appoggiarmi meglio, visto che ho perso una gamba e ora sto usando una protesi.

Il medico che mi ha fatto questa protesi mi ha consigliato di usare solo questi tipi di scarpe per sicurezza, ma anche per evitare qualche infiammazione. Ma io ora mi trovo in carcere e ho chiesto al medico di farmi un certificato per permettermi di avere dal casellario le scarpe in questione, ma lui con una certa freddezza mi ha risposto: "Il tuo problema non dipende da me".

A questo punto mi rivolgo a chiunque, in carcere, ha l’autorità per dire ai medici di fare il loro lavoro umanamente e di assumersi le loro responsabilità, prima che sia tardi, perché il mio problema sta veramente diventando serio. Io adesso sto parlando per me stesso, ma ci sono tante persone come me in attesa di risolvere questa questione, e spero, anzi sono sicuro che qualcuno finalmente potrà capire la mia situazione e mi auguro che in futuro i medici decidano di fare il loro dovere occupandosi fino in fondo della salute dei loro pazienti: nel mio caso, la mia salute è appesa a queste scarpe.

 

Kais Youssef

 

 

Precedente Home Su Successiva